Le escursioni di Ettore

Cara Irene, questa storia comincia con un post sui social del 24 Novembre 2023: “Dopo gli squisiti rigatoni con il ragù da Mario, Ristorante Zi Filomena, mi sono spostato da Carmine per il caffè e mi sono messo a giocare un po’ con le mie storie prima del ritorno a casa. Stavo lì da 10 minuti quando sono arrivati l’amico prof. Ettore Valente e un gruppo di studentesse e studenti del Corso di Cartografia Digitale e Sistemi Informativi Territoriali, Laurea Triennale in Scienze per la Natura e l’Ambiente, curriculum in Guide Ambientali Escursionistiche, Università degli Studi di Napoli Federico II. Niente, abbiamo parlato di libri, pane, biscotti, quartieri, genitori, lavori, città e altro ancora, e ho potuto fare un sacco di domande, insomma è trascorsa quasi un’ora come se fosse un minuto. Che bellezza. Grazie Ettore, grazie ragazze/i.”
A corredo del post la foto che vedi in copertina e l’idea di raccontare Ettore e il suo lavoro.
L’occasione per registrare un po’ di chiacchiere con Ettore si è creata il pomeriggio della Befana, ci siamo incontrati da Mirella e ci siamo messi d’accordo a volo a volo. Questa che segue è, nella sostanza, la trascrizione in prima persona delle cose che mi raccontato il mio amico, con qualche mia evitabile incursione, si riconoscono per il corsivo, le ho lasciate perché mi sembrava rendessero più fluido il racconto, speriamo che non mi sbaglio.

PER COMINCIARE
Allora Vincenzo, sono Ettore Valente, compio 41 anni il prossimo febbraio e sono nato a via Stadera, a Poggioreale, isolato 7, piano terra. Ho vissuto a Poggioreale fino a quando avevo circa 8 – 9 anni, sono stati anni molto belli, forse perché sono quelli dell’infanzia. Quando sono nato mia madre aveva 19 anni e frequentava l’ultimo anno delle superiori, stavamo in casa con mia nonna, il fratello di mamma, che era il secondo, e la sorella, la più piccola, che poteva avere 12 – 13 anni. Poi naturalmente c’era mio padre e c’ero io, che sono il primo di quattro fratelli. Una cosa curiosa è che mia madre a deciso di dare a tutti noi un nome con la “E”: Ettore, Elio, Emanuele ed Enrico, nell’ordine. Comunque sono tutti nomi di famiglia.
Dopo via Stadera ci siamo trasferiti a Casoria, che in linea d’aria è molto vicina, soprattutto dove stavamo noi, nella zona dell’Euromercato. Il motivo principale è che avevamo bisogno di più spazio, la casa di nonna era piccola e noi crescevamo. Ho vissuto a Casoria fino a quando non mi sono sposato, nel 2015, dopo di che finalmente sono potuto tornare di nuovo a Napoli. Sì, finalmente, perché ti confesso che non mi sono mai sentito a mio agio a Casoria, non so dirti perché, diciamo che mi sento, sono, napoletano.
Tornando a noi, con mia moglie Esmeralda e i nostri due figli, una ragazzina di 5 anni Micaela, e un bimbo di due, Francesco, abitiamo a via Mezzocannone, in pieno centro storico, a due passi dall’università. Ci sentiamo fortunati a vivere là, siamo molto contenti, anche se Esmeralda come sai è di Caselle in Pittari e anche a me piace tanto stare qua.
Cosa aggiungere ancora? Sicuramente che fin da ragazzino ho avuto il pallone nella testa, nonostante mio padre non fosse un grande tifoso. È stato mio zio Franco a trasmettermi la passione, anche se in realtà alle prime due partite allo stadio ci sono andato con un amico di famiglia che abitava nel nostro stesso palazzo. Erano gli anni di Maradona, indimenticabili, anche se ero molto piccolo. Il primo scudetto infatti non me lo ricordo troppo bene, però ricordo benissimo la finale di Coppa Uefa con lo Stoccarda, all’andata vincemmo 2 – 1, al ritorno pareggio 3 – 3 e vincemmo la coppa. Del secondo scudetto ricordo benissimo le ultime partite.
Ci ho anche giocato, a pallone. Per strada, a scuola calcio, sono arrivato fino alle giovanili dell’Ercolano, a 17 anni, poi ho avuto problemi con la schiena e mi sono fermato. L’altra mia grande passione da piccolo sono stati i fumetti, in particolare Topolino e Tiramolla. Poi, con gli anni, le passioni sono cambiate, a un certo punto ho cominciato con il trekking, le passeggiate fuori porta, in montagna, alla ricerca di luoghi poco conosciuti, magari approfittando di sagre ed altri eventi di questo tipo.

