Vincenzo, Kapera e il Lavoro Ben fatto come approccio organizzativo

23 Ottobre 2023
PROLOGO

Cara Irene, come ci ricorda il grande Pablo Neruda “Siam Molti“, e alla regola non sfugge Vincenzo Paparone, anche perché sono quasi 15 anni che ci conosciamo e in un tempo così ne succedono di cose nelle nostre vite, quelle di tutti, comprese la sua e la mia.
In 15 anni ci saremmo visti una decina di volte, eppure siamo riusciti a fare un po’ di cose belle insieme, la penultima la puoi vedere nel video, è il racconto che ha fatto di Kapera a Gennaio 2015 nell’ambito di WEST4 Napoli, dura 5 minuti, ti consiglio di non perderlo.

 
Ecco amica mia, se adesso che hai visto il video ti fai un giro sul sito ti rendi conto che teneva ragione Shakespeare, “ci sono più cose in cielo e in terra di quante la nostra fantasia ne possa immaginare”, nel senso che fin qui i risultati hanno superato le aspettative, però adesso non è questo il punto, perché ti devo raccontare l’ultimo cosa bella che abbiamo fatto insieme Lunedì 6 Novembre 2023.

8 Novembre 2023
MA CHE BELLA GIORNATA

Cara Irene te lo dico subito, è stata una gran bella giornata. Per la verità se me lo chiedevi alle 7:25 di lunedì mattina non ti avrei detto così, era già mezzora che aspettavo Salvatore Vorzillo all’angolo di via Mercato di Sabato, qui a Bacoli dove sto in questi giorni, e stavo come una vipera. È arrivato 5 minuti dopo con il suo sorriso contagioso e simpatico e la prima cosa che ha detto è stata “buongiorno prof., tutto a posto, tutto perfetto”, che un poco mi ha fatto venire da ridere e un poco di più mi ha fatto finire di infuriare. È stata una fortuna che con lui c’era Nadia Amitrano, una delle partecipanti alla giornata di ispirazione formazione dedicata al lavoro ben fatto, perché, come si diceva nella Secondigliano dei miei anni giovanili, mi sono mantenuto.
Salvatore non lavora da Kapera, è un piccolo e giovane, 31 anni, imprenditore edile amico di Vincenzo Paparone, insomma un invitato speciale, e anche se l’ho preso in giro per tutta la prima mezza giornata a causa del suo ritardo, in realtà ci siamo presi subito. Secondo me è un ragazzo di valore, disponibile, pieno di curiosità e di voglia di crescere, insomma mi ha fatto un’ottima impressione, sono stato contento di conoscerlo. Detto questo, debbo aggiungere che Nadia non è solo brava nel suo lavoro ma è anche imbattibile con i marchingegni legati alla previsione del traffico statale; grazie a lei, nonostante la mezzora buona di ritardo in partenza, siamo arrivati a destinazione, tra i primi, alle 9:05. Sì, in un’ora e mezza da Bacoli siamo arrivati a Vico Equense da Camillo Oste Verace, che tra l’altro sta in alto, in un posto molto bello ma non certo facile da raggiungere. Con il traffico che c’è a quell’ora in tangenziale secondo me è stato una specie di miracolo. Detto questo, aggiungo che per quasi un’ora le parole chiave sono state saluti, bellezza, bontà, colazione e sorrisi fino a che, alle 10:00 in punto, come da programma, ci siamo messi al lavoro.

IL SENSO DELLA GIORNATA | PAPARONE E IO
I primi 10 minuti li abbiamo dedicati al perché. Perché questa giornata insieme, perché il lavoro ben fatto, perché pensiamo che tutto questo possa essere utile, migliorarci, renderci più consapevoli.

PIACERE, MI PRESENTO | ATTIVITÀ | TUTTI
Al termine delle nostre brevi considerazioni – riflessioni, Vincenzo e io abbiamo chiasto a ogni partecipante di raccontarsi in un minuto.

