Il cammino di Settimio

Caro Diario, dopo mesi di idee e di esperimenti di narrazione eccomi finalmente con un nuovo racconto intervista, sono felice di presentarti Settimio Rienzo, come l’ho conosciuto io te lo dico alla fine, prima ti invito a leggere la sua storia, te la giro così come me l’ha raccontata dopo che gli ho mandato le mie tre spaziose domande.

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IL RACCONTO DI SETTIMIO

Caro Vincenzo la prima cosa che ti voglio dire è che sono innamorato di mia moglie e dei miei figli. La seconda è che sono uno spirito irrequieto (come diceva Chatwin) e un curioso, e quando mi incuriosisco troppo divento pericoloso perché amo immergermi nelle realtà per studiarle e comprenderle. Conosco tantissime persone e ritengo fondamentale nella vita le relazioni umane. Coltivare l’amicizia e la fiducia. Prendere e qualche volta dare, con gentilezza e semplicità.
Cerco di leggere tanto, perché i libri mi fanno viaggiare con la fantasia e sono da stimolo ai miei progetti. L’ultimo acquisto è “Il fungo alla fine del mondo: la possibilità di vivere nelle rovine del capitalismo” che però non ho ancora letto. Alterno saggistica a letteratura, ma devo ammettere che con tre figli a casa i momenti di lettura sono sempre più rari. Ogni tanto compro il Corriere di mercoledì con l’allegato che racconta storie belle, mentre il sabato compro Repubblica con Robinson, per i consigli su cosa leggere.
La città della mia vita è la città invisibile di Calvino. Ho viaggiato tanto e mi sono innamorato di tutti i luoghi che ho visitato e delle persone che ho incontrato. Sicuramente il primo viaggio da backpacker in giro per il Messico dopo la laurea è stato uno di quelli più forti ed entusiasmanti. Porto con me gli odori dei quartieri delle città in cui ho vissuto, l’incredibile biodiversità delle foreste tropicali, la spiritualità maya, l’oceano e le tortillas.
Tifo per il Napoli ed è forse un modo per tenere vicina una città che mi ha fatto crescere nella bellezza delle sue contraddizioni. Tra le canzoni che mi viene spesso voglia di cantare infatti c’è “Un angelo vero” di Pino Daniele.
Con la morte di mio nonno materno Vittorio ho perso i riferimenti che ci legavano alla terra. Soffro un po’, ti confesso, la mancanza di quelle azioni quotidiane che ci regalavano il cibo sano da mettere sulla tavola, come l’uovo sbattuto fresco preso direttamente dalla gallina, e che lui amava tanto fare per noi nipoti. Mi sono già attivato per recuperare il pezzo di terra di famiglia e ho piantato quest’anno per la prima volta degli alberi da frutto autoctoni, ancora però con scarsi risultati. Ti terrò aggiornato sugli sviluppi.

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Vengo alla voce lavoro per dirti che ho cominciato la mia esperienza lavorativa facendo il “cooperante”, che è quella figura che accompagna le comunità e gestisce progetti nei paesi in via di sviluppo.
L’esperienza di cooperazione è durata circa 5 anni nelle comunità “cafetaleras” del Guatemala indigeno, dove ho maturato una coscienza critica sulle dinamiche della globalizzazione ma anche sugli effetti dei soldi che la cooperazione spende in questi paesi.
Ho sempre cercato la possibilità di fare un lavoro “etico”, che potesse aiutare le persone e i territori. Ammiro, infatti, tutti quelli che con il proprio lavoro cercano di costruire una società migliore e più giusta. In fondo, è quello che secondo me va potenziato di più nel nostro Sud, un modo responsabile di fare impresa. Ed è quello che sto cercando di fare io con fatica. Ho scelto di occuparmi di progettazione europea in particolare nel settore della valorizzazione turistica e mi sono scontrato con le solite logiche della spesa in termini di PIL e non in termini di ricadute positive e di sostenibilità.
È stato così che è nata la sfida di “Cammini Bizantini”, con la voglia di portare al successo un progetto con poche risorse ma con una forte valenza etica.
Spesso, camminando per il Cilento e attraversando eremi e cenobi, mi sono chiesto se il nostro tentativo di portare i pellegrini fosse una violenza all’intimità e alla sacralità di questi luoghi. Poi però mi sono convinto che calpestare di nuovo gli antichi selciati, recuperare i collegamenti quasi scomparsi tra i borghi e valorizzare siti minori non più accessibili potesse in qualche modo aiutare a far rivivere la nostra labile memoria e avere effetti positivi sia sulla nostra identità e autostima sia sulle nostre deboli microeconomie.
I cammini nascono in un momento di grande esigenza civica, in cui si è alla ricerca di nuovi stimoli per agire. Da un lato il camminare come impegno politico, dall’altro come occasione per creare lavoro e sviluppo. Credo sia stato questo il mio cocktail motivazionale.
L’innovazione di rendere accessibili e gratuite le tracce a tutti i camminatori, la disponibilità ad accogliere insieme alle informazioni essenziali per organizzare la logistica hanno determinato il successo del primo dei cammini proposti “Il cammino di San Nilo”.
Sul portale Cammini Bizantini si trovano tutte le info del progetto gestito dall’Associazione Gazania, di cui io sono il Vice Presidente, che si occupa prevalentemente di ricerca. Intanto io ho “incubato” il mio progetto d’impresa grazie ad un campus organizzato dalla Fondazione Garrone e a breve nascerà il primo Tour operator solidale per l’incoming dedicato esclusivamente ai cammini e alla mobilità lenta.

