PROGETTO DI RIFERIMENTO
A scuola di lavoro ben fatto, di tecnologia e di consapevolezza
SCUOLA
Istituto Alberghiero A. Nebbia, Loreto, Ancona
CLASSE
3° – 5° Sezione MC
DIARIO
Caro Diario, sulle vie del lavoro ben fatto, della tecnologia e della cansapevolezza è aperta da anni una stazione di cui solo qualche giorno fa ho avuto, in maniera più compiuta, conoscenza. Sono molto contento, dopo che ti ho raccontato la storia ti dico anche perché, per adesso leggi, ci risentiamo alla fine.
4 Maggio 2015
La mia @mica Federica Paccamiccio mi scrive via social una bella lettera per La Notte del Lavoro Narrato – a proposito, poi fammi sapere cosa organizzi tu per il 30 Aprile di quest’anno – e io che mi metto in contatto con lei.
Mi ci vuole poco per capire che tra lavoro – al tempo è insegnante precaria – e famiglia sta impicciata assai, comunque fa in tempo a dirmi che ogni anno al suo comune il Consiglio Comunale conferisce un premio a qualche cittadino che si è distinto, che quell’anno il tema era il lavoro e che il marito – esponente della maggioranza comunale aveva letto il manifesto del lavoro narrato alla cittadinanza prima di premiare la dedizione al lavoro ben fatto di persone per bene.
4 Settembre 2015
Federica mi riscrive per dirmi che ha appena ricevuto la nomina annuale nella scuola superiore, che ha potuto scegliere le classi in cui lavorare e che lei ha scelto una terza solo ed esclusivamente per fare con loro un percorso sul lavoro ben fatto!
Come puoi immaginare la cosa mi ha fatto piacere, e naturalmente glielo ho scritto, aggiungendo che magari avremmo potuto pensare a fare insieme qualcosa in classe e sono stato ancora pù contento quando Federica mi ha scritto che insegnava in un istituto alberghiero ormai da sei anni, che in terza loro si avvicinano per la prima volta al lavoro e che insomma voleva che lo conoscessero nei modi giusti.
«Certo che possiamo fare qualcosa assieme», ha concluso «appena Lunedì li conosco te li racconto, così poi iniziamo a costruire».
13 Novembre 2015
Federica si rifà viva, così: «Ciao Vincenzo! I ritmi della scuola mi hanno un po’ risucchiata, ma credo ormai si ora di scriverti dei miei ragazzi di terza e a che punto è il cammino verso il lavoro ben fatto. Magari ti scrivo una bella mail domattina, così faccio tutto con più calma.»
Come dici caro Diario? Io cosa ho fatto? Quello che dovevo fare, le ho scritto che andava bene e che magari se si riusciva a non far passare altri due mesi era meglio.»
Pochi minuti e mi è arrivata la sua risposta: «Hai ragione Vincenzo, ma le cose sono tante e a volte mi perdo, tu però sollecitami se non mi senti. In ogni caso ti assicuro che il percorso sta partendo e si è arricchito di gran belle idee, guarda, ti anticipo solo questo, faremo un progetto che si chiama “Crescere nella cooperazione” e al posto della classica gita, i ragazzi hanno scelto di convivere 5 giorni tutti assieme in una casa da camposcuola. Perché non vieni a trovarci durante quei giorni?»
Ne abbiamo ragionato ancora un poco, le ho detto che non ce la facevo a esserci, ci siamo scambiati un altro po’ di idee e ci siamo salutati.
17 Novembre 2015
Mi arriva un nuovo messaggio di Federica che mi dice questo: «Buongiorno Vincenzo, non sono riuscita più a scriverti. Ho avuto l’esigenza di fare chiarezza dentro di me per poi parlarne con i ragazzi a scuola. In più, gli attentati di Parigi mi hanno fortemente colpita. Spero di tornare più serena al più presto.»
Come puoi immaginare da parte mia le ho detto soltanto di stare tranquilla.