IL MIO LIBRO | ATTIVITÀ | TUTTI
La prima attività vera e propria è stata il racconto del libro (che tutti avevano ricevuto tre ssettimane prima) con tre hashtag, parole chiave, brevi pensieri. Il risultato è stato il seguente (tra parentesi il nuemero relativo alle parole ripetute più volte):
Amore, Amore per il lavoro, Approccio, Approccio Risultato, Ben Fatto, Collaborazione (2), Condivisione, Conviene, Curioso (2), Deciso, Dedizione, Determinazione (2), Esempio, Esperienza (3), Famiglia (4), Fare, Grandi Poteri Grandi Responsabilità, Il Lavoro è Vita, Identità, Inizio, Impegno, Lavoro (2), Leggero, Libertà, Limite, Motivazionale, Passione (3), Perseveare, Profondo, Qualcosa in cui riconoscersi, Rapporti, Ricerca, Sentimentale, Significativo, Stimolante, Vero, Vivace.

I 5 PASSI DEL LAVORO BEN FATTO | VIDEO | TUTTI
Dopo il libro il video.

 
Dopo averlo guardato, ho chiesto di scrivere il numero del passo a proprio avviso più importante.
Il primo passo, “che cos’è il lavoro ben fatto“, è stato scelto da una persona.
Il secondo, “come si fa“, da due persone.
Il terzo, “perché farlo“, da tre.
Il quarto, “chi lo può fare”, da cinque.
Il quinto, “cosa succede” (se tutti fanno bene quello che devonoo fare), da cinque.
Così come avevamo già fatto per le parole dedicate al libro, anche in questo caso, dopo aver attaccato tutti i post-it sul vetro divisorio, abbiamo chiesto a ognuna/o di raccontare il suo perché e ci abbiamo ragionato brevemente su.

IL LAVORO BEN FATTO | SPEECH | ME
Qui è quando è toccato a me, cara Irene, dopo un’ora buona di lavoro, ma su questo ritorno nella parte dedicata ai pensieri diversi. Per il resto ti suggerisco di leggere il pdf, lo trovi qui. Devo aggiungere solo che per il racconto della pasta e patate ho avuto una bella mano dalla mitica Ezia Vitale.

LE CARTE DEL LAVORO BEN FATTO | ATTIVITÀ | TUTTI
Irene te le ricordi le meravigliose carte del lavoro ben fatto ideate, disegnate e realizzate dalla mia amica Laura Ressa? Penso proprio di sì. Naturalmente le porto sempre con me in queste occasioni e il gioco consiste nel chiedere alle persone che partecipano di estrarre a caso una carta dal mazzo, di leggerla e poi di commentarla.

Vengono fuori ogni volta delle interpretazioni assai stimolanti, e così è stato anche con il Kapera Team, è una sorta di approccio emotivo al Manifesto, come direbbe il grande Weick prevale l’interpretazione, il senso viene attribuito secondo la plausibilità più che l’accuratezza, che poi come sai è la settima caratteristica del processo di sensemaking.

IL MANIFESTO DEL LAVORO BEN FATTO | ATTIVITÀ | TUTTI
Dopo l’interpretazione la riflessione, il bisogno di tornarci su, così abbiamo distribuito le copie del Manifesto e abbiamo chiesto a ogni partecipante di rileggerlo (sta anche nel libro) e di scrivere su un post-it il numero dei tre articoli a proprio avviso più significativi.
Se vuoi dare una ripassata agli articoli, cara amica mia, ti ricordo che li trovi qui, questi invece sono gli articoli scelti dal Kapera Team:
18 22 52 | 20 6 47 | 2 29 26 | 5 16 42 | 21 28 51 | 12 19 39 | 2 4 31 | 16 1 7 | 52 26 32 | 2 7 16 | 16 19 48 | 2 16 17 | 2 17 19 | 16 19 52 | 16 18 42

NON SI VIVE DI SOLO LAVORO | TUTTI
Ricreazione. Pause attive. Pranzo. Insomma una piccola finestra su altri momenti belli che dobbiamo alla straordinaria disponibilità, e bravura nel cogliere il senso di quello che stavamo facendo di Chiara Chiappetta, che ha realizzato tutte le foto e i video della giornata, che sono molto di più di quelle che vedete qui. Grazie, grazie, grazie.