LA MIA FAMIGLIA E IL LAVORO
Di parte di mamma mia nonna faceva la bidella, mentre mia madre come ti ho detto mi ha avuto che stava all’ultimo anno delle superiori e poi nel periodo in cui ero molto piccolo per tante ragioni non ha lavorato. Più avanti ha cominciato a lavorare come assistente in uno studio dentistico, poi ha vinto il concorso e ha cominciato a fare la segretaria amministrativa nella scuola. Anche quella non è stata una passeggiata, all’inizio anche se per poco ha lavorato addirittura a Roma, poi è finita a Ischia, e anche lì non era facile, poi è stata diversi anni a Bacoli dove ha conosciuto le sue migliori amiche e infine da parecchi anni sta a Casoria, presta servizio nella scuola in cui io ho fatto la scuola media.
Mio padre quando sono nato lavorava con una ditta che montava infissi, poi ha fatto diversi lavori da operaio fino a quando non ha fatto anche lui un concorso, lo ha vinto e ha cominciato a lavorare prima come portantino e poi come infermiere in ospedale. Adesso è in pensione da un anno, sa fare molte cose con le mani, aggiusta tante cose e gli piace lavorare il legno. È parecchio bravo, un creativo. Fa piccole cose ma belle assai, però deve stare tranquillo per i fatti suoi, le deve fare con calma e nessuno gli deve dire niente. In questo è un po’ come me, o per meglio dire io sono un po’ come lui, devo fare a modo mio, se sbaglio sbaglio ma non voglio interferenze.
Da quando sono nati i bambimi Esmeralda fa la mamma a tempo pieno, prima era un’artigiana, lavorava il legno, il gesso e la carta, domani chissà.

IL MIO PERCORSO SCOLASTICO
Come ti ho detto ho fatte le elementari a Poggioreale, le medie a Casoria e il liceo a Napoli centro, non volli farlo a Casoria. Cercai un liceo con molte materie scientifiche, per quelle letterarrie non andavo pazzo, latino non ne parliamo. Alla fine sono stato fortunato, perché trovai questo Liceo, l’Elena di Savoia, dove c’era questo liceo scientifico sperimentale, Progetto Brocca si chiamava, con tante materie scientifiche, tante ore di laboratori vari e senza il latino. insomma la scuola giusta per me. All’università ho studiato Scienze della Terra, Geologia, facoltà che manco a farlo apposta stava a pochi metri dall’Elena di Savoia. Mi sono laureato in geologia alla Federico II.

