IL PROGETTO
A scuola di lavoro ben fatto, di tecnologia e di consapevolezza
LA SCUOLA E LE CLASSI
I.C. 83 Porchiano Bordiga, Ponticelli, Napoli
Prima A e Prima E Scuola Primaria
ALTRE STORIE DELLA 1° A E DELLA 1° E
Mamma Teresa e la spada nella roccia
Le letterine della Prima E, Marc-Alain Oauknin e Primo Bordiga
IL DIARIO DI CLASSE
11 Ottobre 2016; 12 Ottobre 2016; 13 Ottobre 2016; 16 Ottobre 2016; 17 Ottobre 2016; 18 Ottobre 2016; 19 Ottobre 2016; 21 Ottobre 2016; 30 Ottobre 2016; 4 Novembre 2016; 9 Novembre 2016; 14 Novembre 2016; 16 Novembre 2016; 20 Novembre 2016; 23 Novembre 2016; 7 Dicembre 2016; 21 Dicembre 2016; 19 Gennaio 2017; 7 Febbraio 2017; 8 Febbraio 2017; 10 Febbraio 2017; 22 Febbraio 2017; 16 Marzo 2017; 10 Aprile 2017; 12 Aprile 2017; 30 Maggio 2017;
UN TUFFO NEL PASSATO
Seconda C Scuola Media – 12 Maggio 2016
11 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, è da poco iniziato il secondo anno da dirigente scolastica della mitica Colomba Punzo al I.C. 83 Porchiano Bordiga e quest’anno si comincia come si deve, anzi di più, perché le prime classi elementari con le quali cammineremo sulle vie del #lavorobenfatto, della #tecnologia e della #consapevolezza sono due.
Lo so, Diario mio, per molti aspetti sarebbe stato meglio cominciare con una sola, però se Colomba scrive «Vincenzo, assieme alle due docenti di Prima cui già ti ho parlato, Amalia Muneghina e Assunta Carullo, ce ne sarebbe un’altra interessata a sperimentare il nostro percorso, si chiama Lina La Gatta, è una giovane che è appena arrivata, è laureata in sociologia e si è occupata di nuove tecnologie, io vorrei coinvolgerla ma per farlo bisogna aggiungerla, che facciamo?» non è che puoi far finta di non capire che te lo sta chiedendo ma allo stesso tempo ti sta dicendo che bisogna fare come dice lei. Come le ho risposto? Così: «e che vuoi fare Colomba, facciamo come le pizze di Peppeniello in Miseria e Nobiltà e le classi passano a due». Tieni conto però che oltre alle docenti, che come sai sono le uniche persone davvero decisive quando devi portare avanti un lavoro di questo tipo, quest’anno ci sarà con me anche Irene Casa, una delle studentesse del Suor Orsola che l’anno scorso ha seguito il corso all’università e che insieme alla prof. Maria D’Ambrosio abbiamo pensato di coinvolgere nelle nostre attività perché – come avrebbe detto sempre lui, il Principe De Curtis – «è una studentessa che studia e ha la testa al proprio posto, cioè sulle spalle».
Ecco, direi che per adesso è tutto, anzi no, perché come ogni volta e più di ogni altra volta sono emozionato assai al pensiero di questa nuova avventura che ha inizio.
12 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, sono di ritorno da I.C 83 Porchiano Bordiga e sono stanco, emozionato e felice.
Il primo giorno è quello in cui accadono sempre tante cose che poi tu hai bisogno di un po’ di tempo per metterle in ordine, comunque ti faccio un primo riassunto degli avvenimenti che altrimenti poi dici che metto troppa carne a cuocere e non si capisce niente.
1. Ho sbagliato tre volte strada, per fortuna che c’era il sole e non pioveva perché camminare sotto la pioggia mi rattrista;
2. Ho incontrato la Preside Colomba Punzo, le tre docenti della I° A – Amalia Muneghina, Assunta Carullo e Mariarosaria Calace, la docente della I° E, Lina La Gatta e il suo collega Lello De Gregorio e naturalmente le bimbe e i bimbi delle due prime anche se non tutte/i perché alcune/i erano assenti causa malattie di stagione;
3. Sono stato una cinquantina di minuti in ciascuna delle classi, che cosa abbiamo fatto te lo dico tra un attimo;
4. Sono tornato in Presidenza dove ho potuto lavorare un’oretta grazie alla gentile disponibilità della mia amica Colomba;
5. Abbiamo fatto una riunione all’uscita delle/dei bimbe/i dalla scuola con le insegnanti delle due classi e la Preside per confrontare un po’ di idee dopo la prima giornata e alcune linee guida che ci accompagneranno durante tutto l’anno. Voglio aggiungere a questo proposito che mi ero ripromesso di far durare la riunione non più di 15 minuti immaginando che le docenti dopo una giornata di lavoro avessero la necessità di fare ritorno a casa, mentre invece ci siamo trattenuti oltre un’ora perché hanno voluto discutere, approfondire, ragionarci su. Perché te lo dico? Perché a volte è facile fare di tutta l’erba un fascio, e quando si parla dei docenti anche di più, e invece sono in tante/i quelli che il loro lavoro lo fanno davvero con grande professionalità e passione.