IL MANIFESTO DEL LAVORO BEN FATTO | FOCUS | TUTTI
Dopo pranzo è venuto il momento di riprendere la discussione sul Manifesto e così abbiamo chiesto a tutte/i di scegliere un solo articolo dei 3 indicati precedentemente e di raccontare il perché. Nel frattempo che tutto questo accadeva io ho indossatoo la vandera (grembiule di lavoro), l’artefatto con cui abbiamo lavorato subito dopo per realizzare i diversi artefatti narrativi, come li abbiamo definiti Giuseppe Jepis Rivello e io.
Tornando al singolo articolo scelto dal Manifesto e al racconto del suo perché, mi resta da aggiungere che è un esercizio di selezione e di approfondimento che permette di mettere a fuoco e di sedimentare il valore del lavoro ben fatto e i principi sui quali si fonda. Dopo di che ogni volta accade che una o due persone hanno scelto per caso la carta che meglio li rappresenta, e lì si realizza una saldatura tra la parte intuitiva casuale del percorso e quella razionale consapevole che è essa stessa motivo di riflessione. Accade sempre, è successo anche questa volta. Ho chiesto a tutte/i di mandarmi il perché hanno scelto, dei tre, quello specifico articolo; mano a mano che arrivano, li pubblico.

Nadia Amitrano: Io ho scelto l’articolo 19: Il lavoro ben fatto è rispetto di sé, visione, fiducia, voglia di non arrendersi. Ho scelto quest’articolo perché penso rappresenti un po’ la mia persona e il percorso personale e professionale che ho vissuto e che vivo ancora. La voglia di non arrendersi e superare i propri limiti è il senso della mia vita ed è un pensiero che mi accompagna ogni singolo giorno.

Francesco Avolio: Io ho scelto l’articolo 32. Non solo per il significato esplicito che esprime, con il quale sono pienamente d’accordo, ma soprattutto per il concetto di riconciliazione e proporzionalità tra “Potere” e “Responsabilità”. Questo concetto, a me carissimo, mi rimanda all’Uomo Ragno, da sempre il mio eroe preferito. Lo è perché nonostante possa arrampicarsi sui muri e sparare ragnatele, l’Uomo Ragno è prima Peter Parker, un ragazzo normale con tutti i problemi e le angosce che tutti noi abbiamo, che nonostante tutto continua a portare rispetto a quel grande potere donatogli. E quindi, rifacendomi proprio al lavoro ben fatto, è tempo di persone normali: i veri eroi siamo noi!

Fabiana EspositoL’articolo che ho scelto è il 18: “Il lavoro ben fatto è il calore che fai quando fai bene qualcosa …”. L’ho scelto perché questo è il mio modo di vivere, il mio approccio a tutte le cose, relazioni, visioni, lavoro. Ci provo, ci provo sempre, non so se il lavoro ben fatto mi riesce ogni volta, ma io ci provo sempre. È per questo che quando ho letto il suo libro, mi perdoni, ma ho pensato che era tutto molto ovvio, però poi ho capito che in realtà era solo leggero, profondo e che l’ovvio spesso va a perdersi nella quotidianità. È stato bello ascoltarla.

Francesco Volpe: Il mio articolo è il numero 17: “Il lavoro ben fatto è mettere sempre una parte di te in quello che fai”, è quello che mi rispecchia fortemente in quanto noi siamo il risultato di esperienze che ognuno di noi elabora e fa proprie. Proprio per questo ogni volta che mi interfaccio con un nuovo lavoro o nuovo progetto, il risultato del lavoro avrà sempre una mia caratteristica. Una mia firma che lo distingue dagli altri. Questo è quello che definisco personalizzazione e personalità.

Anna Avolio: Io ho scelto l’articolo 5: “Un mondo che sa dare più valore al lavoro e meno valore ai soldi, più valore a ciò che sappiamo e sappiamo fare e meno valore a ciò che abbiamo, è un mondo migliore.” Questo è un articolo che rispecchia molto la mia filosofia di vita, perché oggi viviamo in un mondo dove si da più valore a ciò che abbiamo e non a ciò che siamo o che sappiamo fare. Identificare una persona per i suoi averi e non per la sua storia. Io invece vorrei un mondo dove si desse più importanza all’essere di una persona insieme al racconto che può dare della propria vita. Insegnerò a mio figlio che è più importante essere valorizzato per le capacità e le esperienze che la vita gli donerà, piuttosto che per le cose materiali che otterrà.

