Il lavoro ben fatto
e-learning. Electric Extended Embodied
Appunti per una Didattica Artigiana
Università Suor Orsola Benincasa
Cara Irene, è di qualche giorno fa la bella e lunga chiacchierata con la mia amica prof. Maria D’Ambrosio con cui abbiamo messo a punto i dettagli del Corso di Comunicazione e Cultura Digitale di quest’anno a Unisob. Martedì prossimo, 26 Settembre, si comincia, perciò bisogna che ogni cosa sia a posto.
L’idea di fondo la conosci, è quella che abbiamo definito con gli Appunti per una Didattica Artigiana: Ogni corso è un racconto, ogni classe una bottega che apprende, ogni studente un autore.
Intorno a questa idea, per renderla concreta, visibile, comunicabile, lavoreremo anche quest’anno in #BottegaO insieme alla nostra classe artigiana, imparando a mettere la testa (quello che sappiamo e che impariamo), le mani (quello che sappiamo fare e che impariamo a fare) e il cuore (la nostra passione, la nostra determinazione, la nostra fame) in tutto quello che facciamo.
Impareremo a prenderci cura delle nostre possibilità, della nostra creatività e dei nostri attrezzi di lavoro; scopriremo come sono strettamente connessi le une e agli altri, e per questa via definiremo meglio cosa vuol dire oggi, in questo nostro improbabile e controverso tempo, essere professionisti della comunicazione; giocheremo con la teoria e con la pratica, con le parole, con le immagini e con le voci, con il passato, con il presente e con il futuro, e ci domanderemo in che senso vale la pena stare dalla parte degli attori e non degli spettatori, perché vale la pena anche quando la fatica sembra troppo e i rultati troppo pochi.
Lo so mia cara amica, per ora tutto questo è una promessa, ma Maria e io ti invitiamo a seguirci, vedrai che lezione dopo lezione, settimana dopo settimana, la nostra promessa diventa realtà.
Un caro saluto. Alla prossima.
IL PERCORSO, I TEMI, LA PROVA D’ARTE
26 Settembre 2023 | Lavoro
3 Ottobre 2023 | Azione
10 Ottobre 2023 | Autore
17 Ottobre 2023 | Corpo
24 Ottobre 2023 | Narrazione
31 Ottobre 2023| Spazio
7 Novembre 2023 | Tempo
14 Novembre 2023 | Impresa
21 Novembre 2023 | Intelligenza
28 Novembre 2023 | Prova D’Arte
26 SETTEMBRE 2023 | LAVORO
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MARIA D’AMBROSIO | PER COMINCIARE
Qui è dove la prof. ha spiegato brevemente ma in maniera molto chiara il senso, la metodologia, il percorso che anche quest’anno intendiamo portare avanti con Bottega O.
Io mi sono limitato invece a ritornare sull’organizzazione dei contenuti di ciascuna lezione e sulle regole, che vanno seguite, dopo di che siamo partiti.
CASO STUDIO | EMANUELE STIFANO
Emanuele Stifano: vocazione e destino di uno scultore
SPEECH | VINCENZO MORETTI
DOMANDE, RISPOSTE, BRAIN STORMING | BOTTEGA O
GRUPPI | 4 STORIE
PORTAVOCE GRUPPI | 4 SPEECH
GRUPPI | 4 OUTPUT NARRATIVI
Gruppo 1
Mattia Caiazza (3° anno), Dario Campagnano, Francesco Pio Patrisso, Alessia Pinzarrone, Jacopo Visco,
Amedeo (2° anno)
Oppenheimer per un giorno
Gruppo 2
Salvatore La Montagna (3° anno) Riccardo Cioffi, Marco Covino, Sabrina De Stefano, Chiara Esposito, Paola Esposito, Syria Postiglione, Leonardo Toce (2° anno)
La Casa
Gruppo 3
Filippo Maria Aiello (3° anno), Emanuele Arinelli, Rosangela Barbato, Clemente Grimaldi, Maggiorino Guida, Fabrizio Palumbo, Daria Romano, Achille Strombetta (2° anno)
Che cos’è il lavoro fatto bene
Gruppo 4
Sabatino Baiano, Guido Caiazzo Fabiana Calafato, Angela D’Aria, Paola De Stefano, Raffaele Staffelli (2° anno)
Il mondo siamo noi | Una riflessione sul “Lavoro Ben Fatto”
MATTIA CAIAZZA | LA LEZIONE RACCONTATA DA ME | BENTORNATI
Caro diario, era molto tempo che non tornavo in università e quale migliore occasione di tornarci, se non per il corso di comunicazione e culture della prof. D’Ambrosio e del prof. Moretti.
Quando dodici mesi fa ci fu detto che avremmo potuto scegliere il corso anche per il terzo anno, io non esitai e mi promisi che lo avrei scelto. Ed eccoci qui.
Già solo mettere piede in aula mi evoca i ricordi dello scorso anno. Eh già, lo scorso anno. Quante persone ci ho conosciuto e quante cose ho imparato. Non avevo mai pensato che lavorare in gruppo potesse essere così divertente e al tempo stesso gratificante. Certo, non tutte le volte il lavoro è stato ottimo e non sempre il gruppo è andato d’amore e d’accordo ma, al netto di tutto, è stata una grossa esperienza di vita.
E allora eccoci qua, mio caro diario, Martedì 26 Settembre, nell’aula GAMMA, a ripartire da capo.
Ad aspettarmi ci sono i miei colleghi Filippo, Salvatore e Francesco, insieme a tante facce nuove e anche a due signori decisamente con più anni di vita sulle spalle.
Il prof. Moretti ci accoglie tutti, nuovi e vecchi, che lui ci tiene a chiamare “senior”. Noi dovremo essere il punto di riferimento per i ragazzi che approcciano per la prima volta al corso. Insomma, una bella responsabilità. I prof. anche quest’anno ci tengono a sottolineare i punti chiave del corso e che tutto ciò che viene fatto al suo interno viene valutato, che sia una semplice domanda, che sia un’idea, tutto contribuisce a determinare la qualità e il senso del nostro impegno.
Si parte subito col citare il lavoro fatto bene, il principio cardine di questo corso e soprattutto regola di vita. Si parla di autore, della costruzione della sua figura e della realizzazione dei suoi progetti.
Vanno tutti portati a termine solo se fatti bene. Come sempre, fatto bene non si riferisce meramente alla resa finale, ma si concentra particolarmente sul metodo e sull’impegno. Si parla di come ogni pezzo del puzzle sia importante, non importa se sia il più piccolo o il più grande, devono funzionare tutti. Anzi, va sottolineato che spesso è il “pezzo” più piccolo a essere più importante.
Si parla di logica, come materia che dà forma e struttura. Si parla di comunicazione che ha incorporato lo spazio per creare ponti di collegamento.
La parte che ho preferito è legata alla questione delle risorse: “il tempo è la risorsa fondamentale ed è la qualità che diventa sempre più rara.” Come essere in disaccordo, in un mondo che viaggia a 300 km/h, il cui obbiettivo è di andare alla velocità della luce, non riuscendosi a godere appieno il presente.
E forse ancora di più mi è piaciuto il parallelismo tra il lavoro ben fatto e il lavoro come maestria con Primo Levi e Philip Roth. Con l’esempio del muro di Lorenzo Perrone, mi è piaciuto pensare che anche se il lavoro fosse commissionato da una figura negativa, il lavoro nobilita e gratifica, ed è l’unica cosa che il quel momento potesse ricordare di essere ancora umani, la qualità intrinseca di cui siamo dotati che spesso tendiamo a dimenticarci.
Molto carino anche l’aneddoto sullo spaghetto coi polpi, che ha reso anche più partecipi dei ragazzi che forse fino a quel momento si stavano chiedendo “ma dove sono?”
L’introduzione pre-lavori di gruppo si chiude con un bel pensiero che condivido fortemente, ovvero che non sempre nella vita ci troveremo a passeggiare in sentieri belli e illuminati, ma ciò non vuol dire che dovremo fermarci. Se non è presente alcuna opzione, nessuna seconda strada, allora dovremo percorrere il sentiero buio e dovremo farlo al meglio, perché è l’unico modo di fare le cose.
Mio caro diario, vorrei farti provare la stessa sensazione di “bentornato” che ho provato io, sperando che con queste parole io ci sia riuscito. È sempre bello tornare dove si è stati bene.
