La storia di Angelo che non si ferma mai

Cara Irene ti presento Angelo Sciaudone. È da parecchio tempo che gli sto appresso per farmi raccontare un po’ della sua vita, dei suoi lavori e delle sue passioni, e finalmente ci sono riuscito, qualche sera fa ci siamo sentiti, abbiamo chiacchierato e registrato, poi con il suo aiuto ci ho lavorato un po’ su e dunque eccolo qua. Appartiene alla categoria “siam molti”, tiene mille facce e mille storie, vedrai che ti piacerà. Buona lettura.

Mi chiamo Sciaudone. Angelo Sciaudone
Caro Vincenzo come sai tengo 47 anni, sono nato a Napoli ma sono cresciuto nell’hinterland, a Cercola, alle falde del Vesuvio, al tempo era una zona residenziale.
Da 11 anni vivo a Campobasso, nel Molise che c’è. Sono sposato con Menaila e abbiamo un figlio, Nicola, che ha appena compiuto 6 anni.
Il nome di mia moglie è inventato di sana pianta dai suoi genitori, aveva una nonna che si chiamava Filomena, si vede che non gli piaceva e l’hanno chiamata Menaila. Detto questo, aggiungo solo che è la persona perfetta per me, solo con una persona come lei potevo mettere su famiglia, è completamente diversa da me, molto riservata, Per quanto riguarda nostro figlio è il centro di gravità permanente, penso sia normale. Dal punto di vista del carattere direi che mi somiglia abbastanza. Lo sai come funziona, i bambini sono in parte figli del loro carattere, del loro daimon, e in parte delle spugne. Comunque quello che conta è che è un bambino allegro, positivo, un piccolo appassionato di musica, di balli e di ritmi, e tutto questo mi piace molto.

Radici
La famiglia di mio padre è di Casanova di Carinola, un minuscolo paesino nei pressi di Sessa Aurunca, e quella di mia madre di Piedimonte Matese.
Da parte di padre vengo da una famiglia di giuristi. Il nonno paterno era un magistrato, il padre di mio nonno anche, i fratelli chi questore, chi avvocato, insomma un po’ tutti laureati in legge, compreso mio padre.
Il nonno materno, invece, era militare nella marina, è lui il famoso nonno capitano a cui ho dedicato l’esperimento di narrazione che ho fatto assieme a te, Jepis, Laura, Anna e Silva.
Per ragioni diverse sia la famiglia di mia madre che quella di mio padre a un certo punto si trasferiscono dal casertano a Fuorigrotta, Napoli. Mio padre frequenta le Scuole Pie, mia madre abita nelle case riservate ai militari non distanti dallo stadio.
È a Forigrotta che si conoscono, si innamorano, si sposano e hanno due figli, io e mio fratello Paolo. Qualche anno ancora e si trasferiscono a Cercola, nel Parco Tedesco, dal nome del costruttore.
Ci tengo a dire che pur essendo napoletano e avendo parenti e amici in città, io ho vissuto la provincia non la città. Si andava a Napoli per mille cose, ma poi si tornava a casa, a Cercola, avanti e indietro con la Circumvesuviana, che anche lei non è solo un mezzo di trasporto ma una storia, anzi centinaia di migliaia, milioni di storie, milioni come le persone che come me sono salite e scese, si sono accalcate e spinte per decenni da e nei suoi vagoni.

Il parco
Tornando al Parco, devo dire che nella mia vita ha un ruolo molto importante.
Io e mio fratello, che ha un anno e mezzo meno di me, in pratica siamo coetanei, viviamo tutta la nostra infanzia, adolescenza, gioventù, all’interno di questo parco. 
Sto parlando degli anni ’80 e ’90 e lì dentro cresciamo come in una famiglia allargata. Ancora oggi quasi tutti i miei amici più cari sono gli amici del parco. Con i nostri amici abbiamo vissuto lì tante bellissime storie, c’erano tanti di quei personaggi che uno come te ci avrebbe scritto un libro. Alcuni di loro erano davvero mitici, come per esempio il portiere, Mario, per tutti noi Marittiello, è andato in pensione lo scorso anno. Condividevamo un’identità forte, un senso di appartenenza vero. Nel 1991, quando la nostra famiglia viene dilaniata dalla morte di mio padre, il parco e tutto quello che significava ci ha aiutato non poco ad affrontare una tragedia così grande, con tutte le conseguenze anche pratiche che ha comportato. Pensa che io avevo 15 anni e mio fratello 13. E poi nostra madre, che anche se sembra un luogo comune ci ha fatto veramente sia da padre che da madre.