3 Dicembre 2015
Federica mi riscrive per dirmi che il percorso sul lavoro ben fatto con la terza è iniziato il giorno prima. «Adesso sono alla ricerca di chi individuare, avvicinare, intervistare, riprendere per condividere la sua storia con la classe.
Oggi abbiamo fatto già le prime ipotesi: un genitore, il papà di un amico, una persona che era quasi stata schiacciata dalla crisi e invece ce l’ha fatta, una che lavora coi disabili, la presidente della squadra di calcio locale, un nonno, il cuoco maestro di bottega, una persona cara che ha il suo lavoro ben fatto nel cassetto ma intanto stringe i denti.
Ti dico che ieri hanno sbuffato come al solito con il loro motto più frequente: “prof, uno si iscrive all’alberghiero e poi si sveglia una mattina e si ritrova al classico”; però già oggi erano pieni di idee da scrivere sul loro quaderno.»
17 Marzo 2018
La nostra Federica ritorna con questa lunga lettera:
«Buongiorno Vincenzo! So che ti sembrerò poco affidabile, e magari un poco hai ragione, visto che ci ho messo due anni e mezzo quando invece ti avevo promesso che mi sarei fatta sentire presto, però forse ora la cosa importante è che io ti racconti cosa abbiamo fatto dall’ultima volta che ti ho scritto.
Sono entrata di ruolo all’Istituto alberghiero di Loreto come insegnante di lettere e ormai sono tre anni che mi assegnano una classe terza, quella in cui i ragazzi iniziano a fare esperienza di alternanza scuola lavoro e che sostiene a fine anno l’esame di qualifica professionale. In pratica per me è un’occasione ghiottissima per parlare loro del lavoro ben fatto.
Due anni fa, con la classe che ormai è in quinta, abbiamo iniziato con le interviste e da allora con le classi terze procediamo così: prima di Natale presento loro il tuo progetto, leggiamo insieme il Manifesto, leggiamo qualcosa dal blog, ne discutiamo in classe.
Per le vacanze di Natale, loro hanno il compito di individuare una persona che stimano per il lavoro ben fatto che svolge e di intervistarla. Al ritorno dalle vacanze, trascorriamo il mese di gennaio a condividere le interviste, a conoscere storie, entusiasmi, difficoltà, impegni, progetti, quotidianità.
Avevo una gran voglia di raccontartelo perché, ogni anno, si tratta di un’esperienza di condivisione assolutamente costruttiva, tant’è che, con la quarta di quest’anno, abbiamo pensato di alzare il tiro.
Siccome a ottobre ho partecipato a “Le storie siamo noi”, a Follonica, dove ho fatto anche un laboratorio sul Lavoro Ben Fatto e l’importanza della narrazione, ho proposto ai ragazzi di passare dalla narrazione delle interviste fatte ad altre persone, alla narrazione di proprie storie di lavoro ben fatto. Insomma, i ragazzi di quarta, che stanno facendo con me il loro programma didattico tutto incentrato sulla consapevolezza e la ricerca della libertà, diventano i protagonisti di storie di lavoro ben fatto.
Abbiamo iniziato dalla condivisione di una storia raccontata sul blog: ognuno di loro ne ha lette almeno tre e ne ha scelta una da raccontare o leggere alla classe. Ogni martedì, per diverse settimane, abbiamo investito le nostre ore per questo tipo di condivisione.
Ora, da qualche settimana, all’interno di un laboratorio di scrittura che facciamo il giovedì mattina, ognuno di loro sta progettando e realizzando la narrazione di un proprio Seme di Lavoro Ben Fatto.
Alcuni hanno scelto di narrare esperienze lavorative vere e proprie, altri, visto che a 18 anni non tutti hanno già lavorato, hanno scelto di narrare quello che, nella loro vita, secondo loro, assomiglia di più al Lavoro Ben Fatto. Che so, Lucia, ad esempio, ha deciso di narrare il suo Lavoro Ben fatto di quando comunica con il padre sordocieco attraverso il linguaggio Malossi, Matteo ha deciso di narrare di come vincere la timidezza sia il suo lavoro ben fatto, per Luigi è allenarsi a calcio anche sotto la pioggia torrenziale che lascia qualche suo compagno di squadra a casa, Alessandra ancora deve svelarmelo e scrive sul suo taccuino stando ben attenta a coprirlo con la mano appena vede che mi sto avvicinando al banco.