Come dici? Non ti ho detto ancora nulla di quello che abbiamo fatto in classe? Calma, ci sto arrivando, e questo cos’è, vado di fretta e ti lamenti, vado piano e ti lamenti, insomma non sei mai contento.
Allora, innanzitutto mi sono presentato e ho chiesto alle/ai bambini di presentarsi, e qui la prima mazzata in fronte, perché quando ho detto che ho 61 anni e che potrei essere il loro nonno mi hanno fatto notare che nella maggior parte dei casi i loro nonni hanno meno di 50 anni, e questo suggerisce forse qualcosa di significativo su cosa significano le parole famiglia e figli al centro e in periferia, ma di questo ne parliamo un’altra volta. Dopo che ci siamo presentati, abbiamo scritto alla lavagna una cosa che sappiamo fare bene e una che inveco non sappiamo proprio fare, e naturalmente quando dico abbiamo scritto vuol dire che ho scritto io e hanno scritto le maestre che per le/i bimbe/i è ancora troppo presto per scrivere.
Come puoi vedere dalla foto nella Prima A il risultato è stato il seguente:
Io: so raccontare, non so cucinare; Antonio sa giocare a calcio e non sa scrivere; Salvatore sa giocare a calcetto e non sa scrivere; Pasquale sa correre ma non sa giocare a pallavolo; Miriam sa disegnare ma non sa giocare a pallavolo; Gianni sa fare la boxe ma non sa allacciarsi le scarpe; Matteo sa giocare a calcio ma non sa cucinare; Anna sa disegnare ma non sa attaccare i lacci delle scarpe; Cristina sa giocare a palla ma non sa correre; Toni sa giocare a pallone ma non sa attaccare i lacci; Fiorella sa giocare a mamma e figlia ma non sa correre; Angela sa correre ma non sa giocare a basket; Michele sa fare i pesi ma non sa affogarsi nella piscina; Carmen sa fare la frittata di maccheroni ma non sa fare il bagno da sola.
Nella Prima E invece, anche qui la foto può aiutarti, è venuto fuori che:
Errico sa scrivere il suo nome ma non sa leggere; Angelo sa disegnare ma non pattinare; Genny sa giocare a pallone ma non sa cantare; Ciro sa cucinare ma non sa pattinare; Salvatore sa cucinare ma non sa leggere; Daniela sa portare la bici ma non sa posare le cose; Raffaella sa andare a cavallo ma non sa togliere la tavola; Morena sa pattinare ma non sa fare le capovolte; Maria sa disegnare ma non sa leggere; Chiara sa andare in bici ma non sa portare la bicicletta senza rotelle; Anna sa andare a scuola ma non sa andare in bici; Francesca sa cucinare e apparecchiare ma non sa leggere.
Cosa aggiungere ancora? Magari tre cose:
1. Non abbiamo fatto solo questo, in prima A abbiamo anche saputo chi delle bambine/i ha già usato un cellulare o un tablet mentre in Prima E abbiamo saputo quali lavori fanno i genitori delle/dei bimbe/i, ma questo te lo racconto domani amico Diario, così ti dico anche delle favole di Cappuccetto Rosso e della Bella e la Bestia.
2. Che nella prima foto alla lavagna ho scritto io e nella seconda ha scritto la maestra Lina, e la differenza si vede, dato che sono stato sempre un disastro con la calligrafia.
3. Che contiamo molto sul genio e sulle capacità di queste bimbe e di questi bimbi per raccontare la più bella storia che abbiamo mai scritto di #lavorobenfatto, di #tecnologia e di #consapevolezza. A tutto il resto ci penserà la bravura delle/dei loro maestre/i.