Caro Vincenzo, in parte il perché per me il lavoro è importante, vale, l’ho appena raccontato, voglio aggiungere che sono grato ai miei genitori per avermi insegnato i valori più importanti della vita: mio papà l’onestà su tutti, mia mamma invece il lavoro e il sacrificio.
Amo abbinare la parola lavoro ad altre tre per dargli la forma e il significato più vicino alla mia idea: dedizione, serietà e fiducia. Per me il lavoro è un impegno quotidiano al quale dedicare tempo e concentrazione e che non può essere fatto di fretta. Richiede studio e cura dei dettagli, per fare, come dici tu, le cose ben fatte. Nei confronti delle persone bisogna essere precisi, onesti e trasparenti. Essere animati dalla responsabilità, sentire il peso di essere corretti con i nostri committenti.
In una società che riscopre questi valori, che riscopre cioè la propria dignità, si crea quell’ecosistema di collaborazioni e di scambio che genera sviluppo e opportunità lavorative per tutti. Le idee circolano più facilmente, nascono innovazioni, le persone investono nell’economia reale e il sistema più meritocratico genera fiducia. La diffidenza, il sotterfugio e la furbizia sono i nemici di chi lavora bene. Dobbiamo ritrovare la fiducia nelle persone e nelle cose che facciamo.
Ti lascio con una poesia che trovai scritta sulla parete dell’ostello che mi ospitò per la prima volta a Città del Guatemala, attribuita a Pablo Neruda che in qualche modo e in qualche forma mi motiva e mi sprona nelle mie battaglie quotidiane.

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LA POESIA DI PABLO NERUDA

Queda Prohibido
È proibito piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi.
È proibito non sorridere ai problemi,
non lottare per quello in cui credi
e desistere, per paura.
Non cercare di trasformare i tuoi sogni in realtà.
È proibito non dimostrare il tuo amore,
fare pagare agli altri i tuoi malumori.
È proibito abbandonare i tuoi amici,
non cercare di comprendere coloro che ti stanno accanto
e chiamarli solo quando ne hai bisogno.
È proibito non essere te stesso davanti alla gente,
fingere davanti alle persone che non ti interessano,
essere gentile solo con chi si ricorda di te,
dimenticare tutti coloro che ti amano.
È proibito non fare le cose per te stesso,
avere paura della vita e dei suoi compromessi,
non vivere ogni giorno come se fosse il tuo ultimo respiro.
È proibito sentire la mancanza di qualcuno senza gioire,
dimenticare i suoi occhi e le sue risate
solo perché le vostre strade hanno smesso di abbracciarsi.
Dimenticare il passato e farlo scontare al presente.
È proibito non cercare di comprendere le persone,
pensare che le loro vite valgono meno della tua,
non credere che ciascuno tiene il proprio cammino
nelle proprie mani.
È proibito non creare la tua storia,
non avere neanche un momento per la gente che ha bisogno di te,
non comprendere che ciò che la vita ti dona,
allo stesso modo te lo può togliere.
È proibito non cercare la tua felicità,
non vivere la tua vita pensando positivo,
non pensare che possiamo solo migliorare,
non sentire che, senza di te,
questo mondo non sarebbe lo stesso.
Non sentire che, senza di te, questo mondo non sarebbe lo stesso.