È stato bello poter guidare il mio gruppo di lavoro e gestire tutto, quasi come fossi un capo cantiere. Non è un ruolo che sono chiamato a occupare speso nella mia vita, per cui anche se all’inizio la cosa mi ha un po’ spaventato, mi è bastato poco per riaccendere la fiamma. Chiedere i nomi di tutti mi ha ricordato il primo lavoro dello scorso anno, che ricordi. È sempre emozionante doversi confrontare con persone nuove per unire le forze. È stato bello poterli gestire e occuparmi personalmente del tema del nostro lavoro. Nelle nostre intenzioni, abbiamo dato il meglio che si poteva dare, sperando che dall’altro lato il lavoro sia piaciuto almeno la metà di quanto sia piaciuto a noi. Non vedo l’ora di lavorare di nuovo.
Caro diario, io per il momento ti saluto, ma non ti preoccupare, credo che mi sentirai spesso.
A Martedì prossimo.
FILIPPO MARIA AIELLO | IL LAVORO DI GRUPPO RACCONTATO DA ME
Comprendere come il nostro lavoro sia importante, non sminuirlo. Comprendere come sia importante fare del nostro meglio, impegnarci al massimo, in modo da poter mettere la testa sul cuscino la sera ed essere contenti di ciò che si è fatto. Comprendere come a volte il risultato non è la cosa più importante, ma fare il miglior lavoro possibile tutto i giorni, per poi arrivare al traguardo che vogliamo, perché sì, ci arriveremo, perché il duro lavoro ripaga sempre.
Sono contento di fare di nuovo il corso con la Professoressa D’Ambrosio e il Professor Moretti. Ho ottimi ricordi dell’anno scorso. Un corso che mi ha insegnato molte cose, e mi ha permesso di sperimentare con altre persone, e soprattutto con me stesso delle cose che prima non avrei mai pensato di fare.
Ricordo come passare quelle quattro ore di pomeriggio insieme ai professori e i miei compagni di corso fosse così produttivo, incoraggiante, un corso secondo me che ti lancia verso il mondo lavorativo, che ti apre gli occhi e ti cambia dentro.
Ti insegna a lavorare con gli altri in aula, ti insegna a “muoverti” dentro uno spazio assieme ai tuoi colleghi, dividervi il lavoro, portare alla conclusione un lavoro che deve essere fatto bene.
Ecco, “lavorobenfatto”. Da qui siamo ripartiti quest’anno, parola chiave e fulcro di tutto il corso. Quest’anno sono già un passo avanti e cercherò di fare sempre di più è sempre meglio. Ho anche la “responsabilità” di introdurre i nuovi ragazzi del secondo anno in questo nuovo “mondo”, in un contesto che ti informa, ma soprattutto ti forma, ed è forse questa la cosa più importante. Uscire dall’università dopo le famose quattro ore con la consapevolezza che hai scoperto cose nuove, hai scoperto soprattutto cose nuove su di te, cose che magari non pensavi nemmeno di saper o poter fare, ma che con l’aiuto dei professori e dei tuoi colleghi, sei riuscito nell’impresa.
Perché quello che si forma durante le 9 lezioni, più che un team di lavoro, sembra un vero e proprio team sportivo, dove ognuno è importante, e insieme a tutti gli altri componenti si arriverà ad un lavoro ben fatto. Bentornato corso di Comunicazione e Culture digitali, benvenuti ragazzi, e godetevelo!
3 OTTOBRE 2023 | AZIONE
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CASI STUDIO
Azione come INTERAZIONE non lineare | Sistema roteanza antigravitazionale
Azione come OPERA ITINERANTE | Iginio De Luca Gioia mia
Azione come IMMAGINAZIONE | Bjork
Azione come CONOSCENZA | Neri Oxman
SPEECH | MARIA D’AMBROSIO
SYRIA POSTIGLIONE | LA LEZIONE RACCONTATA DA ME | COMUNICARE OGGI
“Cosa significa comunicare oggi?” Questa è una delle domande che ci ha accompagnato durante la seconda lezione del corso di Culture digitali e della comunicazione con la Professoressa Maria D’Ambrosio e il Professor Moretti. Mi chiamo Syria Postiglione e sono una studentessa del secondo anno di Scienze della Comunicazione presso l’Istituto Suor Orsola Benincasa di Napoli.
Oggi vorrei portarvi all’interno della nostra lezione, durante la quale la Professoressa D’Ambrosio è stata la nostra guida. Il nostro punto di partenza è stata la parola “azione”: “L’agire, l’operare, in quanto espressione e manifestazione della volontà”; ma perché ne stiamo parlando?
Comunicare è un’azione, e ogni manifestazione di essa porta con sé la volontà e l’intenzione di volerlo fare. Chi comunica “mette in scena” e crea un’interazione con chi ascolta, riuscendo a coinvolgere la sfera sensoriale dell’interlocutore. Ma oggi, come comunichiamo? Possiamo considerare l’azione come il mezzo primario attraverso il quale cerchiamo di ‘’mettere in scena’’ ciò che vogliamo esprimere a chi ci circonda. Sin dalla nascita della parola, l’atto comunicativo è stato associato solamente ad essa. Attraverso un paradigma, quello della linearità, in cui il messaggio viene confezionato in modo chiaro e sequenziale, potremmo dire unidirezionale, riprendendo la menzione al modello di Shannon e Weaver fatta da un nostro collega in aula.
La professoressa inoltre ci ha introdotto il concetto di non linearità, la possibilità di avere un approccio ibrido rispetto a quelli che sono i mezzi che abbiamo a disposizione e di avere una flessibilità nella composizione del messaggio diversa, creativa, al passo con i nostri tempi.
Disponiamo di una vasta gamma di mezzi per trasmettere ciò che vogliamo condividere e grazie a questo corso, lezione dopo lezione, potremo mettere in scena la nostra percezione senza dover necessariamente seguire un paradigma lineare, come dimostrano i casi studio presentati. Abbiamo potuto osservare quattro video durante le lezioni, quattro forme di azione: azione come interazione non lineare, come opera itinerante, come immaginazione e infine come conoscenza. In ognuno di questi casi, l’obiettivo era l’intenzione di comunicare, e ognuno di essi è stato realizzato in modo diverso, poiché anche le finalità erano differenti. Con l’aiuto di tutte le informazioni apprese, ogni gruppo ha elaborato la propria percezione per poi metterla in pratica.
“Comunicare è creare”, questa frase pronunciata dalla Professoressa D’Ambrosio ha risposto a una delle mie mille domande. Spesso, quando mi chiedono “cosa vorresti fare in futuro”, non so etichettarmi in un ruolo ben preciso, poiché sin da quando ne ho memoria ho cercato di esprimermi attraverso qualsiasi mezzo avessi a disposizione: la parola, la fotografia, l’arte, sentendo la necessità di non volerne scegliere uno, ora mi rendo conto che è realizzabile.
LA BOTTEGA AL LAVORO | FOTO | FABIANA ACERRA
GRUPPI | 4 OUTPUT NARRATIVI
Gruppo 1
Salvatore La Montagna (3 anno), Fabiana Acerra, Rosangela Barbato, Fabiana Calafato, Angela D’Aria, Paola De Stefano, Raffaele Staffelli (2 Anno)
Voce di: Fabiana Acerra
Azione come immaginazione | Ad occhi chiusi
L’immaginazione viene usata per qualsiasi aspetto. L’immaginazione può essere definita come la capacità di creare nella mente immagini che non corrispondono alla realtà, ma che esprimono i nostri desideri, le nostre paure, le nostre fantasie. L’immaginazione può essere anche un modo di conoscere il mondo, di esplorare le sue possibilità, di inventare nuove soluzioni. L’immaginazione è infine una fonte di arte, di poesia, di letteratura, di musica, di tutto ciò che rende la vita più bella e interessante. Ma l’immaginazione per una persona cieca è la vista, la possibilità di vedere nella propria mente ciò che la circonda.
Lo abbiamo raccontato in questo PodCast.
Gruppo 2
Ariana Scotto Lavina (3 anno), Guido Caiazza, Dario Campagnano, Alessia Pinzarrone, Siria Postiglione, Jacopo Visco (2 anno)
Gruppo 3
Filippo Maria Aiello (3 anno), Valentina Pia Di Senna, Filiberto Massaro, Clemente Grimaldi, Achille Strombetta (2 anno)
Ispirazione: Iginio De Luca, Opera itinerante
Gruppo 4
Mattia Caiazza (3 anno), Sabrina De Stefano, Chiara Esposito, Maggiorino Guida, Fabrizio Palumbo, Daria Romano.
A(zione) COME APE
La parola chiave oggetto della nostra riflessione è “AZIONE” analizzata a lezione nelle quattro declinazioni di “azione come interazione non lineare”, “azione come immaginazione”, “azione come opera itinerante” e “azione come conoscenza”.
