Il lavoro ben fatto | Note a margine

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L’ULTIMA NOTA

Io, Sergio e il pacco
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Cara Irene, a riprova del fatto che sono un uomo fortunato, il mio auspicio relativo a un nuovo giro di presentazioni per la nuova edizione del libro si è avverato molto presto.
Sabato 14 Dicembre 2024 alle 18:00 sono a Sapri, presso Golfo Trek, per iniziativa di Comunità Mediterranee e del mio amico Sergio Massimilla.

Naturalmente nei giorni successivi ti racconto come è andata, però c’è il racconto legato all’arrivo del pacco con le 10 copie del libro che ho ordinato per la presentazione che merita di essere condiviso.

Episodio 1: L’arrivo del pacco a Sala Consilina, presso Mail Boxes Etc, l’attività di Sergio, inizialmente prevista per oggi, è anticipato a Sabato 7, e fin qui niente di male, anzi bene, se non fosse che il sabato a Mail Boxes Etc non si lavora e dunque non trovano nessuno.

Episodio 2: Sergio mi rassicura, avere a che fare con i pacchi è il suo lavoro, eppure lunedì mattina il pacco non si trova; io un pizzico d’ansia, lui tranquillo lo recupera nel pomeriggio e mi manda la foto. Gli chiedo cortesemente di aprire il pacco e di controllare lo stato dei libri, sottolineando che negli ultimi tempi il servizio mi pare peggiorato.
Sergio mi riscrive poco dopo questo: “Diciamo che sono ok, ma certo potrebbero imballare meglio. Un giorno ne parliamo del mondo dei corrieri, ho visto cose …”
Io mi ricordo che da giovanotto sono stato anche libraio e gli rispondo, con una punta di sfrontatezza, così: “Se li metti uno con il dorso a sinistra e uno con il dorso a destra belli impilati, e ci metti un peso sopra, tipo un vocabolario o un tomo di enciclopedia, sabato saranno molto più in salute.” Dopo un poco gli riscrivo per chiedergli se mi manda una o due foto per farci un post. Lo so, sto esagerando, ma siamo molto amici.

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Episodio 3: Stamattina apro la posta elettronica e trovo queste:

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Chiudo come Peppino De Filippo in Totò, Peppino e la Malafemmena: “Ho detto tutto!”. Per ora.

LE NOTE PRECEDENTI

Un mondo migliore ci vuole
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Cara Irene, c’è una nuova edizione del libro, interamente rivista e aggiornata, compresi la prima e la quarta di copertina, e con una mia postfazione che ho intitolato “Un mondo migliore ci vuole“. La postfazione la puoi scaricare qui, quando hai un po’ di tempo suggerisco anche di farti un giro su K4C – Knots4Change, il sito che ho creato per raccontare la piccola idea, l’improbabile possibilità che è al centro della postfazione, stiamo provando a creare un piccolo movimento, vediamo che succede, fammi sapere cosa ne pensi.
Tornando al libro, che ha ormai superato le 1100 copie vendute, è come se con l’aggiunta della postfazione lo vedessi più completo, più dentro a una prospettiva di cambiamento di cui credo oggi non possiamo più fare a meno. Detto ciò, e in attesa di tuoi riscontri, mi resta da aggiungere soltanto che sono molto contento del lavoro che abbiamo fatto con Luca e altre belle persone di cui puoi leggere nel libro, e che spero si crei presto l’occasione per un nuovo giro di presentazioni, alla prossima.

Il lavoro ben fatto di Maggiorino Guida
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Cara Irene, in Bottega O, il Corso di Comunicazione e Cultura Digitale di Maria D’Ambrosio, di ragazze/i che lavorano ce ne sono tante/i ogni anno, ma le lavoratrici e i lavoratori studenti veri e propri si possono contare sulle dita di una mano sola. Quest’anno ne è capitato uno, Maggiorino Guida, 63 anni, che lavora per un istituto bancario finanziario molto noto. Un poco lui ha avuto da subito un approccio positivo e proattivo con la bottega, un poco io quando vedo una persona della sua età e della sua condizione lavorativa che si rimette in gioco con l’università sono contento sta di fatto che siamo rimasti in contatto anche dopo l’esame, cosa anche questa che non è proprio abituale. Ti dico di più, sempre dopo l’esame, quando ho condiviso nel gruppo l’invito a scrivere una recensione del libro, ha risposto subito all’appello, come puoi leggere qui.
Vengo al punto. Stamane gli ho scritto per dirgli che ho bisogno di un consiglio e se potevamo fissare un appuntamento, mi ha gentilmente risposto subito e abbiamo definito per domani. Lo avevo già salutato quando mi ha scritto di aspettare, che era un caso di telepatia, dopo di che mi ha inviato lo sceenshot che segue accompagnato da queste parole: “È una slide della mia presentazione, per correttezza tolgo il nome dell’azienda e le facce di una parte delle persone con cui sto lavorando. Come vedete io sto spesso con la testa a casa vostra professò.”

Non ho molto altro da dirti cara Irene, se non che sono felice. Per uno che fa la vita che faccio io vedere uno studente che contestualizza, ridefisce, applica, i contenuti sui quali ha studiato, nel suo lavoro e nella sua vita è la soddisfazione più grande che possa esistere. E il fatto che non è l’unico da ancora più senso e significato a questa mia piccola vita. Adesso veramente basta, altrimenti mi metto a piangere.

OBIETTIVO 1000 COPIE
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Cara Irene, ieri sera ho pensato che il 1 Aprile 2024 mi piacerebbe festeggiare insieme i 4 anni del libro e le 1000 copie vendute.
Siamo a 869, dunque ne mancano 131, che non sono poche, in soli 6 mesi direi anche tante, ma ce la possiamo fare, soprattutto se tu e un po’ di altre amiche, e amici, mi date una mano. Dai, direi che è una bella sfida, vediamo come procede, naturalmente ti tengo informata.

UN LIBRO BEN FATTO, CREATIVITÀ E ISPIRAZIONE
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Cara Irene, Luigi Congedo, un po’ di quello che ha fatto e quello che invece sta facendo adesso con Data Masters te l’ho raccontato qui a inizio giugno. Di qualche giorno fa la sua recensione al libro, te la riporto qui:
“Un racconto coinvolgente che evidenzia l’importanza della professionalità. La genialità dello scrittore che riesce in modo semplice, ma mai scontato a illuminare su tematiche troppo spesso dimenticate. Un libro che devo ammettere mi ha sorpreso moltissimo, e che ho già consigliato a tanti amici e imprenditori.”
Che ti devo dire amica mia, il fatto che giovani innovatori e imprenditori di straordinario valore come lui o Emile Jellinek leggano il libro e lo commentino in questa maniera mi dà tanta fiducia per il futuro del lavoro ben fatto.

PERCHÉ NON FACCIAMO BENE LE COSE
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Cara Irene, Emile Jellinek, giovane CEO & Co-Founder di Pelliken, è da qualche settimana un mio nuovo amico. L’ho conosciuto grazie a Giuseppe Jepis Rivello, abbiamo trascorso un po’ di belle ore insieme e, dato che sono stato bene con lui, quando ci siamo salutati gli ho regalato una copia del libro.
Ieri notte mi ha scritto questo messaggio via social: “Ciao Vincenzo, spero di trovarti bene. Durante il viaggio di ritorno ho letto metà del tuo libro che mi hai regalato, mi sta piacendo un sacco!”
Dopo il messaggio, la foto:

E dopo la foto, la riflessione:
“Mi permetto di provare a sfuggire da questa tua affermazione, ti condivido la riflessione, in continuità con la discussione (… che avevamo fatto in una parte del tempo trascorso insieme … nda) sul perché il lavoro ben fatto non venga sempre svolto dagli individui.
Io penso che il nostro lavoro ben fatto é per prima cosa un diritto, e nessuno dovrebbe poter impedirci di svolgerlo. Esso é anche un dovere, ma solo verso noi stessi, nella misura in cui vogliamo essere felici e d’esempio per chi ci sta a cuore. Tuttavia, é solo un dovere morale, vincolato alla soggettività e all’educazione ricevuta. Dobbiamo essere liberi di non farlo, di scegliere consapevolmente di essere infelici o, se ne siamo in grado (sia fisicamente che moralmente), di vivere alle spalle di qualcun altro, a nostro rischio e pericolo.
Il lavoro degli altri non è un nostro diritto: in generale, un diritto non può dipendere dall’azione di qualcun altro, che vedrebbe altrimenti la sua libertà limitata dalle nostre pretese. Il nostro diritto dovrebbe essere la possibilità di scegliere prodotti e servizi frutto del lavoro ben fatto. In un libero mercato, meritocratico, chi svolge lavoro ben fatto dovrebbe emergere, chi lavora male o vive da parassita soccombe. Senza imposizioni dall’alto, senza giudizi morali.
Nelle tribù primitive qualsiasi lavoro era svolto al meglio, al netto delle conoscenze disponibili. Lavorare male significava ferirsi, non procurarsi il cibo, non trovare acqua e, in definitiva, morire. Nella società moderna il fatto che qualcuno (lo Stato o il datore di lavoro “poco attento”) possa dare di che vivere asimmetricamente alla qualità del lavoro svolto incentiva le persone a fare il minimo indispensabile. Questo é naturale e inevitabile, poiché dipende uno dei principi fondamentali della natura: la conservazione dell’energia. É solo evitando assistenzialismi, monopoli commerciali e scappatoie di vario genere che, secondo me, gli individui sarebbero spinti al lavoro ben fatto seguendo il principio più forte in assoluto: l’istinto di sopravvivenza. Seppur importante, non sarebbe necessario appellarsi a principi etici, spiegare il senso e la bellezza delle cose, calcolare ritorni di investimento economici e sociali. Per sostenersi, avere una famiglia, fare parte di una comunità e, in ultimo, rimanere in vita, la soluzione sarebbe una sola: il lavoro ben fatto.
Fammi sapere cosa ne pensi, buona notte! E ancora grazie del libro.”
Ti dico la verità cara Irene, di primo acchito mi sono venute molte cose da obiettare al ragionamento di Emile, e probabilmente se ne avessimo parlato da vicino non mi sarei trannenuto, invece lui ha scritto, io ho letto, e leggendo leggendo ho cominciato a pensarci su dopo di che sono per procedere in questo modo:
1. Continuo a pensarci su. Quello di Emile è sicuramente un punto di vista originale, almeno per me, e ci voglio pensare ancora.
2. Scrivo a Emile e gli chiedo, se ne avrà voglia, di finire il libro e di scrivermi per dirmi anche a quel punto che cosa ne pensa.
3. Invio il link con la riflessione di Emile a un po’ di amiche e amici e chiedo loro di dirmi che cosa ne pensano, e lo stesso faccio anche via social, della seria la discussione è aperta e 2 tesye sono meglio di 1, 4 meglio di 2, 8 meglio di 4, 16 meglio di 8 e così discorrendo.
4. Scrivo le mie riflessioni, le mando a Emile e a quel punto vediamo lui che dice.
Ecco, direi che per ora è tutto, mi resta solo da ringraziare il mio nuovo, giovane, brillante amico per la cura e la serietà che sta dedicando al mio regalo e al mio lavoro e per questa bella opportunità.

MENTRE ASPETTO PURE IO DI INCONTRARE IL MIO MAURIZIO COSTANZO
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Cara Irene, in questi primi 6 mesi del 2023 su Amazon sono state vendute 111 copie del libro, che aggiunte a quelle dei 3 anni precedenti fanno 842, che non sono numeri da best seller ma sono numeri di cui io, che conosco la fatica che ci vuole per farlo girare, sono parecchio contento. Certo che se fossero 8420 lo sarei ancora di più, non ti dico se fossero 84.200 o 842.000! Però non dispero.
Non dispero in primo luogo perché Il lavoro ben fatto è un libro che non scade, sarà attuale pure tra 1o anni e, se la nostra amata Terra ce la fa a reggerci, anche tra 100, e come ha raccontato il grande Luciano in ‘Così parlò De Crescenzo’, lo puoi vedere su Primevideo, prima del suo incontro con Maurizio Costanzo e il suo show ‘Così parlò Bellavista’ aveva avuto una vita molto normale. Diciamo che aspetto pure io di incontrare il mio Maurizio Costanzo.
Non dispero in secondo luogo perché alla stragrande maggioranza delle persone che lo leggono il libro piace assai. Non mi riferisco solo alle recensioni su Amazon, parlo anche delle condivisione via social, del passaparola.
Ti faccio un esempio per tutti. Ieri il mio amico Pietro Papoff, direttore del Consorzio Elis, ha scritto questo post su Linkedin con il link al libro: “Il “Lavoro Ben Fatto” è un lavoro che ha la proprietà di rendere felici. Vincenzo Moretti ci invita a scoprirlo, raccontarlo e diffonderlo. Serve ai giovani (spesso scoraggiati e disorientati) ma serve anche a noi adulti per i quali il lavoro è grande parte della nostra vita.”
Tra i commenti oggi ho trovato questo di Giancarlo Tangari, al quale ho appena chiesto il contatto sullo stesso social: “Grazie Pietro Papoff, gran bel libro. Lo lessi circa un anno fa, in tempi difficili (lavorativamente parlando), mi ha aiutato a riconnettermi con il valore del lavoro e del senso delle cose che facciamo.”
Che ti devo dire cara Irene, mentre aspetto di incontrare pure io il mio Maurizio Costanzo, ci pensano queste cose qui a dare senos e significato alla mia vita. E sono contento.

LA POTENZA DELLA SEMPLICITÀ
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Cara Irene, si intitola così, La potenza della semplicità, la recensione che Diego Andese & Barbara Marcantonio hanno pubblicato qualche giorno fa su Amazon. Sono amici di Angelo Sciadone, che gli ha regalato il libro. Mi fermo qui, ti lascio con la recensione, che all’inizio mi aveva fatto preoccupare, ma poi …:
“Se le prime pagine possono suonarvi ovvie e magari addirittura banali, non lasciatevi ingannare e leggetelo fino in fondo. La potenza delle idee espresse sta proprio nella loro chiarezza e immediatezza di applicazione. Vi cambierà la vita! Grazie a Vincenzo e Luca per questo straordinario dono!”

IL LAVORO BEN FATTO E I RACCONTI DI MAURA CIOCIANO
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Cara Irene, la nuova recensione del libro su Amazon si intitola “Il lavoro ben fatto sono i suoi racconti” e l’ha scritta Maura Ciociano. Sì, inutile girarci intorno, Maura è una mia giovane amica, però è anche una persona che con i libri ha molto a che fare, sia perché è una accanita lettrice, sia perché la sua famiglia ha fondato una piccola ma preziosa casa editrice, Edizioni dell’Ippogrifo e sia perché a partire proprio dal lavoro ben fattoi sta maturando un’idea, un progetto, una possibilità, ma su questo non posso ancora dirti niente, è un percorso suo e come si dice in questi casi se son rose fioriranno.
Niente, sono stato contento e mi fa piacere condividere questa contentezza con te, se non l’hai fatto ancora la recensione di Maura la puoi leggere qui. Alla prossima.