La scuola e l’università
Frequento le elementari, le medie e il liceo scientifico tra Cercola e San Sebastiano al Vesuvio, con l’università torno a Napoli. All’inizio mi iscrivo a Fisica, assecondando la mia grande passione per questa materia e la matematica, poi dopo un anno lascio. Ce l’avrei potuta fare, però avrei dovuto fare solo quello, mentre io facevo già mille cose, non ultimo lo studio della chitarra classica, che avevo intrapreso all’età di 16 anni. È stato così che mi sono iscritto a Scienze politiche all’Orientale, indirizzo vicino e medio oriente, la mia intenzione era quella di studiare l’arabo.
All’università ci sto bene, anche per questo non brucio le tappe. Ci sono continue occasioni di riflessione e di dibattito, ho l’opportunità di andare a Parigi per un Progetto Erasmus, i miei orizzonti si allargano, cresco come studente e come uomo. 
A proposito, per un anno interrompo gli studi e lavoro per un anno a Roma, per un’azienda di informatica. Non ti ho detto ancora che sono stato sempre un grande appassionato di computer, nel parco ero quello che montava e smontava i pc a tutti gli amici. Comunque finita questa esperienza sono tornato a Napoli e mi sono laureato.

Un po’ del mio carattere
Credo che a questo punto si possa delineare un tratto importante del mio carattere: sono una persona a cui piace fare tantissime cose, una persona che nella vita non si è mai fermata, che non riesce a fare sempre la stessa cosa, che sente il bisogno di cambiare. Lo dimostra la mia iscrizione prima alla Facoltà di Fisica e poi di Scienze Politiche. Il mio interesse a 360 gradi per la musica e per lo sport; tutti gli sport, non solo il calcio, anzi il calcio di meno, anche se sono un tifoso sfegatato del Napoli. Pensa che all’interno del famoso parco noi giocavamo a tutti, anche al golf. Il fatto che il mio attuale lavoro, che faccio da 6 anni, è quello che fin qui è durato di più.
Ancora a proposito di carattere, penso che in parte lo devo a mia madre. Io da ragazzo ero un finto timido, lei con la sua allegria, simpatia, ottimismo, direi persino sfrontatezza, ha avuto un impatto positivo, sul mio carattere. È anche grazie a lei se a un certo punto, diciamo dopo l’adoloscenza, ho capito che avere un approccio positivo è una scelta vincente. Mi sveglio ogni mattina con questo approccio, e ti assicuro che aiuta.

