Il lavoro ben fatto alla Fondazione O.I.E.R.MO.

CASELLE IN PITTARI, 3 LUGLIO 2022
Caro Diario, un po’ di mesi fa sono stato contattato da Gianvincenzo Nicodemo che, per conto della Fondazione O.I.E.R.MO (Opera Per l’Istruzione e l’Educazione Religiosa e Morale della Gioventù), mi ha invitato a un workshop sul lavoro ben fatto nell’ambito del percorso formativo “Accademia Bene Comune”. Il worhshop lo abbiamo tenuto il 10 Giugno, e nonostante un po’ di impicci fisici mi abbiano impedito di partecipare in presenza, è stata un’esperienza molto interessante, che ha avuto un seguito, la storia di lavoro di Davide Sansone, alla quale spero ne seguano altre. Proprio da Davide ho deciso di ricominciare, leggi la sua storia come una sorta di anteprima del racconto, poi se ti va puoi scrivere la tua opinione nei commenti. Buona lettura.

ANTEPRIMA
LA STORIA DI LAVORO DI DAVIDE SANSONE
Caro Vincenzo, quando parlo della mia vita lavorativa si evidenzia all’inizio una vena amara. Amara.
Ho cominciato a lavorare, per esigenza, molto presto. Nell’infanzia ho cominciato un percorso formativo per entrare a far parte dell’azienda di mio padre. Lui aveva un’impresa di impianti di automazione industriale. La mia formazione viene bruscamente interrotta quando, all’età di 17 anni, siamo nel 2004, mio padre viene a mancare, e qui comincia la vena amara di cui parlavo prima.
Subito dopo il diploma, conquistato con molta fatica, date le circostanze, mi arruolo come volontario nell’esercito italiano, dove trascorro due anni, due anni di evasione più che altro, evasione da una realtà che non riuscivo ad accettare.
Nel 2008 torno a casa, lascio per scelta la vita militare, e comincio a lavorare come elettricista per una piccola azienda che faceva impianti elettrici civili. Guadagnavo 400 euro al mese, e non bisognava mai pronunciare la parola contratto. A 23 anni, nel 2010, la mia prima protesta contro un sistema lavorativo sbagliato; vengo licenziato senza nemmeno aver concluso il mio discorso. Per i successivi 5 anni cambio continuamente datori di lavoro, nella speranza di trovare qualcosa di dignitoso. Nel frattempo però, mi imegnavo per diventare sempre più bravo nel mio lavoro, c’era questa idea innata in me del “lavoro fatto bene”. È un biglietto da visita, mi diceva un vecchio capo cantiere.
Una volta diventato padrone del mio lavoro, decido di mettere su un curriculum per poterlo presentare a qualche azienda importante. Dopo svariati colloqui andati male, o nella maggior parte dei casi, senza nessuna risposta, comincio a pormi seriamente il problema “dell’approccio”, forse sono io che non mi presento bene, forse dovrei suscitare curiosità in chi prende tra le mani il mio curriculum.
Ed è proprio quando cambio il mio approccio, che riceve una vera proposta lavorativa. Nella candidatura che invio a questa azienda, propongo un curriculum bianco, con scritto solo, “sono quello che state cercando, datemi la possibilità di dimostrarlo”.
In questa azienda che costruisce macchinari industriali sofisticati ho vissuto 4 anni, ho avuto la fortuna di lavorare con un ingegnere che mi ha trasmesso il suo brillante modo di pensare. Amante del rischio e delle sfide, mando una candidatura ad un azienda che costruisce macchine robot per l’incisione a laser, metto di nuovo alla prova quanto avevo appreso “sull’approccio”, oltre alle mie esperienze. Nella candidatura ci sono delle domande, ricordo perfettamente l’ultima, che diceva “perché dobbiamo scegliere proprio te?”, e la mia risposta è, “perché sono geniale”. I successivi due giorni li passai con loro che mi presentavano i luoghi di lavoro.
Oggi ho 35 anni, sono un perito elettronico specializzato in quadristica elettrica e ricerca guasti. A proposito di questa ultima cosa, mi piace molto sottolineare come sono diventato bravo nella ricerca guasti. Nel campo elettrico è molto complicato trovare un guasto, specialmente in circuiti complessi, dove ci sono centinaia di componenti e migliaia di fili. Si diventa veramente bravi quando commetti gli errori e però quando poi li hai commessi, tutti quegli errori, sei anche in grado di riconoscerli e di risolvere il problema, è lì che hai fatto un bel salto di qualità.
Caro Vincenzo, ti lascio dicendoti che cosa è per me il lavoro ben fatto: qualcosa di contagioso, qualcosa che vale la pena di fare, per sé stessi e anche perché quando lo facciamo diamo automaticamente l’occasione a chi ci sta vicino di fare lo stesso.
Un caro saluto.
Davide.

