Caro Diario, questi racconti citati si stanno dimostrando una bellissima possibilità. Dopo Carlo, Laura e Simone tocca a Silva raccontarsi surfando, come direbbe il grande François Jullien, tra le nostre 8 più 1 citazioni.
Di Silva e dei nostri intrecci ti ho raccontato un poco qui e qui, perciò prima di lasciarti alla sua storia e ai suoi pensieri aggiungo soltanto che le sue connessioni generose sono un campo sul quale possono crescere molte cose belle, non so se te lo ricordi ma te ne avevo scritto in un articolo di quasi 4 anni fa che all’inizio si chiamava “Sangue e Link” e più tardi ho intitolato Delle Connessioni, quando vuoi lo puoi rileggere qui.
Come promesso mi fermo qui amico mio, buona lettura.
1. Pablo Neruda, Siam Molti
Di tanti uomini che sono, che siamo, non posso trovare nessuno: mi si perdono sotto il vestito, sono andati in altre città.
Ovvero: io, la mia famiglia, le amiche di sempre, le connessioni generose, le opportunità dell’Internet delle persone
Caro Vincenzo, questa citazione mi porta alla mente nell’immediato, la storia che sto vivendo ora, diciamo negli ultimi quattro anni.
Però la mia piccola vita si snoda lungo 47 anni; quindi vorrei ripercorrere qualche episodio che mi ha fatto diventare quella che sono.
Sono nata il 30 maggio del 73 nella casa dove ancora vivo oggi, a Gargallo, piccolo paese tra le colline novaresi. Terza di quattro figli di Caterina e Giuseppe, “cul dal Bartulamin”, il mio nonno paterno Bartolomeo, che non ho conosciuto. Due sorelle più grandi, sposate (Maura e Gabriella) un fratello più piccolo (Marco) e tre nipoti ormai più che maggiorenni (Francesca, Alessandro e Andrea). Una numerosa famiglia felice, molto legata, che nel 2016 perde il punto di riferimento più importante: mio padre.
Ricordo che quando ero piccola (d’età oltre che di statura) tutto il paese viveva di lavoro nelle fabbriche di calzature e lavoro nei boschi e nelle vigne.
Nelle estati degli anni delle scuole superiori trascorrevo i pomeriggi dagli zii che lavoravano tomaie, guadagnando qualche soldino per comprarmi i libri per la scuola. Tempi andati che però mi hanno formato insieme a molte altre cose che ti racconterò.
Anche la malattia che mi accompagna dai miei 18 anni (una forma parziale e lieve di epilessia) non mi ha mai limitato, anche se non sono una che prende, parte e va da sola.
Dopo la maturità con diploma di informatica ho cercato un lavoro ma nei primi anni 90 non era per niente facile trovarlo, per di più senza patente.
Una volta ottenuta, c’è stata una prima svolta. Dal 2000 lavoro come dipendente comunale a Borgomanero, cittadina a 5 km di distanza da Gargallo. Li ho trovato le amiche con cui condividere gioie, dolori, caffè e pausa pranzo: Angela, Mariolina e Roberta; il mio responsabile e amico Michele, con cui condivido il lavoro d’ufficio che mi ha voluta come madrina di battesimo dei suoi due figli.
Insieme a loro ci sono gli amici del coro parrocchiale e le tante persone che mi vogliono bene.
Ma veniamo al 2016: anno di cambiamento per molti aspetti.
Per un vero e proprio caso legato alle attività che faccio in parrocchia, si è aperto il mondo delle “connessioni generose” grazie all’Internet delle persone. Sono fortunata – ma questo l’ho imparato col tempo – perché se sai “abitare” questo mondo digitale nel modo giusto, ti si apre un mare di possibilità di conoscere nuove persone, instaurare rapporti sani, anche se fisicamente non ci si può incontrare.