IL LAVORO AND ME
La mai prima esperienza lavorativa, più propriamente la prima volta che ho sentito il bisogno di guadagnare qualcosa da poter spendere per me, è stata verso i 16 – 17 anni. Durò poco, più o meno un mese, lavorai in campagna, sul Vesuvio, facevo cose come accogliere pomodori ma anche occuparmi del sistema di irrigazione. Fu bella come esperienza anche se breve, per certi versi non ero ancora pronto.
Dopo, a parte le attività all’università che facevamo tutti, ho lavorato come spedizioniere, sempre per periodi brevi, dopo che avevo fatto gli esami, al massimo per un mese è mezzo.
Ancora, ma quello era più che altro un mio desiderio, ho fatto lo steward allo stadio San Paolo, oggi Diego Armando Maradona. Ricordo che il Napoli era in serie C e la paga era ridicola, però potevo vedere tutte le partite gratis, e insomma mi è piaciuto farlo. Finito il campionato, dopo alcuni mesi mi laureai alla magistrale.
Prima della laurea ho lavorato anche tra fine luglio e per tutto il meso di agosto, una quarantina di giorni in tutto, su una nave al centro del mar Adriatico. Il mio compito era gestire la rotta per posare dei cavi che collegavano piattaforme e stazioni del gas. In pratica mi occupavo della gestione GPS di ogni punto e altre cose di questo tipo. Dopo poco più di un mese come ti ho detto lasciai. Formalmente perché dovevo laurearmi, cosa che feci, però in realtà io avevo già in testa di fare il dottorato. Pensa che mi offrirono una possibilità di andare a New York, mica una cosa da poco, ma rifiutai per il dottorato, che vinsi subito nel 2006. Poi a Dicembre 2017 comincio il mio lavoro di docente all’Università, però qui ti devo dire prima una cosa importante, posso?
Certo che puoi.
Devo ringraziare Esmeralda Materiazzi, mia moglie, se lavoro all’università. Dalla fine del dottorato, nel 2010, all’inizio del mio lavoro all’Università, nel 2017, se non ci fosse stata lei a sostenermi continuamente e a darmi la forza per non abbandonare questa strada non ce l’avrei fatta.
Detto questo ci sono per la verità altre tre cose.
La prima è che nel mio percorso di crescita hanno avuto un ruolo fondamentale il prof. Aldo Cinque e la prof. Alessandra Ascione. Il prof. Cinque, ordinario di Geomorfologia, mi ha trasmesso il metodo per affrontare lo studio e la ricerca; prima ero uno studente normale, dopo averlo conosciuto ho avuto tutti voti alti, se non altissimi. La prof. Ascione, associata di Geormofologia, mi ha formato invece durante il dottorato; senza di lei non sarei quello che sono ora.
La seconda che è stata molto importante anche l’esperienza che ho fatto negli Stati Uniti (sì, poi ci sono andato) dove ho vissuto 6 mesi, da gennaio a inizio luglio 2008, durante il secondo anno del dottorato di ricerca. Ero sempre stato convinto che gli americani fossero i ricercatori migliori al mondo, vivendo lì mi sono reso conto che, in realtà, sono solo i ricercatori con le maggiori possibilità economiche.
La terza si riferisce all’esperienza che più di dieci anni fa abbiamo messo in piedi con due amici, l’Associazione Gruppo Escursionistico Campano. Nel corso della prima escursione distribuimmo a tutti una cartina muta dell’Appennino Meridionale e dicemmo “in questo momento siamo qua, in questo punto”. Erano le Ciampate del Diavolo su Roccamonfina, un posto favoloso, se non lo conosci ci devi andare assolutamente, ti posso pure accompagnare. È un presidio preistorico tra i più importanti al mondo, ci sono orme di ominide, l’Homo Heidelbergensis che per quantità e grado di conservazione sono tra le più importanti al mondo, pensa che sono datate circa 350 mila anni fa. Ricordo che mettemo un puntino dove stavamo e ci demmo l’obiettivo di mettere qquanti più punti erano possibili in tutta l’Italia meridionale.
Veniamo al tuo lavoro di docente universitario.
Attualmente sono ricercatore di tipo B, che vuol dire che ho l’abilitazione a professore associato in Geomorfologia, la branca della Geologia che in parole semplice studia la forma della Terra, che significa studiare i processi che agiscono sulla terra, quali sono le cause del modellamente della superficie terrestre, perché qui ci sta una montagna, qui ci sta una valle, perché questa zona è soggetta a frane e quest’altra a terremoti e altre cose di questo tipo.
Insegno a leggere carte, a usare il GPS, a lavorare con dati georeferenziali, che hanno cioè una precisa collocazione nello spazio secondo l’elissoide, il geoide, la forma della terra, un po’ questi concetti qui.
Elissoide e geoide?
Sì, sono due concetti che servono per comprendere qual è la forma esatta della terra sia dal punto di vista cartogafico (l’elissoide), che dal punto di vista fisico (geoide). Sono le conoscenze di base che ti consentono di fare cose tipo la localizzazione, per esempio.
Scusa, ho un’altra curiosità: perché da una parte c’è una montagna?
Dipende, diciamo che ci sono due possibilità principali: o perché ci stanno rocce più dure o perché da sotto ci sono forze endogene che spingono. Per esempio qui abbiamo il Pittari, però poi dal Pittari scendi verso il Serrapotamo, perché il Pittari è fatto di calcare, pietre dure, mentre il Serrapotamo è fatto sostanzialmente di argille, molto più tenere.