DANILO DE PASCALIS E IL LIBRO DA LEGGERE ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA
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Cara Irene, ieri non so come né perché Linkedin mi ha segnalato che Danilo De Pascalis mi aveva citato in un suo post di 8 mesi fa. Sono andato a curiosare, era il minimo che potessi fare, e ho trovato questo:
“Il Lavoro Ben Fatto” dalle persone!
I #costi della non #qualità “rappresentano la differenza tra i costi di un prodotto/servizio e i costi dello stesso prodotto/servizio se non ci fosse alcuna possibilità di errore nell’approntarli”.
Nelle piccole imprese sono ancora poco individuati e, anche quando vengono individuati, le contromisure attuate per attuare un miglioramento sono spesso inefficaci
Il classico esempio di come la non qualità incida sui costi è lo studio condotto da Hewlett Packard in una fabbrica di assemblaggio.
Individuare immediatamente un fusibile malfunzionante aveva un prezzo di circa 0.02. Se il malfunzionamento veniva scoperto sulla catena di montaggio, sostituirlo costava 4 volte di più. Al punto di controllo finale, scoprire e riparare il malfunzionamento costava circa 50 volte di più.
La crescita di costo è esponenziale con il passare del tempo.
Su QualitiAmo Staff i costi della (non) qualità sono in numero > 70, quanti di questi possono essere legati alle persone?
Quando facciamo qualcosa, al netto delle risorse, competenze, conoscenze e potenziali errori la prima cosa che conta davvero è l’approccio. Approccio ed impegno sono le leve che fanno la prima differenza.
“Quando andiamo in banca, all’ufficio postale, al comune: se dell’altra parte non ci sono persone che fanno bene il loro lavoro le cose non funzionano come si deve, dopo di che giustamente ci lamentiamo, ci arrabbiamo, protestiamo, cerchiamo di far valere le nostre ragioni.
La domanda è la seguente: Perché quando tocca a noi fare bene il nostro lavoro dovrebbe essere diverso?
E ancora: Come possiamo pensare di far parte di una comunità nella quale le cose funzionano se noi per primi non facciamo bene quello che dobbiamo fare?”
(Il lavoro ben fatto – Luca e Vincenzo Moretti)
Un lavoro ben fatto ci permette di risparmiare, quanto costa andare a risolvere un errore di approccio/impegno/pigrizia nostro o di qualcun altro?
E dal punto di vista aziendale, quanto costa all’azienda un approccio sbagliato? Quanti di quei costi potrebbero invece essere utilizzati in maniera diversa?
Citando nuovamente il libro, ecco perché eseguire un lavoro ben fatto:
Perché ha senso;
Perché è bello (fare bene le cose è bello);
Perché è giusto;
Perché conviene.

Questo quello che ha scritto Danilo cara Irene, insieme a due hashtag: #lavoro e #lavorobenfatto.
Scorrendo i commenti, ho visto che avevo anche ringraziato Danilo per aver citato il libro, e che lui mi ha risposto così: “Grazie a te e a tutti quelli che hanno partecipato alla stesura del libro! È uno di quei libri che tutti dovrebbero leggere almeno una volta nella vita”.
Come puoi immaginare, mi sono sentito ancora di più in colpa per non averti detto niente, e con te alle nostre lettrici e ai nostri lettori, ma ‘a capa, la testa, questa è, ammesso e non concesso che non ho già scritto qualcosa da qualche altra parte e non me lo ricordo.

MONICA VENDALI E IL LAVORO BEN FATTO A SCUOLA
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Cara Irene, ieri la mia amica Monica Vendali mi ha fatto un bellissimo regalo, questa recensione su Amazon: “Avevo già letto il manifesto ma non il libro. È bello quando trovi scritte una dietro l’altra cose che pensi ma su cui non hai dedicato il tempo di metterle nero su bianco, ma soprattutto metterle in pratica. Il dire e il fare. Dovrebbe essere un testo da inserire nel programma scolastico…”
Il titolo poi non ti dico l’emozione, lo puoi vedere dalla foto, insomma sono stato contento assai, e così stamattina la sono andata a rileggere e l’ho trovata al primo posto tra le recensioni migliori, e subito dopo Mario Junior Casigli, anche lui un amico. È stato così che ho notato che sia Monica che Mario, che penso tra loro non si conoscano, hanno segnalato il libro come testo utile nei percorsi scolastici, e dopo di loro è arrivato lui, mio padre, che mi ripeteva spesso che una noce nel sacco non fa rumore. Una no, ma due su, per carità un rumore piccolo, che poi magari se vado a rileggerle tutte ci sarà anche qualche altra citazione che fa riferimento alla scuola, non si sa mai. Ah, dimenticavo, poi ci sta anche Mauro di Maio, ti ho parlato di lui un paio di Note fa, che dice che mi vuole parlare di un suo progetto per la scuola, poi ti faccio sapere.
Tutto questo per dire che grazie a Monica, a Mario, a Mauro e alla Serendipity io alla possibilità di diffondere il libro nelle scuole comincio a pensarci su, magari mi viene qualche idea, il lavoro ben fatto raccontato alle ragazze e ai ragazzi sortisce effetti fantastici, sono anni che lo sperimentiamo nelle scuole di ogni ordine e grado, tengo parecchi testimoni, puoi chiedere in giro.

L’IDEA VINCENTE E IL CAMBIAMENTO DI PROSPETTIVA
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Cara Irene, ieri la mia amica Patrizia Quattrone ha condiviso la mia breve intervista a Hospitality Sud con questo pensiero: “Non c’è giorno che non abbia una conferma della verità delle parole di Vincenzo Moretti. In qualsiasi contesto, in qualsiasi momento, le parole del lavoro ben fatto mi risuonano nella mente. Da quando conosco Vincenzo, da quando ho letto il suo libro, non ho fatto altro che pensare e confutare quante cose risolve la voglia di fare bene un lavoro. Tra l’altro mi sono accorta che chi adotta la filosofia del lavoro ben fatto è più sorridente e felice. Ne vale la pena!”
Come puoi immaginare l’ho ringraziata di cuore, e lei mi ha risposto così: “io ringrazio te perchè hai cambiato definitivamente la mia prospettiva.”
Patrizia non è stata l’unica persona a commentare con parole belle il video. Maria Grazia Costantini, per esempio, qualche giorno prima, ha scritto questo: “Ottimo intervento! Un intervento proprio “ben fatto”!! Concordo. Se tutti noi compissimo “ bene” ogni nostra azione, ogni nostro lavoro, piccolo o grande che sia, il mondo sarebbe migliore, sotto tutti i punti di vista!! Complimenti, dott. Moretti. Trovo davvero speciale e vincente la sua idea del lavoro ben fatto.” E come loro hanno fatto molte altre amiche, e amici.
Perché tra i tanti ho scelto proprio due commenti di Patrizia e di Maria Grazia? Perché secondo me colgono l’essenza stessa del lavoro ben fatto, il succo come avrebbe detto mio padre: il lavoro ben fatto risolve molte cose e cambia la prospettiva; chi fa bene quello che deve fare è più felice, vive meglio e dunque ne vale la pena; tutto questo fa del lavoro ben fatto un’idea vincente.
Semplice, chiaro, forte. Ecco, ti volevo che la prossima volta che mi stanco di tutta questa ammuina che faccio, perché anche io mi stanco, per portare avanti l’idea e fare in modo che anche una sola altra persona legga il libro, penserò a Patrizia e a Maria Grazia, e la stanchezza mi passerà. E niente, te lo volevo dire.

IL LAVORO BEN FATTO A HOSPITALITY SUD
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Cara Irene, il mio nuovo amico Mauro Di Maio alla fine è riuscito a convincermi, e così ieri sono stato a Hospitality Sud, e sono stato davvero felice di esserci, perché è stata una bella serata, ho incontrato belle persone e ho imparato cose nuove, e pure il fuori onda finale è stato speciale, ma questo te lo racconto alla fine, altrimenti che finale è.

Che ti devo dire amica mia, modestia a parte, ancora una volta il mio quinto senso e mezzo, come direbbe uno dei miei eroi dei fumetti, Dylan Dog, non mi ha tradito, nel senso che Mauro è proprio come me lo ero immaginato a Sorrento, una persona gentile, attenta, credibile, innamorata del suo lavoro. Come hanno messo in evidenza in tante/i durante la discussione il solo fatto di essere riuscito a riunire intorno a un tavolo tutte le persone e le associazioni che hai potuto vedere elencate nella foto precedente suggerisce qualcosa di significativo a questo proposito.

Per quanto riguarda me, nei 15 minuti che mi sono stati assegnati, che poi sono diventati 18, dopo aver raccontato un po’ di quello che devo ai miei genitori, che questa parte mi piace non dimenticarla mai, ho detto più o meno questo:

Il lavoro ben fatto non è solo un’idea, una teoria. Anche se ha alle spalle tanti anni di studio e si merita il vostro rispetto, se fosse solo questo dopo che l’avrete ascoltata penserete “però, sarebbe bello, peccato che non si può fare”.

Il lavoro ben fatto è anche, direi prima di tutto, una pratica, una metodologia, un approccio organizzativo, un percorso formativo che non è soltanto raccontato con un libro, un manifesto o un canvas, ma è stato sperimentato sul campo con ottimi risultati nelle università, per ultima HIA Firenze, nelle imprese di diversi settori, compreso quello dell’ospitalità, nelle scuole.

Perché si può fare?
Perché il lavoro ben fatto è bello, ha senso, è giusto e soprattutto conviene.
Perché se ognuno fa bene quello che deve fare funziona tutto.
Perché il lavoro ben fatto degli altri è un diritto, il nostro lavoro ben fatto è un dovere.
Perché vale per famiglia, l’impresa, la scuola, l’ospedale, la città, qualunque cosa.

Perché questo approccio è interessante per voi?
Perché il lavoro ben fatto rimuove i 3 principali ostacoli al cambiamento: non si capisce bene che cosa si deve cambiare e chi è responsabile di quel cambiamento; le variabili (difficoltà) sono troppe, diverse, ingestibili, incontrollabili; c’è troppa differenza tra l’impegno che ci vuole e i risultati che si ottengono.
Perché il lavoro ben fatto dipende da noi. (Fare bene quello che si deve fare)
Perché il lavoro ben fatto si può fare, si fa, ci si abitua.
Perché il lavoro ben fatto lo possono fare tutti, da 0 a 100 anni.
Perché il lavoro ben fatto cambia l’approccio di ognuno di noi.
Perché nel mondo dell’ospitalità il lavoro ben fatto impatta non solo sul servizio ma sull’accoglienza.

Naturalmente c’è un lavoro da fare, ci sono da condividere i perché, ci sono dei passi educativi e formativi da percorrere, ma non solo si può fare, ma è facile da fare una volta che si coglie il nesso tra diritti e doveri a ogni livello.

Detto questo che cosa aggiungere ancora?
Prima di tutto che Mauro è stato bravo non solo come organizzatore ma anche come moderatore della serata, perché ogni partecipante al tavolo ha raccontato in maniera sintetica la propria associazione e il proprio rapporto con il lavoro ben fatto. In questa maniera, nonostante il poco tempo e i tanti interventi (fare tutto in un’ora non era facile) non è stata una passerella ma un confronto di esperienze, un’occasione per creare ponti che nel futuro prossimo venturo potranno aprire ulteriori possibilità, che come sai è una cosa che mi piace molto.

In secondo luogo che prima del mio breve speech Mauro ha organizzato la piccola intervista con il Canale di Hospitality Sud (fatti un giro, ci trovi anche altri protagonisti della serata) che puoi vedere qua sotto.

Infine che alla fine ho colto da parte di molte/i parole di apprezzamento sincere, e questo dal punto di vista umano è sempre bello, per me e per il lavoro ben fatto. Qualcuno mi ha detto anche che se avessi portato le copie del libro (avevo solo la mia) in molti lo avrebbero comprato, non ti nascondo che avevo anche pensato di mandarne un po’ di copie a Mauro, ma non era l’occasione giusta, la serata di ieri è nata per amicizia e per serendipity, insomma per genio e per caso, e va bene così, e poi chi vuole leggerlo davvero il modo per comprarlo ce l’ha.

Ecco cara Irene, prima di salutarti mi resta da raccontarti soltanto il fuorionda, nato anche questo dalla gentilezza di Mauro oltre che dalla mia faccia tosta.
Dovendo tornare a Bacoli avevo chiesto ai presenti se qualcuno andasse in quella direzione ma non avendo ricevuto risposta mi ero rassegnato a dirigermi verso la comuna quando il mio amico mi ha detto di non preoccuparmi che ci avrebbe pensato lui. Confesso che non avevo capito che in realtà la sua idea era di farmi accompagnare in taxi, e quando l’ho capito ho cercato anche di dissuaderlo, ma non ha voluto sentire ragioni e non si è dissuaso neanche quando siamo scesi e il taxi non c’era, siamo usciti sulla strada e stava per chiamare quando ne è passato uno al volo, ma veramente al volo, perché era già passato quando lo abbiamo visto e gli abbiamo fatto segno, non so come ma si è fermato, sono salito ed è iniziato un altro magnifico viaggio. Il tassista un personaggio unico, abbiamo cominciato a parlare e a un certo punto mi ha detto che ai suoi figli ripete spesso che non importa quale lavoro facciano basta che lo fanno bene, e poi più avanti che “noi genitori possiamo mettere i figli sul trampolino e dare loro una spinta, ma poi il tuffo lo devono fare loro”, e poi della figlia che fa mediazione culturale all’università, legge tantissimo, ha fatto tre esami e ha preso tre 30, insomma per non farla lunga gli ho regalato la mia copia del libro per la figlia, e quando siamo arrivati è voluto scendere per darmi la mano, della serie “scusatemi ma devo scendere, vi devo salutare per bene”.
Ecco amica mia, adesso è davvero tutto, anzi no, devo dire ancora una cosa: grazie Mauro.

P.S.
La foto di copertina di questo post è di Hospitality Sud

LA VISIONE DI MAURO
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Cara Irene, Mauro Di Maio è uno dei due intrepidi che nonostante il patapata dell’acqua è venuto alla presentazione del libro a Sorrento. Come si diceva a Secondigliano da ragazzi, ci siamo acchiappati subito, lui è Presidente Nazionale presso “Le Chiavi D’Oro”, la Federazione Delle Associazioni Italiane Dei Portieri D’Albergo, ha preso il libro, lo sta leggendo, e ieri mi ha scritto per invitarmi a una iniziativa che sta mettendo su a Napoli per fine febbraio, vediamo cosa succede. Stamattina invece, mi ha mandato la foto della pagina del libro con le sottilineature che ti allego e questo messaggio: “Io, le mie amiche e i miei amici abbiamo una visione per il mondo dell’Ospitalità e della Ristorazione ed in generale del Turismo. Sarebbe bello parlarne assieme.” Che ti devo dire rispetto alla presentazione a Sorrento che non ti ho detto già? Forse che, come dicevano gli antichi, si chiude una porta e si apre un portone. Alla prossima.