13 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, prima di raccontarti un po’ delle cose che ho lasciato in sospeso ieri ti voglio presentare Amalia Muneghina, una delle maestre con cui lavoro, che ho chiesto a ciascuna/o di loro di scrivere qualche riga di auto presentazione, perché mi piace l’idea che chi ci legge ci conosca almeno un po’ come siamo, che poi quando sarà possibile magari questo lavoro lo faremo fare pure alle bimbe e ai bimbi, ma intanto leggi cosa ha scritto di sé la nostra Amalia:
«Ciao Vincenzo, ho 52 anni, sono sposata e ho due figli. Sono insegnante di scuola primaria da circa 26 anni, 24 dei quali trascorsi qui all’I.C. 83 Porchiano Bordiga, dove sono arrivata nel 1992. Sono una persona che ama molto il suo lavoro ed è molto esigente con se stessa e con gli altri. A dirla con le parole dei miei figli, sono un tipo pesante assai, che pensa che tutto deve andare sempre in un certo modo, in realtà penso di essere soltanto una persona che quando fa una cosa le piace farla bene. Adoro la matematica e non sono assai brava a realizzare lavori manuali. A scuola ho svolto incarichi vari (responsabile di plesso, referente delle attività motorie e referente progetto ministeriale “Frutta nelle scuole”) e sono la RSU di Istituto. Di carattere sono un po’ apprensiva ma anche molto testarda; molto protettiva verso gli altri, cerco sempre una soluzione ai problemi. Amiche e amici mi chiamano “la dottoressa”, perché ho una certa capacità di individuare le malattie e suggerire la cura, che puntualmente è la stessa che dà loro il medico vero, e così capita che gli amici mi cerchino per un consiglio quando hanno qualche piccolo problema di salute. Mio figlio fa l’orologiaio e a casa mia c’è una vera passione per gli orologi, a parte me, che con l’orologio non vado molto d’accordo, perché insomma sono una accanita ritardataria e i miei amici anche a questo ormai si sono arresi. Infine sono una grande appassionata di calcio e sono tifosissima del Napoli, da ragazza andavo allo stadio con mio padre e, anche quando pioveva, non mi fermava nessuno.»
Ecco caro Diario, adesso che ti ho raccontato un poco della maestra Amalia, che lei naturalmente è molto di più, ti voglio dire che quando nella Prima A abbiamo chiesto alle/ai bimbe/i se hanno mai usato telefonini, tablet e simili è venuto fuori che: «Carmen con il telefonino ha inviato un SMS alla mamma e le ha scritto Hei; Michele ha telefonato alla mamma e ha giocato; Anna con il telefonino ha chiamato il papà; Antonio con il telefonino ha fatto foto e ha letto; Gianni ha telefonato al papà con il telefono di mamma; Angela con il telefonino e con l’iPad ha giocato; un altro bimbo o bimba (mi accorgo adesso che non ho scritto il nome, mannaggia a me) ha fatto la foto alla sorellina e ha telefonato al papà; Miriam ha mandato un Sms alla mamma con scritto ti voglio bene».
Quando invece nella Prima E invece abbiamo chiesto alle bimbe e ai bimbi che lavoro fanno i loro genitori abbiamo scoperto che: «Errico ha il papà il meccanico auto e la mamma estetista; Angelo operaio edile e casalinga; Genni idraulico e casalinga; Ciro marittimo e casalinga; Salvatore il lavoro del papà non lo sa e mamma casalinga; Daniela salumiere e la mamma aiuta il papà; Raffaella operaio telefonico e casalinga; Morena il papà non ce l’ha e mamma estetista; Maria imbianchino e casalinga; Chiara fruttivendolo e casalinga però prima è stata operaia; Anna operaio e operaia; Francesca venditore e casalinga».
L’ultima cosa che ti devo dire riguarda le favole, ho cercato di confondere un po’ le acque con Cappuccetto Rosso e La Bella e la Bestia, che a me le favole tradizionali non sono mai piaciute troppo, ma devo ammettere che non ho avuto molto successo. Però ci stanno delle foto divertenti, che poi magari più avanti te le faccio vedere.
Ecco, direi che per adesso è tutto, naturalmente appena ci sono delle novità ti scrivo.
