Lucia De Luise, la fotografa che fa quello che è

Cara Irene, oggi ti racconto Lucia De Luise, ci siamo incontrati per genio e per caso un lunedì da Mario, al Ristorante Zi Filomena. Ci siamo ritrovati vicini di tavolo, io da solo come di norma nei giorni feriali, lei con il marito, Adriano Dentoni Litta. abbiamo scambiato qualche chiacchiera come si dovrebbe fare a tavola invece di starsene ognuno con la testa piegata sul telefonino, e così ho scoperto che lui è uno chef e lei una fotografa, e poi che lei è di Ischia, e così mi sono venuti in mente Pasquale Raicaldo, la nostra amicizia e i suoi racconti, e, ti dico la verità, non mi sono sorpreso quando ha detto che anche loro sono grandi amici e hanno fatto un po’ di cose insieme. Niente, come puoi immaginare a questo punto ho chiesto a Lucia dove potevo guardare qualche sua foto e lei mi ha inviato i link agli account Behance  e Instagram.
Tornato a casa, mi sono seduto allo scrittoio nella mia stanza bottega e mi sono messo a guardare le foto, dopo di che ho scritto a Lucia su Instagram e le ho chiesto se aveva voglia di raccontarmi la sua storia. Quello che è successo dopo lo puoi leggere di seguito.

Vincenzo Moretti: Per cominciare raccontami un po’ di te. Le tue passioni, le cose che ami e quelle che non sopporti, cosa ti piace e cosa invece no in qualunque ambito. Nella risposta, vale anche per le due domande successive, utilizza pure tue espressioni particolari, tuoi modi di dire, aneddoti, riferimenti a persone o organizzazioni che per te e la tua formazione sono state importanti. Quello a cui io miro è raccontare, attraverso il tuo lavoro, il tuo daimon, il tuo codice dell’anima, la tua streppegna, come avrebbe detto mio padre. In particolare questa domanda mira a fare in modo che chi ti conosce pensi “sì, questa è proprio Lucia” e chi invece no “però, questa Lucia, che tipo.”

Lucia De Luise: La mia passione più grande è la fotografia. Provo un senso di completa libertà quando imbraccio la macchina fotografica e inizio a cogliere le espressioni delle persone, soprattutto durante le manifestazioni, sia di gioia che di protesta. È una passione che mi ha trasmesso mio padre, che fin da bambina voleva che lo accompagnassi durante le sue passeggiate in paese dove trascorrevamo ore a scattare fotografie ai suoi amici. Amo i romanzi di Thomas Bernhard, soprattutto per la sua dissacrante visione del mondo e la sua lotta contro l’ipocrisia, i saggi di Konrad Lorenz sul comportamento degli animali, tutti gli scritti di Saramago. Potrei passare giornate intere guardando i film dei fratelli Coen o di Tarantino e ascoltando i Radiohead e Fabrizio De Andrè. Sono appassionata di calcio e tifosissima della Roma, e per questo motivo non sopporto, dal punto di vista sportivo, i tifosi della Lazio!
Non mi piacciono gli influencer – e chi cerca di essere come loro – che dettano lo stile a colpi di sponsorizzazioni. Proprio non mi scende giù chi fa un uso sproporzionato dei programmi di post-produzione e snatura completamente un’immagine. Amo la realtà, in tutte le sue sincere imperfezioni. Non sopporto chi chiede alle donne “quando fai un figlio?” e i nostalgici di qualsiasi regime.
Amo viaggiare, le mie città del cuore sono sicuramente Reykjavik, Berlino e Dublino. Il viaggio più bello, infatti, è stato il giro in auto dell’Islanda da cui è arrivata la miglior fotografia di viaggio per il premio nazionale IgersItalia. Non potrei vivere senza le mie due sorelle, Restituta e Raffaella. Loro sono il punto fermo di tutta la mia vita. Proprio come ogni ischitano Doc, i miei genitori hanno lavorato nel mondo dell’accoglienza, mia madre come responsabile di un centro termale e mio padre prima come massaggiatore e poi come bagnino.