IL MESSAGGIO DI SEBASTIANO E LA PRESENTAZIONE A SORRENTO
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Cara Irene, come ti avevo detto nonostante l’acqua a zuffunne la presentazione del libro a Sorrento è stata piena di possibilità. Assunta Vanacore qualche giorno fa ha pubblicato la foto dell’articolo pubblicato su Surrentum, lo condivido con piacere. E non finisce qui.

L’altra bella notizia è che la settimana scorsa mi ha scritto Sebastiano Parola, fratello di Antonio, mio amico del cuore da ragazzo a Secondigliano. Questo il suo messaggio: “Ciao carissimo vincenzo, ho letto il tuo libro il lavoro ben fatto e non solo una volta ma più volte e ogni volta che lo leggo mi piace sempre di più, perché io che ho vissuto nel quartiere che tu ben sai sono riuscito a fare una carriera militare impegnandomi e avendo tante soddisfazioni. Quindi mi aggangio al libro perché il lavoro dei nostri genitori nel crescerci è stato ben fatto.”
Insieme al messaggio la foto, che meraviglia.

CON VITO ALL’ASSOCIAZIONE INSIEME
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Cara Irene, l’esperienza che ho vissuto a Potenza all’Associazione Insieme non te la posso raccontare adesso qui, ho bisogno di riordinare le idee, di riascoltare le storie, di mettere insieme le foto, le parole, le voci che ho ascoltato nel corso della serata, tante cose belle, ho pensato di scriverci un post a parte e poi metterò il link anche qui. Intanto, ti volevo dire che è stata una sera di straordinaria umanità; che sono profondamente grato a Vito Verrastro e Giuliana Provenzale, a Maria Elena Bencivenga, a Tonino Tamburrino, alle amiche e agli amici di Associazione insieme onlus, a tutte le persone che hanno contributo con la loro presenza e il loro lavoro a rendere la presentazione del libro una esperienza di condivisione davvero unica; che le 10 copie del libro che avevo portato con me non sono bastate. Ti lascio con qualche foto scattata con il telefonino da Tonino, conto di tornare presto.
Leggi l’articolo.

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TORNA A SURRIENTO
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Cara Irene, contro tutte le previsioni, quella di ieri a Sorrento è stata una serata bellissima. Contro le previsioni del tempo innanzitutto, da Bacoli a Sorrento ha piovuto a zuffunne senza interruzione e per fare i 120 metri che separano l’albergo da Villa Fiorentino ci siamo inzuppati/e d’acqua due volte, nonostante la seconda volta ci siano dovuti venire a prendere con la macchina. E poi contro il calcolo delle probabilità, che era evidente che con un tempo così alla presentazione del libro non sarebbe venuto nessuno.
Ecco, adesso tu ti chiederai ma una serata così come ha fatto ad essere bellissima? Te lo spiego in tre punti.
Punto Uno. In realtà due persone sono venute, Mario Parlato e Mauro Di Maio, due persone con una storia interessante, il primo titolare dell’impresa di costruzioni di famiglia, il secondo presidente de Le Chiavi d’Oro, Federazione Delle Associazioni Italiane Dei Portieri D’Albergo, due persone che magari mi sbaglio ma penso che torneranno nelle mie storie di lavoro ben fatto, ne parliamo dopo che avranno letto il libro.
Punto Due. Marcello Aversa e Assunta Vanacore, che hanno organizzato l’incontro, hanno avuto la bella idea di invitare il fotografo e il videomaker – addetto stampa della Fondazione Sorrento, Salvatore De Stefano e Antonino Fattorusso, con i quali ci siamo inventati una presentazione itinerante della bellissima mostra organizzata a Villa Fiorentino, Manufactum. Se ci segui nei prossimi giorni sui nostri canali ne vedrai e ne sentirai delle belle.
Punto tre. La sera siamo riusciti anche a dedicarci un’ora in un bel posto a Sorrento con formaggi, salumi e l’ottimo vino scelto da Mario. Un’ora di chiacchiere e di amicizia, un’ora di aneddoti e di risate, un’ora di quelle che ti allungano la vita.
Ecco, cara Irene, direi che per il momento è tutto anche se ci sarebbero anche altri punti, quelli che si riferiscono alle nuove connessioni che si sono create e ai nuovi cantieri che abbiamo aperto, ma di questo avremo tempo di parlare. Alla prossima.

SONO SODDISFAZIONI
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Cara Irene, questa settimana sono successe due cose che sono belle di per sé, se avranno un seguito ne sarò felice ma anche se non lo avranno la bellezza resta.
La prima riguarda un amico che non sentivo più dal 2007, che mi ha contattato perché ha incrociato su Linkedin un po’ delle cose che faccio alla voce “lavoro ben fatto” e mi ha contattato, e poi ci siamo visti insieme a una dirigente della sua importante struttura di formazione. Mi hanno raccontato di un loro bellissimo progetto su questi temi, siamo rimasti che leggono il libro e caso mai ci risentiamo, ma intanto P. mi ha fatto contento assai per il solo fatto che mi ha cercato, 15 anni sono tanti, e con lui avevamo avuto frequentazioni soltanto nel periodo in cui ho diretto l’agenzia di formazione promossa dalla Cgil, 7 – 8 anni, io lo sapevo già, ma la persona che sei e il modo in cui fai lo cose conta, non ci sta niente da fare.
La seconda la devo a una mia carissima amica, anche nel suo caso non dico il nome perché non voglio impicciare nessuno, lei mi aveva già scritto che sua sorella aveva consigliato il libro a una sua amica, e stamane è arrivata in chat con questo messaggio: “Buongiorno Vincenzo. A., l’amica di mia sorella che ha acquistato il libro pochi giorni fa, ha quasi terminato la sua lettura. Ha proposto al responsabile HR della sua azienda di regalarlo ai dipendenti al prossimo ritiro. Naturalmente il responsabile desidera leggerlo prima di decidere. Mi sembra, comunque andrà, una cosa molto bella.”
Come dici cara Irene? Anche secondo te è una cosa molto bella? Sono d’accordo. Come diceva papà, si campa anche di soddisfazioni. Alla prossima.

LA CAMPAGNA DI NATALE
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Cara Irene, come ti ho raccontato qui per le feste di Natale, ho scritto una lettera aperta a chi fa impresa, a chi ha letto il libro e pure a Babbo Natale. Diverse le interazioni e i commenti che sono arrivati, quelli di Antonio Franco, di Erika Brentegani e di Elisabetta Bissoli, gli ultimi due in risposta a un post su Linkedin di Luca Marcolin, mi fa particolarmente piacere condividerli con te.

Antonio Franco su Linkedin
Compagni di viaggio per i prossimi dieci giorni.

(E dopo, in risposta ai miei ringraziamenti)
Vincenzo Moretti il “grazie” è tutto per te, per tre motivi: primo perché dopo due anni dalla prima volta, ho sentito il bisogno di rileggerti; secondo, perché nelle tue pagine ritrovo esattamente gli insegnamenti che mi hanno impartito i miei genitori. Il lavoro ben fatto in qualche modo circolava già nel mio sangue.
Terzo, perché ogni volta che ti cito con qualcuno dicendo “ciò che va quasi bene, non va bene” per spiegarne il senso consiglio di leggerti, in questo modo mi faciliti lo spiegone.

Erika Brentegani su Linkedin
“Il lavoro ben fatto è quando ti alzi la mattina e fai bene quello che devi fare, qualunque cosa tu debba fare.
È sempre tempo di lavoro. O è ben fatto o non è, punto.”
“Dobbiamo lavare i denti? Laviamoli bene, almeno 3 minuti minimo 2 volte al giorno. Dobbiamo studiare? È uguale! Studiamo con metodo, evitiamo di ripetere le cose a pappardella perché tanto non serve a nulla.”
“Facciamoci sempre molte domande e prendiamoci il tempo necessario per farci quelle giuste, perché senza domande giuste è quasi impossibile trovare le risposte che ci servono.”
“Il lavoro ben fatto non vale solo quando si studia e si lavora, vale anche quando si gioca, si si balla, si fa sport o quant’altro ci pare. È in questo senso che è un approccio, un modo di essere, di pensare e di fare, un metodo, uno stile di vita, una vocazione, un flusso di esperienza, un percorso.”
“Nel lavoro tutto è facile e niente è facile, è questione di applicazione, dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore.”
Scontato? Decisamente no, ha a che fare con un tempo di qualità e consapevolezza e di scontato non c’è proprio nulla. Grazie Luca Marcolin.
#familyaudit #familybusiness

Elisabetta Bissoli su Linkedin
Concordo su tutto. Dobbiamo cercare di vivere “hic et nunc” concentrati, aggiungerei consapevoli di quello che si fa e perché. Dobbiamo inoltre programmare la nostra vita e non lasciarsi vivere. Il lavoro ben fatto sarà un proposito per il mio 2023.

SECONDA EDIZIONE
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Caro Diario, con Luca ci abbiamo pensato parecchio ma alla fine abbiamo deciso che anche se i cambiamenti non sono di quelli che stravolgono il libro è comunque una seconda edizione. A parte i cambiamenti del logo, di alcuni colori e dell’articolo del Manifesto in quarta di copertina, tutto il testo è stato rieditato, alcune parti sono state sintetizzate e alcune altre sono state aggiunte, in particolare ti segnalo il post scriputm di Luca prima del suo capitolo dedicato a Salotto nunziata e le pagine aggiunte da me al capitolo Strada Facendo, ero un vecchio impegno che avevo con le ragazze e i ragazzi di Aula O, e sono molto contento di averlo onorato.

DUE ANNI DOPO
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Caro Diario, è da un po’ che non parliamo del mio libro di una vita e insomma dobbiamo recuperare, anche perché ci stanno parecchie novità.

La prima novità è che il libro cammina, lentamente ma cammina, nel senso che viene letto, discusso, usato, insomma è vivo e risponde al compito per cui Luca e io lo abbiamo scritto. L’ultima è di questa mattina, con la mia amica A. V. che compare in chat e, tra le altre cose, mi scrive questo: “Sai pure perché ti ho pensato? Perché un imprenditore con cui sto collaborando, stamattina farà un discorso ai suoi dipendenti partendo dal tuo libro, ne avevamo parlato e a lui è venuta quest’idea, mi sembra una bella cosa, che dici?”
E che devo dire?, che sono felice, che ho già scritto a Luca e pure a Cinzia, che come mi ha insegnato mio padre la vita è fatta anche di soddisfazioni. Sì amico Diario, il libro e le sue idee camminano, senza la pandemia avrebbe potuto camminare ancora di più, che lui dal giorno in cui è uscito, il 31 marzo 2020, se l’è fatta tutta, ma Luca e io siamo contenti, 675 copie vendute fin qui, poteva andare meglio ma poteva andare anche molto peggio.

La seconda è che ancora una decina di giorni e sarà online la prima ristampa, per la verità una prima ristampa che assomiglia a una seconda edizione, perché è riveduta e ampliata, nel senso che insieme ai piccoli ma significativi cambiamenti che ci sono per la mia parte, c’è un nuovo capitolo scritto da Luca, che insieme alle modifiche apportate alla copertina mi fanno dire che la nostra non è un’operazione di facciata ma di sostanza, anche se naturalmente non stravolge la natura, la struttura e il senso del volume.

La terza è che abbiamo avviato il percorso che ci porterà, se ce ne saranno le condizioni, a registrare il marchio e i loghi #lavorobenfatto, che anche questo è un piccolo passo che ci aiuterà a fare meglio le cose che abbiamo nel cuore e in testa di fare, ma naturalmente avremo modo di tornarci su man mano che il processo va avanti.

ELENA NONIS
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Caro Diario, mi ha scritto Elena Nonis, una delle partecipanti all’incontro organizzato da Alfonso Di Stasio a fine Luglio, e, niente, ti dico solo che sono troppo contento, per il resto la cosa migliore che posso fare è lasciare la parola a lei.

Caro Vincenzo,
sono Elena Nonis, la farmacista che esattamente un mese fa ha avuto il privilegio di assistere al tuo incontro virtuale con Alfonso Di Stasio sul “Lavoro ben fatto”.
Ho letto con estremo interesse il tuo libro, che Alfonso mi ha donato lo scorso Natale. Con lui ci siamo conosciuti nel marzo del 2020, in pieno lockdown, un periodo in cui, per diverse ragioni, mi sono trovata ad avere parecchio tempo libero. Ero iscritta da anni alla newsletter di FarmaciaVirtuale.it, seguivo costantemente le attività di Alfonso, utili per tenermi in aggiornamento continuo sulle ultime novità nel nostro campo, così pensai di inviargli alcuni miei scritti, chiedendogli se potessi contribuire alla stesura degli articoli per la sua testata online, e da quel momento si avviò una collaborazione che continua tutt’ora e che, spero, duri ancora a lungo.
Stimo Alfonso sia professionalmente che umanamente e la scelta del suo regalo non poteva essere casuale.
La lettura del tuo libro mi ha portata ad approcciarmi non solo al lavoro, ma anche alla vita, con un paradigma differente. Certo, a volte è complicato mettere in atto i tuoi suggerimenti, soprattutto quando l’esito del nostro lavoro ben fatto dipende inevitabilmente da terzi. Condivido appieno l’idea di investire energie creative e comunicative nel lavoro, così da poter lavorare (ma anche vivere!) con passione, amore e competenza, per metterla giù con i termini che tu stesso hai utilizzato nella tua pubblicazione.
Niente di più vero del fatto che fare le cose bene significhi fare cose belle, in un processo inventivo e pratico fecondo, mettendo parte di noi stessi nelle nostre azioni. Questo per rispettare sia noi che gli altri. Vuol dire attribuire insieme valore al proprio lavoro e a quello altrui, esercitando diritti e adempiendo a doveri.
Senza testa, mani e cuore, che, tu scrivi, equivalgono al sapere, al saper fare e all’amore per quanto viene fatto, si vive un’esistenza più vuota. Serenità e soddisfazione sono tipici di coloro che cercano ogni giorno di dare un senso alle proprie azioni, spendendosi per compierle nel migliore dei modi. Questo per non sprecare risorse e opportunità. Dignità, rispetto, autonomia, consapevolezza, identità, cultura, comunità; e, ancora, motivazione, ispirazione, senso di appartenenza: tutti termini densi di significato, che spero di fare miei nella vita di tutti i giorni.
Molto bella anche l’idea di concludere il libro con una storia fotografica: un esempio di lavoro ben fatto per immagini che parlano da sole associate comunque a parole che le completano.
Ti faccio ancora i miei complimenti non solo per il testo che hai pubblicato insieme a tuo figlio e per le idee che vi stanno alla base, ma anche per le tue grandi doti comunicative! Sei stato in grado di catturare la mia attenzione tra il momento del pranzo e quello della ripresa pomeridiana del lavoro, e ti garantisco che non è cosa scontata!
Calzante l’esempio di Lorenzo, il muratore che salvò la vita a Primo Levi, il quale continuò imperterrito a costruire muri diritti pur odiando i tedeschi, facendolo per sé. Levi era un carissimo amico del mio nonno materno, chimico ed ebreo come lui. Con i figli trascorrevano di frequente le vacanze in Val D’Aosta, a Brusson, il paesino dove mi recherò con il mio compagno molto presto per passare una settimana di vacanze in montagna.
Mi auguro di poterti rileggere presto, intanto ti saluto con un caro abbraccio.
Elena