Così sono entrati nella cerchia delle mie conoscenze Andrea Pietrini, spezzino di origine, trapiantato a Roma, Saverio Mancino, lucano di Pignola ma trapiantato a Roma pure lui, Mara di Campomarino in Molise: tre amici stupendi conosciuti grazie al progetto Orariosantemesse. Grazie alle mie amiche l’unico che fino ad oggi sono riuscita davvero ad incontrare è proprio Saverio, re incontrastato di Caciocavallo Impiccato.
E poi ancora Francesca Cerutti di Borgomanero ma trapiantata a Torino, Andrea Franzoso da Milano, Mario Moroni da Arluno, Jacopo Mele di Fisciano e tanti altri; ultimi, ma non per ordine di importanza, Raffaele Gaito e tu!
Tante persone, tante storie, tante vite in tante città, facilmente raggiungibili grazie ad Internet e ai Social Network. I miei blog sono pieni delle storie di queste persone, basta avere la pazienza di leggerle.
Quando sento che c’è del buono, che posso ricevere e donare, il contatto – seppur virtuale – non tarda ad arrivare. Così, eccomi qua.
2. Cesare Pavese, La luna e i Falò
L’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa.
Ovvero: l’umiltà nell’imparare cose nuove.
Ignorante è colui che ignora, quindi non sa.
E sempre, se capita di dover fare cose nuove, mi metto con pazienza e umiltà a cercare di farle nel modo migliore, che – alla fine – è quello giusto.
L’ignoranza non è per me un valore negativo; semplicemente una condizione in cui l’essere umano si trova rispetto a cose sconosciute.
Mentre scrivo mi torna alla mente Amelia, una donna anziana venuta nel nostro paese dalla Sardegna molti anni fa, insieme a tante altre famiglie dello stesso posto, emigrate per poter trovare un lavoro e condizioni di vita migliori.
Amelia era analfabeta, non sapeva nè leggere nè scrivere; eppure, quando andavo a trovarla per portarle la Comunione (sì, faccio anche questo) la trovavo seduta sulla sua poltrona con il suo libricino di preghiere – che ovviamente non sapeva leggere – ma che aveva imparato a memoria, probabilmente dai suoi genitori. Da lei ho imparato la caparbietà, e le preghiere in latino, perché ai suoi tempi i “Pater, Ave e Gloria” non si dicevano in italiano, come oggi.
3. Elias Canetti, La tortura delle mosche
Chi ha imparato abbastanza, non ha imparato niente.
Ovvero: le persone sempre uguali a sé stesse.
Questa citazione mi fa pensare alle persone che fanno il loro lavoro giusto per il necessario, sempre uguale, per come lo hanno imparato, magari vent’anni fa o più.
Le osservo e mi domando se si sono accorte che viviamo in un mondo in perenne cambiamento. Probabilmente no. O forse sì, ma preferiscono stare ferme senza porsi ulteriori problemi.
Io non ci riesco. E sono fortunata a lavorare in un team dove Michele, il mio responsabile (non a livello dirigenziale) è una persona che prende l’iniziativa e fa le cose fatte bene.
Per gente come noi il lavoro non termina quando si timbra il cartellino, è perennemente presente nei nostri pensieri, e le vacanze sono un periodo di “stacco” necessario per ricaricare le energie. Anche se spesso e volentieri, quasi fosse una regola scritta, se manca Michele qualche casino succede, e mi tocca di rovinargli le ferie con una chiamata o un messaggio.
4. Manifesto del Lavoro Ben Fatto, Articolo 3
Ciò che va quasi bene, non va bene.
Ovvero: la puntigliosità per le cose fatte bene.
Mi sono letteralmente innamorata di questa citazione: è da incorniciare ed attaccare alla porta dell’ufficio. O farne uno sfondo per il desktop del pc!
Battute a parte, ci ritrovo tutta me stessa.
In tutte le cose che faccio sono piuttosto puntigliosa, soprattutto se si tratta di lavoro.