L’idea è quella poi di condividere tutte queste storie, non sappiamo bene quando e come. Ci siamo dati la scadenza di metà aprile perché ci sarebbe piaciuto organizzare una sorta di Notte del lavoro narrato a scuola, ma il 30 da noi è ponte e sarebbe tutto abbastanza complicato, ci servirebbe una bella idea e se ti va di proporcene qualcuna ben venga.
Per ora abbiamo pensato a una mattina a scuola, potrebbe essere una giornata dedicata ai Semi di Lavoro Ben Fatto, una sorta di testimonianza dei ragazzi più grandi ai ragazzi di prima e seconda. Non so, per ora l’urgenza era raccontarti che in tutto questo tempo in cui non mi sono fatta più sentire, noi in realtà abbiamo pensato spesso a te e alle storie che vai raccogliendo e che ci hanno fatto crescere tanto. E poi l’urgenza era anche scriverti perché in questo periodo sono tanto in crisi con il lavoro che faccio e anche solo raccontarti ciò che invece è stato fatto so che mi farà bene.
Per finire ancora tre cose e l’invito a venerci a trovare prima della fine dell’anno:
1. con i ragazzi di quarta, attorno al 30 aprile, prima o dopo, facciamo una mattinata, in qualche posto bello, di condivisione dei loro semi di lavoro ben fatto. Per questa volta solo noi e te, se ti va e puoi raggiungerci. Ovviamente per noi sarebbe un regalo e magari finisce che ci facciamo pure una bella mangiata con qualcosa preparato da loro!;
2. entro metà maggio mi piacerebbe che la mia quarta provasse a coinvolgere anche altre tre quarte di specializzazioni diverse da loro che fanno cucina: sala bar, pasticceria e accoglienza turistica. Entro metà Maggio perché poi loro partono per un mese per il secondo stage. L’idea è quella che i nostri spieghino tutto il lavoro fatto finora, lancino l’idea dei semi di lavoro ben fatto da raccogliere, proprio con un diario “Raccoglitore” di semi, durante lo stage di Maggio. Durante l’estate possono provare a sistemare la loro narrazione che può diventare un testo ma anche un video, una canzone, una poesia e poi a ottobre istituiamo a scuola una giornata del passaggio dei semi ai ragazzi più piccoli, che dici?;
3. non ti perdere Il lavoro ben fatto di Lucia.»
Ecco amico Diario, fin qui Federica, mentre invece questo è il lavoro di Lucia:
Semi di lavoro ben fatto
Il mondo in una mano, il mio lavoro ben fatto
«Fin da piccola mi ricordo che mia madre scriveva sulla mano di mio padre per comunicare con lui. Io ero molto curiosa: loro comunicavano attraverso le mani e io non riuscivo a capire.
Il “Malossi” è un metodo di comunicazione ideato da Eugenio Malossi, utilizzato dalle persone sordo-cieche che utilizzano la mano come strumento. Ogni parte della mano corrisponde ad una lettera dell’alfabeto, toccando e pizzicando queste parti si possono comporre parole e frasi.
Quando ero piccola mio padre non sempre riusciva a sentire, per parlare con lui dovevo utilizzare il Malossi, per questo ho insistito ad impararlo. Mia madre non era molto paziente con me perché ero solo una bambina e facevo fatica ad impararlo. Mio padre invece era più paziente ed è stato proprio lui ad insegnarmelo.
Secondo mio padre sarebbe stato più difficile per me impararlo da grande, inoltre per lui era importante comunicare con me. Sono riuscita ad impararlo in una settimana all’età di sette anni.