COMUNICARE IN FARMACIA CON ALFONSO DI STASIO
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Caro Diario, per quanto riguarda queste note a margine credo di doverti delle scuse, a un certo punto mi sono perso, ho cominciato a raccontare le storie una a una, come nel caso di Airpol e di Marto Basso e mi sono perso la visione d’insieme. In realtà in questi mesi sono successe tante cose, ma adesso è inutile piangere sul latte versato, meglio riprendere le fila della nostra conversazione, a partire dalla bellissima esperienza che ho fatto con il mio amico Alfonso di Stasio e con Comunicare in Farmacia.
Alfonso è laureato in Farmacia, ma io l’ho conosciuto come studente del Corso di Comunicazione e Cultura Digitale, Bottega O insomma, e finito il corso abbiamo continuato a frequentarci fino a quando non mi ha proposto di fare una sessione pilota di incontro con alcune suoi colleghe, e colleghi, farmacisti.
Ci siamo incontrati via web lo scorso 30 Luglio, alle 14:30, le cose che ci siamo dette le puoi ascoltare cliccando qui o sull’immagine in fondo, ma prima di lasciarti ci tengo a dirti tre cose:
1. il confronto con persone nuove, al di fuori delle cerchie che abitualmente frequentiamo, è ogni volta di uno straordinario interesse umano e culturale, insomma ti conferma che la diversità, in ogni sua forma, è un valore;
2. grazie ad Alfonso ho potuto toccare ancora una volta con mano la consistenza e l’efficacia del lavoro ben fatto come teoria e pratica in grado di migliorare la vita delle persone e delle organizzazioni;
3. il libro è un utilissimo – mi veniva da dire straordinario ma è meglio non esagerare – strumento, media, per diffondere il lavoro ben fatto come idea e come pratica.
Da quello che ho capito, ma mi posso sbagliare, chi ha partecipato è stata/o soddisfatta/o di averlo fatto, il mio amico Alfonso, che è sempre molto generoso con me, sta condividendo l’incontro con la sua rete di contatti e dice che in autunno potremmo ripetere il nostro esperimento, io intanto ne parlo anche con la mia amica Giuseppina Guida, valente farmacista qui a Caselle, so che mi puoi capire, a me tutto questo piace un sacco.

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Il lavoro ben fatto da Marta Basso
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Caro Diario, Luca e io abbiamo chiacchierato del libro e di un po’ di altre cose con Marta Basso, ti consiglio di guardare il video e poi mi fai sapere che cosa ne pensi.

Il lavoro ben fatto che cambia l’organizzazione: il caso Airpol
Caro Diario, questa storia qui è troppo lunga per riassumerla qui, perciò segui il link e buona lettura.

Con Luca Marcolin a Family Business Unit
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Caro Diario, Lunedì 15 Marzo 2021 sono stato ospite di Luca Marcolin a Family Business Unit.

Il video dura poco più di un’ora, se non lo hai fatto già ti consiglio di prenderti il tempo e di guardartelo, qui di seguito ti posto invece i commenti che mi ha inviato Cinzia, che lei anche a distanza è sempre premurosa. Ho tolto quelli più da tifosi, te li metto qui non solo per condividerli con te e con i nostri lettori ma anche perché su alcuni di essi intendo ritornare, magari faccio un post apposito, perché in fondo le nostre chiacchierate devo servire anche a questo, a ritornarci su, a scavare, ad approfondire. Alla prossima allora, buona lettura, non ci metti molto, però ricordati che poi ci torniamo su.

Stefano Rossi: Giustisssssimo
Irene Costantini: Mitica pasta e fagioli!
Maria Chiara Salmi: Vincenzo complimenti! Come potrebbe un imprenditore veicolare questo bellissimo messaggio ai suoi collaboratori, oltre il buon esempio? Vincenzo Di Crescenzo: Grande discorso complimenti
Joanna: Saggezza
Maria Chiara Salmi: Vincenzo davvero straordinario! Stimolare la causatività.
Giancarlo Marcato: Se non mi porti una soluzione, sei parte del problema…
Maria Chiara Salmi: Giusto Giancarlo!
Speranza Iannelli: Stiamo cambiando.
Giancarlo Marcato: estremizzandolo diventa un percorso evolutivo per l’intera comunità.
Speranza Iannelli: Nessuno si senta escluso
Stefano Rossi: Ottima discussione!!
Giulio Ferrara: Qualità, contenimento dei costi (necessario a salvare il margine) e rapidità sono quasi sempre antiteci: come gestire ciò?
Luisa Capitanio: Impariamo a nobilitare il nostro e altrui lavoro, qualunque esso sia.
Giancarlo Marcato: Ma è lavoro ben fatto o sostenibile? O diventano sinonimi?
Speranza Iannelli: È vero il lavoro ben fatto degli altri è un mio diritto
Speranza Iannelli: Non decide nessuno se stai facendo bene o no!!!! Tu lo sai quando lo stai facendo bene. Ragione e sentimento . È un puzzle che si incastra da solo.
Angelo Sciaudone: Il lavoro ben fatto secondo Vincenzo Moretti dovrebbe diventare il paradigma per tutti i componenti della nostra pubblica amministrazione.
Speranza Iannelli: Il lavoro ben fatto applicato alle procedure vaccini in Italia.
Giancarlo Marcato: Quindi torniamo all’esaltazione delle competenze tecniche ed alla importanza della meritocrazia.
Maria D’Ambrosio: Il fattore tempo è da coniugare al cambiamento di paradigma: anche per il paradigma del #lavorobenfatto è necessario del tempo per attivare e generare una nuova cultura del lavoro ..
Irene Costantini: Anche una nuova cultura di formazione
Maria D’Ambrosio: In Airpol si sta lavorando da tempo e con più strumenti per fare del #lavorobenfatto la filosofia di tutta la comunità aziendale. Certo la dimensione ‘artigiana’ coniuga essenza e forma e quindi fa emergere forma e sostanza dell’opera (e la traccia lasciata dall’autore).
Giancarlo Marcato: Dal controllo all’autocontrollo —> autoapprezzamento
Enzo Zauli: 100 misure ed un taglio solo!!!
Joanna: Grazie mille professore e uomo di vita.
Giancarlo Marcato: grazie mille e buon proseguimento!

Il messaggio vocale di Marta Basso
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Caro Diario, tu chiamale se vuoi, soddisfazioni. Marta Basso sta leggendo Il lavoro ben fatto e oggi, su Linkedin, mi ha lasciato questo messaggio, ascoltalo, dura 45 secondi. Ah, volevo dirti anche che sono troppo contento.

P. S.
Lo so che lo sai già, ma naturalmente ho chiesto e avuto da Marta il permesso di pubblicare il suo messaggio.

Angelo Sciaudone e un libro per cambiare il mondo
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Questo volume scritto dalla coppia di fuoriclasse Luca e Vincenzo Moretti è necessario; si…proprio necessario!
Tutte le persone convinte che il proprio passaggio terreno non si risolva unicamente nel vivacchiare e galleggiare nella costante mediocrità quotidiana del nostro tempo, dovrebbero leggerlo.
Le parole fondamentali sono tre: “LAVORO BEN FATTO”. Questi tre semplici lemmi deflagrano una potenza di fuoco inimmaginabile.
Che cosa è il lavoro ben fatto?
“È quando ci alziamo la mattina e facciamo bene quello che dobbiamo fare, qualunque cosa dobbiamo fare”.
I capitoli si avvicendano con analisi approfondite ed in molti casi stupefacenti: ci sono tanti pensatori che accompagnano il racconto degli autori.
Il tutto con in filigrana la storia personale di Vincenzo, nato in un quartiere che nel VII sec. era “Casale Regio” della città di Napoli, per la sua terra fertilissima; dove nel corso del ‘900 il lavoro ha assunto un’importanza fondamentale, vitale.
Vincenzo ci racconta la sua crescita accanto all’amato padre Pasquale, al quale dedica il bellissimo capitolo finale del libro.
“…Se nella mia vita il lavoro non l’ho mai associato solo alla fatica ma anche alla dignità, all’onestà, alla soddisfazione e al rispetto, lo devo prima di ogni altro a lui”.
Una gemma preziosissima nello sterminato panorama editoriale del nostro paese, dove tutti pontificano e si ergono ad esperti di ogni scibile umano, senza però offrire una riflessione seria sul tempo che stiamo vivendo.
“Lavoro ben fatto è la qualità che fa muovere un Paese, che lo fa ripartire, che lo sostiene nei suoi percorsi di cambiamento e di sviluppo, che non si accontenta dei casi di eccellenza, che si fa norma, che traduce gli obiettivi in risultati”, Art. 21 del Manifesto del Lavoro Ben Fatto.
P. S.
Il libro è arricchito da un bellissimo capitolo finale, curato da Luca Moretti: si tratta di una storia fotografica che testimonia un esempio concreto di “lavoro ben fatto”, attraverso l’alternanza di testi e immagini.

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Obama, la mail e il lavoro ben fatto
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Caro Diario, stamattina la giornata è cominciata con il mio amico Pasquale Raicaldo, giornalista di Repubblica, che ha condiviso questo messaggio sulla mia bacheca: “E comunque #Obama da Fazio ha concluso citando il #lavorobenfatto”. Come puoi immaginare sono stato contento, io ieri sera me l’ero perso, ho ringraziato Pasquale, gli ho scritto una battuta su come poteva cambiare la mia vita se Obama si fosse presentato in trasmissione con il mio libro in mano, ed è finita lì. O almeno così credevo. Perché man mano sono arrivati i messaggi di Mary Busiello e poi di Gabriele Carloni, di Giuseppe Carullo, di Chiara Serreli, di Gianmaria Garzia. A questo punto mi è venuto in mente mio padre, della serie “na noce int’o sacco nun fa rummore ma tanta noci sì”, ho sorriso e Cinzia mi ha domandato perché, le ho detto di Pasquale, di Obama e del lavoro ben fatto e lei mi ha detto “scrivi una mail a Obama e mandagli il Manifesto del Lavoro Ben Fatto, che di quello tieni pure la versione inglese”.
Come dici amico Diario? Figurati se Obama legge la mia mail? Vai piano, perché Cinzia e io con questa storia di “manda una mail” abbiamo una nostra piccola storia, l’intervista con Piero Carninci per Technology Review che poi mi ha portato in Giappone e al Riken nasce così, e anche per l’intervista con Jeremy Rifkin e il lavoro che ne è seguito ha funzionato così. Sì, hai capito bene amico Diario, io la mail a Obama la mando, magari qualcuno del suo staff la legge, tengo pure un paio di amici a cui chiedere un consiglio a questo proposito, alla fine per me è un gioco win – win, se nessuno la legge rimango come sto, se invece si …
Alla prossima.

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Il lavoro ben fatto di Sr Rosa Lorusso
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Caro Diario, come ti ho promesso ieri rieccomi qua. Rosa è una Suora, è stata una mia studentessa, adesso insegna alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, sede di Capua, scrive libri, dirige una collana editoriale per una casa editrice e tanto altro ancora.
A fine Ottobre 2020 mi contatta sui social e nonostante fossero trascorsi più di dieci anni dalle nostre frequentazione nelle aule dell’Università di Salerno, è stato come ci eravamo lasciati la settimana prima, insomma sono stato molto contento che mi ha scritto, e abbiamo cominciato a scambiare qualche chiacchiera, e sono stato felice di inviarle una copia de Il lavoro ben fatto.
L’altra sera il regalo lo ha fatto lei a me, inviandomi un po’ di pensieri sul libro, eccoli:

IL LAVORO BEN FATTO : FINESTRE SUL MONDO!
“Il Lavoro ben fatto”, un titolo che afferra la curiosità del lettore; che va alla ricerca di cosa si nasconde dietro una tavola preparata all’occhiello per gli ospiti invitati all’ascolto. Così anch’io, felicemente invitata a gustarne le pagine, ho assaporato ogni singola espressione…una ad una. Conoscendo gli Autori, certamente sapevo a cosa andavo incontro, trovando anche una postura comoda per assaporare il narrare schietto, informale ma soprattutto sincero che non può scivolarti addosso ma, lasciarti le orme dei suoi passi come segno di aver attraversato il tuo pensiero.
Perché non sono riuscita a leggerlo in poco tempo? Il motivo sembra banale ma non lo è; ogni volta che mi approcciavo al paragrafo successivo, mi si aprivano finestre, si spalancavano cosi tanto da dire a me stessa: “straordinario vedere come una sola parola, messa al punto giusto, acquista senso e sulla quale desideri costruire, progettare..” Comprendi che il tempo scorre, e devi utilizzarlo tutto, al meglio, al massimo delle tue possibilità.
Ho sperimentato nella lettura di questo libro, un’attraversata, a volte un po’ agitata, a volte nella quiete, a volte sono rimasta in silenzio; pagine cosi vere, spontanee e a colori, piene di immagini, come finestre che aprono un mondo di vissuti, ricordi, pensieri sul tuo lavoro, sulla società, sulle tue relazioni “ben fatte o meno” sul tuo passato…e ancor di più sul desiderio di un futuro “ben da fare”.
Le numerose finestre aperte, se non addirittura balconi, mi hanno richiesto necessariamente una scelta nelle quali zoommare qualcosa, e altre da rimandarne lo sguardo di riflessione. La scelta chiede di mettere ordine … ogni tanto la vita ce lo chiede, vita che è caos naturale in cui navighiamo. Mettere ordine, significa, per me , stabilire priorità, senza tuttavia togliere spazio a quella finestra, quasi sempre quella della soffitta, dove si possono ammirare le stelle ed esprimere desideri, la più gradita e piena di aria da respirare: quella dei sogni.. Non la chiudete a chiave, altrimenti è finita. Credetemi… chi non sogna… non vive.
Cosa ho imparato da questo bel lavoro dei Moretti “padre e figlio”? Che è bello fare le cose bene, dà tanta soddisfazione. Ho imparato che, ancor prima che per gli altri, i quali sicuramente respireranno il bene del nostro operato, dobbiamo farlo per noi stessi; non è egoismo ma capacità di volersi bene, di prenderci cura del nostro lavoro. Se siamo soddisfatti non tanto del risultato ma nel processo del nostro lavoro, del tempo dedicato, delle emozioni provate, non ci servono gli apprezzamenti dal mondo, sguardi di ammirazioni per motivarci, né rincorrere la perfezione che crea ansia e insoddisfazione se poi non diamo valore ad ogni azione buona o sbagliata che sia che alla fine ci insegna a crescere e a gustare, assaporare la bellezza del fatto bene.
Esattamente a 10 anni dal mio primo incontro con l’autore, mio “professore special” di sociologia dell’organizzazione, anno in cui veniva pubblicato Enakapata, viaggio in Giappone di Vicenzo e Luca, sento di dire ancora “ grazie “ perché, nella vita, la voglia di lavorare ci porta ad avere incontri che aprono realtà nuove, prospettive “ altre” è la tua vita acquista sempre un sapore di novità. Grazie di cuore per questo invito, e auguro, a tutti voi , di potervi sedere, e perché no, anche ad autoinvitarvi, a questa tavola imbandita di sapere e di relazioni che possono danno senso, sarete ben graditi perché lavorare insieme ha un sapore unico!
Rosa Lorusso

Che ti devo dire amico Diario? Nonostante le tante tribolazioni, la vita è bella. Con Sr Rosa continuiamo a chiacchierare a distanza, mi ha chiesto anche di scrivere due pagine per il suo prossimo libro, come sai queste storie aggiungono senso alla mia vita, sì, la vita è bella, però adesso ti saluto, spero di tornare presto.

suor rosa lorusso

Scusa il ritardo
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Caro Diario, è da tanto che non ti racconto del libro, e me ne dispiace, anche perché le cose belle che stanno succedendo sono così tante che non posso neanche pensare di riassumerle qua, anche solo il riassunto delle puntate precedenti sarebbe troppo lungo per i nostri lettori, ricomincio domani con la recensione di una mia ex studentessa, adesso mi volevo solo scusare.
Come dici amico Diario? Perché non ti ho scritto del libro per tutto questo tempo? Vorrei dirti che accade, in realtà ho pubblicato gli aggiornamenti sui social, lì sono letti di più, e come puoi immaginare questo è importante per il passa parola, che in questo tempo in cui neanche le presentazioni riusciamo a fare è il principale mezzo di diffusione del libro a nostra disposizione.
Come? Perché allora sono tornato? Mamma mia come sei pesante certe volte. Perché il racconto che ti faccio qui rimane, e con esse il senso del percorso, mentre sui social dopo un poco, ma poco assai, viene tutto sacrificato alla necessità dell’aggiornamento.
Dai, non ci pensiamo più, ogni tanto ti prometto che ritorno, intanto domani non ti perdere suor Rosa Lorusso, la mia ex studentessa è lei.