Alessandra Di Maro: Io ho scelto l’articolo 51: “Siamo quelli del lavoro ben fatto e vogliamo cambiare il mondo”. Se ognuno di noi, consapevolmente, decidesse di migliorare la sua persona, non solo nel campo lavorativo professionale, ma anche nella vita quotidiana, ci sarebbe sicuramente un miglioramento a livello mondiale. Perché siamo noi esseri umani a poter decidere se rendere questo mondo migliore o peggiore, attraverso le nostre azioni.

Siria Amato de Serpis: La’articolo che ho scelto è il 2: “Nel lavoro tutto è facile e niente è facile, è questione di applicazione, dove tieni la mano devi tenere la testa, dove tieni la testa devi tenere il cuore.” Mi rappresenta molto perché io in tutto ció che faccio metto sempre il cuore. Per esempio nel lavoro io non faccio una cosa perché è lavoro e si deve fare, ma perche è una mia passione e ci metto il cuore, e cosi come nel lavoro faccio anche nella vita, non bisogna pensare solo con la mente ma anche con il cuore.

LA VANDERA SCRITTE® DEL FRANTOIO MARSICANI | VIDEO E SPEECH
A questo punto ho introdotto con un breve speech il concetto di Vandera e ho spiegato l’esperimento di narrazione che ci stavamo apprestare a fare, dopo di che abbiamo guardati una parte del video. Se non lo hai visto, cara Irene, ti consiglio di farlo.

 
Dopo il video è stata la volta di domande e risposte per comprendere meglio il lavoro da fare, dopo di che Vincenzo Paparone ha formato i 5 gruppi composti da 3 persone a cui abbiamo chiesto di disegnare (in tutti i sensi) la proprio vandera a partire da 5 campi organizzativi: identità, storia, valori, talenti, visione.
Ciascun gruppo ha potuto collocare liberamente i diversi campi, scegliere i colori, i caratteri, ecc. del proprio artefatto narrativo. L’obiettivo? Realizzare 5 vandere manifesto di Kapera.

LA VANDERA MANIFESTO KAPERA | ESPERIMENTO DI NARRAZIONE

Cara Irene qui è dove puoi vedere i 5 gruppi al lavoro.

Queste invece sono le 5 vandere manifesto realizzate.

Questi i 5 gruppi nella foto ricordo prima dello speech di presentazione dei diversi artefatti narrativi.

Questi invece sono gli audio degli speech che abbiamo registrato, sono 3 su 5 e sono spezzettati, ci sono stati problemi tecnici, può succedere, però rendono bene l’idea dell’impegno e della qualità del lavoro fatto dai 5 gruppi.
I due gruppi di cui purtroppo non abbiamo l’audio ma che hanno fatto comunque un ottimo lavoro sono quelli formati da Maros Ummaro (speaker), Ferdinando Imperato e Siria Amato e da Francesco Volpe (speaker), Fabiana Esposito e Maria Paparone.

Proprio il gruppo 5, quello formato da Francesco, Fabiana e Maria, è stato quello che ha vinto la challenge conclusiva. Perché sì, all’inizio abbiamo spiegato che l’approccio di ogni gruppo doveva essere quello di chi ha di fronte tre investitori (Vincenzo, Salvatore e io) con 1 milione di euro da destinare al progetto migliore, e alla fine si è votato.
Dato che Vincenzo, Salvatore e io abbiamo scelto 3 progetti differenti, la parola finale è toccata a loro, alle/ai componenti di 5 gruppi che hanno decretato a grande maggioranza la proprosta vincitrice.

PENSIERI DIVERSI | COSA CI PORTIAMO A CASA
Cara Irene, ho deciso di tenere questo cantiere ancora aperto, perciò non c’è una conclusione, solo pensieri diversi, pensieri non solo miei da condividere con te nel tempo.