Prendendo in esame la declinazione “ azione come conoscenza” e ispirandoci all’ istallazione “Silk Pavilion”, realizzata da Neri Oxman e dal suo team con l’obiettivo di dimostrare un nuovo approccio alla costruzione in cui gli umani interagiscono con i sistemi naturali, abbiamo strutturato il nostro progetto “A(zione) come ape”.
L’obiettivo che abbiamo cercato di perseguire nella realizzazione del video è quello di veicolare l’importanza che le api rivestono nel nostro ecosistema senza divulgare tale conoscenza in modo troppo esplicito ma, anzi, invitando il fruitore a riflettere sulle connessioni nascoste e sulla preziosa rete di interazioni che sostengono la vita sulla Terra.
Piccole e laboriose, infatti, le api svolgono ruoli straordinariamente significativi, operando silenziosamente dietro le quinte di alcuni tra gli spettacoli più belli di cui giornalmente abbiamo la possibilità di godere.
Sì, è proprio così …. Un bel campo fiorito è il prodotto di un intricato e vitale lavoro di cooperazione, nel quale le api rivestono indubbiamente un ruolo fondamentale.
Conosciute come uno tra gli impollinatori più importanti del mondo naturale, le api, contribuiscono alla biodiversità, mantenendo una varietà di specie vegetali essenziale per l’equilibrio ecologico .
Oltre a facilitare la riproduzione delle piante forniscono cibo per molti animali, tra cui uccelli, mammiferi e altri insetti che si nutrono di loro.
Da non trascurare è il ruolo che le api rivestono per la vita umana, infatti, non solo producono il miele, alimento ricco di sostanze nutritive e proprietà antimicrobiche , ma anche cera d’api, propoli e polline, che trovano utilizzo in molti settori, tra cui cosmetica e farmaceutica.
Cruciale è poi l’importanza dell’impollinazione delle api per la produzione agricola.
Senza di esse, molte colture alimentari non fruttificherebbero adeguatamente, minacciando la nostra sicurezza alimentare.
Da un nuovo studio, condotto in tre aree boschive nella foresta nazionale di Oconee, nel nord della Georgia (Stati Uniti), tutti luoghi relativamente indisturbati dagli esseri umani e considerati per questo un rifugio per la biodiversità, è emerso che negli ultimi 15 anni, ossia dal 2007 al 2022, il numero di specie di api è diminuito del 39%, mentre le popolazioni di api sono calate del 62,5%. [Fonte: Wired ]
Quella delle api, ad oggi, è un’estinzione silenziosa che non solo compromette la biodiversità globale ma anche la nostra capacità di produrre cibo in maniera naturale.
Ecco allora che nasce il nostro desiderio di rendere più popolare il loro ruolo e di restituire loro l’importanza che meritano, riscattandole dal mero ruolo di impollinatrici.
Per farlo abbiamo deciso di realizzare un video atto a smuovere la coscienza del singolo spingendolo a riflettere su quanto sia sorprendente il mondo naturale che ci circonda, su quanto sia intricata la sua rete di connessioni e su come anche le creature più piccole e nascoste possano svolgere ruoli chiave nell’ecosistema che tutti noi condividiamo.
10 OTTOBRE 2023 | AUTORE
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CASI STUDIO
Il mestiere di scrivere | Raymond Carver
Il grande Carver, il mestiere di scrivere e le mie piccole nuvole
Il mestiere di scrivere raccontato da Nicola Chiacchio
Piccola Biblioteca Scritte
Bottega O | Giuseppe Jepis Rivello
Parole Forgiate | Giuseppe Jepis Rivello e Vincenzo Moretti
Scatti | Lucia De Luise
Instagram
Behance
#Lavorobenfatto
SPEECH | VINCENZO MORETTI | IL RITORNO DI OMERO
1. Chi è Omero oggi? O è meglio chi sono?
2. Cosa canta(no)?
3. Chi sono i nuovi eroi?
4. Nuvole di storie
ARIANA SCOTTO LAVINA | LA LEZIONE RACCONTATA DA ME | ARRIVANO I CONSUMAUTORI
Ciao Bottega, oggi c’è stato il terzo incontro con la prof. D’Ambrosio e il prof. Moretti del corso (per alcuni avanzato) di comunicazione e culture digitali. Ti specifico che per alcuni è avanzato perché vuol dire che da questi ultimi è stato scelto, ci credi tu?
La lezione è iniziata con una lavata di capo di Moretti alla classe, pare che questa volta il focus del corso non sia stato ancora raggiunto in modo soddisfacente, ma direi che la lavata di capo lascia ben sperare: chi crede di non riuscire a cavare altri ragni dal buco si arrende, qui invece credono nella potenza dei nostri pensieri; i prof pensano che ci sia altro, ripongono in noi una fiducia che in una certa misura mi rincuora, vedono qualcosa, dobbiamo solo lavorarci un po’ di più.
In questo potrei ricollegarmi subito con lo speech di oggi, e la nobiltà della sconfitta di cui ci hanno parlato.
Questa volta la keyword è stata “autore”, Moretti ci ha raccontato di quando quattro o cinque anni fa la prof. D’Ambrosio e lui erano i prof. di uno studente di questo nostro corso, Nicola Chiacchio, che tempo dopo ha, di sana pianta, creato il neologismo “consumautori”. Oggi riusciamo ad essere fruitori ed autori allo stesso tempo e la nostra autorialità si può esprimere in diverse forme.
In seconda battuta ci siamo focalizzati sugli eroi, su chi sono oggi, chi erano ieri e chi sono per noi. A me non sembra che sia un caso presentare due topic così durante la stessa lezione. L’eroe potrebbe essere chi riesce a mettere autorialità in tutto quello che fa? È un eroe-autore colui che riesce a regalare una storia a chi non ce l’ha? È un eroe chi produce la propria stessa storia? Sono un eroe anch’io che giorno per giorno, a piccole dosi, programmo la mia esistenza rinnovandola continuamente?
Sono delle riflessioni che hanno aperto degli interessanti link, chissà che possano portarci a dei progetti soddisfacenti.
Una volta dissi “La D’Ambrosio durante la lezione riesce a farci volare” tra pensieri e riflessioni che in quel momento ci sembrano così lontani, sembra di presenziare ad una lezione dell’anno 3000; poi viene Moretti e in quegli stessi pensieri ci ficca della grandi travi di legno così che noi abbiamo l’agio di camminarci sopra, con comodità.
La D’Ambrosio vola e Moretti cammina, e inspiegabilmente poi si ritrovano sempre: forse perché Moretti è molto alto e la D’Ambrosio è diversamente alta, quindi poi si incontrano con facilità.
Insieme ci hanno spiegato dell’importanze dei perché, di quanto produrre avendo sempre in mente un perché sia la chiave di un’intera esistenza. Questo mi ricorda un vecchio detto napoletano “Se po’ campá senza sapé pecché, ma non se po’ campá senza sapé pecchì” è una frase molto bella ma dobbiamo precisare che in questo caso il “per chi” diventa un “perché”, e quindi alla fine torniamo al punto di partenza: non si campa senza un perché, che noi dobbiamo sempre tenere a mente rispondendo a questa domanda ogni volta che facciamo qualcosa. Se la risposta non ha senso, non ha senso muoversi.
Le apparenze ingannano, apparentemente si tratta di vivere e respirare, ma poi dietro c’è tanto altro. La dimensione artigiana dell’esistenza sta tutta qui.
Bene Bottega, è arrivato il momento di formare i gruppi e metterci al lavoro. Ci vediamo martedì prossimo con un carico di altri link tutti da aprire.
Ti lascio con la foto del Vesuvio di oggi, che come già sai controllo tutte le volte che vado in università, anche perché quando esci dalla funicolare è così maestoso il vulcano che per non farci caso devi peccare un po’ di cecità (interiore). Io ci vedo un boa che digerisce un elefante, ma l’interpretazione è libera e i punti di vista molteplici, infiniti.
Gruppo 1
Salvatore La Montagna (3 Anno), Valentina Pia Di Senna, Chiara Esposito, Clemente Grimaldi Filiberto Massaro, Daria Romano, Achille Strombetta (2 Anno)
L’AUTRICE | VIDEO
L’AUTRICE | PROCESSO
L’eroe o, meglio, le eroine a cui, dopo qualche riflessione, il nostro gruppo ha pensato sono Greta Gerwig, regista e sceneggiatrice, e le protagoniste dei suoi film. Si tratta di “antieroine”, di giovani donne che rompono gli schemi tradizionali che la società vuole imporre loro, che trovano il coraggio di esprimere la loro voce e, così facendo, la voce di tutte le donne che da sempre si sentono spesso non rappresentate in un mondo di registi, creatori uomini.
