Caro Diario, oggi ti racconto di Roberto Paura, è tanto che lo volevo fare, ci conosciamo da un paio di anni, e i tag con i quali l’ho inquadrato sin dalla prima volta che l’ho visto – mi aveva invitato a partecipare alla discussione che ho raccontato qui – sono stati #profondità, #mitezza, #rigore, #competenza. Ti confesso che più lo conosco più mi faccio l’idea che mentre noi cerchiamo i modi per aumentare la realtà, lui abbia già trovato la maniera per aumentare il tempo, perché altrimenti non mi spiego come riesca a fare bene tutte le cose che fa. Come ti dicevo è da un po’ che giro intorno all’idea di raccontarlo, quando ha tenuto la sua bellissima lezione per il corso di Comunicazione e Cultura Digitale a Unisob sono stato lì lì per farlo, ma poi sai come accade, mi sono perso di nuove in mille cose e addio. È stato qualche giorno fa, dopo aver letto il suo ultimo libro, Universi Paralleli, Edizioni Cento Autori, che mi sono deciso.
Come dici caro Diario? Vuoi che ti racconti il libro? Lo farò, ma non ora e non qui, perché per parlarne come merita ho bisogno che i pensieri si posino, quello che ti posso dire da subito è che l’ho trovato impegnativo, magistrale e meraviglioso.
Impegnativo perché in fisica sono un ciuccio esagerato, mio figlio Riccardo mi ha dovuto spiegare persino la differenza tra energia cinetica ed energia potenziale. Magistrale perché Roberto ti accompagna con leggerezza in questo viaggio sorprendente in cui a un certo punto le idee sembrano più numerose delle stelle, non so se mi spiego. Meraviglioso perché questa possibilità degli universi paralleli apre orizzonti niente male, non ti dico cosa mi sta passando per la mente, pensa solo all’idea di altri mondi dove conosco la fisica o la matematica, o dove so aggiustare la lavatrice, o dove mio fratello non è stato vinto dalla malattia; credimi, con ognuna di queste possibilità ci si può scrivere un racconto.
Insomma fidati, il libro è bello assai, e poi in testa a ogni capitolo ci sta un incipit di Jorge Luis Borges, il mio scrittore preferito, con brani da due dei suoi racconti più straordinari, Il Giardino dei sentieri che si biforcano e La biblioteca di Babele.
Insomma, per farla breve, appena ho finito di leggere il libro gli ho inviato le domande, e quando ho letto le risposte ho capito che quello che temevo si era avverato, nel senso che ha fatto tutto lui, non era proprio il caso di metterci le mani, rischiavo solo di peggiorare le cose. Buona lettura.
«Ciao Vincenzo, che dire di me? Che sono un gran lettore e uno scrittore compulsivo, per cui tutto quello che faccio e che ho fatto orbita intorno a questa dimensione. Mi piace molto la saggistica – storia, scienze, filosofia, sociologia, politica, attualità – mentre con la narrativa ho un rapporto più complesso: sono un grande appassionato di fantascienza – Asimov, Dick, Lem, Le Guin, Stephenson – ma mi piace la narrativa d’idee, non quella d’azione. Ho un debole per la letteratura dell’Ottocento – Tolstoj, Stendhal, Hugo, soprattutto Dumas – e da un anno ho iniziato a cimentarmi con Proust Alla ricerca del tempo perduto. Più in generale mi piacciono tutti i testi che richiedono una sfida al lettore, che non si propongono come semplici passatempi.
Quando sono a casa, la musica riempie continuamente la mia giornata. Come ascoltatore ho fatto un lungo apprendistato nella musica classica, oggi però sono particolarmente in fissa con le colonne sonore, i musical, le composizioni di musica sinfonica contemporanea. Adoro in particolare Max Richter, Michael Nyman, Philip Glass, Vangelis, Ennio Morricone.
Vedo pochi film, e si può dire che non veda per nulla le serie televisive, se non in casi eccezionali. Cerco in ogni caso di restare al passo con il cinema di fantascienza e di non perdermi le novità rilevanti quando escono nelle sale.
Tra i titoli che mi hanno formato la saga di Guerre Stellari, Jurassic Park, Solaris (quello di Tarkovskij), Gattaca, The Truman Show, Inception, Interstellar e poi naturalmente la trilogia del Signore degli Anelli. Ebbi la fortuna di leggere Tolkien nel 2000, un anno prima dell’uscita del primo film, e non puoi avere idea della meraviglia del ragazzino che vede il mondo che aveva immaginato prendere vita così magistralmente sullo schermo.
Aggiungo in ordine sparso che mi piace anche camminare, quando possibile anche per molti chilometri, nella natura; guidare fuori dalla città, per ore; i treni e le navi, ma non gli aerei; la mia città, nonostante tutto; le Dolomiti e il mare del Cilento; i gatti (ne ho due) e i cani (ne ho una); i dolci, di tutti i tipi; i bagni caldi, anzi bollenti; i cataloghi di libri usati; le riviste culturali (ne ricevo parecchie su abbonamento); le librerie; le biblioteche; passare qualche ora con gli amici di sempre; le mappe; le case: in un’altra vita vorrei fare l’agente immobiliare.
Non mi piacciono un sacco di cose, ovviamente, ma sarebbe troppo lungo elencarle. Le persone cerco sempre di farmele piacere, per quanto possibile. Ritengo che capirne le motivazioni sia un esercizio faticoso ma utile.»