16 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, lo so che è Domenica e che sono passate da poco le 10 di sera, ma io adesso l’ho vista la bio di Assunta Carullo e non mi va di aspettare domani, magari qualcuna/o stasera ha un po’ di tempo e domani no, e poi l’ho letta e mi è piaciuta un sacco, insomma eccola:
«Ciao Vincenzo, all’idea di dover scrivere una biografia ho rabbrividito. Scrivere di sé non è come fare una passeggiata per chi non è abituato a “raccontare”, allora ho preso la coraggiosa decisione di affidarmi all’opinione del più severo giudice di casa, mia figlia Diana. Ecco cosa dice di me:
Mia mamma si chiama Assunta, ha 51 anni portati benissimo ovviamente. Dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Magistrale si è iscritta alla facoltà di Pedagogia dell’Università di Fisciano, seguendo le orme di sua madre e delle sue zie.
Nella sua vita avrebbe voluto fare altro; il suo più grande sogno era diventare una ballerina di danza classica, ma per dedicarsi allo studio (essendo orfana di padre da piccolissima) non è riuscita a portare a termine il suo percorso in Accademia. Tuttavia non ha mai abbandonato la sua passione per tutto ciò che ha a che fare con il mondo del balletto trasferendo questa passione a me.
Le porte dell’insegnamento si sono aperte per lei quando era ancora giovanissima; all’età di 21 anni ha iniziato le prime supplenze per poi diventare di ruolo. Inizia così la sua “vita nella scuola”; prima 11 anni nella scuola dell’infanzia poi nella scuola primaria.
Mia mamma è una persona molto esigente, sa guardare oltre il potenziale di ogni singola persona e spinge sempre i suoi alunni a dare il meglio di sé nei limiti delle loro possibilità. Oltre ad essere una maestra a tempo pieno si è sempre impegnata in altre attività della scuola portando a termine gli incarichi con soddisfazione e precisione ottenendo la totale “fiducia” del suo dirigente.
Questa continua apprensione per il suo lavoro non le impedisce però di essere una madre magnifica, pronta ad assecondare i sogni e i desideri dei suoi figli. I suoi occhi di ghiaccio potrebbero dipingerla come una persona autoritaria, e in effetti a volte può sembrarlo davvero. Ma dietro il suo carattere forte si nasconde una profonda sensibilità che in pochi sono capaci di cogliere.
Lei per me è un esempio di tenacia.
Ottenuto il lavoro, infatti, avrebbe potuto tranquillamente fermarsi con gli studi, eppure dopo molti anni decise di portare a termine quel percorso universitario che aveva lasciato in sospeso. Ancora ricordo quando studiava per l’ultimo esame su “Adolf Eichmann: La Banalità del male” e da maestra cercava di spiegarmi con semplici parole un argomento così difficile e incomprensibile per una bambina di 8 anni. Finalmente dopo tanti sacrifici realizzava un altro “sogno” che sembrava irraggiungibile rendendoci ancora una volta fieri e orgogliosi di lei.»
Caro Diario, visto che ha combinato Assunta? Si è fatta raccontare dalla figliola Diana. Io l’ho trovato bello e tu? Come dici? Ah si, si è fatto tardi, ti saluto, però prima ti devo dire che ieri ci siamo parlati in chat e abbiamo deciso di far raccontare alle bimbe e ai bimbi delle prime A ed E il lavoro dei genitori con un disegno. Stai tranquillo, mi faccio vivo presto, è normale che ti tengo aggiornato.
17 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, stamattina di prima mattina ho scritto nel gruppo riservato a noi che lavoriamo con le bimbe e i bimbi del 83° Circolo, chiedendo a chi non lo ha ancora fatto e intende inviare qualche riga di presentazione di farlo presto e poi anche di inviarmi in tempo reale eventuali aggiornamenti sul lavoro fatto in classe. Come puoi immaginare io dico sempre eventuale perché poi sono le/i maestre/i a decidere il che fare, però in cuor mio ci spero sempre, e così sono stato contento quando Amalia mi ha inviato in chat la foto della lavagna con su scritti i lavori dei papà e delle mamme della Prima A. Te li riassumo velocemente, prima i lavori dei papà e poi quelli delle mamme: finanziere, parrucchiere, pizzaiolo, impiegato (ufficio), venditore di pizzette, aggiusta i tubi, meccanico, vende la carne, giocoliere; fare la spesa, lavare il cane, lavare il pavimento, cucinare, lavare, bay sitter, fare i servizi, parrucchiera, impiegata, estetista, stilista, cuoca.