Con i suoi film, Gerwig ci dimostra come anche le donne possono essere registe, scrittrici, scienziate, contrariamente a quello che si è pensato per troppo tempo e che ancora alcuni credono.
Dunque, con questo cortometraggio abbiamo mostrato come le donne abbiano capacità, talento, ambizioni tanto quanto gli uomini; l’essere mogli e madri non è l’unica cosa a cui possono aspirare. Per farlo, abbiamo reso evidente, innanzitutto, come le donne spesso vengano considerate “incapaci” e abbiamo raccolto i monologhi più significativi delle “antieroine” delle storie di Greta Gerwig. I monologhi che abbiamo scelto sono quelli che, a nostro avviso, più trasmettono la difficoltà di essere donna ma, nonostante tutto, la voglia di farcela, di emergere.
Anche le donne possono creare, essere autrici di opere e della loro stessa storia, “possono essere tutto ciò che desiderano”.
Gruppo 2
Ariana Scotto Lavina (3 Anno), Fabiana Acerra, Rosangela Barbato, Fabiana Calafato, Angela D’Aria, Paola De Stefano, Maggiorino Guida, Francesco Pio Patrisso, Alessia Pinzarrone
SI NARRARE, NARRARE SI, NARRAR-SI | TESTO
Signore e signori di bottega, siamo tutti comunicatori, ma cosa significa?
Che siamo comunicatori ce lo dice il nostro corso di laurea, quindi siamo abbastanza sicuri di questo, ma in sostanza, cosa facciamo?
Comunicatori non vuol dire niente, lo siamo tutti: il mondo comunica continuamente, per fortuna.
Comunicare vuol dire produrre artefatti che siano pensati per lo scambio in più codici. Scrivere è comunicare, cantare è comunicare, ballare è comunicare, ballare e cantare è una comunicazione a due codici, ballare e cantare ed avere una precisa espressione del volto è una comunicazione a tre codici.
Comunicare vuol dire agire, necessariamente agiamo ed usciamo dalla nostra sfera percettiva per disturbare quella di qualcun altro, innescando così un processo di azione-interazione che non finisce mai: in questo processo, il “perchè” diventa fondamentale.
Comunicare è un atto intrinseco all’umanità, e il mondo intero è un palcoscenico in cui ogni individuo agisce come comunicatore. Ogni gesto, ogni parola, ogni espressione è un atto di comunicazione.
Il progetto che stiamo per presentare è un tentativo di innescare interazioni su molteplici livelli, tutti i livelli in cui il lettore riesce a percepirci; noi siamo tanti, siamo ben nove, ognuno con la sua prospettiva unica, speriamo di arrivare tutti.
L’Eroe
L’idea di eroe è stata plasmata e ridefinita nel corso della storia umana. Dai primi eroi delle epopee, figure mitiche che compivano imprese straordinarie con l’aiuto degli Dei, agli eroi moderni, che possiedono abilità sovraumane e operano sotto pseudonimi come i supereroi dei fumetti. Ma cosa significa essere un eroe oggi?
Nell’era dei social media, il concetto di eroe è stato distorto. Troppo spesso vengono celebrati individui che cercano fama e successo online, senza necessariamente compiere azioni eroiche nella vita reale. La ricerca della notorietà può far perdere di vista l’umanità delle persone.
Tuttavia, i veri eroi sono coloro che fanno la differenza nella vita di chi li circonda. Pensiamo a chi lotta per cause giuste, a chi apre le porte a chi è in cerca di un rifugio, a chi condivide conoscenza ed empatia. Questi sono i veri eroi, coloro che agiscono in modo anonimo per il bene comune.
Riflettiamo sui nostri eroi personali, sulle persone che ci ispirano con il loro impegno e la loro generosità. Sono loro a definire veramente il concetto di eroe, e siamo grati per le storie che ci raccontano.
Questi atti di eroismo quotidiano ci ricordano che ognuno di noi può fare la differenza, che siamo i creatori della nostra storia. Siamo i nostri autori e protagonisti, e ogni scelta che facciamo è un atto di eroismo.
Il mondo è il nostro palcoscenico, e ogni giorno è una nuova occasione per cambiarlo.
Penso a Luca, un uomo coraggioso che si sveglia alle tre del mattino per andare al panificio e impastare, giorno dopo giorno, con dedizione.
Penso ad Antonio, un giovane di 25 anni che ha aperto la sua pasticceria dopo aver studiato nella migliore accademia per pasticceri d’Italia, finanziando i suoi sogni con un prestito bancario.
Penso a Jessica, determinata e instancabile, che dopo più di un anno di sospensione ha deciso di affrontare il suo ultimo esame prima della laurea, dedicandosi con perseveranza allo studio del diritto commerciale.
Penso a Filippo, che ha fatto il coraggioso passo di trasferirsi a Genova per perseguire opportunità lavorative e nuove avventure.
Penso a Emiliana, un’attrice che va ben oltre il suo mestiere e si mette in prima linea per sostenere cause umanitarie, aprendo la sua casa e il suo cuore a chi arriva da Paesi devastati dalla guerra.
Penso ad Irina, la fidanzata di Emiliana, che ha lasciato la sua Russia natale per costruire una nuova vita a Napoli, studiando, lavorando e coltivando la sua passione per la musica.
Penso a Carmen, che ha dovuto rinunciare al lavoro dei suoi sogni a causa di patologie, ma che non ha mai smesso di imparare e crescere, condividendo informazioni cruciali e notizie rilevanti sui social media per sensibilizzare gli altri.
Penso a Chiara, una giovane donna che ha superato momenti difficili, ma che ora utilizza la sua voce e le sue piattaforme online per sollevare il velo su questioni spesso trascurate, come la salute mentale.
Un famoso cartone degli anni ‘90 dice “Non sono cattiva, mi hanno disegnato così!”.
Sarebbe una bella consolazione per noi poter dire lo stesso, poter dire che non è colpa nostra, ma noi non siamo Jessica Rabbit. Noi abbiamo un’incisività a più dimensioni, nessuno ci disegna così e la nostra non è una storia già scritta. Noi ci svegliamo tutti i giorni e scegliamo, abbiamo il potere di scegliere e la scelta è sempre un atto eroico.
Scegliere di alzarsi la mattina, scegliere un macchiato piuttosto che un americano, scegliere i cereali invece del croissant e poi scegliere di indossare il verde, scegliere di uscire e poi ancora scegliere di prendere la metro piuttosto che il bus, tutto è un atto eroico perchè ci permette di autodeterminarci, di produrre la nostra personalissima storia.
Non ci sono disegnatori per noi, nessun fantastico scrittore francese ci racconta, noi ci raccontiamo tutti i giorni e siamo i nostri stessi autori, protagonisti di un drama, un thriller, un romantico.
Siamo autori in grado di creare e parimenti siamo il prodotto della creazione stessa.
A questo punto prendiamo in prestito le parole di un collega, Nicola Chiacchio, che in un commento sul gruppo Facebook “Aula O” scrive: “narrarsi è un ottimo modo per scoprire il senso del proprio stare al mondo”.
Cara Bottega, oggi, alla nostra terza lezione, abbiamo narrato piuttosto che narrarci e narrando abbiamo dato una storia.
Luca, Jessica, Irina, Chiara, Filippo, Antonio, sono gli eroi di cui vogliamo parlare, quelli che non sanno di esserlo e poi, più di tutto, vogliamo arrivare a compiere il passo successivo e iniziare a parlare di noi, che solo oggi abbiamo scoperto, insieme, di essere eroi.
Ecco, grazie a qualche divinità non precisata, almeno in questa scoperta sappiamo di non essere soli. Noi pensavamo di esserlo e poi alla fine ci siamo riscoperti come parte, unica si, ma di un enorme cosmo. Siamo tutti elementi essenziali nel groviglio dell’umanità, in una rete iperconnessa di anime che manipola probabilità.
Il processo di socializzazione che ha presupposto la messa in atto di questo progetto ci ha costretti a socializzare. La socializzazione ha costituito degli individui che scoprendosi l’un l’altro hanno scoperto loro stessi. Ci siamo dati la possibilità di essere, essere per noi e per gli altri, ma non finisce qui.
Gruppo 3
Filippo Maria Aiello (3 anno), Sabatino Baiano, Dario Campagnano, Giorgio Chiariello, Sabrina De Stefano, Syria Postiglione, Jacopo Visco
E QUINDI TU SARESTI BATMAN? | VIDEO
E QUINDI TU SARESTI BATMAN? | SENSO
“Coraggioso”, “indomito”, “intrepido”, “leggendario”, “mitico”, “invincibile” sono solo alcune delle caratteristiche che, comunemente, vengono associate alla figura archetipica dell’eroe, che abbiamo scelto di prendere in esame per la realizzazione del nostro progetto.