A proposito di cantieri, il primo pensiero è di Salvatore Vorzillo, il mio nuovo amico imprenditore edile che stamattina mi ha mandato un messaggio vocale proprio per condividere che cosa si è portato a casa lui da questa giornata, l’ho trascritto apposta per te amica mia, leggi qui che bellezza:
“Pro., come state, tutto bene? A quasi due giorni dal corso cominciano le prime riflessioni sulle cose fatte e pensate, perché come si dice, il corso inizia quando finisce. Volevo dirvi che per me la massima espresione del lavoro ben fatto sta proprio nell’approccio alla vita, al lavoro, a tutto quello che si fa cercando di essere il numero uno in quel campo. Mi speigo meglio: come lo farebbe il numero uno questo lavoro? Come la farebbe questa cosa? Insomma ho capito che affrontare le cose come i numeri uno, al di là poi del risultato che è un’altra faccenda come ci siamo detti, ti porta ad avere un atteggiamento diverso, ti porta a cogliere aspetti diversi e ti porta di conseguenza ad avere risultati diversi. Un risultato diverso, una voglia di migliorarsi che proviene dalla consapevolezza, è per questo che secondo me l’approccio sta alla base del lavoro ben fatto. Prof. a me questa cosa ha aperto un mondo, nel mio lavoro ci stanno tantissimi aspetti a cui devo esere attento, mi posso chiedere per esempio il numero uno dell’organizzazione come farebbe questa cosa, e questo mi mette in condizione di essere più attento, più motivato, di avere più voglia di migliore. Non so se mi sono spiegato bene, ma questa idea di approcciare le cose come se fossimo il numero uno io ci ho trovato tanto. Vi saluto, ci tenevo a condividere questi pensieri che ho continuamente nella testa in questi giorni. Prof., sono contento, si può lavorare tanto su questo filone.”

Ecco invece il primo pensiero mio, che introduco con una parola sola: funziona.
In realtà ci sono due cose che funzionano, non sono le sole, ma adesso è di questo che voglio parlare amica mia.
La prima è che funziona il fatto di leggere il libro prima dell’attività di ispirazione formazione. Con la mia amica prof. Maria D’Ambrosio lo sperimentiamo da qualche anno cone le ragazzze e i ragazzi di Bottega O, le/i partecipanti al corso di Comunicazione eCultura Digitale dell’Università Suor Orsola Benicasa e l’attività con Kapera conferma che funziona, lo conferma alla grande. Avere una narrazione condivisa permette di cominciare da tre e non da zero, aveva ragione il grande Massimo Troisi, non ha senso partire da zero.
La seconda è che funziona fare in modo che le/i prime/i protagoniste/i, le prime autrici e i primi autori, non siamo i docenti ma i discenti, come si dice in linguaggio tecnico. Questo lo abbiamo sperimentato con Giuseppe Jepis Rivello nel percorso Think Tank Bottega e funziona perché rende immediatamente visibili, tangibili, i principi, i contenuti e la pratica della Didattica Artigiana: Ogni corso è un racconto, ogni classe una bottega che apprende, ogni studente un autore.

UN TUFFO NEL PASSATO | GLI EPISODI PRECEDENTI

23 Ottobre 2023
LA TELEFONATA DI PAPARONE

Questa storia inizia come ne iniziano tante di questi tempi, con una telefonata.
Accade qualche mese fa, ricordo che era quasi mezzogiorno e che io me ne stavo all’Urmo, la piazza di Caselle in Pittari, a “sbariare” con il mio Mac.
Giusto il tempo dei saluti e Vincenzo mi dice che vuole fare una giornata di ispirazione – formazione con le persone che lavorano con lui. Il tema? Il lavoro ben fatto.
Io sono contento assai, ma in qualche modo cerco di resistere, di prendere tempo, provo a dirgli che ho bisogno di dare sempre più senso alle cose che faccio, che le cose spot non servono, che non mi piace muovermi troppo, ma lui non si smuove, dice che facciamo quello che dico io, per adesso per una giornata, poi in seguito si vede. Rimaniamo che ci sentiamo più avanti, in realtà ci sentiamo più volte più avanti, fino a quando non gli dico di sì, ma questo lo hai capito già, altrimenti non saremmo qua.