La maestra Amelia mi ha raccontato poi, anche a nome della maestra Assunta, che: «in classe con i bambini abbiamo parlato del lavoro dei bambini e degli adulti, e poi ciascuno ha raccontato i lavori dei propri genitori. Dato che qualcuno non sapeva cosa dire abbiamo scritto un avviso per casa chiedendo a mamma e papà di spiegare che lavoro fanno e quali attrezzi usano. Un momento simpatico è stato quando Vincenzo ha detto che il suo papà fa il giocoliere; domani ne sapremo di più ma quando gli abbiamo chiesto di spiegarsi meglio Vincenzo ha detto si mette qua fuori e gioca così, facendo il gesto del giocoliere.»
E nella prima E, dove avevamo già accennato ai lavori dei genitori? La maestra Lina ha avuto un’altra bella idea, quella di chiedere ai bimbi di giocare a fare i giornalisti e di intervistare i loro genitori per farsi raccontare il loro lavoro.
In attesa di altri ulteriori aggiornamenti ti confesso, caro Diario, che sono davvero contento di tornare a Porchiano mercoledì, perché ci sono tutte le condizioni per fare un bellissimo lavoro. A proposito, con me mercoledì ci sarà anche Irene, che se vuoi saperne un po’ di più su di lei puoi cliccare qui. A presto.
18 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, alla voce bio oggi è stata la volta di Mariarosaria Calace e di Lello De Gregorio che, nell’ordine, si sono presentati così:
«Ciao Vincenzo, sono Mariarosaria, ho cinquantuno anni, sono sposata e madre di tre figli. Per me è abbastanza difficile raccontare me stessa, in ogni caso penso di essere una persona abbastanza riservata, anche se non timida. In genere sono parecchio moderata e non mi piace dare adito a discussioni accese, infatti ritengo che i gesti, gli sguardi e gli stessi silenzi siano più espliciti di mille parole e mi permettano di comprendere la vera natura delle persone che ho davanti.
Sono una insegnante di scuola primaria e faccio parte dell’allegra compagnia dell’I.C. 83º “Porchiano -Bordiga” da circa diciotto anni. Mi sono affacciata al mondo della scuola a vent’anni, facendo volontariato e fin da subito mi sono resa conto che questo sarebbe stato il mio futuro; la mia carriera è iniziata passando di ruolo alla scuola dell’infanzia e successivamente alla scuola primaria come insegnante di sostegno realizzando così il mio sogno. Posso quindi ritenermi fortunata per gli obiettivi che ho raggiunto, perché non solo ho un lavoro che mi piace e in cui credo, ma anche perché ho una famiglia che mi regala mille soddisfazioni.»
«Caro Vincenzo, sono Lello, ecco le mie semiserie elucubrazioni autobiografiche. Se la tua gioventù è stata dominata dall’amore per lo sport in tutte le sue forme (forse il fatto di essere nato nell’anno di quell’evento straordinario e, ahimè, unico che furono le Olimpiadi di Roma è stato qualcosa di più di una semplice coincidenza); e se, dopo gli affetti familiari più stretti, la persona che hai amato di più e che forse più di tutti ha contribuito alla formazione della tua personalità è stata il tuo maestro di scuola elementare, un burbero calabrese dal cuore tenero col nome che sembrava fatto apposta per incuriosire e far sorridere noi, ingenui scolaretti degli anni ‘60 (si chiamava Manlio Pepe), ecco che ci sono ottime possibilità di ritrovarti, in età adulta, maestro di educazione fisica nella scuola primaria.
Uomo di pochi calcoli e molte passioni; in ordine sparso, oltre allo sport, già citato, possiamo aggiungere: la figlia, la fotografia, la recitazione e il collezionismo (dei francobolli del Regno d’ Italia, in primis) insomma troppe per poter eccellere in qualcuna. Chissà, forse ho preso il detto “aurea mediocritas” un po’ troppo alla lettera. I miei pomeriggi li passo in una piccola palestra di Ponticelli, dove sono istruttore di sala. Perché è vero “pochi calcoli e molte passioni”, ma le quotidiane situazioni “algebriche” vanno tenute a posto. E poi le persone che hanno qualcosa da dire, bambini o adulti che siano, riescono ancora a incuriosirmi; fortunatamente, a 56 anni, non mi è ancora venuta meno la voglia di insegnare e apprendere. Possibilmente divertendomi».
Come dici amico Dario? Ma che persone interessanti questi docenti dell’I.C. 83 Porchiano Bordiga? L’ha detto pure la loro Preside, Colomba Punzo, e non penso abbia copiato da te, temo piuttosto il contrario.