I miei lavori
Il filo conduttore del mio rapporto con il lavoro è la passione. Il lavoro mi deve appassionare, e naturalmente deve essere ben fatto, portato avanti con rigore, con abnegazione. Detto questo aggiungo che fare sempre lo stesso lavoro non mi piace, ho un continuo bisogno di cambiamento, la monotonia non fa per me.
Perché ho cambiato tanti lavori? Un po’ perché come ho detto la voglia di cambiare è parte del mio carattere, un poco c’entra la mia curiosità, un poco perché me la sono sempre cavata, quello che ho fatto l’ho costruito sempre con le mie mani, naturalmente anche con l’aiuto delle relazioni e dei rapporti che avevo e che ho, ma con le mie mani. Ho sempre vissuto con i soldi che ho guadagnato, e non mi sembra una cosa di poco conto.
Un’altra cosa importante per me nel lavoro è la relazione con le persone, la relazione con il prossimo. Ruota molto intorno a quello.
Vengo alle cose che ho fatto, sperando di non essere troppo lungo, ma nel caso taglia senza problemi.
Mentre frequento l’Orientale lavoro part time presso il laboratorio di informatica.
Poi c’è il lavoro di un anno a Roma di cui ti ho già detto. In realtà ero stato assunto da un’azienda napoletana che mi ha spedito come programmatore presso questa multinazionale con sede a Roma.
Ancora durante l’università lavoro come progettista per la Fondazione Lelio Basso, sempre a Roma. Faccio un lavoro di ricerca attinente al mio piano di studio di tipo internazionale. Ho fatto esami come cooperazione allo sviluppo, relazioni internazionali, ecc.
Dopo la laurea faccio un master in relazioni internazionali all’Università di Bologna. Dopo, lavoro 9 mesi in Tunisia, a Tunisi, presso l’Istituto Italiano di Cultura, in pratica il braccio culturale dell’Ambasciata Italiana.
Torno e lavoro con una ONG, si chiama CISS (Cooperazione Intenazionale Sud Sud). Sono capomissione, insieme a un collega, in Palestina, di un gruppo di ragazzi per uno scambio culturale tra ragazzi italiani e ragazzi arabo israeliani e palestinesi.
La missione dura solo due settimane, ma ha una fase di preparazione alle spalle di quasi un anno; è stata un’esperienza molto significativa, una delle più importanti della mia vita. Con questa ONG ho avuto un rapporto molto positivo e ho fatto anche altre cose, per esempio corsi per la mediazione di pace in conflitto di guerra. In pratica ho potuto fare concretamente le cose che studiavo.
Sono stato anche docente in un master organizzato da un ente di formazione e ho insegnato per 6 – 7 mesi informatica applicata alla cooperazione allo sviluppo a un gruppo di ragazzi che poi è andato a fare uno stage in Burundi.
Dopo di che parto e vado in Irlanda, uno degli obiettivi è migliorare il mio inglese. Ci resto 3 anni e faccio 3 lavori in 3 settori diversi.
Il primo anno lavoro alla Barclays Bank, dove mi occupo di informatica. I miei colleghi e amici ci sono rimasti per anni, hanno fatto lì la loro carriera, io dopo un anno il posto sicuro, il contratto a tempo indeterminato, i benefit e tutto il resto e me ne vado a lavorare con tre italiani che hanno messo su una scuola italiana di cucina. Oggi i miei ex datori di lavoro hanno due ristoranti a Dublino, il lavoro era buono ma non aveva certo le caratteristiche di quello precedente e quando capisco che non era neanche il lavoro del mio futuro me ne vado. 
Cerco di lavorare alla Google ma non mi prendono, attraverso un periodo un po’ difficile e così me ne vado negli Stati Uniti, in California, dove resto un mese scorazzando qui e là con un’auto in affitto, dopo di che torno a Dublino e vado a lavorare alla Hewlett-Packard. 
Dura meno di un anno, perché la qualità del lavoro non era esaltante e quella della vita peggio ancora. Da casa mia impiegavo 2 ore e mezza per andare al lavoro e altrettante per tornare, 5 ore al giorno, e oggettivamente non era sostenibile.
Finisce qui la mia esperienza in Irlanda e me ne torno in Italia, in Molise, dove lavoro per circa 2 anni e mezzo con un imprenditore molisano che opera in diversi settori, dalla moda al web. In teoria ero una sorta di project manager, in realtà facevo di tutto, oggi posso dire che è stata l’esperienza lavorativa più brutta della mia vita, e così a un certo punto ho lasciato, anche per altre ragioni che riguardavano il suddetto imprenditore e che non ho voglia di ricordare qui.
Partecipo a un concorso all’Agenzia di protezione civile della Regione Molise, un lavoro part time, e mi prendono. Contemporaneamente fondo insieme ad altri ragazzi un’azienda per la produzione di alimenti senza glutine a Campobasso. Non sono socio, però la fondo insieme a loro.
Mi occupo della parte commerciale, dura circa un anno e mezzo, dopo di che nasce mio figlio e le mie priorità cambiano. Il fatto di dover andare in giro per l’Italia per tutta la settimana non mi sta più bene, e così passo al lavoro attuale, sempre in ambito commerciale, però nel settore sanità. 
Da 6 anni, come ti ho detto è il mio record assoluto di permanenza lavorativa, sono informatore scientifico, lavoro in Molise e in Abruzzo e rappresento diverse multinazionali per la vendita di dispositivi medici per strutture pubbliche (ospedali) e private.
Mentre tutto questo accadeva ho portato avanti anche diversi progetti, soprattutto a livello giornalistico, con vari enti. Penso per esempio a quello sull’enogastronomia insieme alla Camera di Commercio di Isernia, oppure al lavoro con la Rete Italiana di Cultura Popolare con la quale al tempo, sto parlando di più di 10 anni fa, ho fatto alcune puntate radiofoniche sulla cultura popolare molisana, una sorta di podcast ante litteram. E penso anche al progetto di podcast che proprio in questi mesi sto portando avanti nell’ambito di un percorso promosso dalla Feltrinelli, che anche se non è retribuito mi sta appassionando molto, come sai intendo dedicarlo proprio al lavoro ben fatto, quando ho proposto il progetto a Milano è piaciuto molto, conto che presto, anche con il tuo aiuto, diventi realtà.

