Caro Diario, questa storia è nata grazie a Roberto Paura che mi ha chiesto di raccontare il mio punto di vista su «Educare al futuro» nell’ambito del ciclo di seminari «L’Europa che cambia».
Per ora puoi leggere la sintesi di quello che ho raccontato io, il contributo di Adolfo Fattori, insieme a me relatore, e l’intervento di Maria Mellone.
Come sempre, la discussione resta aperta, basta scrivere a partecipa@lavorobenfatto.org e al resto ci penso io.
INTERVENTI
Vincenzo Moretti
Adolfo Fattori
Maria Mellone
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1. Siamo quello che sappiamo e quello che sappiamo fare, non quello che abbiamo.
2. Fare è pensare. (cit. Richard Sennett)
3. Se sai, fai. (cit. Fondazione Arbor)
4. I processi di apprendimento sono riferibili all’ambito della socialità più che a quello dell’informazione. (cit. George Siemens)
5. L’importanza di imparare a pensare, sempre, in ogni circostanza. Perché sì, in un mondo nel quale le macchine pensanti avranno un ruolo sempre più importante, noi umani non possiamo perdere il difetto di pensare. (cit. Bertolt Brecht)
6. Per apprendere bisogna in primo luogo capire. Poi studiare. Infine connettere ciò che si è capito e studiato a contesti di vita reale. Il resto è noia. Roba per cacciatori di crediti. Studenti senza qualità.
Dopo di che ho aggiunto che fin dal primo punto tutto questo dimostra la necessità di una rivoluzione culturale, di un cambiamento di paradigma, di una consapevolezza non banale di ciò che siamo, di ciò che sappiamo, di ciò che sappiamo fare. E poi anche che le/i ragazze/i, tutte le/i ragazze/i, hanno il diritto di realizzare i loro sogni, di fare i lavori che amano fare, di investire almeno 2/3 anni per realizzare questa possibilità prima di arrendersi alla necessità di un lavoro qualunque, e che però per fare questo bisogna che essi siano consapevoli della fatica, del lavoro, che bisogna fare per fare quello che si ama fare.
L’ultima cosa che ho detto è stata proprio questa, nel senso che ho fatto un elogio della consapevolezza, che ritengo sia una parola chiave nel futuro prossimo venturo.
Adolfo Fattori Torna agli Interventi
Scarica e leggi il .pdf di Adolfo Fattori.
Educare al futuro: una frattura
«Noi sociologi, a differenza di astrologi e statistici (molto più vicini fra loro di quanto si pensi) non prevediamo il futuro. Piuttosto, osserviamo e descriviamo il presente, confrontandolo col passato che conosciamo, per ipotizzare tendenze.
Nel nostro caso, è più facile: il futuro è già qui, e si mescola col presente, data la velocità del mutamento sociale in questi anni.
Veniamo all’educazione: i teorici distinguono nel processo educativo tre aree, quelle dell’educazione formale (la scuola), di quella informale (famiglia e gruppi di amici), di quella non formale (attività sportive organizzate, associazionismo…
Ora, tutto questo mondo è “precipitato” nel digitale, il dispositivo fatto di computer più web. Che funziona in maniera estetica, libera, invece che in modo lineare, strutturato, coattivo.
Il web ci mette in contatto con tutta la realtà umana, e lo fa in modo flessibile, fluido, secondo i nostri tempi e le nostre modalità.
Dall’altra parte, c’è l’attenzione delle istituzioni alle strategie di formazione e istruzione per il futuro. Ma queste – basta vedere l’acronimo “STEM”, Science, Technics, Engineering, Mathematics, sono orientate a concentrare gli sforzi su ciò che è funzionale, alla fin fine, alla produzione. Discipline scientifiche hard, con protocolli rigidi e formali. Senza nessuna attenzione ai destinatari, antropologicamente e identitariamente sempre più lontani dal modello classico-moderno di alunno o studente, ignorando la frattura sempre più insanabile fra il modo in cui impariamo, e il modo in cui insegnamo.
Il fatto è che noi funzioniamo, nel nostro rapporto con la realtà, in maniera estetica, come ci spinge a fare il computer: la nostra sensibilità sensoriale-percettiva ci spinge ad assorbire tutti gli stimoli che ci vengono dall’esterno, per poi scegliere quelli pertinenti per noi e organizzarli, agendo sul mondo in maniera pratica, concreta, o astratta, logica.
Alla fine, quindi, il digitale, il prodotto dell’intelligenza umana più legato al ragionamento, è quello che simula meglio il mondo reale, perché ci permette di unificare queste due modalità di azione.
Le strategie educative, presenti e future, non mi sembra ci riescano.»
Maria Mellone Torna agli Interventi
«Caro Vincenzo, quella che preferisco è la 4.
La socialità, con tutto il suo bagaglio emotivo, anche secondo me è alla base di qualsiasi conoscenza, di qualsiasi scoperta. Il mio amico Pietro Di Martino, proprio ieri mi ha regalato un quaderno con una frase di Hilbert “Dobbiamo sapere, sapremo”. In quel plurale, appunto, ci leggo la passione della conoscenza.
Anche leggere un libro, se ci pensiamo bene, è un’attività solo apparentemente individuale e solitaria, ma è piuttosto un continuo dialogo con lo scrittore, lo storico, il matematico etc. che quel libro ha scritto proprio immaginando il suo lettore. E poi nel mio lavoro, quando chiedo agli studenti di matematica del perché hanno scelto questo corso di laurea (quindi ragazzi che hanno un buon rapporto con la disciplina), scopro sempre che è stato un incontro con un professore, un genitore, un amico a generare la loro passione, perché anche l’attività matematica è un’attività sociale.
Un abbraccio, spero di incontrarti presto.»
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