Comunque, tornando al punto, ti devo dire che la maestra Assunta mi ha scritto che stamattina in classe hanno fatto raccontare ad ogni bambino il lavoro dei genitori e gli attrezzi che usano, che a proposito del padre giocoliere hanno scoperto che in realtà fa il pizzaiolo e che ci sono due bambine che non hanno il papà. Dopo di che mi ha mandato un po’ di foto che ritraggono i bambini mentre rappresentano il lavoro svolto dai genitori. Come dici? Non ti ho fatto ancora vedere le foto? Calma, amico mio, che quelle ci vuole un po’ di tempo, conto di pubblicarle presto, intanto ti comunico che è arrivata anche la bio di Lina La Gatta, eccola:
«Ciao Vincenzo, mi presento, sono Lina, nata a Pomigliano d’Arco a gennaio del 1983. Il mio nome (Lina all’anagrafe) lo devo a una fantastica donna: mia nonna. Mio padre, uomo semplice, simpatico e raffinato mi ha sempre trasmesso l’amore per la professione che esercito, anche se per me, più che una professione, il mio lavoro è una missione. Mia madre invece, donna energica, dolce e grintosa, mi supporta e mi sopporta in qualsiasi cosa io faccia. Sono una persona che non ama accontentarsi, sono ottimista, adoro l’arte contemporanea, la musica, la palestra, le cene con gli amici e viaggiare.
All’età di diciotto anni, terminata la maturità pedagogica, mi sono iscritta alla facoltà di sociologia, all’epoca sognavo di fare la ricercatrice, adoravo gli studi di Durkheim, la teoria del disincanto del mondo di Weber e lo squisito concetto, ancora molto attuale, di società liquida di Bauman. C’erano poi le nostre teorie, le teorie di noi povere matricole sotto esame, che ci radunavamo in biblioteca, nelle aulette di studio o sotto il bel sole di Napoli a palazzo San Marcellino per vivere!
Mi sono laureata nel 2007 con una tesi di laurea in immaginario collettivo, dal nome “Il Padrino elettronico. Vecchie e nuove strategie del testo”. Si parlava di gioco, di homo ludens per citare Huizinga “la cultura, nelle varie forme in cui si manifesta, è gioco e il gioco è il sostrato di ogni attività umana”. Ritrovo molto di questo concetto nel mio lavoro.
Nel 2010, dopo aver frequentato il corso di laurea specialistica in comunicazione pubblica, sociale e politica, arriva la seconda tesi, questa volta in comunicazione museale “I musei e il pubblico. Storia, strategie di comunicazione, modelli di gestione”. Si parlava di museo visto non solo sotto l’aspetto conservativo ma come luogo in grado di fornire esperienze e idee; e del pubblico che visita i musei che comincia a rivestire un ruolo sempre più centrale nelle politiche di gestione e di organizzazione dei musei stessi.
Successivamente alla laurea ho fatto uno stage presso l’agenzia di comunicazione Zelig di Napoli. Grazie a questa importante esperienza ho potuto conoscere dei fantastici colleghi che mi hanno insegnato l’arte del mestiere. Ho potuto consolidare importanti competenze nell’ambito della comunicazione, del marketing e delle nuove tecnologie e ciò si è rivelato essere un grande punto di forza per la mia attuale professione perché mi ha permesso di saper sfruttare al meglio le nuove tecnologie ma soprattutto di avere coscienza critica circa il loro utilizzo. Nel 2013, in un periodo delicato della mia vita, dove ho imparato a cadere ma soprattutto, a camminare con le mie gambe, ho vinto il concorso a cattedra per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria e oggi, ottobre 2016, lavoro presso l’I. C. “83° Porchiano–Bordiga” e sono la docente della 1E, la maestra di diciassette bellissimi mondi a cui dico sempre: Non si dice non lo so fare, si dice ci provo!».
Come dici caro Diario? Fare o non fare, provare non esiste? Guarda che hai sbagliato classe, di Star Wars si parla all’università, queste/i sono bimbe/i di Prima elementare, e secondo me fa benissimo la maestra Lina a non stressarle/i. Prima di salutarti, ecco un po’ di foto.