La videodedica a Martina e Gianluca
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Caro Diario, della presentazione organizzata dalla mia amica Assunta Vanacore a Sorrento e del fatto che continua a produrre nuove possibilità ti ho già raccontato qui. Perché allora sono tornato?
Perché mi sembra giusto condividere anche con le lettrici e i lettori di Note a Margine questa bella storia e il video che, per ora, è l’ultimo arrivato. Perché, come ho detto nella dedica a Martina e Gianluca, scorgo qualcosa di più profondo nel passaggio di mano tra il padre e i figli, trovo nel gesto di Marcello il senso più vero del mio lavoro, della mia dedizione all’idea e alla pratica del lavoro ben fatto. E perché vorrei che Martina e Gianluca leggessero queste righe e decidessero di leggere il libro, e magari poi parlarne assieme, sapere se e cosa ha lasciato loro.
Ci tornerò ancora su questa bella storia amico Diario, non appena i tempi saranno più sereni andrò a trovare Marcello e ne riparleremo, e magari troveremo il modo di realizzare qualche cosa insieme, una mezza idea ce l’ho già, ma per realizzarla ne dobbiamo parlare assieme, e ci farema aiutare anche da Assunta e dai figli di Marcello se lo vorranno, vediamo, intanto ti saluto, alla prossima.

Michela Bordoni, il lavoro ben fatto e le organizzazioni
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Caro Diario, questo di Settembre è stato proprio un bel mese per il libro, è iniziato con la presentazione da Piero Vigutto e finisce con 88 copie vendute e la recensione a 5 stelle su Amazon di Michela Bordoni, la capa di Scelte Strategiche.

Va bene, Michela è amica mia, ma vale per lei lo stesso discorso che ho fatto per Piero, per Raffaele Gaito quando prima ha recensito il libro e poi l’ha indicato come libro della settimana o per Federico Samaden quando ha fatto la video recensione. Sono personaggi pubblici, ci mettono la faccia, i primi tre hanno a che fare con il mondo delle imprese e il quarto con quello della scuola, non sono persone che scrovono e fanno cose perché sono tue amiche, non esiste, come loro non lo farei mai neanche io.

La morale della storia è presto detta, mio caro amico brontolone, sono così felice per le parole di Michela che le condivido assai volentieri con te e con i nostri lettori: «Non so se parlare di quanto questo libro abbia impattato nelle organizzazioni delle Aziende multinazionali nostre Clienti. Sicuramente esiste (lì dov’è stato) un “prima di Vincenzo Moretti” e un “dopo Vincenzo Moretti”.

Oppure, e anche, vorrei testimoniare di come il libro dia tanti spunti per vivere diversamente la famiglia, gli amici e lo sport. Leggere tra le righe e nelle parole è illuminante nella sua disarmante semplicità. O almeno per me lo è stato. Consigliatissimo per vivere attraverso questo libro la passione, l’allegria e la profondità.»
Non tengo altro da aggiungere se non che ti voglio bene caro Diario, alla prossima.

Da Piero Vigutto, a #CoseDellAltroManager
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Caro Diario, ieri sera da Piero Vigutto, a #CoseDellAltroManager, mi sono arricreato, nel senso che mi è piaciuto un sacco.
Come sempre sono state decisive le domande, grazie Piero, e poi Luca che non solo sta pian piano prendendo in mano la baracca ma a un certo punto ha tirato fuori un ricordo del nonno che solo un altro poco e mi mettevo a piangere.
Basta, non c’è bisogno che io aggiunga altro, guardati il video, lo so, dura mezzora e andiamo sempre tutti di fretta, ma questo è, secondo me vale, poi sai tu che fare.

P. S.
Caro Diario, il mitico Piero Vigutto ha pubblicato anche il podcast, così lo puoi ascoltare anche mentre sei in auto o fai altre cose.

 

Mauro Dotta, l’approccio e il risultato
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Caro Diario, ieri, alla fine di una giornata lunga e complicata assai, ho travato su Linkedin un post di Mauro Dotta che mi ha fatto compagnia più volte durante la notte, abbastanza insonne a causa delle complicazioni suddette.

Mauro non ho avuto ancora il piacere di conoscerlo, il suo profilo breve recita “Soluzioni HR per valorizzare le aziende e le persone | Senior HR Consultant | Executive Coach ICF (ACC) | HR Manager” e il suo post ha avuto fino a questo momento più di 170 segnalazioni e qualche decina di commenti.

Questo il testo a corredo della foto: “Quest’estate ho letto diversi libri interessanti. Quello che mi ha colpito di più è stato Il lavoro bene fatto di Luca e Vincenzo Moretti, vi riporto una frase che mi ha molto colpito:

“Il lavoro benfatto è mettere sempre una parte di te in quello che fai. Quello che importa quando fai una cosa , è farla come se dovessi essere il numero uno al mondo. Il numero uno, non il due o il tre.

Poi puoi essere pure il penultimo, non importa la prossima volta andrà meglio, ma questo riguarda il risultato e non l’approccio, nell’approccio hai solo una possibilità, cercare di essere il migliore.”

Cosa ne pensate?

#lavoro #risorseumane #formazione #formazioneaziendale #formazioneprofessionale #comunicazione #hr #tempo #humanresources #icf #coaching #leadership #coach”.

Che ti devo dire amico mio, come ha scritto Shakespeare ci sono più cose in cielo e in terra di quante la nostra fantasia ne possa immaginare. Come puoi immaginare ho letto tutti i commenti, ho ringraziato di cuore Mauro e lui stamattina mi ha risposto con un commento gentile e ricco di possibilità, spero tanto che le nostre strade possano continuare a intrecciarsi per condividere idee, contenuti, punti di vista.

Prima di lasciarti ritorno solo un attimo sul tema “approccio – risultato” che come sai considero assai importante nella pratica e nella teoria del lavoro ben fatto. Come ho scritto nel commento al post di Mauro è una questione di senso, di ricerca della bellezza nelle cose fatte bene, di possibilità riconoscere il limite e di spostarlo in avanti, perché “è importante avere sempre la consapevolezza dei propri limiti e non perdere mai la determinazione necessaria per superarli in avanti, perché il limite non è fisso, si sposta con noi” (pag. 123.)

Ecco, adesso è davvero tutto, alla prossima.

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Silva Giromini e la copertina imbarcata
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Caro Diario, Silva Giromini è una nuova amica che ho “conosciuto” grazie all’intervista con Raffaele Gaito, se a qualche amica/o che ci legge fosse sfuggita la trova qui. Sai come vanno queste cose, un commento tira l’altro, con me che a un certo punto scopro che Silva ha un sito con annesso blog e un bellissimo claim, “Racconto belle storie, perchè sono contagiose”, e lei che a un certo punto mi scrive che ad Agosto leggerà il libro e che se le piacerà scriverà qualche riga di recensione, insieme a tante altre chiacchiere belle che però te le racconto un’altra volta altrimenti dici che la faccio troppo lunga.

Ecco, ti volevo dire che Agosto è arrivato e oggi Silva ha scritto questo posto su una sua pagina social:

“Il libro è arrivato: “Il lavoro ben fatto. Che cos’è, come si fa e perché può cambiare il mondo”. Questo è il titolo completo. Apro a caso, come mio solito, e trovo questa frase: Siamo impegnati a raccontare l’Italia degli italiani normali, quelli che pensano: lavoro, dunque valgo, merito rispetto e considerazione. Questo libro già mi piace perché “respira”. Lo chiudi eppure la copertina non ne vuol sapere, rimane aperta!” Insieme al post due foto del libro, quelle che vedi in copertina.

Come dici? Certo che sono contento, e naturalmente spero con tutto il cuore che per Silva sia una bella lettura, ma insomma questo ce lo dirà lei quando avrà finito, io non ho avuto ancora il piacere di conoscerla da vicino, ma le persone come lei non sgarrano, quello che dicono fanno, perciò è questione di tempo e la vedremo arrivare con il suo commento.

Prima di salutarti ti devo dire ancora una cosa. Non so se lo ha fatto in maniera consapevole, magari Silva quando legge questo post ce lo dice, ma il modo meravigliosamente poetico con cui ha chiuso il suo post risponde a un grande cruccio che Luca e io abbiamo da sempre, la copertina del libro si “imbarca”. Sì, Silva ha detto che il libro respira, ma in realtà si imbarca, pensa che la mia copia la tengo per qualche giorno sotto a tre o quattro altri volumi perché così si sistema.

Luca, che come sai di mestiere fa il librario, per tirarmi su dice che un sacco di libri che non hanno la copertina rigida si imbarcano, ma questo non basta a lenire il mio dolore, sono segno zodiacale Vergine, e su certe cose sono molto preciso.

Lo sai che dopo che ho letto Silva qualcosa dentro di me è cambiato? Pensa, da ora in poi invece di dire “scusate, la copertina si imbarca un po’, se la mettete sotto a qualche altro libro si sistema”, potrei dire “scusate, il libro respira, anche se lo chiudete rimane aperto, se vi dà fastidio mettetelo sotto a un paio di altri libri e si sistema”. Lo so, quello comunque si imbarca, però detto così è tutta un’altra storia. Per ora grazie Silva, aspetto la tua opinione sincera.

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Marcello Lombardi
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Caro Diario, Marcello Lombardi è un nuovo amico che sta leggendo il libro, prima ti dico che cosa mi ha scritto, poi ti dico che cosa mi ha detto e infine che lavoro fa e che cosa vorrei fare con lui.

Quello che ha scritto me lo ha scritto prima su Instagram, poi ha visto che lì sono poco pratico e me lo ha riscritto su Messenger, ed è questo:

«Ciao Vincenzo, sento una certa urgenza di dirtelo, come se avessi il timore che dicendotelo più tardi, domani o quando Dio vorrà, il trascorrere del tempo togliesse valore all’emozione.

Stamattina, come di consueto a Caselle, mi sono svegliato presto e dopo il mio tempo di preghiera sono andato a cercare il tuo blog. Ho cominciato a leggere e man mano che leggevo trovavo conferma alla mia intuizione (al mio istinto se vuoi, perché sono uno che da molta importanza all’istinto come sesto, e più importante, senso). Adesso il problema è che ho paura di leggere il tuo libro. Sto parlando di quella sana paura che ti assale quando sai di avere a disposizione un certo numero di pagine che per quanto “abbondanti” finiranno. Si caro Vincenzo (perché già mi sei caro), il tuo diario “sfonda” la scatola della tua intimità e diventa intimità collettiva.

Il tuo “de rerum minimum” (perché “parvus” non mi piace, lo connota di quella insignificanza dalla quale tu vuoi liberarlo) mi ha fatto scendere parecchio in profondità, dove si prendono i “pesci grossi”. E per questo ti ringrazio. Spero di avere presto l’occasione di prendere un caffè (o quello che vuoi, pure uno spaghetto a vongole), non per conoscerti (perché, scusami la presunzione, ma già te saccio!!!), ma solo per oziare un po’ insieme.

Ti abbraccio. Marcello.

P. S.

Sei entrato di prepotenza nei miei top ten come scrittore. Bravissimo anche Luca. Ma si sa, il frutto non cade mai lontano dall’albero, o forse qualche volta si, ma stavolta no. Che bello che scrivete insieme.»

Quello che mi ha detto me lo ha detto oggi, dopo aver fatto i complimenti a Luca che era con me così come Cinzia. A proposito, con lui c’era anche Mario Greco, il Barbiere De Giulio, insomma sappi che tengo un testimone, le parole precise precise non me le ricordo ma il fatto questo è:

«Senti Vincenzo, ieri sulla spiaggia ho letto qualche capitolo del libro e quando sono tornato a casa ho tolto un lenzuolo asciutto perché il cielo si faceva scuro. L’ho piegato bene bene e alla fine ci ho passato anche la mano sopra come per stirarlo, pensa che quando è tornata mia moglie è rimasta sorpresa, non lo avevo mai fatto prima, ed è stata contenta, ha apprezzato molto. Che ti devo dire, per me il fatto di piegarlo così bene quel lenzuolo mi ha dato una soddisfazione intima, e questa soddisfazione mi è venuta dalla lettura del libro.»

Prima di chiudere questa parte ti devo dire che Marcello l’ho conosciuto da pochi giorni, mi ha fermato in piazza a #Cip chiedendomi del libro e insomma questa storia l’ho già raccontata sui social perciò è inutile ripeterla qui, altri commenti non ne faccio, non sta a me farli, ognuno ci può arrivare da solo.

Finisco dicendoti che Marcello di lavoro fa l’avvocato penalista e dice che una delle domande che si fa più spesso è se il suo lavoro è un lavoro ben fatto. Ecco, quello che vorrei fare con lui è discutere proprio di questo, spero di riuscire a farlo nei prossimi giorni, secondo me la domanda “un avvocato penalista può fare un lavoro ben fatto?” è estremamente interessante, per la prima volta credo ancora di più del dottore commercialista. Perché è interessante è facile, perché non c’è una tisposta univoca: il lavoro ben fatto per l’imputato difeso da Marcello è essere assolto, o avere una pena minima, indipendentemente dal reato commesso; il lavoro ben fatto per il pubblico ministero, cioè per lo Stato, è assicurare un colpevoe alla Giustizia; e infine c’è la coscienza di Marcello, che naturalmente sa come stanno effettivamnete le cose, il che pome degli intrecci di carattere etico non facili da dipanare.