Raramente mi arrabbio con le persone, ma “storco spesso il naso” quando vedo il lavoro fatto da altri grossolanamente, senza la giusta cura. Non si tratta di essere “perfetti”, nessuno lo è, permettimi perciò di farci rientrare un altro concetto del tuo Manifesto: connettere cervello e mani sarebbe già qualcosa; se ci mettiamo un po’ di cuore, un po’ di cura forse allora realizzeremmo un lavoro ben fatto!
5. Thomas A. Edison
Il genio è l’uno per cento ispirazione, il novantanove per cento sudore.
Ovvero: le idee, la realizzazione, i risultati.
Grazie a questa citazione posso raccontare le mie idee, l’impegno, la dedizione e i risultati.
Di natura sono una persona propositiva, con un sacco di idee che amo definire “usa e getta”, anche se sarebbe più corretto metterci una “o” al posto della “e”.
“Usa o getta”: quante volte mi è capitato, soprattutto nelle cose che faccio in parrocchia, di proporre idee da realizzare per un momento di preghiera, un’attività per i ragazzi, sempre con questa premessa.
Saranno i lunghi anni di esperienza, un po’ di buonsenso o la propensione per fare cose sensate, ma le mie idee sono sempre ben accolte.
La formulazione dell’idea deve tener conto del tempo e dell’impegno per portarla a compimento, e anche sotto questo aspetto mi posso dire una persona piuttosto ben organizzata, che sa valutare anche tempi e aspetti operativi.
Sarò anche fortunata perché ho tempo libero da dedicarci, ma a volte mi ritrovo sola. È tanto bello invece quando anche altre persone danno il loro aiuto: la fatica si divide e i risultati di tanto sforzo vengono puntualmente ripagati.
Se hai un minuto di pazienza ancora vorrei accennarti la mia passione per il blog: in questi ultimi quattro anni ho scoperto che adoro scrivere (te ne sarai accorto).
Anche qui le idee non mancano, lo stile c’è, ed è con vera passione che mi sono costruita questo spazio tutto mio.
Serve lo studio? Certo. È indispensabile se vuoi fare le cose fatte bene. Per questo seguo regolarmente due mentori che considero ormai amici: Raffaele Gaito e Riccardo Scandellari, di cui apprezzo professionalità, competenza ma anche gratuità e gentilezza.
6. Philip Roth, Perché Scrivere
Primo Levi: Ad Auschwitz ho notato spesso un fenomeno curioso: il bisogno del lavoro ben fatto è talmente radicato da spingere a far bene anche il lavoro imposto, schiavistico. Il muratore italiano che mi ha salvato la vita, portandomi cibo di nascosto per sei mesi, detestava i tedeschi, il loro cibo, la loro lingua, la loro guerra; ma quando lo mettevano a tirar su muri, li faceva dritti e solidi, non per obbedienza ma per dignità professionale.
Ovvero: l’importanza di fare bene qualsiasi lavoro.
Come ti ho detto, da vent’anni lavoro come dipendente comunale, ma gli anni dal 92 al 99 non sono stati certo facili.
Non si trovava lavoro, e non pretendevo certo un impiego corrispondente agli studi fatti. Così mi sono adattata a fare prima l’aiutante in un negozio di frutta, verdura e fiori nel mio paese, poi un brevissimo periodo in fabbrica a montare pezzi di rubinetti, e anche l’ausiliaria in corsia in ospedale. Mi sono adattata a fare di tutto, sempre con il massimo impegno. Non sono mai stata una persona ambiziosa, piuttosto una persona umile, sempre a disposizione per tutti.
7. Walter Isaacson, Steve Jobs
[…] Suo padre gli aveva inculcato un concetto che gli era rimasto impresso: era importante costruire bene la parte posteriore di armadi e steccati, anche se rimaneva nascosta e nessuna la vedeva. Gli piaceva fare le cose bene. Si premurava di fare bene anche le parti che non erano visibili a nessuno.
Ovvero: la mia cura per i lavori accessori.
Cosa sono i lavori “accessori”? È presto detto: quei lavori di background che sembra che siano una perdita di tempo, ma – se fatti bene – ti facilitano poi il lavoro principale.