19 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, oggi tra le due prime elementari a Porchiano e il corso all’università è stata una giornata tosta assai, giuro che sto provando a pensare ma non ci riesco, perciò ti dico solo poche cose che poi «domani è un altro giorno» come dice Rossella di Via col vento. Allora:
1. Quando Irene e io siamo entrati in Prima A con le maestre Assunta e Amalia abbiamo trovato le bimbe e i bimbi che stavano finendo la merenda e così ho fatto presente che mercoledì prossimo la voglio pure io la merenda, e ho detto pure che mi piace il panino con la frittata che tu lo sai come sono generosi i bimbi, quelli magari davvero me lo portano e io davvero me lo mangio.
2. Finita la merenda abbiamo visto i disegni che i bimbi hanno fatto per raccontare il lavoro dei genitori e li abbiamo fotograti e ne abbiamo parlato un poco con loro, e adesso non protestare perché per vederli devi aspettare.
3. Chiuso il tema lavoro ho detto alle bimbe e ai bimbi che ieri è cominciato il corso con le/i ragazze/i più grandi che come Irene studiano all’Università e che loro mi hanno detto che non sanno disegnare le astronavi. Ho chiesto se le volevano disegnare loro e come puoi immagginare è stato un coro di siiiiiiiiiii.
4. Prima di disegnare abbiamo fatto vedere loro un po’ di astronavi e poi abbiamo scoperto che uno di loro ha il quadernone di Star Wars e un altro lo zaino.
5. Dopo di che si sono messi all’opera e ti assicuro che sono venuti fuori dei disegni belli assai.
6. Ci siamo trasferiti nell’altro plesso dove sta la Prima E, adesso ti metto un po’ di foto tra Prima A e Prima E così ti fai un’idea.
In Prima E abbiamo trovato la maestra Lina che stava facendo vedere alle bimbe e ai bimbi con la LIM i video che avevano fatto nei giorni precedenti, e su questo aspetto magari ci torniamo su settimana prossima, perché è utile vedere assieme a loro le cose che fanno e parlarne. Poi abbiamo ripreso anche con loro il discorso del lavoro che fanno i genitori e degli attrezzi che usano e neanche a farlo apposta abbiamo finito questa parte con la bimba che ha il papà che fa i panini. Dopo di che abbiamo ripreso anche lì il discorso delle astronavi e anche in questo caso gliene abbiamo fatte vedere alcune sulla LIM e poi abbiamo chiesto loro di disegnare. Prima di andarcene con la maestra Lina abbiamo accennato anche alla possibilità di tenere qualche volta le bimbe e i bimbi delle due prime assieme, ne parleremo naturalmetne anche con le maestre Assunta e Amalia e magari qualche volta ci proveremo. Ecco, per ora mi pare quasi tutto, anzi no. Mi piacerebbe molto che assieme ai bimbi con i loro disegni anche le docenti con le loro idee interagissero con l’Aula O del Corso di Comunicazione e Culture Digitali, perché secondo me avrebbero moltissimo da raccontare, ma insomma su questo vediamo, una cosa alla volta.
21 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, oggi la maestra Lina mi ha scritto questo:
«Caro Vincenzo, oggi il bidello del nostro plesso ci ha riparato l’armadietto e io ne ho approfittato per far notare ai bimbi come si lavora e qualcuno mi ha detto “maestra, guarda, sta usando il trapano”. Ho colto l’occasione anche per parlare di lavoro ben fatto, informando che anche i bambini in quanto alunni, lavorano. Una bambina mi ha risposto: “si viene a scuola per imparare”. E i vostri attrezzi ? “La matita” ha risposto qualcuno.»
Se ti dico che sono felice tu lo capisci da solo perché, poi ci torneremo su, adesso ti faccio vedere un altro po’ di foto di astronavi che mi ha mandato sempre la maestra Lina e poi appena posso le carico tutte.
30 Ottobre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, mercoledì scorso ho fatto un bel pasticcio, è meglio che te lo dico subito, che per la rabbia mi sarei mangiato il tablet se solo l’avessi potuto farcire con un paio di salsicce.
Vuoi sapere cosa ho combinato? Ho registrato male l’intervista doppia che le bimbe e i bimbi della Prima A hanno fatto alle maestre Amalia e Assunta, che loro erano state/i tutte/i bravissime/i, bimbe/i e maestre solo che le voci delle/dei piccole/i sono venute troppo deboli, insomma non si sentono, e anche se le maestre sono state brave a ripeterle così non va bene, bisognerà rifarle mercoledì 9 perché il 2 la scuola è chiusa.