Sul punto 3 naturalmente ti tengo informato, però tu pensa anche ai punti 1 e 2, perché sono collegati a quello che ha scritto un mio amico di vecchia data, Gianluca Esposito, che pure sta leggendo il libro, ma di questo ti dico domani.

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“Mammà, perché se la chiamo io per il mio libro Chiara Ferragni non ci viene?”
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Caro Diario, in un certo senso il titolo alla Lina Wertmüller dice tutto. Perché sì, potevo pure mettermi a fare l’intellettuale e fare un po’ di chiacchiere sul rapporto tra la cultura e la società, sul bel lavoro di Paul Di Maggio su Organizzare la Cultura, sulle discussioni senza fine sul ruolo dell’arte, sull’accesso ai musei e sull’importanza della bellezza sulla educazione nostra, dei nostri figli e dei nostri nipoti, ma non lo faccio, ti dico solo che non è una battaglia che non finisce mai, pensa che prima che le prendessero in gestione le ragazze e i ragazzi della Cooperativa La Paranza e della Fondazione di Comunità San Gennaro pure le Catacombe di San Gennaro erano chiuse al pubbliche, disponibili solo per per i famosi esperti e per gli amici degli esperti.

In realtà questo è un aggiornamento giocosamente dispiaciuto e invidioso, dispiaciuto di non essere il Direttore delle Gallerie degli Uffizi e invidioso di non poter invitare Chiara Ferragni a leggere qualche riga de Il lavoro ben fatto, che allora sì che il suo messaggio correrebbe da giovane a giovane, diventerebbe virale, altro che tutti questi spocchiosi ignoranti che storcono il naso, che è bastata lei e nell’ultimo week end il 27 percento in più di ragazze e ragazzi ha visitato gli Uffizi.

Detto ciò, basta con l’invidia, che anche quando è giocosa, e scherzosa, non va bene. Molto meglio mettersi in moto, passaparola passaparola, copia copia, amica/o amica/o, che magari a Chiara Ferragni non ci arriviamo ma tra noi e lei alla voce “influencer” ci stanno miliardi di centimetri da conquistare, alla fine è pure questa una grande possibilità. Alla prossima.

Le 5 copie di Mario
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Caro Diario, ieri mattina con Cinzia sono passato da Mario e mi ha detto due cose belle assai. La prima è che il libro gli è piaciuto molto e gli fa piacere parlarne. La seconda è che ha consegnato tutte e 5 le copie del libro che aveva comprato per regalarle, in realtà gli resta da dare la copia al fratello, ma anche quella è cosa fatta.

Ti dico la verità, mentre Mario parlava più che alla commovente poesia delle sue parole, che c’è, è tanta e naturalmente non mi sfugge, ho pensato all’impatto della sua decisione alla voce “vendite”.

Come dici? Certo che lo so che una noce da sola nel sacco non fa rumore, non sono così matto da pensare che ogni persona che legge il libro ne regala 5 copie, però questo non mi impedisce di pensarci su, di capire se e come si può attivare un processo di isomorfismo, si può diffondere il passaparola. D’accordo, Mario è una persona speciale, il suo negozio di barbiere è un negozio speciale, però non è detto che non ci possano essere persone che leggendo quello che ha fatto lui non si possano incuriosire e leggere a propria volta il libro, o se lo hanno letto decidano di regalarne una copia a un proprio collega di lavoro, a un proprio amico, a un proprio allievo o maestro.

Alla fine se ci pensi anche le persone che lo hanno recensito su Amazon hanno insistito su questo aspetto del libro che non è solo bello da leggere ma “può servire”. Insomma continuiamo a pensarci a come organizzare il passa parola, facciamolo insieme, magari anche con qualche nostro lettore, come diceva mio padre “cchiù ne simme e cchiù belli parimmo”. Alla prossima.

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La dedica di Giuseppe
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Caro Diario, Mario Greco, il Barbiere De Giulio, lo conosci già. Ha letto il libro, gli è piaciuto e ha deciso di regalarlo a qualche amico, tra questi Giuseppe, che come lui è uomo di profondità, di ricerca, di senso. No, non c’entra niente che Mario fa il barbiere e Giuseppe gestisce una sala scommesse; lo sai come la penso, l’importante non è che lavoro fai, ma come lo fai, e naturalmente perché. Comunque qualche giorno fa Mario mi ha detto che a Giuseppe avrebbe fatto piacere avere una dedica al libro e così ieri pomeriggio l’ho raggiunto alla sala scommesse.

Sono arrivato, ho bussato, a pensarci dopo mi è sembrata una cosa indicativa e inusuale, e sono entrato. Giuseppe era da solo, ci siamo seduti e ho cominciato a guardarmi intorno. Il posto è molto diverso da come me lo immaginavo: abbastanza luminoso, molto pulito, senza macchinette mangia soldi, soltanto alcuni computer da un lato dove i giocatori scommettono. Ho fatto fatica a nascondere il mio inbarazzo, mi sono sentito in dovere di dire che era la prima volta che entravo in una sala scommesse, Giuseppe ha sorriso e deve aver detto qualcosa tipo “guarda che sei maggiorenne, non è un reato”, dopo di che gli ho fatto delle domande per capire almeno un po’ come funziona, mi ha risposto che ormai si svolge tutto online, e così ho voluto sapere perché allora le persone vanno a giocare lì, e lui mi ha risposto “per incontrarsi con altri giocatori, stare insieme, scambiare pareri”.

Ho appena finito di scrivere la dedica e sto per andare quando entra A., Giuseppe me lo presenta come un grande lavoratore, lui dice che Giuseppe gli ha parlato di me e del libro, cominciamo a chiacchierare, nel frattempo entra G., la chiacchiera va avanti, ci vuole una mezzora buona prima di riotrnare ai saluti, la salumeria tra poco chiude e devo farci un salto.

Salutandomi, Giuseppe mi dice una cosa tipo «Vincenzo, alla fine di tutti questi discorsi la cosa più straordinaria è che da mezzora G. invece di giocare sta qui ad ascoltare te che parli del libro e del lavoro ben fatto. È incredibile.» Che ti devo dire amico Diario, all’ingresso della sala scommesse la mia parola era “imabarazzo”, all’uscita è diventata “contentezza” e anche “orgoglio”, l’interesse di G. per le cose che raccontavo, o comunque il fatto che è restato lì ad ascoltare, lo trovo pieno di speranza, che ti devo dire, magari sono io che sono un poco bacchettone, ma parlare di lavoro ben fatto in una sala scommesse mi è sembrato meglio che parlarne all’università. Magari mi sbaglio, ma per me è stato proprio così.

Il libro della settimana di Raffaele Gaito
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Caro Diario, ti confesso che dopo che Raffaele Gaito ha ospitato il mio post sul suo blog un poco ci speravo, però quando poco fa Jepis, nascosto in parte dal suo iMac, dall’altra parte del tavolo rotondo, mi ha detto “Vincè, vedi che Il lavoro ben fatto è il libro della settimana di Raffaele Gaito sono stato troppo contento. Ma troppo troppo.
Ti lascio con i tre perché Raffaele ha consigliato il libro:

1️⃣ Perché spiega come affrontare bene qualsiasi lavoro.

2️⃣ Pieno di spunti utili per cambiare il proprio approccio.

3️⃣ Un libro che fa bene e che guarda al futuro.

Sì, amico mio, è bello, bello assai. Sono contento.

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Caro Papà, vengo con questa mia a dirti
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Caro Diario, con Luca abbiamo deciso di dedicare queste letture d’autore ai nostri lettori. Per quanto mi riguarda, lo farò ogni tanto, quando tengo l’ispirazione, leggo l’inizio di un capitolo, e pure Luca fa lo stesso, anche se lui per questo libro qua fa prima.

Lo so che non ti sorprende, ma io non seguo l’ordine del libro, anzi comincio dalla fine, comincio da papà. Buona visione, anche se sarebbe meglio dire buon ascolto.

Katia Tarricone, Antonio Fresa, le recensioni e Luciano Bianciardi
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Caro Diario, ieri sono arrivate le recensioni di Katia Tarricone su Dryas e di Antonio Fresa su Mentinfuga, non aggiungo altro, se non che sono molto contento, per il resto ti lascio alla lettura, mi sembra la cosa migliore.

Come dici? Sì, confermo, Katia e Antonio sono due miei carissimi amici, non avrebbe senso nasconderlo, la loro amicizia è troppo più importante della recensione, ma resta il fatto che hanno letto il libro e hanno messo nero su bianco quello che ne pensano.

Leggere un libro non è mai un fatto scontato. Scriverne ancora di meno.

Luciano Bianciardi, intellettuale molto caro al nostro amico Tiziano Arrigoni, che ne ha scritto qui e gli ha dedicato un libro, La dinamite nella valigia, in Non leggete i libri, fateveli raccontare, ha scritto che “Solitamente i critici da noi parlano poco del libro o spettacolo o dipinto che dovrebbero recensire. Più che altro parlano di sé”.

Ecco, Katia e Antonio no, loro parlano del libro, perché lo hanno letto, che neanche questo alla voce “recensioni” è così scontato. Non so a te, ma a me non sembra poco. Buona lettura.

Katia Tarricone, #lavorobenfatto, Dryas

Antonio Fresa, Luca e Vincenzo Moretti: Il lavoro ben fatto, Mentinfuga

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L’importanza del lavoro ben fatto
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Caro Diario, ieri Raffaele Gaito, sì, ancora lui, ha ospitato un mio post sul suo blog, lo puoi leggere qui. Come puoi immaginare sono contento assai, finalmente il libro sta cominciando a girare meglio, comincio a pensare alla possibilità di fare qualche presentazione di quelle, diciamo così, classiche, insomma la macchina si sta mettendo in moto, e questo mi dà nuova forza ed energia, che è sempre una cosa buona.

Intanto Giovedì prossimo, 25 Giugno, ho una presentazione di quelle, diciamo così, tecnologiche, organizzata da Copernico, dalle 18:00 alle 19:00, l’evento è gratutio però per partecipare ti devi prenotare qui. Mi raccomando, passa parola.

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Il lavoro ben fatto, Raffaele Gaito e Gennaro Melillo
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Caro Diario, eppur si muove. Per ora il libro non va ancora come potrebbe, ma io sono fiducioso assai, i semi del lavoro ben fatto sono destinati a germogliare e a diventare frutti, è soltanto questione di tempo, come diceva mio padre con la paglia e con il tempo maturano le mele. No amico mio, non è questione di essere ottimismi, è il processo che si attiva nelle persone che leggono il libro che mi trasmette pensieri belli, sono le recensioni su Amazon, i commenti, le domande e le riflessioni del lettore pizzaiolo Gennaro Melillo che se vuoi puoi leggere qui.

E poi c’è il cantiere che si è aperto dopo la bellissima chiacchierata /intervista che ho fatto il 18 Maggio a G-FACTOR con Raffaele Gaito. Al di là del titolo, i temi sono stati assolutamente quelli del libro, e ti dico che ha avuto un impatto molto positivo che continua ancora, adesso non ti posso dire proprio tutto, però ti posso mettere qui una parte dei commenti, così ti fai un’idea.

Ferruccio Murgia: Stamattina dovevo compilare il mio 730 ed ho deciso di sentire una delle interviste di Raffaele. Ero indeciso su quale ascoltare e devo riconoscere che ero un po’ scettico su questa. Inutile dire che il 730 è rimasto lì dov’era ed io sono rimasto incollato allo schermo del mio cellulare. È la prima volta che scrivo un commento su questo canale ed è la prima volta che ho condiviso il link ad un’intervista con i miei contatti che considero meritevoli. Grazie per quello che avete condiviso e per l’ispirazione che mi avete dato.

Raita: Fantastico video e due fantastici professionisti. Il dottor Moretti trasuda emozione e passione pura per il suo lavoro, un settore che tra l’altro io amo e che voglio sicuramente approfondire. Grazie per rendere Youtube un posto così bello.

Emiliano Brinci: Raffaele, voglio ringraziarti pubblicamente per questo video meraviglioso. Vincenzo è una persona straordinaria, che non conoscevo. Grazie veramente, da oggi avrò un’altra persona bella nella libreria della mia vita.

Chiara De Leonardis : Il lavoro ben fatto mi ha fatto subito pensare a “La chiave a stella” di Primo Levi.

Paolo Elefante: Fantastico Vincenzo Moretti! Conosco da poco te Raffaele e sei bravissimo, ma il prof. Moretti lo sto scoprendo ora e starei ore ad ascoltarlo!

Ale Mela: La creazione del valore e non del plus valore, bellissima riflessione!

Alessandro Iacobelli: Bravissimi! Lezioni di vita preziose.

Raffaele Auricchio: Bellissima intervista. L’approcciò che adottò è sempre nella Vita è: 1. fai quello che puoi con quello che hai; 2. se fai qualcosa la fai, la fai al 110% senza aspettati qualcosa in cambio. O meglio ti dimostro e poi se verrà …; 3. quello che fai o non fai l’hai deciso tu.

Silva Giromini: Ho guardato oggi questa intervista. Bella davvero. Hai amici davvero fantastici. Taggo subito Adele Corbo perché deve assolutamente ascoltarla questa intervista, lei che del lavoro fatto bene è una sostenitrice. Qual è il blog di Vincenzo? Gli scriverò da qualche parte. Vincenzo è una bella persona.

Diego Castagno: Qui si parla di #lavoro e di #futuro. Insomma, si parla del paese, sempre più fragile, a cui servono una visione e una prospettiva. Il futuro è una questione di prospettiva.

Angelo Gatto: Mi ripeto ma credo che sia sempre più prezioso il lavoro fatto in questi anni da Vincenzo Moretti

Rodolfo Filippo Manicone: Grazie Raffaele Gaito per avermi fatto conoscere Vincenzo Moretti. Intervista meravigliosa con una persona tanto intelligente quanto semplice. La perla tra le perle: “ciò che va quasi bene non va bene!”. Ho dovuto solo ascoltare ed ispirarmi.

Attilio Montanari: Grazie Raffaele per questa conversazione stupenda. È già la seconda volta che mi proponi un incontro di grande significato. A Vincenzo Moretti auguro veramente di riuscire a fondare la scuola che ha in mente. Ne vorrei diventare allievo, anche se sono un po’ “vècio”. Mi ha commosso la citazione di Bertolt Brecht. La mia maestra di quinta elementare me la fece conoscere per la prima volta. E da allora è sempre rimasta impressa. Grazie ancora.

Paola Caldera: Raffaele questa intervista sul Lavoro ben fatto non può lasciare indifferenti. Bellezza è la parola chiave.

Lidia Vascon: Grazie Raffaele e grazie Vincenzo: spettacolare e illuminante. Vista tutta, se inizi non puoi smettere, e poi parole così belle, semplicemente profonde non le puoi interrompere.

Martina Casani: Grazie Raffaele Gaito, grazie Vincenzo Moretti, è stato un incontro davvero “inspiring”. L’importanza del come, invece del cosa, è un concetto che mi caratterizza da sempre: vederlo descritto così bene mi ha emozionata e mi ha restituito un pezzo di identità che avevo scordato. C’è bisogno di persone, momenti di incontro e visioni come voi. Super.