Prima di salutarti cara Irene, ti devo dire soltanto che Vincenzo l’ho preso alla lettera, nel senso che si fa come dico io.
1. Lui compra un po’ di copie del libro, quelle che servono per tutti i dipendenti della sua struttura e per i principali clienti e collaboratori che lo riceveranno in regalo a Natale; per questa via, contribuisce alla diffusione dell’approccio, del modo di essere e di fare che io e Luca abbiamo fatto diventare un libro, che non è poco. In cambio io non ricevo alcun compenso per il mio lavoro, della serie prestazione occasionale a titolo gratuito. Un omaggio alla nostra amicizia, certo, ma anche un investimento da parte mia per il futuro, e la voglia di cogliere, far crescere e moltiplicare le opportunità legate all’idea e alla pratica del lavoro ben fatto.
2. Tutte le persone che partecipano all’attività di ispirazione – formazione del 6 Novembre leggono il libro entro quella data. Tu che segui le attività di Bottega O, di Bottega HIA e tutto il resto sai che avere una base comune condivisa di conoscenza è fondamentale per fare bene il mio lavoro durante la giornata del 6. Come dico sempre, non faccio il mago, sono solo un sociologo narratore, i risultati che ottengo dipendono anche dal modo in cui organizzo e porto avanti la mia metodologia e i miei contenuti.
3. Quanto prima, tutte le/i partecipanti raccontano un po’ di cose di sé e del loro lavoro. Cose come nome, cognome ed età; quello che fa, il processo, le varie fasi; da quanti hanno lavorano a Kapera e cosa hanno fatto prima. Queste informazioni qui dovrebbero arrivare entro domani, vediamo, nel caso nei prossimi giorni scrivo un aggiornamento, naturalmente solo dati anonimi e aggregati, nel pieno rispetto della privacy.
Ecco, direi che per adesso è tutto amica mia, anzi no, c’è ancora una cosa curiosa che ti devo raccontare: tra sito, pagina instagram e social vari non ho trovato niente che riguardasse Vincenzo Paparone. Che ti devo dire, mi sono meravigliato parecchio, e glielo ho scritto, aggiungendo che mi sembra una cosa preoccupante, come se avesse qualcosa da nascondere, e sbagliata, “come si fa a non metterci la faccia”, gli ho chiesto.
E lui? Non ha battuto ciglio. Ha risposto che è una persona riservata e che la faccia ce la mette ogni giorno. Non male come risposta vero?, anche se con lui ho mantenuto il punto.
Ecco, ora è davvero tutto. Ma conto di tornare presto.

25 Ottobre 2023
TALENTO E ORGANIZZAZIONE

Cara Irene, da quando è cominciata questa storia parlo ogni giorno con Vincenzo, prevalentemente via social, io scrivo e lui usa i messaggi vocali, che come sai io odio, ma a lui non lo dico, che altrimenti mi mette anche lui nella categoria Matusalemme, o “boomer” come si dice adesso, che pare sia una cosa molto brutta, come se fosse una colpa o un merito nascere in un periodo piuttosto che in un altro, mah, che ti devo dire.
Tornando al punto, sto cercando di capire come funziona la struttura, meglio lo capisco, meglio riesco a fare bene quello che devo fare il prossimo 6 Novembre, a me sembra evidente, più si conosce e più possibilità si hanno, e si creano. È un modo impegnativo di fare le cose, però anche molto stimolante, soprattutto quando hai a che fare con attività che conosci molto poco, come questo caso.
Dai, provo a raccontarti un po’ di cose in ordine sparso, un po’ per incuriosirti e un po’ per fare in modo che tu ci pensi su, e magari mi scrivi, e mi dai qualche feedback.

Per cominciare leggi questo, l’ho trovato girovagando nella landpage di Kapera:
«Non esistono dei canoni nè dei modelli di bellezza, esisti tu in tutta la tua unicità. Noi siamo qui per far emergere la tua identità.»
Va bene, chiaro, c’è l’aspetto di branding, o anche di brand promise, ci sta, non è quello che mi impressiona, io ormai vivo a Caselle in Pittari e il “mio” Barbiere De Giulio non lo cambio con nessuno al mondo.
Quello che mi interessa è portare fuori dal branding, e dalla brand promise, il fatto che io, noi, esistiamo in tutta la nostra unicità mentre loro sono dove sono per far emergere la nostra identità, per poi ridarglielo con una consapevolezza e una possibilità in più: il lavoro ben fatto.
Come sai, amica mia, identità è uno dei concetti chiave del lavoro ben fatto, l’identità personale e l’identità dell’organizzazione, non a caso con Giuseppe Jepis Rivello l’abbiamo messa al centro della nostra vandera con intorno la storia, i valori, i talenti e la visione, e mi fermo volutamente qui, sperando che si capisca e non si capisca, perché altrimenti mi spoilero da solo.

