Le parole sono azioni

Caro Diario, le parole sono importanti da sempre nella mia vita, fin da bambino mi piaceva parlare, ascoltare e raccontare storie, e poco più avanti leggere libri, e con gli anni scrivere. Nonostante ciò, per oltre metà della mia vita ho pensato che a fare davvero la differenza fossero i fatti, non le parole, che quello che facciamo conta assai di più di quello che diciamo. Le cose sono cominciate a cambiare nella seconda metà degli anni 90, complice l’incontro con Salvatore Veca e con il suo libro di una vita, Dell’Incertezza. Da lì è cominciato il cammino che mi ha portato oggi, 25 anni e migliaia di storie dopo, a scrivere questo post. Per ora è tutto, le altre cose che ho da dirti te le dico alla fine. Buona lettura.

UN PO’ DI WITTGENSTEIN COME INCIPIT
1. I limiti del mio linguaggio costituiscono i limiti del mio mondo.
2. Ogni parola ha un significato. Questo significato è associato alla parola. È l’oggetto per il quale la parola sta.
3. Anche i pensieri talvolta cadono immaturi dall’albero.
4. Anche per il pensiero c’è un tempo per arare e un tempo per mietere.
5. Si potrebbe fissare un prezzo per i pensieri. Alcuni costano molto altri meno. E con che cosa si pagano i pensieri? Credo con il coraggio.
Ludwig Wittgenstein

UN PO’ DI PERCHÉ COME SEGNAPOSTO
1. Perché le parole sono importanti
2. Perché usare le parole giuste
3. Perché prendersi cura delle parole
4. Perché forgiare le parole
5. Perché creare parole nuove
6. Perché raccontare storie
7. Perché le storie curano
8. Perché raccontare il lavoro ben fatto
9. Perché raccontare la bottega di Jepis

UN PO’ DI PENSIERI COME VERSIONE BETA
1. Le parole sono i mattoni delle nostre storie e delle nostre vite.
2. Le parole vanno usate con appopriatezza, accuratezza e gentilezza.
3. La cura delle persone, delle organizzazioni e delle comunità con cui interagiamo comincia dalle parole con cui ci rivolgiamo loro.
4. Parole giuste fanno un mondo più giusto, parole libere fanno un mondo più libero.
5. Le parole possono cambiare il mondo, i suoi assunti di base, i suoi valori espliciti, i suoi artefatti, le convinzioni più profonde, il comune sentire, le idee che lo hanno guidato fin qui, i modelli di comportamento, i valori che ne definiscono l’identità, il senso di appartenenza, le forme della solidarietà, i simboli, i rituali, le architetture.
6. Chiamare con parole nuove cose nuove è una possibilità, chiamare con parole nuove cose vecchie è una mistificazione.

7. Il mondo esiste indipendentemente dalle parole, ma senza le parole, senza il linguaggio, sarebbe per noi inaccessibile.
8. Senza le parole e i loro significati, senza il linguaggio, la realtà, questo imprevedibile e affascinante miscuglio di cose, fatti, ragioni, passioni, sentimenti, sarebbe inaccessibile, dato che non si saprebbe come comunicarla e dunque come condividerla. Riconoscere l’importanza delle parole vuol dire dunque riconoscere le loro connessioni con gli specifici contesti ai quali di volta in volta si riferiscono.

9. Le storie sono la colonna sonora delle nostre vite e delle nostre possibilità. Ci aiutano a custodire ricordi, a condividere credenze, a coltivare speranze, a immaginare futuri, a fare comunità.
10. Le storie creano radici, valore, identità, rispetto di sé e degli altri, dignità. È per questo che abbiamo sentito il bisogno di raccontarle intorno al fuoco fin dalla notte dei tempi. È per questo che continuiamo a sentirne il bisogno oggi, al tempo in cui ogni frammento di vita può essere tramandato e ogni momento di gioia o di dolore, ogni significato, condiviso.
11. Raccontiamo storie per ricordare, creare, trasformare, innovare, condividere valori, esempi e buone pratiche. Per attivare processi di isomorfismo, incrementare il valore sociale delle comunità e delle organizzazioni con le quali interagiamo, nelle quali amiamo, lavoriamo, studiamo, giochiamo, in una parola, viviamo. Per dipingere il cielo del nostro futuro un poco più blu.
12. Le storie sono memoria e futuro. Ci aiutano a creare identità e a condividere contesti per la riflessione e l’azione, ci avvicinano a ciò che per un certo periodo consideriamo vero, a convertire conoscenza, a creare senso e significato, a prendere decisioni e risolvere problemi, a essere consapevoli di quello che sappiamo. Le storie ci aiutano a scrutare i segni del tempo, a mettere in campo azioni efficaci, a moltiplicare le possibilità di cambiamento.
13. Raccontando storie attiviamo processi di socializzazione, di condivisione e di cambiamento.
14. Il cambiamento è il suo racconto. Un racconto aperto, consapevole, partecipato, non gerarchico, diffuso, capace di coinvolgere e di conferire nuovo senso e significato ai nostri modi di pensare, di essere e di rappresentare la realtà, come persone e come comunità.