CON LE RAGAZZE E I RAGAZZI A CASELLE
Il tuo post a conclusione dell’esperienza con la classe qui a #Cip cominciava così: “Tre giorni di camminate, scoperte, curiosità, ospitalità, socialità, tre giorni di conoscenza e approfondimenti, tre giorni speciali!” Ecco, proviamo a riavvolgere il nastro, raccontaci meglio perché siete venute/i proprio qui e che cosa avete fatto.
Allora, io attualmente ho due corsi, sono entrambi nel percorso di laurea di Scienze Naturali, uno nella laurea triennale e uno nella laurea magistrale. Le/i ragazze/i che ho portato qui sono del secondo anno della laurea triennale, corso di Cartografia Digitale. Più in generale il percorso di studi permetterà loro di diventare Guide Ambientali Escursioniste e lavorare in quel campo.
Li ho portati qui per diverse ragioni. Innanzituto conosco molto bene il territorio, vengo qui dal 2007 e ormai conosco ogni anfratto, compresi quelli più sperduti. Ho scritto con altri anche un paper scientifico su questo, se hai voglia di allenarti un poco con l’inglese lo trovi qui.
In secondo luogo, dal punto di vista scientifico, per gli aspetti geologici e geomorfologici, Caselle è un’eccellenza, anche se come comunità non se ne rende conto, o comunque anche se se ne rende conto non è stata in grado, fino ad oggi, di coglierne appieno le possibilità.
Il fenomeno carsico del Bussento, con i suoi 6 chilometri tra Caselle in Pittari e Morigerati, è per lunghezza il secondo fiume italiano con percorso ipogeo, cioè sotterraneo. Come dicevo è un’eccellenza, direi che non ci sono altri casi così, potrebbe essere un attrattore anche turistico molto importante.
Tornando alla tua domanda, le/i ragazze/i hanno il compito di conoscere i luoghi dal punto di vista scientifico per trasmettere poi le loro conoscenze alle persone che accompagneranno.
In particolare nei giorni che sono stati qua hanno camminato, hanno imparato a registrare, un percorso escursionistico, a segnare i punti di interesse (piante, rocce, animali, altro) con appunti, foto, video sul tablet, a riportare quei punti e quel percorso in un softare GIS che gestisce dati georeferenziati, che hanno cioè una precisa collocazione spaziale, e da lì a creare carte tematiche, carte escursionistiche, con le quali creare i loro percorsi e un pochino anche a promuoverli, dato che nel lavoro che intendono fare anche questo aspetto è importante.

 

In estrema sintesi sono queste le ragioni per cui li ho portati qui: la conoscenza del posto, la sua eccellenza, la vicinanza con Napoli, l’accoglienza che come sai qui è ottima, i costi molto limitati anche grazie al sostegno del Comune che ci ha messo a disposizione gli alloggi e così via discorrendo.
La riprova è che i ragazzi sono rimasti entusiasti, è vero che per loro era la prima uscita in assoluto, ma a fare la differenza è stata davvero l’eccellenza del posto e la qualità dell’esperienza. Poi ognuna/o di loro farà un progettino, una carta escursionistica, che presenterà all’esame.