L’obiettivo che abbiamo cercato di perseguire è quello di “spogliare” la figura dell’eroe dall’ aura di irraggiungibilità che tipicamente le viene attribuita per restituirla alla dimensione dell’ “umano” .
Per farlo abbiamo scelto la figura di Batman, eroe senza superpoteri, che metamorfosa la “disperazione e la rabbia”, derivanti dalla perdita dei genitori, in forza motrice per mettersi al servizio di Gotham City. Incanalando il suo “lato oscuro” dimostra che non è necessario avere capacità sovrumane per essere un eroe.
Abbiamo cercato di mettere in luce il fatto che a essere protagonisti non sono eroi “kalòs kai agathòs” o “senza macchia e senza paura” ma persone “comuni” che compiono atti straordinari nella vita di tutti i giorni, spesso senza alcuna attenzione mediatica o riconoscimento pubblico.
Questi eroi sono persone che fanno scelte coraggiose in situazioni quotidiane e che svolgono il proprio lavoro al meglio delle loro possibilità, contribuendo al benessere della società o delle persone che li circondano.
Non si tratta di sconfiggere mostri o nemici sovrumani, ma di affrontare le sfide quotidiane dando il meglio di sé.
Il messaggio che vogliamo lanciare è che ciascuno di noi può fare la differenza, ciascuno di noi può essere “Batman” e, per questo, vi sfidiamo a scatenare il vostro potenziale eroico.
Gruppo 4
Mattia Caiazza (3 Anno), Guido Caiazzo, Riccardo Cioffi, Amedeo Corvino, Raffaele Staffelli e Riccardo Toce (2 Anno)
La voce è di Riccardo Toce
COME SAREBBE STATO IL MONDO SENZA ERICA ALBRIGHT? | VIDEO
COME SAREBBE STATO IL MONDO SENZA ERICA ALBRIGHT? | PROCESSO
Cara Bottega, un altro martedì è passato e le lezioni volano. Il nostro lavoro stavolta si incentra sugli eroi, con la differenza che mentre l’anno scorso abbiamo creato un eroe/autore di punto in bianco, quest’anno abbiamo cercato qualcosa che avesse a che fare col “what if…”
Dopo una buona mezz’ora passata in cerchio a discutere su quale storia fosse la migliore, abbiamo deciso di puntare forte su un personaggio semi sconosciuto e che invece è stata fondamentale per il corso della storia contemporanea. Erica Albright è la donna alla quale dobbiamo dire grazie per averci regalato una delle creazioni più geniali di sempre: Facebook.
Checché se ne dica, il social ha segnato una rivoluzione, un cambiamento storico. Prima di allora sarebbe stato impossibile connettere persone così lontane l’una dall’altra. Per non parlare della possibilità di condividere foto e pensieri e di potersi unire in gruppi formando amicizie.
Dal mio canto, io avrò passato il 50% del mio tempo tra i 9 e i 15 anni sul social di Zuckerberg, fino a quando poi non è diventato dominio dei cosiddetti “boomer”.
Sorvolando sulla questione, che non è altro che una semplice e simpatica provocazione, ci siamo basati su questo per formulare un pensiero: e se la nostra benamata Erica non avesse scatenato l’ira di Mark facendogli creare Facebook, come sarebbe andato il mondo?
Ovviamente questa domanda non può che smuovere la fantasia, nessuno può sapere con certezza cosa sarebbe successo e d’altro canto, nemmeno noi, ma ci siamo imbattuti volentieri in questo processo creativo molto stimolante. Ci è davvero piaciuto provare a immaginarci come sarebbero andate le cose. Non volevamo scatenare la terza guerra mondiale ma non riuscivamo nemmeno a immaginarci un mondo senza un social network. Per cui siamo stati d’accordo sul pensare che qualcuno un social l’avrebbe creato comunque, del resto MySpace era in rampa di lancio (anche se non avrebbe avuto il medesimo successo del social blu.)
Allora ecco che la storia ci è venuta incontro, il nostro Social “Anonymous” ha tanti riferimenti storici: si basa su un gruppo hacker realmente esistente, il che ci ha reso la strada più facile da percorrere perché questo elemento di anonimato, è tutt’ora presente sui social ed è un ancora un problema. Oggigiorno sono centinaia di migliaia gli account fake che premono sulle persone “più facili da abbindolare” estorcendogli dati sensibili come password e dati bancari. Per cui noi abbiamo colto la palla al balzo, prendendo spunto anche da questo.
Inoltre, l’idea che ci sarebbe stato comunque un social network in sostituzione, diventa possibile grazie al pensiero delle ‘scoperte indipendenti’. Esistono molti casi famosi di scoperte indipendenti. Uno dei più celebri è la formulazione della teoria dell’evoluzione, elaborata da Alfred Russel Wallace anni prima di Charles Darwin: Wallace non volle mai rivendicare la priorità della scoperta e lasciò a Darwin il merito per la formulazione della teoria.
Tutti questi dati ci hanno dato una grossa mano nella realizzazione di questa storia. Per trovare il modo però di inserire questo nuovo social, abbiamo pensato a due fattori fondamentali:
I tempi erano maturi. Come diceva sempre una mia professoressa del liceo che cito spesso, le cose non avvengono mai dall’oggi al domani, ma c’è sempre un processo silenzioso che avviene e scoppia quando il tempo è maturo.
Le elezioni del 2008. Sì, le elezioni presidenziali americane. Io avevo circa 7 anni, ma ricordo benissimo quel periodo pre-crisi economica. Barack Obama sembrava un marziano tra gli umani, non perché fosse un Dio o ne avesse le sembianze, ma perché l’America non aveva mai avuto un presidente di colore e il fatto che fosse il favorito, non andava a genio a una grandissima fetta di popolazione, ovvero i repubblicani, oltre che ovviamente ai razzisti (ma loro non hanno importanza).
È stato così che ci siamo ritrovati con tutti i dati alla mano: avevamo il contesto storico, politico, tecnologico e anche l’ideologia giusta per far si che la storia potesse avere senso.
Ci mancava solo il finale e nessuno sapeva come farla finire. Chi voleva scatenare una guerra politica, chi voleva che il social scomparisse, chi che il social continuasse e si trasformasse esso stesso in Facebook…insomma è stato complicato. Alla fine abbiamo trovato il compromesso prendendo spunto ancora una volta dalla storia. Come sappiamo gli Usa hanno avuto spesso e volentieri scandali raccolti sotto la denominazione di “Gate”, e così abbiamo fatto anche noi.
Lo scandalo della Privacy Gate, che poi non va molto lontano dalla realtà. Quante volte nel corso degli anni è già successo? Basti pensare all’attacco hacker agli utenti PlayStation nel 2011, un attacco così forte che mise fuori gioco per 1 mese tutti i server mondiali di Sony. O prendiamo per esempio gli attacchi hacker nel 2013 a Facebook o il recentissimo processo Tik Tok – Congresso USA con disegno di legge approvato nello stato del Montana per non permetterne più l’uso. Insomma, niente di ciò che abbiamo scritto o detto all’interno della nostra storia, manca di fondamento. Al contrario, abbiamo cercato di attenerci quanto più possibile alla realtà dei fatti, per rendere convincente il nostro racconto. Per noi la storia ci piace così. Ovviamente ribadisco che nessuno può sapere come sarebbe andata, ma noi ce la siamo immaginata così. Alla fine del podcast abbiamo lasciato un messaggio aperto, ovvero, non abbiamo dato un vero e proprio giudizio morale, lasciando all’ascoltatore la possibilità di farsi una propria idea: il mondo sarebbe stato un posto migliore?
Cara Bottega, io ti saluto, sperando che il nostro lavoro ti possa piacere almeno la metà di quanto sia piaciuto a noi.
Ci vediamo Martedì e mi raccomando, stay tuned.
17 OTTOBRE 2023 | CORPO
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SPEECH | MARIA D’AMBROSIO | QUANDO GUARDI COSA VEDI?
Nell’era della digitalizzazione (smaterializzazione, virtualità) il corpo / materia rivela più dimensioni della realtà in relazione ai contesti di esperienza del corpo.
Il Corpo è:
veicolo di conoscenza: attraverso i sensi e la cinetica;
è spazio di incontro (con altri corpi);
è superficie (tattile) che rivela la sua profondità;
è cognizione.