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SETTIMIO AND ME

Caro Diario, come ti ho promesso all’inizio rieccomi per raccontarti la mia parte nella commedia, che possiamo annoverare nella serie serendipitosa della mia vita a #Cip.
È un venerdì di fine luglio, Giuseppe mi chiama e mi dice che sta arrivando da Zi Filomena con il nostro amico Arnaldo Iudici, Settimio Rienzo, che dovrei conoscere ma non mi ricordo, Davide Manfrevola, un blogger di Roma che racconta storie su Instagram e una sua amica giapponese. Ah, naturalmente il giovane maestro Jedi mi chiede se voglio mangiare con loro ma declino l’invito, sta per arrivare Cinzia e aspetto lei, aggiungo che comunque ci sto, ci vediamo da Mario, e insomma la foto che fa da copertina alla storia di Settimio sintetizza questa parte qui del racconto.
Mentre arriva Cinzia, e poi anche dopo, io ho modo di conoscere Settimio e lui di attivare il mio sesto senso, per farla breve decido che le cose che mi racconta sulla sua vita e sul suo lavoro piaceranno a te, alle nostre lettrici e ai nostri lettori e gli chiedo di raccontarsi. Il resto lo sai, aggiungo solo che la sera, mentre Cinzia e io mangiavamo una meravigliosa pizza da Michele Croccia, sono arrivati Davide e la nostra amica giapponese (perché sì, il nome non me lo ricordo, appena legge la storia qualcuno me lo dirà e te lo scrivo, ma che siamo stati bene e in amicizia invece me lo ricordo) e abbiamo trascorso una bellissima serata, con annesso selfie finale, come puoi vedere dalla foto pubblicata da Davide sulla pagina social Cammino di San Nilo, insieme a un bel racconto recensione che voglio condividere con te perché mi sembra il modo migliore di concludere questo racconto.

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IL RACCONTO DI DAVIDE MANFREVOLA
Ciao a tutti, mi chiamo Davide e, pur essendo ormai passate due settimane dalla conclusione del cammino, ci terrei ad esprimere le mie considerazioni e i miei pensieri su questa fantastica avventura.
Pur non essendo al mio primo cammino, mi sono ritrovato coinvolto fin da subito nella splendida natura del Cilento.
A tutti quelli che non ci sono mai stati, non posso dire altro che… NON è assolutamente come ve la immaginate. Rigogliosa, misteriosa, verde, ad ogni tappa sembrava di esser in un posto diverso.
Senza parlare poi delle perle a fine tappa, come l’oasi dei Capelli di Venere a Casaletto Spartano, magnificamente spiegati da Arnaldo Iudici, o le grotte del Bussento a Morigerati, veri tesori naturali che già da soli valgono tutto il viaggio.
Ovviamente oltre al valore naturale, vi è anche quello umano. Tanti begli incontri fatti sul cammino, e ancora adesso porto nel cuore la bella giornata passata a Caselle in Pittari assieme ai membri di Cammini Bizantini.
Alcune considerazioni e suggerimenti per chi si approccia al cammino la prima volta.
Ci sono alcuni dislivelli che, seppur non troppo elevati, potrebbero rendere più difficoltoso il cammino di chi non è abbastanza allenato. Allo stesso tempo però, rispetto ad altri percorsi, è senza dubbio alla portata di tutti: basta un po’ di motivazione.
Io ho fatto il cammino in tenda in 8 tappe, dal 20 al 27 luglio.
Il caldo si sentiva soprattutto nelle ore centrali, ma partendo intorno alle 6 si stava benissimo e con calma si riusciva ad arrivare a destinazione entro mezzogiorno. Il mio zaino di 45 litri pesava intorno ai 9 chili, peso che ritengo perfetto per questo tipo di viaggi lunghi: tenda, materassino, sacco a pelo, un ricambio di vestiti e intimo, sapone e rasoio, kit di pronto soccorso e poncho anti pioggia.
Unica nota dolente del percorso è la segnaletica. In alcune tappe più presente, in altre come l’ultima a Palinuro praticamente inesistente. Senza le tracce gpx sarebbe stato impossibile orientarsi senza paura di perdersi.
Nota di merito però a Settimio Rienzo che ha accettato le mie critiche e mi ha spiegato tutte le problematiche relative all’organizzazione di un cammino come questo. Mi piacerebbe rifarlo tra qualche anno, per vedere i cambiamenti che ci saranno stati nel frattempo!
In conclusione, veramente un’ottima esperienza che porto nel cuore e consiglio a tutti coloro in cerca di qualcosa di diverso! Ringraziamenti di cuore a tutti coloro che ci hanno supportato lungo la via.

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POST SCRIPTUM DI VINCENZO
Caro Diario, come immaginavo l’ottimo Davide mi ha scritto il nome della nostra amica giapponese, si chiama Natsuki, ti prometto che adesso non lo dimentico più.