Questo slideshow richiede JavaScript.

La musica e i libri
E poi c’è la musica, che è, insieme ai libri, la passione più importante della mia vita.
A proposito, mi sembra assurdo che io non ti abbia ancora parlato del mio amore per la lettura. Leggo e ho letto tanti libri e mi piacerebbe molto leggere o rileggere i grandi classici della letteratura russa, spero di riuscirci. Guerra e pace per esempio non l’ho letto, e rileggerei volentieri I fratelli Karamazov, I demoni, Notti bianche e altri libri di questo tipo.
Torno al famoso parco per dire che fino ai 18 – 20 anni fondamentalmente con gli amici ascoltavamo musica e leggevamo libri, non eravamo tipi da discoteca e di notti passate a ballare. Non ti nascondo che con il senno di poi magari mi sono anche in parte pentito, è come se non avessimo vissuto una parte di mondo, ma è andata così, alla fine nella vita si fanno delle scelte. Non è che voglio fare il secchione, come sai è una parte che non mi si addice, ma noi del parco vivevamo di questo, di libri e di musica, libri e musica a volontà.
Comunque ti voglio confesare una cosa. A me nel parco mi chiamavano ‘o pesante. Ero pesante sia come chili che come libri, dischi, una sorta di intellettuale lamentoso, diciamo così.
Tornando a noi, un libro che non mi stanco mai di consigliare è Il resto di niente di Striano, è un libro al quale sono veramente molto affezionato, me lo fece conoscere mio padre, l’ho regalato negli anni a tante persone.
Torno alla musica per dire che è un amore che in parte ho ereditato da mio padre. Per fortuna già quando avevo 12 – 13 anni ascoltavo Bach, Beethoven, Mozart, Tchaikovsky, Šostakóvič e tanti altri compositori di musica classica proprio grazie a mio padre, che era un grande appassionato.
E dal lato di mia madre, mio nonno, sempre il famoso Capitano, suonava la chitarra, la fisarmonica, mia mamma pure cantava, mia zia, la sorella, era diplomata in pianoforte, insomma in famiglia la musica c’è stata sempre in molti modi e forme.
In casa avevamo un sacco di vinili e poi di cd, oltre che libri, tanti libri. E anche io, appena ho potuto ho cominciato a comprare libri e cd. Come ti ho detto, ho ascoltato veramente tanta musica e letto tanti libri.
Ascolto tutta la buona musica, anche dal vivo, anche se a un certo punto mi sono innamorato del jazz. Quindi abbonamento al San Carlo, tantissimi concerti, festival e tutto il resto. Per un po’ ho studiato chitarra classica, ho fatto anche qualche esame al conservatorio, poi ho continuato a studiare da solo. Dopo che sono diventato giornalista pubblicista e ho messo su con un gruppo di amici un portale che si chiama Sound Contestche si occupa di musica, dalla classica al rock, che sta in piedi da più di 10 anni. E durante la pandemia ho iniziato a collaborare con radio/altriSuoni, una web radio che si occupa di jazz ma non solo.
Ecco, questo è il mio rapporto con la musica, un rapporto ampio, largo. Ascolto tutto, basta che sia musica bella, perché esiste anche la musica brutta, quella che non ti stimola, non ti incurioscisce, non ti fa pensare, non ti fa fare nessuno sforzo, e quella musica lì non mi piace.
Confesso che quando ero adolescente per me esisteva solo la musica classica, il jazz e il rock, in particolare i Pink Floyd, il resto non era buono. Adesso invece la penso come tuo fratello Gaetano, l’ho letto nel tuo articolo, i generi non esistono, c’è solo la buona musica e quella cattiva, come si fa a dire “a me la musica classica non piace”, oppure “non mi piace il jazz, il rock o un altro genere”. Non ti piace se non l’ascolti, se non sei educato all’ascolto. Ovviamente ci possono essere autori e interpretazioni che possono piacere di più o di meno, ma questo è.
Il mio amore per la musica mi ha portato a conoscere molti musicisti, a intervistare parecchi di loro, a diventare loro amico. Con la radio poi abbiamo organizzato concerti, siamo stati partner di concerti di altri, per esempio Pomigliano Jazz, abbiamo conosciuto e usato il crowndfunding in anni in cui in pochi lo conoscevano.