15. Abbiamo bisogno di una nuova epica, di nuovi Omero e di nuovi eroi.
16. Una nuova epica che non ha più come protagonisti i figli e le figlie degli dei, i semidei, le figure mitiche, i guerrieri imbattibili, ma le donne e gli uomini normali che nonostante le rughe e gli affanni fanno bene quello che debbono fare, qualunque cosa debbano fare, e per questa via istituiscono contesti più adatti allo sviluppo dei loro progetti e dei loro sogni e creano le condizioni per dare più senso e significato alle loro vite e alle loro comunità.
17. Nuovi 
Omero che raccontano l’Italia che dà più valore al lavoro e meno lavoro ai soldi, più lavoro a quello che sappiamo e sappiamo fare e meno valore a quello che abbiamo, l’Italia che ogni giorno crea, racconta e ricrea.
18. Nuovi eroi senza superpoteri, persone normali che ogni mattina mettono i piedi giù dal letto e con il loro lavoro, l’intelligenza, la passione e l’impegno che mettono nelle cose che fanno cambiano le loro vite e il loro tempo. Sono le loro gesta che oggi dobbiamo cantare, le nostre, quelle dei nostri figli, dei nostri genitori e dei nostri nonni. Le gesta del barista e della scienziata, dell’artigiano e dell’impiegata, del musicista e dell’operaia, del ferroviere e dell’apicultore, della maestra e del salumiere, della sarta e del meccanico.
19. Persone normali come Jepis, che usando e inventando parole cambia il suo lavoro, la sua vita e il suo futuro, e quello delle persone che lavorano con lui. Parole come bottega diventano così un fattore portante del processo di cambiamento che ha deciso di avviare, portano con sé un proprio potenziale, non sono più solo un oggetto ma anche un soggetto del cambiamento in atto, esperienze che aiutano a dare senso e ordine logico all’attività cognitiva delle persone, e a orientarne il comportamento, attraverso una costante attività di riflessione nel corso dell’azione e di retrospezione. Parole come Alpha e Beta, come i due lati della bottega e come Alfabeto, insieme finito di lettere capace di generare parole e storie infinite. Parole come Manufatti Narrativi, storie artigiane, racconti fatti con le mani che hanno dentro di sé il potenziale da cui bisogna lasciarsi portare.

UN PO’ DI ALTRI PENSIERI COME ISPIRAZIONE
1. Perché le parole sono importanti
Nella mia religione ci viene insegnato che ogni cosa vivente, ogni foglia, ogni uccello, è viva solo perché contiene la parola segreta della vita. Questa è l’unica differenza tra noi e un pugno di creta … una parola. Le parole sono vita.
MAX VANDERBURG
Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato.
GESÙ

2. Perché usare le parole giuste
C’è la parola adatta, perché non la dobbiamo usare? Parliamo con le parole giuste, se no io m’imbroglio.
EDUARDO DE FILIPPO
Poiché i nostri rapporti si regolano per la sola via della parola, colui che la falsa tradisce la pubblica società. È il solo strumento per mezzo del quale si comunicano le nostre volontà e i nostri pensieri; è l’interprete della nostra anima: se ci viene a mancare, non abbiamo più nessun legame, non ci conosciamo più tra noi. Se ci inganna, distrugge ogni nostro scambio e dissolve tutti i vincoli del nostro ordinamento.
MICHEL DE MONTAIGNE

3. Perché prendersi cura delle parole
Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!
NANNI MORETTI
Le storie che raccontiamo alla fine si prendono cura di noi. A volte una persona per sopravvivere ha bisogno di una storia più ancora che di cibo. Ecco perché inseriamo queste storie nella memoria gli uni degli altri. È il nostro modo di prenderci cura di noi stessi.
BARRY LOPEZ