Torniamo nel Comune. Il mio lavoro quotidiano. Lavoro nell’ufficio che ha in mano la gestione informatica dell’intero Ente. Abbiamo programmi gestionali che ci permettono di erogare i servizi ai cittadini, forniti da softwarehouse che ti danno un prodotto.
Diciamo che quel prodotto “promette 100” e lo paghi perché funzioni per 100. Bene. Quasi nessuno sfrutta le 100 possibilità del prodotto in questione, nemmeno io. Ma di quelle 100 funzioni almeno 50 se non di più sono servizi “accessori” che servono per facilitare le 20 – 30 funzioni principali.
Ecco. A me piace scavare lì sotto. Capire come funziona il background, come può facilitare la funzione principale. E se qualcosa non va come dovrebbe, caro fornitore mi fai il piacere (macché piacere, ti pago per questo!) di farmi funzionare tutto come prometti.
Sul mio lavoro sono proprio così. Determinata!
Mi piace capire tutto (o almeno la maggior parte) di quello che posso usare perché sia più snello il risultato finale. Che, nel mio lavoro, non è amor proprio o soddisfazione personale, ma è un servizio per la comunità.
8. Luca e Vincenzo Moretti, Il lavoro ben fatto
Una vita senza lavoro è una vita senza significato, pure se tieni i soldi.
Ovvero: l’esperienza della disoccupazione.
Come ho raccontato un paio di citazioni fa, prima del mio attuale lavoro ne ho fatti altri e di tutti i tipi.
Lavorare è bello. Dà senso alla vita.
Ricordo un aneddoto legato al mio primo legame con il mondo del lavoro. Finiti gli studi si apriva il Libretto di Lavoro in Comune.
E si chiedeva il Codice Fiscale in quello che oggi è l’Agenzia delle Entrate.
Ci sono andata con mio padre. Me lo ricordo come fosse oggi, la stessa storia che si ripete da una vita e che mi porterò fino alla tomba.
Impiegata:”come si chiama?”
Io: “Giromini Silva Maria”
E puntualmente l’impiegata ripete: “Giromini Silvia….”
Mio padre la blocca con un sonoro:”Noooo… Silva, sennò non prenderà mai la pensione!”.
Il mio Libretto di Lavoro ha fatto diversi viaggi, tra ditte e INPS: lavoro e assegno di disoccupazione. Che sarà pure un diritto, ma non è una cosa tanto felice.
Timbri e date.
Meglio, molto meglio lavorare, qualsiasi cosa si trovi.
Ma devi farla bene. Sennò sei un intralcio più che una risorsa.
9. Silva Giromini, La citazione sospesa
Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare. (Vangelo di Luca 17,10)
Ovvero: la via del servizio, del donarsi agli altri.
Non si può raccontare la mia storia senza parlare della mia fede cristiana e del servizio per la mia comunità.
Ho parlato molto del mio lavoro e solo qualche accenno a quello che faccio nel mio tempo libero. Quasi totalmente è dedicato al servizio – del tutto volontario – per la mia comunità parrocchiale.
E questo aspetto nella mia vita ha lo stesso peso e la stessa importanza della famiglia e del lavoro.
La consapevolezza che si può fare della propria vita un dono non è una cosa che nasce dall’oggi al domani, ma si crea e si modella grazie alle persone che ti accompagnano in questo viaggio. Fin da piccola in famiglia, poi seguendo un cammino che non ha un punto di arrivo, ma ogni giorno si arricchisce di senso e significato.
La citazione che ho scelto apparentemente potrà suonare strana: perché mi piace essere “servo inutile”? Chiunque, non necessariamente in un contesto di fede, può vivere con questo stile, che è molto simile ai principi del lavoro ben fatto: ci si mette al servizio degli altri facendo ciò che si deve fare (rendendosi utili) e quando quella cosa si è fatta si torna ad essere inutili, pronti a ridonare sé stessi, in spirito di umiltà e senza pretendere nulla in cambio.
Ecco, io sono così.