CASI STUDIO
4 Lezioni sul corpo per riflettere sulla “realtà”
Corpo – Fisico
Stanley Kubrik, 1968, 2001 Odissea nello spazio:
Corpo strumento simbolico
Stanley Kubrik, 1968, 2001 Odissea nello spazio
Corpo Esibito / Creato / Rappresentato
Francesco D’Isa
Dal disegno alla produzione digitale con intelligenza artificiale
Corpo immaginario, relazionale
Romina Bassu, “Sphynx Quando guardi cosa vedi?” e tutta l’operazione di comunicazione de Il FuTurismo.
Gruppo 1
Sabatino Baiano, Dario Campagnano, Giorgio Chiariello, Sabrina De Stefano, Chiara Esposito, Syria Postiglione (2 Anno)
CORPO RELAZIONALE | INTRODUZIONE
La parola chiave oggetto della nostra riflessione è “CORPO”, analizzata a lezione nelle quattro declinazioni di “corpo fisico”, “corpo simbolico”, “corpo creato – rappresentato” e “corpo relazionale”.
Prendendo in esame la declinazione “corpo relazionale” abbiamo riflettuto su quanto il corpo sia uno strumento primordiale di comunicazione.
Sin dagli albori dell’umanità, infatti, il nostro primo approccio al mondo della comunicazione è stato attraverso il corpo, utilizzato per veicolare bisogni, emozioni, stati d’animo.
È proprio in vista dei suoi bisogni che l’uomo ha modificato e plasmato l’ambiente circostante facendo uso dei suoi sensi, come quando guardando una montagna vi ha visto una casa.
Si va così configurando un uomo che non è solo “animale sociale” ma che, da sempre, è anche “animale tecnologico”.
Voce, gestualità, mimica facciale sono alcuni degli strumenti grazie ai quali il corpo diviene “spazio di incontro” con l’alterità e con l’ambiente circostante.
Fulcro del nostro progetto è stata la performance di Marina Abramović “Rest energy”, messa in scena con il suo compagno nel 1980 ad Amsterdam.
La nostra attenzione è ricaduta sulla celebre performer in quanto è nota per l’utilizzo radicale del proprio corpo come mezzo principale di comunicazione nelle sue opere d’arte.
Ella stessa, infatti, dichiara: «La mia arte passa attraverso il corpo».
“Rest energy”, oltre che emblema del potente utilizzo del corpo come mezzo di comunicazione, è perfetta metafora dei rapporti umani, a prescindere che si tratti di relazioni amorose, di amicizia o familiari poiché la performance stessa sottolinea la profonda connessione e l’esposizione reciproca tra i due artisti, che si affidano completamente all’altro, mettendo a nudo le loro emozioni e la loro fiducia.
Questa è una forma di comunicazione non verbale estrema, in cui i corpi diventano il mezzo principale per esprimere l’intimità e la connessione tra due individui.
Un’ ulteriore contributo interpretativo lo abbiamo rintracciato nella celebre frase di Fromm, tratta dal libro L’arte di amare, che recita: “L’amore immaturo dice: ti amo perché ho bisogno di te. L’amore maturo dice: ho bisogno di te perché ti amo.”
Partendo da questi spunti abbiamo scelto di strutturare il progetto scegliendo come contesto di fruizione una mostra concentrandoci sul mettere in luce la potenza espressiva e comunicativa del corpo e considerando diverse forme di relazione, spaziando tra diverse opere.
CORPO RELAZIONALE | PROGETTO
Uno strumento primordiale di comunicazione
Gruppo 2
Rosangela Barbato, Fabiana Calafato, Amedeo Corvino, Angela D’Aria, Paola De Stefano, Raffaele Staffelli (2 Anno)
INNAMÒRATI DELLA CULTURA | PROGETTO
Gruppo 3
Filippo Maria Aiello (3 Anno), Guido Caiazzo, Riccardo Cioffi, Clemente Grimaldi, Achille Strombetta, Leonardo Toce (2 Anno)
I BAMBINI E IL PRIMO CONTATTO CON IL MONDO | PROCESSO
Partendo dal video visto in aula, un estratto del film “2001: Odissea nello spazio”, abbiamo potuto notare come la vista, ma anche il semplice tocco, di un corpo estraneo da parte delle scimmie le faccia “impazzire”, porta un cambiamento in loro. Quel monolite, che infatti rappresenta l’impartizione dell’intelletto ai primati, cambia per sempre il loro modo di pensare, il loro modo di agire. Lungo questa strada il nostro gruppo si è mosso per fare un prodotto destinato al consumo su app d’intrattenimento: il nostro, infatti, è un video che racchiude tutti i momenti in cui i neonati affrontano per la prima volta nella loro vita esperienze del tutto nuove, parallelamente alla “prima volta” dei primati di fronte al monolite. Esperienze che vanno dall’assaggiare per la prima volta la fetta di limone all’emozione della prima volta allo stadio, passando per i neonati che non potevano vedere o sentire anche i loro stessi genitori. Esperienze che indubbiamente “toccano” e lasciano un segno nelle loro vite, che da quel momento in poi cambiano per sempre.
Gruppo 4
Salvatore La Montagna (3 Anno), Maggiorino Guida, Filiberto Massaro, Domenico Fabrizio Palumbo, Francesco Pio Patrisso, Alessia Pinzarrone, Jacopo Visco (2 Anno)
LA LIVELLA DI TOTÒ | PROCESSO
Dopo una piccola riunione di gruppo, dove ci siamo confrontati su come rappresentare il nostro progetto, abbiamo deciso che che avremmo raccontato una storia mai raffigurata prima. Abbiamo preso in considerazione “A livella” di Totò e dopo un’attenta lettura di essa abbiamo pensato come era possibile rappresentare nel miglior modo i personaggi che troviamo al suo interno. Questo è stato possibile grazie alla nuova IA generativa “Adobe Firefly”. Dopo vari tentativi all’ interno dei quali descrivevamo al software quello che volevamo raffigurare, siamo riusciti a rappresentare al meglio l’ambiente e la descrizione dei personaggi che erano scritti all’interno di essa e ci siamo resi conto come la tecnologia ha fatto passi da giganti fino ad arrivare a una macchina che crea quello che noi le diciamo, attraverso video e immagini.
LA LIVELLA DI TOTÒ | VIDEO
24 OTTOBRE 2023 | NARRAZIONE
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SPEECH | GIUSEPPE JEPIS RIVELLO | I PADRONI DELL’ARIA
Chi sono i padroni dell’aria? Che cosa fanno? In che senso e perché creano, raccontano e ricreano valore per se stessi, le proprie organizzazioni, le proprie imprese, le proprie comunità?
CASI STUDIO
Storia di un Innesto
Monica Castiglioni | Un’Artigiana Libera
Bello Momento
ARIANA SCOTTO LAVINA | LA LEZIONE RACCONTATA DA ME | LEZIONI DI BOTTEGA
Ciao Bottega, è un po’ che non ci sentiamo, mea culpa. Questa volta ti racconto della nostra ultima lezione con ampio ritardo ma non preoccuparti, è stato un incontro così infervorante che i ricordi sono più vivi che mai, ti spiego.
Ci siamo incontrati in aula l’ultima volta martedì 24 ottobre con un ospite speciale, ma andiamo per gradi.
La lezione è iniziata con uno scambio di battute tra Moretti e la D’Ambrosio che hanno preparato il terreno allo speech ospite. I prof ci hanno fatto riflettere su un aspetto della comunicazione importantissimo: materialità e aspetto simbolico che devono sempre andare a braccetto.
Sembrerebbe infatti, spesso, che la comunicazione sia semplice fuffa e che i comunicatori siano seduttori occulti, dei mistificatori, persuasori spietati. In realtà eticamente e professionalmente materia e forma convivono in una forte relazione e questa consapevolezza ci permette di portare avanti un lavoro ben fatto.
Se il topic del giorno era #narrazione, la D’Ambrosio e Moretti hanno messo le mani avanti: narrare si, ma sempre con onestà, usufruendo del dono della comunicazione nella maniera più etica possibile tenendo sempre a mente un #perchè. Fatta questa premessa, prende la parola il nostro ospite.
Giuseppe Jepis Rivello è uno che ne sà, e quello che sà lo narra alla perfezione. Potremmo dire che sia un comunicatore nato e che se non fosse una brava persona riuscirebbe a vendere anche l’aria.
Per fortuna per noi, lui ha ben a mente la relazione tra materialità e aspetto simbolico di cui parlavamo prima e non solo mette in relazione la materia il “cosa” con il simbolismo il “perchè”, ma lo affianca ad un “come” e ce lo spiega avvalendosi dell’aiuto di Sinek e del suo GoldenCircle.