Il vino
C’è l’ho ancora qualche minuto? Vorrei parlarti del vino.
Ho sempre avuto una passione per il vino, a partire dal fatto che mi piace berlo. Ricordo che mio padre tornava spesso a casa con qualche bottiglia di vino, niente di eccezionale, ma un buon vino.
Con il tempo ho capito due cose: la prima è che il vino in Italia meriterebbe lo stesso studio che si dà all’italiano o alla matematica; la cultura del vino secondo me è importante, e invece ne sappiamo molto poco, la stragrande maggioranza di noi italiani non capisce niente di vino, ma proprio niente, e questo secondo me è un problema, perché il vino è una risprsa importante del nostro paese; la seconda cosa è che quello del vino è un mondo enorme, non si finisce mai di conoscere e di imparare, neanche se vivi 150 anni.
Quando ho capito queste due cose mi si è aperto un mondo: se potessi tornare indietro, ma non è detto che un giorno non possa avvenire, mi dedicherei anche per lavoro al vino, è una realtà che mi piace moltissimo. Nasce da questa mia passione anche l’idea di diventare sommelier, di diventarlo in maniera seria naturalmente, come vedi torniamo sempre al lavoro ben fatto. Ho frequentato il corso e ho conseguito il diploma con l’AIS, l’Associazione Italiana Sommelier. Ho fatto anche un po’ di esperienze di servizi in occasioni di ricevimenti e matrimoni, ma sempre per passione, per rendermi conto. E mi piace molto andare in giro per eventi, degustazioni, è una cosa che mi piace molto, lo faccio ogni volta che posso.

Tre cose che ancora non ti ho detto
La prima. Un’altra delle mie grandi passioni c’è il cinema, non voglio fare il difficile ma quello che mi piace è il cinema d’autore. Uno dei motivi per cui ho fatto l’Erasmus a Parigi e non da un’altra parte è che ero e sono un grandissimo appassionato di François Truffaut.
La seconda. Quando ero piccolo non sopportavo il dialetto napoletano nonostante mio padre fosse un grande appassionato della cultura napoletana a tutto tondo. Era proprio un fatto mio, diciamo che era una malattia dalla quale con gli anni per fortuna sono guarito. Adesso sono innamorato pazzamente della nostra lingua.
La terza. Mi piace molto mangiare, il cibo fa uscire matto, se vedo una tavola imbandita impazzisco, non riesco a fermarmi. Questo ha fatto sì che io con il cibo ho avuto e ho un rapporto di odio amore, potrei dire che ho avuto una vita a fisarmonica, ingrassavo e facevo diete una continuazione, con il tempo la testa si è aggiustata e mi sono dato una regolata, ma sempre fino a un certo punto.

Pensieri Diversi
Amo l’educazione, l’onestà e la fiducia, detesto la sopraffazione in tutte le sue forme e non amo le persone che non hanno fiducia nel prossimo, che partono sempre prevenute.
Il lavoro per me è passione, onestà, fare bene qualsiasi cosa, anche quando quel lavoro non ti piace, senza differenza tra lavoro intellettuale e lavoro manuale.
Non conoscendo cos’è la noia, per me il lavoro dura sempre, tutta la giornata. Quando finsico la mia giornata di lavoro ufficiale e qualcuno mi chiede “ma perché ?, che cosa devi fare?”, rispondo puntualmente “devo lavorare”. Per me lavoro è anche semplicemente scrivere un testo per la radio.
Potendo avrei sempre cose da fare, 24 ore su 24, potrei anche non finirla mai la mia giornata di lavoro, a patto che ci capiamo che cosa significa per me lavoro: la voglia di pensare e fare in maniera appassionata le cose che amo fare e pensare.
Che dici Vincenzo, è un po’ troppo?

Per saperne di più
Instagram
Linkedin
radio/altriSuoni
Sound Contest
Album di famiglia – Il nonno capitano