Prima di salutarti cara Irene – mi sembra che per essere il secondo episodio abbiamo messo abbastanza carne a cuocere – voglio dirti che la storia di Vincenzo, e dunque, per quello che Vincenzo è e significa, un poco anche quella di Kapera, nasce a Idnty Salon Barra, il locale di papà Giuseppe dove Vincenzo ha iniziato il percorso che lo ha portato oggi a gestire due attività, una a Napoli e l’altra a Milano che danno lavoro a una quindicina di professionisti con diverse competenze.
Pensa che nelle note che mi ha mandato, Vincenzo li chiama “reparti”, forse in omaggio alla storia di San Govanni, Barra e Ponticelli, il triangolo industriale del Sud che da molti decenni non c’è più.
Nello specifico a Kapera i “reparti” sono 3: Reception, Hair e Beauty (sì, tutto in inglese, è l’altra malattia del millennio, se dici Indipendence Day sei “in” se dici “Giorno dell’Indipendenza” sei “out”, e così con “Brand” e “Marchio”, “Report” e “Rapporto” e mezzo milione di altre cose ancora).
Detto questo, ti assicuro che a leggere quello che le persone fanno concretamente nell’ambito di ciascuno di questi reparti mi hanno fatto venire un sacco di domande e curiosità, e come sai le domande e la curiosità sono due potenti motori di crescita e di miglioramento.

Direi che ci possiamo fermare qui amica mia, penso che il titolo del prossimo aggiornamento sarà “Innesto”, perché per ora me la immagino così la giornata del 6 Novembre, una straordinaria occasione di innesto tra lavoro ben fatto, talento e organizzazione.

3 Novembre 2023
CI VEDIAMO LUNEDÌ DA CAMILLO

Cara Irene, ci siamo quasì. Lunedì siamo da Camillo Oste Verace, a Vico Equense e ti confesso che sono curioso di conoscerlo, dalle cose che mi ha raccontato il mio amico Vincenzo e dalle cose che ho letto sulla landpage del sito mi sembra una persona parecchio in sintonia con il lavoro ben fatto, vediamo.
A proposito di amicizia, mi sto facendo l’idea che nel sistema di relazioni del nostro Vincenzo Paparone la parola “amico” abbia un significato rilevante, tende a costruire relazioni solide, affidabili, che durano nel tempo, e attorno a esse struttura una parte non trascurabile delle sue partnership. Se si ha la capacità di mantenere al primo posto la qualità dell’attività e/o del servizio richiesto può essere un valore aggiunto, altrimenti diventa un limite, ma per quello che lo conosco Vincenzo sa quel che fa, lo spero, bisogna che lunedì funzioni tutto come deve funzionare, non so se mi spiego.
Tornando a noi, mi sono fatto mandare dal mio amico un po’ di materiali che mi sono stati molto utili per capire meglio chi sono e che cosa fanno le persone che partecipano alla giornata di lunedì, così ho potuto comprendere meglio il contesto, l’organizzazione del lavoro, il percorso formativo interno nel quale sono impegnati, la filosofia dell’impresa, ecc.
Anche dal mio versante tutto sta procedendo come deve procedere, è tutto pronto, il programma della giornata con i tempi e le attività, i due speech e tutto il resto. Sono anche molto contento della presenza di Chiara, nipote acquisita di Vincenzo (riecco il sistema di relazione in azione), che mi aiuterà nel racconto della giornata con parole, foto, video e quant’altro la sua creatività e la sua volontà vorrà mettere in campo.
Direi che è tutto, non so se riesco a tornare già martedì, che tra università e il resto sarà un’altra giornata per me molto impegnativa, ma entro mercoledì ti scrivo di sicuro, così mi fai sapere cosa ne pensi del lavoro che abbiamo fatto.