V. M.: Bene. La seconda domanda riguarda i lavori che hai fatto e che fai,  anche eventuali lavori che hai fatto da studentessa, per pagarti un viaggio o altro. Naturalmente dedica più spazio ai lavori che per te sono stati e sono importanti e tutto lo spazio che serve al tuo lavoro di fotografa.
Racconta i tuoi perché, le tue scelte di vita alla voce lavoro, i sacrifici, la voglia di farcela, le difficoltà, gli imprevisti e altre cose così. Le storie più sono vere più sono belle. E racconta anche i tuoi sogni, le tue ambizioni, quello che hai davanti a te, quello che vuoi ancora fare.

L. D. L.: Proprio come i miei genitori, anche io inizio a lavorare nel turismo, come receptionist, con lo scopo di dedicarmi alla fotografia e al suo studio d’inverno. Inizio a connettere sul serio passione e lavoro intorno ai 23, 24 anni, quando un amico, Pietro, che ringrazio ancora, vedendo le foto che postavo sui social, mi chiese se volessi collaborare con il settimanale di cui era Caporedattore. Accetto con tanta timidezza. La verità è che ero molto insicura, sia di me stessa che di come scattavo, però il fatto di poter ambire al tesserino da giornalista era un buon motivo per non tirarmi indietro. E invece da lì in poi il fotogiornalismo diventa una missione, anche in un posto piccolo e ingombrante come Ischia.
Non mi perdo neanche una manifestazione di protesta, un concerto, un festival. Anche quando d’estate lavoro in hotel, decido, quando i turni lo permettono, nonostante la stanchezza immensa, di correre a fotografare. È lì che capisco che è quello che voglio fare “da grande“. Così, con i risparmi accumulati, inizio a frequentare corsi, prima a Napoli presso l’ILAS e poi a Roma, alle Officine Fotografiche. Compro anche una macchina fotografica più professionale e lenti migliori.
Il passo successivo è quello in cui mi appassiono alla fotografia di scena, alle luci del teatro e alle sue quinte, seguo tutti gli spettacoli del regista ischitano Salvatore Ronga. È anche grazie al suo talento e alla sua totale dedizione che decido di approfondire questo mondo incantato. Seguo quindi, durante il Napoli Teatro Festival, un laboratorio sulla luce ideato da Davide Scognamiglio e Daniele Ciprì, in cui ho l’occasione di seguire le lezioni di mostri sacri del cinema come Pasquale Mari e Giuseppe Lanci.
La mia più grande soddisfazione arriva nel 2018, quando la rivista National Geographic decide di pubblicare un mio scatto nella sezione “La mia Foto” dedicata ai lettori appassionati di fotografia. La foto è presa da “Esodo”, un progetto che è ancora in corso d’opera e che si pone lo scopo di raccontare i Santi portati in processione via mare, paragonando le scene a quelle a cui assistiamo tristemente oggi nel Mediterraneo. “Esodo” viene poi esposto nel 2022 durante il Festival di fotografia “Segni”, nella sezione fotografi emergenti. Un altro lavoro decisamente importante è stato seguire e fotografare il Don Chisciotte con gli attori Alessio Boni, Marcello Prayer e Serra Ylmaz.
“Isole” è invece il progetto che mi riporta a casa: è il racconto di tappe di viaggi avvolti dal mito, di terre emarginate e dei suoi abitanti. Si parte da Ischia e Procida, si approda poi in Sicilia, sulle isole di Favignana e Levanzo. Sono scatti rigorosamente in bianco e nero, verticali, essenziali.
Per quanto riguarda il quotidiano, invece, lavoro con mia sorella Raffaella. Con lei mi dedico principalmente a reportage di matrimonio e altre celebrazioni. Insomma, la fotografia è una questione di famiglia.
Gli autori che hanno formato la mia visione fotografica sono sicuramente Letizia Battaglia, Tina Modotti e Mario Dondero. Essere umani prima che fotografi.

V. M.: Bello. Siamo all’ultima domanda, qui basta un tuo pensiero, una tua definizione. Perché per te il lavoro è importante, vale?

L. D. L.: Il lavoro è importante perché ci permette di spendere, con fatica, le nostre energie, dimostrando chi siamo. Credo che bisogna essere coerenti con questo: ciò che facciamo deve in vario modo rispecchiare ciò che siamo. Penso che valga per qualsiasi mestiere.

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