Angelo Congedo: 1000 grazie non bastano per dire quanto sia stata meravigliosa questa scoperta.

Sabrina Lettieri: Io, Guerino e Francesco vi abbiamo raggiunto con ritardo purtroppo. Però quel poco che abbiamo ascoltato ci è piaciuto. È stata l’occasione per lasciarci coinvolgere dall’entusiasmo del prof. Vincenzo Moretti. Le sue parole sono dose necessaria per riflettere sulla condizione lavorativa propria, ma anche altrui. E per “ricaricarsi” di consapevolezze. Perché il discorso sul lavoro ben fatto si estende come una vera e propria reazione a catena. E l’effetto benefico che si realizza come conseguenza all’investimento massimo di sé nell’approccio, è qualcosa che ritorna a noi stessi. Bisogna crederci davvero, però. Abbiamo riflettuto sulla condizione di chi è sfruttato, e di chi dovrebbe comunque fare bene il proprio lavoro anche in questa circostanza. E nella stessa circostanza dovrebbe fare bene il suo lavoro anche chi, ahimè, sfrutta. È per questo che, secondo me, maggiore è il grado di responsabilità, più intensa è l’etica che dovrebbe muoverci. Grazie a Daniele per averci segnalato l’evento. Eh si, perché ascoltarvi è stato come quando si legge e si fa propria una citazione bellissima! A presto.

Anita Defelice: Raffaele, grazie a te e a Vincenzo per averci fatto ascoltare parole così vere e dirompenti.

Roberto Meoli: Vincenzo Moretti, che bello. Sembrava essere tra i banchi, ma sono passati più di 10 anni. Al Pacino. Ogni maledetta domenica. Sensemaking. Che bello ascoltare ed essere trasportati in un tempo passato. Sempre grandi insegnamenti, Vincenzo.

Giovanni Toccu: Vincenzo, è compito di noi genitori farti conoscere. Io ho letto il tuo manifesto a mio figlio e ogni tanto commentiamo insieme alcuni punti che uso per raccontargli le mie esperienze lavorative e di vita. La meraviglia di questo video è dimostrata dal fatto che quel chiacchierone di Raffaele Gaito non è mai stato così silenzioso durante un’intervista.

Daniele Biancardi: Semplicemente “lavoro ben fatto”.

Irene Costantini: Niente da fare Vincenzo, non riesci a non farci pensare! Bravi quei genitori che leggono ai bambini, abbiamo visto che si può fare! Lavoro Ben fatto!

Katia Tarricone: Questa del limite è una vera perla. Grazie. Se lo fai bene, con amore, anche un lavoro che non ti piace a poco a poco diventa gratificante e bello. E comunque ci sono le mamme che ti fanno conoscere ai figli.

Adolfo Grassi: Caro Raffaele il lavoro ben fatto cambia il mondo, Vincenzo anni fa scrisse un articolo su di me e la mia famiglia, da allora non penso ad altro: fare il mio lavoro “ben fatto”.

Ecco caro Diario, il video dell’intervista di Raffaele dovresti averlo visto già, comunque te lo rimetto qui, per te o per qualche tuo amico che ancora non lo ha visto. Alla prossima.

Lidia Vascon e la mezza idea di Jepis
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Caro Diario, ieri mattina su Linkedin ho trovato questa commento a un mio post di Lidia Vascon: “Libro illuminante, da leggere! Ti cambia l’approccio al lavoro e alla vita”. Alla fine, l’iconcina delle manine che applaudono.

Nella sua essenziale semplicità, il messaggio mi ha colpito molto, perché in quel “ti cambia l’approccio al lavoro e alla vita” ritrovo la ragione fondamentale per cui ho scritto il libro, lo scopo di cui parla l’Agente Smith a Neo in Matrix Reloaded, il senso più profondo del mio lavoro. In più c’è il fatto che Lidia e io non ci conosciamo, siamo per ora soltando due nodi di un network sociale, insomma non ci sono interferenze di tipo personale in quello che ha scritto.

Per non farla troppo lunga sono così contento che faccio due cose. La prima con qualche titubanza, ho paura di essere fastidioso e invaadente, ma insomma alla fine scrivo a Lidia, la ringrazio e le chiedo se posso usare il suo commento per fare un po’ di pubblicità progresso al libro. La seconda senza problemi, scrivo a Jepis, condivido con lui il commento di Lidia, gli dico che nel mondo Linkedin la comunità interessata al lavoro ben fatto si sta allargando sempre di più e che insomma mi deve dare una mano a pensare una strategia di comunicazione.

La risposta di Lidia è gentile e affettuosa, mi dà il suo consenso e aggiunge che le farebbe piacere contribuire alla diffusione del libro.

La risposta di Jepis è questa: “Va bene, naturalmente ci sono. Direi che mezza idea ce l’ho, l’altra mezza ce la devi mettere tu”. Qualche ora dopo pubblica sui social il post che puoi vedere nella foto.

Ecco amico Diario, cosa ti sembra tutto questo se non un bellissimo esempio di sensemaking? Il commento di Lidia, la mia interazione e quella di Jepis che attivano un processo di senso e significato che ci porterà da qualche parte sulla base delle cose che pensiamo e delle azioni conseguenti che attiviamo. I like tutto questo. Mi piace assai. Alla prossima.

mezzaidea

La video-recensione di Federico Samaden
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Caro Diario, Il lavoro ben fatto è anche un canale youtube, lo puoi vedere qui. Si può imparare e migliorare sempre, a 65 anni e anche di più. Con Youtube ho avuto a che fare anche in passato, ma è la prima volta che ci sto provando sul serio, naturalmente con mille limiti ed errori, ma per ora non importa, come diceva mio padre con il tempo e con la paglia si maturano le nespole.

Lo vuoi sapere di chi è la colpa? Del mio amico Federico Samaden, che ha letto il libro e ha fatto una video-recensione fantastica, sui social in meno di due giorni ha già superato le 1500 visualizzazioni, sono partito da lì, tutto il resto è venuto di conseguenza, della sezione dedicata alle playlist sono quasi orgoglioso. Non ci sta niente da fare, se dove tieni la mano ci metti la testa e dove tieni la testa ci metti il cuore le cose vengono come devono venire, fermo restando naturalmente i limiti che ciascuno di noi ha.

Come dici? Certo che te lo faccio vedere il video di Federico, sono venuto apposta. Buona visione.

Scusate il ritardo
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Caro Diario, sono più due settimane che non ti dico niente del libro di una vita, e mi sento nu ‘nfamone. Tu solo mi puoi capire, metti insieme la 4° A di Follonica, La notte del lavoro narrato, Le storie del lavoro narrato, l’arazzo di HackForTravel, le cose che sto facendo con Jepis, quelle con Domenico e Luca, gli incontri in rete sempre belli e interessanti a cui mi invitano amici e amiche, alla fine io sono uno e qualcosa per forza rimane indietro, anzi se ci pensi bene a rimanere indietro sono sempre quelli che ami di più, e questo pure suggerisce qualche cosa.

Comunque, adesso sono qui, con un po’ di cose belle e altre invece no da raccontarti.

Una cosa bella sono le recensioni che stanno arrivando dalle lettrici e dai lettori, quella di Marcella Carnevale l’ho pubblicata la volta scorsa, quelle lasciate su Amazon le puoi leggere in altro e anche qui. Alla fine sono cinque, non cinquecento, però sono una più bella dell’altra, soprattutto trasudano sincerità, verità, e questo mi riempie il cuore.

Ho pubblicato anche un po’ di foto postate da amiche e amici sui social, le trovi qui.

Un’altra cosa bella è l’interesse di aziende e organizzazioni a questo tema, tu mi conosci amico mio, sono figlio di un muratore e di una contadini, mi piace pensare, mi piace immaginare ma i piedi li tengo sempre saldamente ancorati a terra. Il lavoro ben fatto fuziona amico mio, naturalmente è un processo, richiede tempo e consapevolezza, ma funziona, ormai l’ho sperimentato, le persone si rendono conto che è davvero così, che è una possibilità, che è l’occasione per lavorare e vivere meglio.

Bisogna che uniamo i puntini amico mio, proprio come abbiamo scritto io e Luca nel libro.

Tra le cose che invece no c’è la sostanziale impossibilità a muoversi, a presentare il libro, a organizzare il #lavorobenfatto book tour, che quella roba lì per un libro come il nostro è fondamentale come il sole e l’acqua per la nostra Terra.

Intanto ci diamo da fare in rete, non è la stessa cosa ma questo è, speriamo nella buona stella, tengo una voglia di andare il giro con Luca con il nostro libro nello zaino che neanche ti puoi immaginare.

Caro Vincenzo, vengo con questa mia a dirti
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Caro Diario, mi ha scritto Marcella Carnevale, e dato che dopo averlo letto sono rimasto senza parole, mi regolo di conseguenza e così rimango, senza parole. Buona lettura.

“Caro Vincenzo, vengo con questa mia a dirti che mi è piaciuto. Ti devo dire che all’inizio non mi sentivo coinvolta in quella che ritenevo comunque, una bellissima iniziativa! Il lavoro ben fatto, è una parola, mi dicevo! Io, che sto per lasciare il mio, non posso appartenere ad una comunità di persone appassionate, coinvolte e convinte di quello che fanno; io non lo sono più perché mi sono buttata a capofitto in un lavoro che poi ho scoperto essere invisibile, impalpabile, un lavoro che, colui per il quale lo svolgi, non vede, non capisce e non può capire, un lavoro difficile anche da spiegare, un lavoro in cui entità terze cambiano le regole del gioco mentre si sta giocando. Insopportabile per me che avevo iniziato con tanto entusiasmo, tanta passione e tanta convinzione di poter mettere sempre i tasselli al punto giusto! Così lo vedevo il mio lavoro e mi dicevo: Difficile Quindi, le storie degli altri scritte da te le leggevo, mi appassionavano, anche se le sentivo lontane. Io non c’entravo con quelle persone che tu così appassionatamente e mirabilmente racconti nei tuoi scritti!

Poi leggo, a sprazzi, “Il lavoro ben fatto”. Ascolto te e Luca alla radio e mi si apre l’orizzonte, comincio a capire – sono un po’ tontolona, in effetti – che il lavaggio dei denti è un lavoro ben fatto se lo fai con cognizione. L’importante è fare qualcosa “piccola o grande che sia, come se in quella cosa si volesse essere il migliore del mondo”. Ed essere il migliore non significa sempre essere vincitore, anzi, l’importante è impegnarsi, qualunque cosa si faccia ed io, in tutta onestà, posso dire di essermi impegnata. Che importa se gli altri non capiscono? L’importante è farlo bene per te stessa e per la tua coscienza poi, puoi anche accettare le sconfitte e le delusioni.

Detto ciò, sappi che, se rinasco, voglio fare anch’io il lavoro di libraia e non quello di dottore commercialista.”

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Troppo Bello
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Caro Diario, ti dico solo che a Lavoradio è stato bellissimo, ho bisogno ancora di un po’ di tempo prima di tornarci su. Ho ringraziato assai Vito e pure Luca, anche se più di una/o mi ha sfottuto per come lo guardavo mentre parlava. Ho chiesto scusa per qualche intemperanza, io questo sono, a volte mi faccio trasportare dalla contentezza ed esco fuori dal seminato. Ho risposto ai saluti, ai commenti e alle domande che sono arrivate durante la live, ci ho messo quasi 3 ore. Mi sono anche copiato tutto, ci stavano un sacco di spunti, di cose su cui riflettere e di cose da “rubare”, naturalmente dopo aver chiesto il permesso. Per ora mi fermo, ma tranquillo che ci ritorno su presto, prima devo smaltire la sbornia, tu intanto se non lo hai fatto guardati il video, lo trovi qui.

Ci vediamo a Lavoradio
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Caro Diario, come dicono quelli internazionali “save the date”, segna la data in italiano, a Secondigliano “nun te scurdà”, Martedì 21 Aprile alle 19:30 io e Luca siamo ospiti di Vito Verrastro e di Lavoradio, presentiamo il libro, speriamo sia la prima presentazione di una lunga serie.
Sì, giusto, per la prima volta sarà una presentazione senza abbracci e senza firmacopie, e questo non mi piace, però sarà anche per la prima volta una presentazione nazionale, nel senso che ci si può collegare da ogni parte d’Italia, chissà che non arrivino amiche e amici anche da altri Paesi, e questo come puoi immaginare mi paice assai.
Che ti devo dire, sono troppo contento, c’è bisogno di parlare del libro per farlo conoscere, per fortuna che ci sono amici come Vito sempre disponibili a dare una mano, chissà, se va bene magari anche a qualche altra/o collega giornalista viene la voglia di organizzare qualcosa. Io naturalmente ti tengo aggiornato, tu nel frattempo dammi una mano a passare parola.

lradio

Il lavoro preso di faccia in diretta su Facebook
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Caro Diario, ieri sera ho fatto la prima diretta Facebook della mia vita, la colpa è del mio amico Domenico Romano, a questo punto dovrei dire il merito, insomma è stato lui a farmi il buco in testa per farmela fare.
To lo sai come sono fatto, ci sono poche cose che faccio molto bene e su tutte le altre sono una frana, che per fortuna un paio di quelle che faccio molto bene sono cose importanti, altrimenti chissà come me la sarei cavata. Lo so, è difficile crederlo, c’è voluta Cinzia per farmi pensare che la diretta potevo farla anche con il telefonino, che insomma non dovevo stare davanti al computer, e sempre lei mi aiutato a fare una prova ieri mattina.
Ovviamente lo so che dal punto di vista tecnico la diretta non è stata un granché, ma come ho scritto io non cerco la tecnica cerco l’umanità, e quella ce l’ho messa io e l’ho letta, la sto leggendo, nei commenti delle amiche e degli amici, comunque non la faccio più lunga, se non lo hai ancora fatto e la vuoi vedere clicca qui.
Il format si chiama I racconti del lavoro ben fatto, la puntata di ieri, dedicata a mio padre, Il lavoro preso di faccia. Dura 10 minuti, ogni mercoledì, dalle 20:30 alle 20:40, e con il tempo spero di trasmettere anche video di lavoro ben fatto delle persone che mi seguono, o anche racconti che poi io posso leggere in diretta, durata 5-6 minuti, si possono condividere sulla pagina dell’evento o inviare a partecipa@lavorobenfatto.org. Ecco, anche per oggi è tutto, alla prossima.

libroevino

Il vicino di casa Antonio, Luca Carbonelli e il Salotto del Caffè
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Caro Diario, è passata un’altra settimana agli arresti domiciliari e se ci va bene ci restiamo un altro mese, ormai faccio fatica anche a parlarne. Il libro va, anche se naturalmente risente pure lui di questa situazione, non c’è la possibilità di fare presentazioni, che come sai quelle sono molto importanti, e se vai sul sito di Amazon al posto di 1-2 giorni ci vogliono 1-2 settimane per averlo. Detto ciò, aggiungo che non mancano le soddisfazioni.
Gli amici e le amiche che stanno leggendo il libro postano foto e commenti sui social e danno una mano a farlo girare, Domenico Romano ha scritto una bella e sincera recensione su Amazon, la puoi leggere cliccando qui, e accadono cose curiose come quella che ho raccontato un po’ di giorni fa, quando ho parlato in cortile con Antonio, il vicino di casa di Cinzia.
A separarci, insiemme all’inferriata, poco meno di una decina di metri, come si conviene in questi giorni strani. A un certo punto ho raccontato che mio padre lavorava all’Enel e così ho scoperto che anche Antonio lavora lì. Mentre parlava, a un certo punto ha nominato la Bufala, così si chiamava la sottostazione di via Galileo Ferraris, e a quel punto io mi sono dato una botta sulla fronte come fa Massimo Ranieri quando canta Perdere l’amore, rammaricandomi di non averlo scritto nel libro. Due giorni fa, mentre passeggiavo e canticchiavo nel cortile come fanno i carcerati nell’ora d’aria, me lo sono visto arrivare, ci siamo salutati, sempre da lontano, dopo di che ha infilato una bottiglia di vino sotto l’inferriata e mi ha detto “professò, questa ve la bevete alla salute di tutti noi, è dedicata a vostro padre, Pasquale Moretti, che lui se la merita visto quello che mi avete raccontato”. Sono stato contento assai e te lo volevo dire.