Con il passare degli anni, per noi, è diventato normale comunicare con il Malossi, anche se quando usciamo capita spesso che le persone ci guardino incuriosite.
Durante i soggiorni estivi per le persone sordo-cieche, ai quali partecipo con la mia famiglia, posso comunicare con altre persone sordo-cieche grazie a questo metodo. Per me il Malossi è indispensabile perché permette a tutte le persone di comunicare ed esprimersi.
Kahlil Gibran scriveva: Tu sei cieco e io sono sordo e muto: se la tua mano tocca la mia ci capiremo.»
Come dici amico Diario? Tutto questo è davvero molto bello?
Sono d’accordo con te. E aggiungo che questa storia di lavoro ben fatto, di tecnologia e di consapevolezza che per molti versi è meno ordinata, strutturata, coordinata di tutte le altre che in vario modo in questi anni abbiamo portato avanti forse racconta meglio di tutte le altre le grandi potenzialità del lavoro ben fatto, la sua straordinaria capacità di essere una forza motrice che mette in moto consapevolezza, visione, autostima, possibilità di cambiare noi stessi e il mondo che ci gira intorno.
Traspare dal lavoro e dal racconto di Federica, traspare dal lavoro delle ragazze e dei ragazzi di terza dell’Istituto Einstein – Nebbia di Loreto, in provincia di Ancona, che non te l’ho detto ancora ma è lì che lavora Federica, per la precisione al Nebbia, l’Istituto Alberghiero, mentre l’Einstein è l’istituto Commerciale.
Te le prometto, farò il possibile per andare al più presto a trovarli a scuola Federica e i suoi ragazzi della sezione M specializzazione Cucina, che sono anche gli autori delle foto.
Guarda, se proprio non ce dovessi fare per la fine di quest’anno sarà per l’inizio del prossimo, sono certo che sarà un’esperienza bellissima e poi non posso fare a meno di ringraziare queste/i ragazze/i e la loro prof.
Ringraziarli sì, perché con il loro lavoro stanno dimostrando che le cose si possono fare, magari un poco alla volta, magari aggiustandole per strada, magari facendo tesoro delle esperienze che si fanno, magari scontando la possibilità di fare errori. E soprattutto queste/i ragazze/i e la loro prof. con il loro lavoro stanno dimostrando che se le persone invece di aspettare che qualcuno gli porti i pesci decidono di imparare a pescare le loro possibilità di vedere i centimetri, come direbbe Al Pacino in Ogni maledetta domenica, e di conquistarli aumenta in maniera incredibile. Sì, io poi ci vado a Loreto, e come dico sempre porto il mio piccolo mattoncino da aggiungere alla costruzione ben fatta di queste/i ragazze/i. Ti tengo aggiornato.
CASO DI STUDIO 2017 – 2018
Stazione Piccolo Principe
Il Piccolo Principe all’Università
Il Piccolo Principe al I. C. Samuele Falco di Scafati
3° Circolo Didattico Don Lorenzo Milani, Modugno
Il Piccolo Principe disegnato da voi
2012 – 2018
Stazione Loreto: Istituto Alberghiero A.. Nebbia
Stazione Follonica: I.C. Follonica 1
Stazione Modugno: 3° Circolo Didattico Don Lorenzo Milani
Stazione Porchiano: I. C. Bordiga Porchiano
Stazione Scafati: I. C. Samuele Falco
Stazione Università: Comunicazione e Cultura Digitale
Stazione Scampia: ITI Galileo Ferraris
Stazione Roma: Istituto Comprensivo Pablo Neruda
Stazione Torre Annunziata: Liceo Artistico Giorgio de Chirico
Stazione Soccavo: 33° Circolo Didattico Risorgimento
Stazione Ponticelli: I. C. Marino Santa Rosa
Stazione Marcianise: Istituto Novelli
Stazione Nola: Liceo Carducci
LIBRI E BLOG
L’uomo che aggiustava le cose
Il coltello e la rete
#Lavorobenfatto
#LavoroBenFatto. Industria culturale 3.0 e …
Testa, Mani e Cuore
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