«Non ti saprei dire qual è stato il primo lavoro. Avendo iniziato a usare il computer dall’età di 10 anni, pur non essendo un informatico, mi è capitato fin da quando ero a scuola di realizzare siti Internet. All’università ho arrotondato le borse di studio con la vendita delle dispense che scrivevo per i miei esami – a un prezzo popolare: 3 euro – poi più tardi con qualche consulenza per le tesi di laurea; uno stage alla Prefettura di Napoli, nell’ufficio cittadinanza; poi alla segreteria della mia Facoltà, Scienze Politiche; ho fatto il tutor di una classe di studenti delle superiori per un progetto europeo, spiegavo i trattati dell’Unione e in particolare la Carta dei Diritti Fondamentali. Nel 2009 sono stato per tre mesi a Pretoria, in Sudafrica, per uno stage all’Istituto Italiano di Cultura, che oltre a essere stato un’esperienza enormemente formativa dal punto di vista della conoscenza di altre culture mi è servito anche per la mia tesi di laurea magistrale. Dopo la laurea e il master, ho trascorso qualche settimana in una microscopica azienda di Roma che lavorava nei servizi al mondo diplomatico ma mi licenziai per la paga da fame; poi ho iniziato a collaborare – regolarmente retribuito – come editorialista scientifico per Fanpage.it, e ho continuato fino all’ottobre 2013. Nel dicembre 2011 sono arrivato a Città della Scienza, prima con uno stage, poi con una serie di contratti fino al gennaio 2015. A Città della Scienza mi sono occupato di tantissime cose, dalla redazione dei contenuti del sito Internet alle traduzioni in inglese, dallo sviluppo di siti per eventi speciali all’organizzazione della programmazione culturale di tre edizioni di Futuro Remoto, la manifestazione sui temi della scienza e dell’innovazione che si tiene a Napoli ogni anno, e poi tantissime interviste, comunicati stampa, conferenze e via dicendo.
Le cose che faccio oggi sono principalmente tre:
Nel 2013 ho fondato l’Italian Institute for the Future, con un gruppo di amici e colleghi di università e di lavoro, un’organizzazione no-profit che svolge attività di ricerca, formazione e divulgazione sull’anticipazione degli scenari futuri. Dirigo la rivista dell’Istituto – Futuri -, organizzo eventi, convegni, conferenze, mi chiamano spesso per tenere relazioni in giro per l’Italia sugli scenari futuri; è un lavoro stimolante che richiede di studiare sempre cose nuove e ti permette di conoscere tanta gente interessante.
Nel settembre 2015 ho vinto una borsa di ricerca per un dottorato in Comunicazione della Scienza all’Università di Perugia, finanziata dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e faccio ricerche sulle logiche della divulgazione della fisica teorica contemporanea e sui problemi della pseudoscienza.
Infine, scrivo: il mio primo libro è stato La strada per Waterloo, sul declino e la caduta dell’Impero Napoleonico (la figura di Napoleone mi accompagna da bambino, da quando lessi la Storia d’Italia a fumetti di Enzo Biagi), pubblicato da Odoya; poi, sempre con Odoya, nel 2015 è uscito Storia del Terrore, una storia del periodo più drammatico della Rivoluzione francese, tra il gennaio 1793 e il luglio 1794, con la caduta di Robespierre, e nel 2016 Guida alla Rivoluzione francese. Quest’anno è uscito infine Universi paralleli, un libro di divulgazione scientifica che inaugura la collana “Megaverso” delle Edizioni Cento Autori, di cui sono curatore. Ma scrivo anche per diverse testate, in particolare per Quaderni d’altri tempi, una rivista di studi culturali di cui sono redattore dal 2006, quando avevo solo 19 anni.
Occupandomi di futuro, il tema del lavoro è una costante nella mia attività di ricerca. Andiamo verso una società post-lavoro? Tutto lo lascia credere, se per lavoro s’intende l’occupazione salariata, quella che a Napoli chiamiamo ‘a fatica. Ma il lavoro è anche altro, è il fatto che, come diceva qualcuno, l’uomo non riesce a starsene seduto in una stanza: deve fare, agire, cambiare le cose. Per me il lavoro è ciò che ci fa sentire vivi, che ci dà uno scopo, che ci fa andare a letto stanchi ma contenti, o comunque sempre con qualcosa a cui pensare; ed è anche una valvola di sfogo, quando qualcosa nella propria vita non va sai che, se ti impegni in qualcosa e cerchi di dare il massimo nonostante tutto, il problema per un po’ lo riesci a tenere lontano. Dopodiché, non deve diventare una malattia: dobbiamo sempre ritagliarci lo spazio per l’ozio, che non è il contrario del lavoro, ma il suo contraltare; non c’è lavoro senza ozio.»
Ecco, caro Diario, questo è Roberto. Ti confesso che adesso che ho riletto il finale con la storia dell’ozio che fa da contraltare al lavoro mi sono convinto definitivamente: ha trovato il modo di aumentare il tempo, di far durare la giornata non dico 48 ma 36 ore di certo.
Come dici? Sto scherzando? Niente affatto, guarda che se adesso non mi dice come fa tra me e lui si crea un problema serio. A me lo deve dire, sono una persona che sa tenere un segreto, però lo devo sapere, che io con le 24 ore sto da tempo in difficoltà. Sì, sì, stai tranquillo, ti tengo informato.