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QUESTIONI DI SENSO
Sull’aspetto relativo al senso dell’esperienza vorrei dire qualche altra cosa se posso.
Certo che puoi, vai.
Ricordo che quando ci siamo visti hai stimolati i ragazzi sul perché si trovavano qui, sulle loro motivazioni, i loro obiettivi, le cose che gli piacevano, i loro sogni. E ricordo anche che una ragazza, in risposta a una tua domanda, ti ha detto “a me piace pensare”, e da lì tu hai preso spunto per parlare di lavoro ben fatto, dell’importanza di tenere insieme fare e pensare e altre cose di questo tipo. Forse non sai che la mattina dopo le/i portate/i in Bottega da Jepis, è venuto un temporale e siamo state/i un paio d’ore con lui, che fu molto bravo a stimolarle/i. Alla fine furono contentissime/i, mi ringraziarono, alcune/i di loro sottolinearono che era la prima volta che avevano trovato persone così interessate ai loro punti di vista.
Tutto questo mi riporta al mio lavoro che per quanto mi riguarda è per molti aspetti una missione. Oltre a insegnare loro delle cose cerco di ampliare i loro punti di vista, a partire dal rapporto con i luoghi in cui vivono e con quelli che hanno intorno. Ricordo che una volta chiesi a una ragazza di Alife, in provincia di Caserta, se conosceva Dragoni, un paese a 10 kilometri dal suo, e lei rispose che non c’era mai stata, non lo conosceva. Per me è inconcepibile che non abbiano consapevolezza di dove si trovano e di che cosa c’è oltre il loro naso. Una parte del mio lavoro la dedico perciò a questo ampliamento delle prospettive, a partire dai luoghi. Esplorare è un verbo che mi piace molto, bisogna esplorare sempre, a ogni età.
Eliot ha scritto che i vecchi dovrebbero essere esploratori.
Sì, questo mi piace molto, direi che a ogni età dobbiamo essere esploratori. Tra l’altro la nostra regione dal punto di vista dei luoghi è un mondo. E non ti dico la Basilicata, altra regione che conosco benissimo. Ecco, cerco di aiutare i ragazzi a scoprire questi mondi, naturalmente sto parlando di Campania, Basilicata ma lo stesso vale per la Lombardia, l’Emilia, il Veneto e qualunque altra regione. Ci sono mondi da esplorare al di fuori delle metropoli e delle grandi città. Dal mio punto di vista nelle piccole comunità c’è un rapporto umano e una qualità della vita che ci può dire e dare molto. In ogni caso, bisogna che i ragazzi imparino a farsi domande, a non dare tutto per scontato, non per forza a fare la differenza può essere il fatto di avere i negozi e la movida a due passi da casa.
Secondo me conta molto l’approccio, il senso del lavoro e della vita. È anche il modo in cui guardi le cose che fa la differenza. Vale per la roccia, per l’animale, per la pianta e per il barbone che a gennaio dorme su un cartone in stazione. I luoghi cambiamo a secondo da come li guardi e di cosa guardi. Nel caso della stazione puoi guardare solo i negozi o puoi guardare anche il barbone, e a seconda di come e cosa guardi cambia il paesaggio. Direi che è il modo in cui mentre cammini guardi un posto, i punti che decidi di segnalare e inserire nel software, che danno il senso a quel posto.
Sono d’accordo, come sempre è anche questione di accuratezza, anche se l’accuratezza è una cosa che acquisisci con il tempo. Prendiamo le/i ragazze/i che sono venuti quest’anno, direi che gli abbiamo mostrato delle possibilità, un approccio, poi sta a loro tornare, ampliare, approfondire, ancora una volta esplorare. Magari tra qualche settimana o qualche mese alcune/i di queste ragazze/i vanno sul Matese, guardano delle rocce grigie e pensano “però, hanno qualcosa in comune con quelle che abbiamo visto a Caselle, forse c’è qualcosa in comune e altre cose di questo tipo”.
Alla fine l’obiettivo è far sì che le/i ragazze/i si pongano delle domande, aprano le loro menti, perché solo così possono crescere e possono aiutare la società a crescere. Se non li curiamo questi semi non germoglieranno mai. Devono acquisire, insieme ai ferri del mestiere, anche un modo più ricco di guardare sé stesse/i e a ciò che hanno intorno, a ogni livello.
Ognuno di noi non si deve mai chiudere nella propria disciplina, nella propria materia, ma deve pensare in che maniera questa disciplina, questa materia, può connettersi con altro, può dare più senso e significato alle nostre vite.
Proprio così. Una delle cose che spiego alle/ai ragazze/i è che anche se siamo geologi, le cose che imparano con me, i contenuti legati al GIS (Geographic Information System) le possono applicare in moltissimi campi, dall’economia alla statistica. Una delle domande che mi capita di fare è questa: sei un procuratore sportivo, gestisci 100 giocatori in giro per il mondo, come svilupperesti un progetto GIS per gestire al meglio questi calciatori. Loro ci pensano su e definiscono un possibile percorso. È solo un esempio, ma credo che renda l’idea.
La rende, certo che la rende, caro Ettore.