Parliamo co ‘e pparole juste ca si no m’imbroglio

Caro Diario non so tu, ma io non mi sono ancora stancato di ripeterlo, le parole sono importanti.
Le parole con cui raccontiamo il nostro lavoro, le speranze, i dolori, i sogni, le delusioni, le possibilità. Le parole con cui diamo senso e significato alle nostre storie e alle nostre vite. Le parole che ci hanno raccontato, quelle che ci raccontano e quelle che ci racconteranno dopo il nostro tempo.
A volte penso che non mi stancherò mai, altre volte invece si, ma intanto mi sono addormentato ieri sera e mi sono svegliato questa mattina con l’idea, mi verrebbe da dire l’urgenza, di ritornarci su, di tornare a immaginare, a pensare, a sperimentare, a fare con le parole e le loro infinite possibilità.
Per adesso ti saluto, non prima però di aver dato a Eduardo quello che è di Eduardo, il titolo, tratto da Ditegli sempre di sì.

PENSIERI e PAROLE

3. Per favore, qualcuno mi può passare quella aides?
Caro Diario, Sabato 30 Luglio su invito della Pro Loco di Tortorella, qui nella nostra parte di Cilento, Giuseppe e io abbiamo raccontato insieme a Maura Ciociano e Potito Paccione qualche tappa del nostro viaggio tra Parole Forgiate e Alphabeta.
La serata era di quelle giuste, già durante il viaggio con Giuseppe, Maura e Patrizio Fiscina, che in queste occasioni non ci lascia mai soli, ci siamo fatti un sacco di risate belle, poi a Tortorella siamo stati accolti benissimo, la presentazione l’abbiamo fatta in biblioteca e anche questo ha il suo perché, insomma quando Maura mi ha fatto la sua prima domanda a un certo punto ho adocchiato la sedia vuota, ce n’era una sola vuota, proprio davanti a me, nonostante le parecchie persone in piedi, rimane spesso una sedia vuota in prima fila, e mi è venuta un’idea. È stato così che dopo aver ribadito che le parole sono importanti, e aver ricordato Eduardo e il suo invito a usare le parole giuste, ho chiesto al Sindaco, a Maura e al Maestro Felice Mariella se per favore mi potevano passare una aides.
Naturalmente nessuna/o di loro si è mossa/o, non potevano, e da lì sono partito per svalare il piccolo arcano: senza le parole, se non usiamo parole condivise, le cose del mondo anche se esistono sono per noi inaccessibili.
La eidas stava lì, ma nessuna me l’aveva passata, dato che la parola aides, che è banalmente la parola sedia letta all’incontrario, non è una parola che ha un significato condiviso. Se avessi detto di passarmi una sedia la cosa sarebbe stata chiaramente diversa.
Ricapitoliamo: la sedia c’era comunque, ma senza la parola giusta era come se non ci fosse. E lo stesso vale per la luna, per la casa, per qualunque altra cosa che popolano il nostro mondo e il nostro immaginario, fidati, l’idea non è mia ma del grande Ludwig Wittgenstein, sempre lui.
Ti consiglio di pensarci un poco su amico Diario, io intanto ti passo qualche foto scattate a Tortorella dal nostro amico Roberto Simoni nel corso del mio intervento. Alla prossima.