4. Perché forgiare le parole
Le parole le puoi forgiare veramente solo se puoi spendere la tua vita con quelle parole, battendoci sopra, modellandole, aggiustandole di volta in volta, accendendo il fuoco e mettendoci le mani sopra.
GIUSEPPE JEPIS RIVELLO

5. Perché creare parole nuove
Un nuovo vocabolo è come un seme fresco gettato nel terreno della discussione.
LUDWIG WITTGENSTEIN
[…] Neologismi che si rendono necessari per descrivere fenomeni appena scoperti e idee appena emerse.
ROBERT K. MERTON

6. Perché raccontare storie
Noi siamo storie per noi stessi. Racconti.
CARLO ROVELLI
Un racconto non è solo un semplice susseguirsi di eventi, ma dà forma al trascorrere del tempo, indica cause, segnala conseguenze possibili.
RICHARD SENNETT
Le storie aiutano la comprensione, perché integrano quello che si sa di un evento con quello che è ipotizzato […]; suggeriscono un ordine causale tra eventi che in origine sono percepiti come non interconnessi […]; consentono di parlare di cose assenti e di connetterle con cose presenti a vantaggio del significato […]; consentono di costruire un database dell’esperienza da cui è possibile inferire come vanno le cose.
KARL E. WEICK

7. Perché le storie curano
Il racconto della vita è più importante della vita stessa.
L’analisi è una narrazione. Ma il paziente racconta la sua vita non per arrivare a una conclusione, ma perché la vita è il mezzo per arrivare al racconto.
Una coscienza guarita vive in modo narrativo.
LUIGI ZOJA

8. Perché raccontare il lavoro ben fatto
Fare bene le cose è bello, ha senso, è giusto, è possibile ma soprattutto conviene.
Qualsiasi lavoro, se lo fai bene, ha senso.
Nel lavoro tutto è facile e niente è facile, è questione di applicazione, dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore.
Ciò che va quasi bene, non va bene.
Siamo quelli del lavoro ben fatto e vogliamo cambiare il mondo.
Nessuno si senta escluso.
VINCENZO MORETTI

9. Perché raccontare la bottega di Jepis
Le botteghe sono innanzitutto luoghi e nei luoghi ci sono le persone con le loro conoscenze, le loro relazioni; ma le botteghe sono da sempre anche piccoli organismi che apprendono e restituiscono conoscenza nella comunità in cui vivono.
La mia bottega è un luogo dove le cose avvengono e le connessioni non iniziano e non finiscono, semplicemente si arricchiscono. Il luogo dove lavoro facendo in modo che le idee diventino realtà e generino frutti,  mettendo insieme le persone giuste al momento giusto, raccontando storie attraverso le parole, i suoni e le immagini, facendo in modo che le idee possano ricrearsi.
Se il Lato Beta è lo spazio del Beta permanente, lo spazio dove si forgiano le storie, il Lato Alpha è lo spazio dove ci si potrà ispirare grazie alle storie, dove le storie saranno toccate con mano, lo spazio dal quale le storie entreranno e usciranno dalla bottega.
Immagino botteghe che costruiscano spazi dove si possano avere libri, film, documentari, storie e saggi a disposizione. Dove oltre a proporre quello che la bottega produce e vende quotidianamente, ci sia anche la possibilità di accogliere quello che il mondo produce. Sogno botteghe che vadano oltre il concetto di know-how e si chiedano cosa viene prima del know-how. Perché se questa è la società della conoscenza, allora i libri (in senso lato) sono una materia prima alla base della nostra società. Se è così, li stiamo prendendo abbastanza sul serio? Penso che questo processo sarebbe molto utile per sedimentare, salvare e prendersi cura delle conoscenze che vengono prodotte in ogni nostra bottega. Dando più importanza alla conoscenza in entrata, sono certo che piano piano daremo sempre più importanza anche alla conoscenza in uscita.
GIUSEPPE JEPIS RIVELLO