LA MAIL DI GIANVINCENZO
Possiamo iniziare da un estratto della mail che mi ha inviato Gianvincenzo per presentarmi la Fondazione e il percorso:
“Caro Vincenzo, la Fondazione O.I.E.R.MO opera dal secondo dopoguerra opera per la formazione professionale. È un modello molto bello e interessante di soggetto di comunità che restituisce donazioni, che nel tempo ha ricevuto, alla comunità che la ha generata. Quando riesce, la Fondazione realizza anche dei corsi di formazione finanziata dall’ente pubblico (in questo momento sta partendo un corso di operatore per l’infanzia rivolto a giovani sotto i 35 anni). Non so se conosci il Progetto Policoro, della Chiesa Italiana,  in questo caso la Fondazione mette a disposizione a costi molto bassi alcuni locali ad imprese e associazioni che si sono organizzate intorno a questo Progetto, che organizza l’impegno delle pastorali sociale, del lavoro e di Caritas nei confronti della disoccupazione giovanile. Lo stesso direttore della Fondazione, don Alessandro Colasanto, è responsabile della pastorale sociale, e la proprietà della Fondazione è della diocesi.
Detto questo, mi resta da aggiungere che da gennaio stiamo tenendo questo percorso formativo di formazione alla cittadinanza. Si comicia alle 18:30, ogni sessione ha un relatore unico che ha a disposizione 40 – 45 minuti per il suo intervento, seguito da una testimonianza. Poi ci sono le domande, il lavoro in 2 gruppi dei partecipanti a partire dai contributi ascoltati e dall’estratto del tuo volume su Il lavoro ben fatto abbiamo messo a disposizione su una piattaforma Moodle, l’intermezzo per uno spuntino leggero e per finire la sessione di discussione – brainstorming che inizia orientativamente verso le 21.00 e dura fino alle 22:00. Tra questa sessione e quella successiva, a inizio luglio, speriamo di riuscire ad animare il dibattito sulle esperienze di lavoro dei partecipanti sul forum che è presente sulla piattaforma Moodle.”

IL WORKSHOP
1. Siamo partiti con la testimonianza di Davide Sansone, ho proposto io a Gianvincenzo di invertire l’ordine iniziale, dato che non ero in presenza e non avevo avuto modo di stare un poco insieme alla classe prima dall’inizio avevo piacere di avere qualche riferimento, qualche spunto per il mio speech, come sai non mi piace parlare a prescindere.

2. Davide è stato bravo, perché non ha raccontato solo il suo lavoro attuale, alla Lasit, ma è partito dai lavori che aveva fatto prima, sicuramente meno soddisfacenti di quello attuale. In questo modo ha messo in evidenza l’importanza che il lavoro ben fatto abbia un carattere sistemico, nel senso che non può riguardare solo il lavoratore, ma anche l’imprendintore e tutti gli altri soggetti che contribuiscono a costruire la catena del valore, e ha insistito sull’approccio, altro aspetto fondamentale del lavoro ben fatto. Come prevedevo, il suo intervento mi è stato di aiuto nello sviluppo del mio intevento.

3. Sono partito da i 5 passi del lavoro ben fatto, anche se poi il video lo abbiamo visto insieme alla fine, dunque ho illustrutato che cos’è il lavoro ben fatto, come si fa, perché farlo, chi lo può fare, cosa succede quando ognuno fa bene quello che deve fare. Se desideri approfondire in calce trovi un bel po’ di link, intanto ti rimetto qui il video, dura meno di 2 minuti, ti consiglio di rivederlo.

4. Dopo i 5 passi sono passato alla “provocazione” che più mi piace fare in questi casi, quella che racconta di Lorenzo, Auschwitz, Primo Levi, Philip Roth e approda al bisogno di fare bene le cose a prescindere, in qualunque contesto e situazione, perché il lavoro ben fatto è prima di tutto un modo per dare dignità al nostro lavoro e senso alle nostre vite. Su questo punto sono venuti fuori tanti esempi nel corso della discussione, ma comunque se leggi questo articolo i termini della questione ti risulteranno molto più chiari.

5. Al termine dei lavori di gruppo sono venute fuori un bel po’ di parole chiave che sono la base del lavoro successivo, sia quello che abbiamo fatto in classe sia quello che le/i partecipanti continueranno a fare con l’ausilio della loro piattaforma.

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6. Ci siamo lasciati alle 22:00 come previsto con il mio invito alla classe a inviare le proprie storie di lavoro per  pubblicarle, condividerle e animare la discussione nella più ampia comunità del lavoro ben fatto, perciò resta in ascolto.

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LA RIFLESSIONE
Caro Diario, la saggezza popolare dice che “ogni impedimento è giovamento”, che non è sempre vero, però parecchie volte può esserlo. Ho accennato all’inizio agli impicci fisici che mi hanno impedito di essere a Castellammare di Stabia venerdì scorso, cosa che mi sarebbe sicuramente piaciuta, però l’esperienza ha dimostrato che il format che abbiamo sperimentato può essere realizzato in maniera efficace e coinvolgente anche con me a distanza, e questo allarga di molto le sue possibilità di essere realizzato. Niente, per adesso è soltanto una riflessione, però conto di lavorarci su, e non è detto che … Alla prossima.

PER SAPERNE DI PIÙ
Il Lavoro ben fatto, Il libro
Manifesto del Lavoro Ben Fatto
Le leggi del lavoro ben fatto
A scuola di lavoro ben fatto, di tecnologia e di consapevolezza
Il lavoro ben fatto e i perché di Vincenzina
Teodoro, il lavoro ben fatto e Gioiosa 4 Punto Zero
Il lavoro ben fatto che cambia l’organizzazione: il caso Airpol
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La verità e il lavoro ben fatto a Lido di Camaiore
Il lavoro ben fatto a Guardia Perticara
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Il lavoro ben fatto in quattro parole, più una cinque
La blockchain del lavoro ben fatto
Il Manifesto del Lavoro Ben Fatto, Campus Party and me
Dizionario del #lavorobenfatto
La comunità del #lavorobenfatto