Jepis a questo trittico aggiunge un “dove”: la relazione con i luoghi è determinante del racconto; ed un “per chi”: essere in grado di stimolare la domanda. Il suo discorso è iniziato con un consiglio fondamentalmente: rendetevi flessibili. Ci ha spiegato come il mondo cambi in fretta e come oggi lo spirito di adattamento sia una skill più importante del talento.
Surfare in uno scenario che cambia di giorno in giorno è ciò che ci permette di restare a galla il più possibile. Narrare il percorso che si sta facendo invece, ci consente di tenere le fila del nostro stesso racconto. La narrazione è la retta, l’orientamento che diamo al nostro viaggio, un viaggio che non per forza deve essere impeccabile. Avere una strada dura avanti può aprirci a tante possibilità (vedi la parte degli inciampi su E-learning).
Cara Bottega, quando si percorre una strada e il tracciato è già segnato, la si percorre con facilità dimenticando anche il perchè lo si faccia. Le difficoltà infatti ci ricordano tutti i giorni il motivo per il quale ci muoviamo in quella direzione. Le difficoltà ci permettono di autodeterminarci giorno dopo giorno.
Ad un certo punto della lezione abbiamo messo così tante castagne sul fuoco che uscirsene è diventato impossibile. La D’Ambrosio ha iniziato a parlare di Klee (attingere dal passato), di profondità e digitale, antropologia e identità. Jepis incalzava portando esempi alle parole della prof, ci ha raccontanto di come l’abito non faccia il monaco ma le scarpe forse si, e della sua storia di #intrecci. Poi di come una semplice libreria può fare tanto per un piccolo borgo. Insomma, le parole si susseguivano una dietro l’altra, poi Moretti è entrato a gamba tesa nel discorso per riportarci tutti sulla terra prima perchè era tardi e poi perchè lui è così, un tipo pratico.
E quindi ci ha lasciato con un suggerimento, che alla fine è quello che abbiamo ripetuto per tutta la lezione, però come lo dice lui arriva sempre con più immediatezza: “attaccate le cose che dite a quello che fate”. Semplice. O no?
31 OTTOBRE 2023 | SPAZIO
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7 NOBEMBRE 2023 | TEMPO
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CASI STUDIO
L’orologio senza tempo e il chicco di grano
Il tempo non esiste
LA LEZIONE RACCONTATA DA ME | VINCENZO MORETTI
Lezione atipica. Bottega O quest’anno sembra avere difficoltà a seguire lo spirito del corso, dello spazio, del tempo, fa fatica ad avere la tensione (in senso positivo) e l’attenzione giusta. Di chi è la colpa? Facile, ce lo siamo detto e ripetuto tutti assieme, la colpa è sempre di chi comanda e poiché a comandare siamo la prof. Maria D’Ambrosio e io la colpa è nostra.
Detto ciò, dei presenti in bottega (30, 35?) solo 12 avevano letto e guardato, in tutto o in parte, i contenuti che avevamo proposto, e così abbiamo chiesto a ciascuna/o di raccontare cosa ne avevano tratto, e lo abbiamo valutato, come facciamo con tutto ciò che viene prodotto in bottega (da A, il massimo, a E, il minimo). Naturalmente tutti quelle/i che non li hanno proprio letto e guardati hanno avuto una valutazione al di sotto della più bassa delle dodici).
Finita questa parte, la prof. D’Ambrosio è ritornato sui concetti di Materiale – Immateriale, Spazio – Tempo, Dentro – Fuori, e al termine abbiamo chiesto alla classe, per martedì prossimo, penultima lezione, di guardare, pensare, lasciarsi ispirare e creare contenuti a partire da:
Las meninas di Diego Velasquez
Le 56 variazioni di Las meninas di Pablo Picasso
89 seconds in Alcazar di Eve Sussman
5 DICEMBRE 2023 | LAVORO
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MARIA D’AMBROSIO E VINCENZO MORETTI | PROVA D’ARTE
Cara Irene, quest’anno è stato un poco più tribolato degli altri, del resto nella didattica artigiana funziona come nella vita vera, gli anni non sono tutti quanti uguali, aggiungiamo per fortuna, che alla fine è questo che ci motiva a farci domande, e a fare sempre meglio.
Detto questo, bisogna che aggiungiamo subito che le anche quest’anno le soddisfazioni non soono mancate, che diversi semi sono stati piantati e che nei prossimi mesi non ci sarebbe da meravigliarsi se qualche pianticella spuntasse qua e là. Per darti un’idea abbiamo selezionato un po’ dei contenuti prodotti dalla Bottega, man mano che arrivano, così ti fai un’idea tua. Poi noi ritorniamo alla fine, per intanto seguici, e buona lettura.
FABIANA CALAFATO | TRE SEMPLICI PAROLE
Così come le lezioni tenute dal professor Moretti e la professoressa D’Ambrosio durante il corso di Comunicazione e Culture Digitali, anche la Prova D’Arte si è rivelata essere molto stimolante ed interessante.
Il mio colloquio con il professor Moretti è partito da una semplice, ma non tanto scontata come può sembrare, domanda in riferimento ad uno dei progetti svolti durante il corso, che ha poi scaturito una serie di riflessioni, e cioè: “perchè?”. Tra le tante considerazioni e pensieri nati da questo confronto, interrogandoci e confrontandoci su vari temi trattati nei libri presi in esame, nel particolare il professore ha ritenuto molto interessante una parte specifica analizzata, e cioè quella su “Helgoland” di Carlo Rovelli.
Tutto è partito dal trovare e motivare tre parole che descrivessero al meglio “Helgoland” e la mia esperienza di lettura del libro.
Senza doverci riflettere troppo, istintivamente le prime parole che mi sono venute in mente sono state: autostima, versatilità e intraprendenza. Queste tre parole sono strettamente collegate, hanno tutte un “filo rosso” che le unisce e ognuna descrive una parte di ciò che mi ha lasciato questo libro.
“Autostima” perché appena mi sono approcciata a questo libro ero spaventata di non riuscire a comprendere e capire nulla sapendo che trattasse di meccanica quantistica, non possedendo le giuste conoscenze specifiche. Inaspettatamente, invece, man mano che proseguivo con la lettura, con mio grande stupore, mi sono resa conto di star tenendo il passo con tutta la narrazione, tra l’interpretazione “Molti Mondi”, “Variabili Nascoste”, il gatto di Schrödinger e la teoria delle relazioni, tutto mi sembrava così chiaro e sensato.
Quindi, “autostima” perché è stato per me stessa un arricchimento non “giudicare il libro dalla copertina”; mettermi in gioco con una lettura a primo impatto impossibile da comprendere e giungere alla fine del libro soddisfatta.
“Versatilità” perché mi sono resa conto di essere riuscita a cogliere l’intento che Carlo Rovelli aveva sin dall’inizio (come anche dimostrato nel Ted, commentato durante la lezione sul “Tempo”, “Time does not exist: Carlo Rovelli at TEDxLakeComo”) e cioè quello di rende una materia, in apparenza a chi non la studia, vista come totalmente incomprensibile ed astratta, come la fisica, estremamente versatile, applicandola alla realtà che tutti abbiamo davanti agli occhi e spingere il lettore (o, come nel caso del Ted, lo spettatore) ad interrogarsi e riflettere su azioni che si ritrova a compiere tutti i giorni, sul perché il tempo, così come lo conosciamo e siamo abituati a suddividerlo, è così e non in un altro modo.
Insomma, comprendere che la fisica è tutto tranne che “incomprensibile ed astratta” visto che è, letteralmente, la nostra vita di tutti i giorni.
“Intraprendenza” (che è strettamente connessa a “Versatilità”) perché ho apprezzato molto l’approccio non convenzionale (un po’ come lo sono stati anche il corso seguito e la Prova D’Arte in sé) e “chiuso” del fisico Carlo Rovelli. Quest’ultimo, infatti, si è cimentato in un’impresa, tutto tranne che semplice e cioè quella di spiegare, ma soprattutto far comprendere, concetti di meccanica quantistica a tutti, non solo ad un’élite di persone del settore, utilizzando un linguaggio semplice, chiaro e coinvolgente, per permettere a tutti di cogliere l’essenza della fisica, così come ci è riuscito lui dopo anni ed anni di studio, ma, soprattutto, di fornire a tutti gli strumenti per applicarla alla realtà che ci circonda.
Ogni libro che leggiamo ci lascia qualcosa, in un modo o nell’altro ci arricchisce, ci fornisce spunti di riflessione, spesso e volentieri ci lascia con degli interrogativi per mesi a cui riusciamo a dare una spiegazione solo dopo tempo.