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2. Comprendere non vuol dire giustificare
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse. Nel mio caso il libro è stato Filosofia del Terrore, Dialoghi con Jürgen Habermas e Jacques Derrida e chi lo scrisse Giovanna Borradori. In particolare è Derrida, nel corso di una delle sue conversazioni con l’autrice, a folgorarmi con questa affermazione: “comprendere non vuol dire giustificare”.
Il libro esce nel 2003, nel 2001 c’è stato l’attentato alle Twin Towers, il tema è il terrorismo e il ragionamento del grande filosofo decostruzionista, per me, non fa una grinza, non mi costa nessuna fatica farlo mio, ruminarlo alla luce della mia esperienza: se vuoi amare davvero una persona, un’idea o qualunque altra cosa, ma anche se vuoi contrastarla, combatterla, sconfiggerla, devi comprenderla. Non puoi amare un figlio se non lo comprendi, non puoi sconfiggere un virus se non lo comprendi. E persino nel caso del figlio il fatto che lo comprendi non vuol dire che lo giustifichi se ha sbagliato o, peggio ancora, lo aiuti a fuggire dalle sue responsabilità.
Sembra facile, come diceva l’omino con i baffi in una famossima pubblicità del passato, ma non lo è. Proviamo a immaginare cosa sarebbe successo se nel 2003, ma forse ancora oggi, qualcuno in una discussione pubblica avesse sostenuto, o sostenesse, che comprende il terrorismo. Sarebbe stato fischiato, insultato, isolato, magari anche arrestato, eppure anche nel caso del terrorismo ha ragione Derrida, comprendere non vuol dire giustificare, essere d’accordo.
Per ora mi fermo qui, ma poi magari su questo bisogno di ruminare i pensieri prima di trasformarli in parole, e azioni, ci ritorno. Alla prossima.

1. Prendiamoci cura delle parole che usiamo
Se non usiamo le parole giuste non ha senso parlare. Vale quando parliamo di pane e vale quando parliamo di guerra, non ci possiamo accontentare della prima parola o del primo pensiero che passa. Per dare senso alle parole che usiamo bisogna che ci pensiamo su, che ce ne prendiamo cura, che le trattiamo con rispetto. Senza parole giuste non ci sono pensieri giusti e azioni giuste. Alla prossima.

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1. Silva Giromini
Usiamo le parole giuste, che sennò m’imbroglio.
Tu mi stuzzichi Vincenzo con questi post. Sai quanto mi piace scrivere e usare le parole per costruire storie belle.
Però posso lasciarti un pensiero che puoi leggere nel libro “Ero un bullo“. Un capitolo intero affronta il problema della rabbia che sfocia nella delinquenza proprio perché i giovani non hanno la “conoscenza”. Hanno un linguaggio ridotto e non riescono a trovare le parole per esprimere i propri sentimenti. La storia di Daniel è emblematica. Lui poi ha incontrato le persone giuste, ha ripreso gli studi e oggi fa l’educatore. Se non l’hai ancora fatto, ti consiglio di ascoltare la mia ultima intervista dal basso in formato podcast, proprio con Daniel.
Per stasera è tutto. Alla prossima.
Un abbraccio.
Silva
P. S.
Chi pensa bene, scrive bene.

CITAZIONI

Le parole sono importanti. Ludwig Wittgenstein, nelle prime pagine delle sue Ricerche Filosofiche, scrive a questo proposito: “[…] le parole del linguaggio denominano oggetti, le proposizioni sono connessioni di tali denominazioni. In quest’immagine del linguaggio troviamo le radici dell’idea: ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. È l’oggetto per il quale la parola sta”.
Senza le parole e i loro significati, senza il linguaggio, la realtà, questo imprevedibile e affascinante miscuglio di cose, fatti, ragioni, passioni, sentimenti, sarebbe in realtà per noi inaccessibile, dato che non sapremmo come comunicarla e dunque come condividerla.
Senza le parole e i loro significati, senza il linguaggio, non potremmo sottrarci alla condanna della solitudine involontaria, che da David Hume in poi sappiamo essere quanto di peggio possa accadere a esseri umani quali noi siamo.
Riconoscere l’importanza delle parole vuol dire dunque riconoscere le loro connessioni con gli specifici ambiti e significati ai quali esse di riferiscono. E riconoscere la necessità di usarle in maniera appropriata. Come dice Michele, uno degli straordinari personaggi nati dall’ingegno del grande Eduardo De Filippo: “[…] C’è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare? Parliamo co ‘e pparole juste ca si no m’imbroglio”.
Vincenzo Moretti, La Casa dei Diritti, L’Ancora del Mediterraneo, 2002

Si potrebbe fissare il prezzo dei pensieri. Alcuni costano molto, altri poco. E con cosa si pagano i pensieri? Io credo così: con il coraggio.
Ludwig Wittgenstein, Pensieri Diversi, Adelphi

LIBRI

AlphaBeta
Parole Forgiate
Il lavoro Ben Fatto
Dizionario Del Pensiero Organizzativo