UN PO’ DI PERSONE, RACCONTI E LUOGHI COME BACKGROUND
DAL 1960
Papà, Zio Peppino, la mia famiglia, Secondigliano
DAL 1975
Salvatore Casillo, Università di Salerno (da studente)
DAL 1978
Luigi Santoro, Salvatore Staiano, la Cgil
DAL 1995
Luca De Biase, Rosario Strazzullo, Austro e Aquilone
DAL 1997
Salvatore Veca, Colomba Punzo, Dell’Incertezza, Pensieri e autori per il prossimo millennio
DAL 2002
Università di Salerno (da prof.)
DAL 2004
Tao The Ching, Tao
DAL 2007
Luca Moretti, Piero Carninci, Franco Nori
Akira Tonomura
Ryōji Noyori
Enakapata
DAL 2010
Uno ddoje tre e quattro
DAL 2011
Cinzia Massa, Enzo Porzio, Susy Galeone, Antonio Loffredo, Bella Napoli, Rione Sanità
DAL 2012
Alessio Strazzullo, Exodus Cassino, Le vie del lavoro
DAL 2013
Giuseppe Jepis Rivello, Testa Mani e Cuore, Caselle in Pittari, La notte del lavoro narrato
DAL 2014
#Lavorobenfatto Nòva Sole 24 Ore, Il Camp e il Palio del Grano
DAL 2017
Novelle Artigiane
DAL 2020
Il lavoro ben fatto, Parole Forgiate
DAL 2021
Alpha e Beta
DAL 2022

Rieccomi qui amico Diario, pronto a mettere in fila un po’ dei pensieri che ho lasciato in sospeso.
1. Il titolo l’ho rubato a Ludwig Wittgenstein, lo so che lo sapevi già ma come sai sono nato nel segno della Vergine e mi piace essere preciso. Detto ciò aggiungo che non sono un ladro pentito, conto di rubare ancora, e a farne le spese sarà ancora il grande filosofo austriaco.
2. Quando si lavora fianco a fianco con l’intensità con cui sta capitando a me con Giuseppe Jepis Rivello si fa una certa fatica a separare quello che penso e dico io da quello che pensa e dice lui. Niente di esagerato, su tante delle cose che ho raccontato qui macino da anni, ma su altre no, e alcune sono forse più sue che mie, dove sono riuscito ho cercato anche di segnalarlo, però anche questo mi fa piacere dirtelo.
3. Se fossi Wittegenstein direi che molti di questi miei pensieri non sono ancora maturi, che per me questo è il tempo per arare non per mietere, se fossi Jepis che sono pensieri in beta permanente, se fossi Vincenzo come sono e fui direi che continuerò a metterci le mani, a ritornarci su, e spero che anche tu abbia voglia di farlo, e magari qualcuna delle nostre lettrici e dei nostri lettori.
4. Con questo ho finito. Per ora.

UN PO’ DI COMMENTI

Irene Costantini
Ciao Vincenzo, uno dei nostri ragazzi della mitica 5 z, purtroppo non ricordo bene chi, una volta mi disse che io gli raccontavo ‘parole’ e un piccolo della nuova prima, lui me lo ricordo chi è, mi ha ringraziato perché gli ho regalato tante parole. C’entra qualcosa, forse, con le tue riflessioni?

Laura Ressa
Questo discorso mi ha fatto pensare che tutto mi porta ad alcune parole in particolare. Quando penso alle parole, volete sapere a che penso io? A questa canzone. Ascoltatela.
Questo discorso mi ha fatto pensare che tutto mi porta ad alcune parole in particolare. Quando penso alle parole, volete sapere a che penso io? A questa canzone di Samuele Bersani.

Laura Bertolini
Nasciamo come libri senza parole, le ascoltiamo e le decodifichiamo da quando siamo piccini picciò. A seconda di quali parole sentiamo diventiamo un certo tipo di adulti. Le parole diventano pensieri e quelli poi ci attaccano da grandi, sono matrice di pensieri invadenti gli aggettivi con cui da piccoli ci si è sentiti appellare. Oppure le parole sono poesia, ma quella esisterebbe anche se non esistessero le parole. Le parole sono codici di accesso al mondo.

Arrigoni Tiziano
Per pigrizia ti rispondo, per ora, con una vecchia frase di don Lorenzo Milani “l’operaio conosce 100 parole, il padrone 1000. Per questo lui è il padrone”. Può sembrare semplicistica, ma, gratta gratta, nasconde una verità.

Silva Giromini
Per ora ti lascio un abbraccio, perché è tanta roba e merita di essere riletta e meditata. Anche per me le parole sono importanti. E poi ho diversi punti di vista su cui commentare. Ma ci torno

Nicola Chiacchio
Vortici mentali sparsi:
Le parole ci fanno credere nel racconto come strumento di trasformazione sociale.
Le parole ci servono a forgiare il nostro perché, prima per noi e poi per gli altri.
Le parole ci fanno scavare nel profondo, per capire chi siamo o chi vorremmo diventare, a lavoro, a scuola, in università, nella nostra comunità.