Carlo Rovelli con “Helgoland” ha fatto questo e molto di più, ma più di tutto, con questa opera, ha centrato anche l’essenza del “lavoro ben fatto”, portando la meccanica quantistica alla portata di tutti, riuscendoci.
Il “Lavoro ben fatto” e le aziende. In conclusione, in merito alle varie riflessioni compiute sul “Lavoro ben fatto”, il professor Moretti ha trovato interessante l’idea di un ipotetico progetto di analisi applicabile a grandi aziende di successo. Nello specifico, analizzare il percorso e la storia di grandi aziende, partite dall’avere idee semplici, che ad oggi sono finite a dominare il mercato, quali “Apple”, “McDonald’s” e verificare, step dopo step, quanto effettivamente ci sia di “Lavoro ben fatto”, quanto questa ideologia sia presente (o lo sia stata alla nascita delle idee di queste aziende) in storie di così grande riuscita.
NON PUÒ ESSERCI UNA SOLA REALTÀ | RAFFAELE STAFFELLI
Dopo aver svolto la mia Prova d’Arte il 5 di dicembre, il Professor Moretti mi ha chiesto di scrivere un testo in cui avrei riassunto i temi trattati durante il nostro colloquio e dunque eccomi qui.
All’inizio dell’esame il Prof mi ha chiesto da quale libro sarei voluto partire. Non ho avuto dubbi nel rispondere: Helgoland, il testo di Carlo Rovelli, che tra i 3 è stato il volume che più mi ha preso, permettendomi di trovare definitivamente un filo conduttore che unisse tutte le lezioni e gli argomenti affrontati durante il corso di Comunicazione e Culture Digitali con la Professoressa D’Ambrosio. In Helgoland, Carlo Rovelli espone la crescita e il percorso della teoria quantistica nella fisica contemporanea, dalla prima guerra mondiale fino ai giorni nostri. Questa narrazione ha suscitato in me curiosità e attenzione per un argomento totalmente lontano da quelli che sono i miei interessi e le mie ambizioni, proprio perché mi è stato presentato con una forma narrativa, un racconto. Il culmine del libro si raggiunge quando viene introdotta la teoria delle relazioni. Tramite quest’ultima capiamo che ogni cosa appartenente al nostro mondo che noi riteniamo totalmente oggettiva ed immutabile è in realtà la risultante di un’osservazione. L’osservazione però, può cambiare. Può cambiare il punto di vista, la prospettiva, cambia l’oggetto osservato e cambia la realtà. La realtà in cui viviamo è dunque in un costante stato camaleontico, che cambia a seconda delle osservazioni, delle relazioni.
Questo aspetto l’ho dunque collegato al libro “e-Learning”, di Orazio Carpenzano, Maria D’Ambrosio e Lucia Latour. Anche qui ci viene proposta una nuova visione del mondo in cui viviamo, partendo dal tema della pedagogia ed estendendosi poi a concetti più generali. Si parla di affrontare la vita da performer attivi, che non si limitino ad assorbire semplicemente informazioni, ma che le rielaborino producendo qualcosa di nuovo. L’osservatorio del Sistema di Roteanza Antigravitazionale integra fisicità e virtualità e ci apre uno spazio diverso dal nostro, con altre regole e altri principi.
Siamo infine arrivati al volume di Luca e Vincenzo Moretti, ovvero “Il Lavoro Ben Fatto”. Anche in questo libro, come negli altri due, ci viene data un’altra prospettiva del mondo, un’altra visione, stavolta incentrata sul concetto di lavoro. Qui siamo invitati a guardare ad ogni cosa come frutto del lavoro di altri. Ciò è effettivamente tanto semplice da risultare straordinario. Tutto ciò di cui usufruiamo ogni giorno è il risultato del lavoro ben fatto di qualcun altro e se quel qualcuno non svolge bene il suo lavoro sono tutti quanti a rimetterci, perché siamo tutti interconnessi in relazioni legate al fare bene ciò che facciamo. Il senso di comunità che mi ha trasmesso dunque questa nuova visione della realtà è stato molto più potente di qualsiasi altro abbia mai incontrato. Ecco rivelato quindi il filo conduttore che, a mio parere, lega tutte le lezioni e gli incontri svolti in questo trimestre: non può esserci solo una realtà.
CHI SONO? | CHIARA ESPOSITO
Raccontare la propria biografia non è mai facile, a maggior ragione quando hai solo venti anni e chi sei non è ben chiaro in primis a te. A primo impatto, mi verrebbe da dire che, in effetti, IO non lo so bene chi sono. Potrei parlare di me elencando i vari eventi della mia vita, le gioie e i dolori vissuti, i cambiamenti avvenuti, ma sento che ciò non farebbe davvero comprendere chi sono.
O forse non è, in realtà, così difficile capire e spiegare chi sono. Forse mi risulta complicato semplicemente perché non mi piace parlare di me. Forse è normale sentirsi confusi a venti anni e non riuscire a rispondere prontamente alla richiesta di raccontarsi.
Forse, forse, forse. Ecco, forse è sicuramente una parola che mi appartiene. È, infatti, spesso presente in me quella sensazione di incertezza, a tratti angosciante; quell’incertezza che mi fa dubitare spesso di me, ma che mi sprona anche a migliorare.
Tornando, però, al punto, riflettendo su come raccontarmi, mi sono resa conto che mi capita non poche volte di essere sopraffatta dai miei pensieri, di dimenticarmi, in un certo senso, chi sono, troppo impegnata a credere a congetture che la mia mente elabora subdolamente. Spesso, infatti, dimentichiamo chi siamo o, meglio, pensiamo erroneamente che i nostri pensieriintrusivi, le nostre paure, ci appartengano a tal punto da definirci, da diventare parte della nostra identità. Con questo progetto ho voluto ricordare a me stessa che non è così, raccontando quello che realmente sento di essere.
Io non sono l’ansia che provo
Non sono i mille problemi che mi pongo
Non sono i fastidiosi pensieri che mi annebbiano la mente
Io sono l’arte di cui mi circondo
Sono un po’ di ognuno che incontro
Sono le storie che leggo, i film che guardo, le foto che scatto
Sono le canzoni che ascolto, i testi che scrivo, le melodie che compongo
Io non sono le mie insicurezze
E neanche le mie incertezze
Sono le mie speranze, la mia determinazione
La mia spontaneità
E anche il mio disordine
Sono i luoghi in cui lascio traccia di me
Ed i luoghi che lasciano tracce in me
Sono i sogni a cui aspiro
E la volontà che ci metto per tramutarli in realtà
ORGANIZZAZIONE DELLE LEZIONI
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Casi studio di ispirazione (Persone, Imprese, Idee, Film, Documentari, Foto, Testi, Altro) (30 minuti)
Speech introduttivo (30 – 40 minuti)
Domande, risposte, brain storming (30 – 40 minuti)
Lavori di gruppo (90 -100 minuti)
Speech dei portavoce di ogni singolo gruppo (20 – 30 minuti)
REGOLE
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Garantire continuità e impegno nel seguire le lezioni. Il lavoro in bottega è fondamentale e perciò sarà ammessa una sola assenza durante il corso.
Avere un approccio propositivo e collaborativo in sintonia con gli
Appunti per una Didattica Artigiana.
Fare una prima lettura entro 10 giorni dall’inizio del corso dei libri Il Lavoro ben fatto e e-learning. Electric Extended Embodied, perché in Bottega O fare è pensare, teoria e pratica vanno sempre insieme. La necessità di leggere e studiare i testi prima e durante e non alla fine del corso risponde all’esigenza di acquisire alcuni elementi di teoria e di contesto utili a comprendere, a pensare e a fare meglio il lavoro in Bottega.
PROGRAMMA DEL SECONDO ANNO PER CHI FREQUENTA
Orazio Carpenzano, Maria D’Ambrosio, Lucia Latour, e-learning. Electric Extended Embodied, Pisa, ETS, 2016
Luca e Vincenzo Moretti, Il Lavoro ben fatto, Napoli, #Lavorobenfatto – Amazon.it, 2020
Carlo Rovelli, Helgoland, Milano, Adelphi, 2020
PROGRAMMA DEL TERZO ANNO PER CHI FREQUENTA
Michel Foucault, Le parole e le cose, Milano, Bompiani, 2016
Giuseppe Rivello, Vincenzo Moretti, Parole Forgiate, Napoli, #Lavorobenfatto – Amazon.it, 2020
Carlo Rovelli, L’ordine del Tempo, Milano, Adelphi, 2017