Sempre della serie per fortuna che c’è il libro, oggi è arrivata la copia che ha comprato a Luca Carbonelli, siamo amici da tanto, l’hanno scorso ho raccontato un poco di lui qui, sì, un poso, perché lui fa mille cose oltre a Caffè Carbonelli, formazione, consulenza, lo scorso autunno con Giuseppe Jepis Rivello abbiamo presentato anche il suo libro, Falla Esplodere, nella Bottega Letteraria.
Luca ha condiviso sui social una foto e un messaggio che mi hanno dato un’altra bella botta di contentezza.
La foto perché Luca ha messo insieme Il lavoro ben fatto e Il Salotto del Caffè, che vicini ci stanno proprio bene.
Il messaggio perché è insieme un attestato di stima a prescindere, il libro ovviamente lo deve ancora leggere, e un esempio di come si possono capire due amici che si conoscono molro bene. Eccolo:
“È arrivato: Il lavoro ben fatto. Che cos’è, come si fa e perché può cambiare il mondo. Secondo me Vincenzo Moretti con suo figlio Luca, in questo libro hanno elaborato e organizzato in maniera ottimale concetti dei concetti semplici e utilissimi all’economia globale in epoca contemporanea. Le cose semplici muovono il mondo. E Vincenzo nello spiegarci il perché è un maestro. Ve lo consiglio vivamente.”
Che ti devo dire caro Diario, teneva ragione papà, la vita è fatta anche di soddisfazioni.
Alla prossima.

Robert Oppenheimer e Michele Croccia
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Caro Diario, per fortuna che tengo un sacco di cantieri aperti altrimenti penso che sarei già andato al manicomio. Stamattina mi sono messo a lavorare nel cantiere di Michele Croccia, che come sai è il maestro pizzaiolo della vita mia. Mentre trascrivevo l’intervista che gli ha fatto Giuseppe Jepis Rivello nei giorni di Da 99 a Cento, ha detto una cosa che mi ha lasciato senza fiato, prima di condividerla con te ti devo chiedere di tornare con me a pag. 37 de Il lavoro ben fatto, dove racconto di Sennett, della Arendt e di Oppenheimer. Ti metto tutto il pezzo così ci capiamo meglio: «Sennett racconta del calore con cui la Arendt sostiene che “le persone che fabbricano cose di solito non capiscono quello che fanno”, si accontentano di scoprire come farle, rinunciando a chiedersi il perché. Le parole che Robert Oppenheimer, il responsabile del team di scienziati che a Los Alamos lavora alla bomba atomica, annoterà poi nel suo diario, suonano a questo proposito paradigmatiche: “Quando vedi qualcosa che tecnicamente è allettante, ti butti e lo fai; sulle conseguenze ci rifletti solo dopo che hai risolto il problema tecnico. Con la bomba atomica è stato così”.»
Hai letto? Bene. Ecco adesso quello che dice Michele a Jepis:
«La cosa essenziale è l’andare al di là della pizza. Nel momento in cui sei impegnato a fare il tuo lavoro tu pensi a fare quello che devi fare, sei impegnato a fare bene la pizza, non pensi ad altro, invece, nel corso di questa sperimentazione che stiamo facendo, io riesco ad andare al di là, ho capito che c’è bisogno di sapere altro per fare meglio il proprio mestiere. La parola giusta è proprio questa, sapere e vedere altre cose per fare meglio il tuo.»
Capisci amico Diario? Io questa cosa qui l’ho sentita dal vivo, l’ho risentita più volte in video, ma non l’ho scritta nel libro, forse perché pure io a un certo punto mi sono perso nel libro che stavo scrivendo e sono diventato un tecnico, o perché forse non è che puoi pensare a tutto altrimenti ci vuole un’enciclopedia, però questa cosa qui è importante assai anche dal punto di vista teorico, dimostra che il lavoro che facciamo produce risultati, aiuta ad essere più consapevoli del proprio lavoro e del rapporto che ciascuno di noi ha con esso.
Il modo quasi identico con cui Robert Oppenheimer e Michele Croccia esprimono il concetto del lavoro tecnico fa impressione, e il fatto che Michele allla fine dica che bisogna andare al di là, che bisogna sapere altro per meglio il proprio mestiere è straordinario. Niente, sono troppo contento e te lo volevo dire.
Ah, tengo pure un’altra bella notizia, oggi dovrebbero arrivare due copie del libro. Non sto nella pelle, naturalmente se accade davvero te lo faccio sapere.

Veronica Testa
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Caro Diario, della serie per genio e per caso oggi mi ha scritto Veronica Testa, te la ricordi?, l’ho raccontata qui.
Lei non lo sapeva che tra oggi e domani esce il nuovo libro, quando glielo ho detto mi ha risposto che non vede l’ora, ma intanto leggi qui cosa mi ha scritto lei:
“Buongiorno Prof., come sta? Bel periodo, questo, eh? Vabbé, a parte gli scherzi, stamattina mi guardavo distrattamente in giro e ho posato lo sguardo su questa mattonella, non so se la ricorda, comunque le invio la foto. E niente, mi sono resa conto di quanto il lavoro ben fatto ci stia salvando in questo momento.
Si, il lavoro benfatto ci salva, in ogni caso. Al di là di tutto quello che sta succedendo, al di là di ogni singola e inutile parola, al di là della polemica spicciola, al di là della paura dilagante.
Il lavoro ben fatto di tutti, nonostante tutto, quello ci salva. Non ci saranno tempi migliori per il lavoro ben fatto, perché è sempre il suo miglior tempo, il suo momento. Lo sto immaginando, il lavoro ben fatto, come una sorta di gigante, dolce e incazzato, che ci pone le armi adatte ad ognuno di noi e che ci invita/impone ad usarle, chiedendoci di farlo rigorosamente in silenzio. È lui stesso, il lavoro ben fatto, l’ arma che in tanti stanno usando per combattere in questi giorni una realtà surreale. È lui l’arma che silenzia ogni rumore inutile, dando voce a quella imperterrita tenacia che lo contraddistingue. Il tempo per il rumore, quello bello, e per le parole, quelle ancora più belle, verrà dopo, e sarà anche quello il tempo del lavoro ben fatto. Adesso c’ è spazio solo per il rumore silenzioso del lavoro ben fatto, che ci salverà. A denti stretti, Prof.! Ma con testa, mani e cuore! Un abbraccio grande.”

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Che ti devo dire amico Diario, un messaggio più bello di questo come augurio per il nuovo libro era davvero difficile da immaginare. A Veronica un grazie enorme, con te l’impegno a rivederci presto.

Una bella settimana
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Caro Diario, nonostante il Covid-19 oggi è cominciata una bella settimana.
La prima bella notizia è la Laurea Magistrale di Francesco Merone, il figlio di Cinzia ed Ernesto, entrato ufficialmente nel mondo degli ingegneri aerospaziali con una tesi sperimentale sui sensori che vengono utilizzati sui droni.
Lui è un ragazzo molto in gamba amico mio, di quelli che prendono le cose dello studio e della vita come vanno presi, sul serio, e anche la laurea è quella che voleva lui, e questo mi fa molto ben sperare per il suo lavoro e il suo futuro.
Lo sai come funziona, l’impegno e la passione che mettiamo in quello che facciamo sono due ingredienti fondamentali per realizzare i propri sogni, poi naturalmente ci vuole anche un pizzico di fortuna, ma la passione e l’impegno non possono mancare, e da questo punto di vista Francesco va al massimo, come direbbe Vasco a gonfie vele.
Ti confesso che vedere Francesco che discuteva la sua tesi è stata una bella emozione, quando alla fine il presidente della commissione gli ha detto “molto bene” mi sono un poco commosso.
Nonostante la situazione inedita è stato davvero molto bravo, poi alla fine di questa brutta storia l’Università organizzerà una cerimonia, e naturalmente Cinzia una bellissima festa, ma comunque le emozioni ce le siamo vissute tutte, è il lato A della tecnologia, in questa fase di grande difficoltà Internet ci sta dando veramente una grande mano.
Perdona il conflitto di interesse ma il pensiero conclusivo alla voce “Laurea di Francesco” lo voglio dedicare a Cinzia, ieri l’ho detto anche a Jepis, è una mamma fantastica, la mamma “pour excellence”, ha organizzato la diretta social, ha insegnato a sua madre a usare l’ipad, ha fatto di tutto per fare in modo che un giorno speciale come questo fosse per Francesco veramente speciale, nonostante gli arresti domiciliari. Te lo posso dire? Un bel 30 e lode se lo merita tutto anche lei.

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La seconda bella notizia è che mercoledì esce il nuovo libro scritto insieme a Luca, si intitola Il lavoro ben fatto. Che cos’è, come si fa e perché può cambiare il mondo. Ieri sono arrivate le due copie di prova, Luca ha fatto gli aggiusti che bisognava fare, ha caricato tutto sulla piattaforma e insomma è tutto pronto, bisogna solo partire.
Sì, amico mio, dieci anni dopo Enakapata sono tornato a scrivere con mio figlio e come puoi immaginare sono contento assai, per me lavorare con lui ha tanti significati, ma insomma non voglio scoprire le carte prima del tempo, tu leggi prima il libro e poi ne riparliamo.
Come sai mi piace pensare il lavoro ben fatto come una possibilità.
Il libro racconta come è nata e si è strutturata questa possibilità attraverso le idee, i progetti, l’attività sul campo, i risultati, perché ha senso farla crescere sempre di più e perché è una possibilità e non un sogno. Con Luca abbiamo deciso di farlo a modo nostro, cosicché il libro un po’ è un saggio, un po’ è storytelling, un po’ è la storia della nostra famiglia che ormai da tre generazioni ha a che fare con il “lavoro preso di faccia”, la versione di mio padre del lavoro ben fatto.
Un’ultima cosa prima di lasciarti, il libro è dedicato a Renato Della Corte, che è stato il migliore amico di Luca e un caro amico per me, però ci tengo a dirti che anche questo pezzo della storia non ha a che fare solo con gli affetti e con i sentimenti, ma anche con le idee e i con i valori. Ritorno mercoledì, dopo la foto se vuoi puoi dare un’occhiata all’indice.

L’INDICE DELLE NOTE

56. Io, Sergio e il pacco
55. Un mondo migliore ci vuole
54. Il lavoro ben fatto di Maggiorino Guida
53. Obiettivo 1000 copie
52. Un libro ben fatto, creatività e ispirazione
51. Perché non facciamo bene le cose
50. Mentre aspetto pure io di incontrare il mio Maurizio Costanzo
49. La potenza della semplicità
48. Il lavoro ben fatto e i racconti di Maura Ciociano
47. Danilo De Pascalis e il libro da leggere almeno una volta nella vita
46. Monica Vendali e Il Lavoro Ben Fatto a Scuola
45. L’idea vincente e il cambiamento di prospettiva
44. Il lavoro ben fatto a Hospitality Sud
43. La visione di Mauro
42. Il messaggio di Sebastiano e la presentazione a Sorrento.
41. Con Vito all’Associazione Insieme
40. Torna a Surriento
39. Sono soddisfazioni
38. La campagna di Natale
37. Seconda Edizione
36. Due anni dopo
35. Elena Nonis
34. Comunicare in Farmacia con Alfonso di Stasio
33. Il lavoro ben fatto da Marta Basso
32. Il lavoro ben fatto che cambia l’organizzazione: il caso Airpol
31. Con Luca Marcolin a Family Business Unit
30. Il messaggio vocale di Marta Basso
29. Angelo Sciaudone e un libro per cambiare il mondo
28. Barack Obama, la mail e il Lavoro Ben Fatto
27. Il lavoro ben fatto di suor Rosa Lorusso
26. Scusa il ritardo
25. La videodedica a Martina e Gianluca
24. Michela Bordoni, il lavoro ben fatto e le organizzazioni
23. Da Piero Vigutto, a #CoseDellAltroManager
22. Mauro Dotta, l’approccio e il risultato
21. Silva Giromini
20. Marcello Lombardi
19. Mammà, perché se la chiamo io per il mio libro Chiara Ferragni non ci viene?
18. Le 5 copie di Mario
17. La dedica di Giuseppe
16. Il libro della settimana di Raffaele Gaito
15. Caro Papà, vengo con questa mia a dirti
14. Katia Tarricone, Antonio Fresa, le recensioni e Luciano Bianciardi
13. L’importanza del lavoro ben fatto
12. Il lavoro ben fatto, Raffaele Gaito e Gennaro Melillo
11. Lidia Vascon e la mezza idea di Jepis
10. La video-recensione di Federico Samaden
9. Scusate il ritardo
8. Caro Vincenzo, vengo con questa mia a dirti
7. Troppo bello
6. Ci vediamo a Lavoradio
5. Il lavoro preso di faccia in diretta su Facebook
4. Il vicino di casa Antonio, Luca Carbonelli e il Salotto del Caffè
3. Robert Oppenheimer e Michele Croccia
2. Veronica Testa
1. Una bella settimana

L’INDICE DEL LIBRO

From Enakapata to Lavoro ben fatto pag. 9
Why? Perché! pag. 13
Il futuro che vorrei pag. 17
C’era una volta a Secondigliano pag. 23
I cinque passi del lavoro ben fatto pag. 33
Un moltiplicatore di possibilità pag. 35
L’approccio e il risultato pag. 51
Raccontare è giusto pag. 59
La scuola abbandonata e Le vie del lavoro pag. 67
Bottega Exodus Cassino pag. 73
Nuttata ’e sentimento pag. 83
Le leggi del lavoro ben fatto pag. 89
Da Bella Napoli al Manifesto pag. 91
Strada facendo pag. 101
Vado al massimo pag. 115
L’importanza di fare sistema pag. 125
La blockchain del lavoro ben fatto pag. 127
Nessuno si senta escluso pag. 135
Caro papà, vengo con questa mia a dirti pag. 143
Salotto Nunziata pag. 153

Ringraziamenti pag. 183
Note pag. 185
Autori pag. 195