Come dici? Sono un impiastro? A volte si, però non essere troppo duro, siamo tutti essere umani e in quanto tali sbagliamo, non si può evitare, fa parte della nostra natura.
Comunque il lavoro che abbiamo fatto rimane, nel senso che abbiamo discusso in classe dell’idea dell’intervista, che abbiamo coinvolto le/i bimbe/i nella formulazione delle domande e le abbiamo scritte alla lavagna.
Come dici? Come abbiamo fatto? Niente di eccezionale, abbiamo cominciato spiegando che cos’è un’intervista, che per farla ci vogliono delle domande e delle risposte, dopo di che abbiamo fatto un esempio, con me che ho intervistato Irene e loro che si sono divertite/i abbastanza.
Fatto l’esempio, siamo passati all’argomento, il lavoro delle maestre, dopo di che abbiamo cominciato a parlare di quello che ci sarebbe piaciuto sapere.
Con le/i bimbe/i è bello perché nessuna cosa è mai banale, neanche la domanda «che lavoro fai», perché proprio da quella siamo partiti e poi abbiamo chiesto «come hai fatto a trovare questo lavoro?», «che lavoro volevi fare da piccola?» e «ti piace il tuo lavoro?».
Le risposte non ve le dico, arriveranno con il video, ti dico invece che lo stesso lavoro lo abbiamo fatto anche in Prima E, dove per fortuna neanche ci abbiamo provato a fare il video, lo faremo direttamente settimana prossima.
Perché non ci abbiamo neanche provato? Un po’ perché la maestra Lina era venuta comunque a scuola nonostante fosse febbricitante ma insomma si vedeva che non stava un gran che bene, e un po’ perché ci siamo soffermati di più sul fatto che se fai un lavoro che ti piace è più facile farlo bene.
Come dici? E’ un concetto troppo complicato per bimbe/i così piccole/i? Io dico di no. Basta usare le parole adatte alla loro età e fare degli esempi e loro capiscono al volo. Non ci credi? Abbi solo ancora un po’ di pazienza e poi vedrai cosa sono capaci di fare.
4 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, mercoledì prossimo Irene e io ritorniamo dalle bimbe e dai bimbi di prima elementare che ti devo dire dire la verità mi sono mancate/i, loro e le/i loro maestre/i. Lo so che sono stato contento quando ho capito che questo Mercoledì la scuola sarebbe rimasta chiusa, sono un essere umano normale, e il mercoledì dopo le due prime elementari la mattina e l’università dalle 13.30 alle 16.30 arrivo alla sera più morto che vivo, però le cose della vita non sono mica lineari, e così sei contento ma sei anche dispiaciuto, perché insomma fare quello che fai ti piace e lavorare con le/i bime/i e con le/i loro maestre è un’esperienza gratificante assai.
Come dici, amico Diario? Certe volte ti sembro un po’ esagerato? E allora leggi cosa ha scritto Irene e poi vedi se non ho ragione.
«Caro Prof., come le avevo preannunciato le invio qualche mia piccola considerazione su questa bellissima esperienza con le maestre Amalia, Assunta, Mariarosaria, Lina, con il maestro Lello e con le bimmbe e i bimbi. Poi mi faccia sapere cosa ne pensa. Ci vediamo mercoledì per andare a scuola.
Anno scolastico nuovo vita nuova: ma anche progetti nuovi, idee nuove, prospettive nuove.
Quest’anno si parte da Ponticelli, dall’ I.C. 83° Porchiano Bordiga: è qui che ogni mercoledì mattina il Prof. Moretti e io ci rechiamo per due ore da dedicare ai bambini della I A e I E. Hanno solo 6 anni, qualcuno ancora 5, non sanno ancora né leggere né scrivere ed è per questo che cominciare un lavoro con loro diventa immediatamente più interessante, sotto tutti i punti di vista.
Esatto lavoro: gira e rigira torniamo sempre lì. Chi l’ha detto che a 6 anni non si possa parlare di lavoro? Far fiorire nelle loro menti determinati concetti, arricchire il loro vocabolario di termini nuovi e mai sentiti prima è essenziale a quell’età, soprattutto per aprire la strada a una crescita più consapevole. Soprattutto se vivi in determinate zone di periferia, soprattutto se il tessuto sociale in cui sei nato è tutt’altro che stimolante.
Cosa vuoi fare da grande? Parrucchiera, estetista, pasticciere, “aggiustatutto”, poliziotto, dottoressa, “voglio lavorare nel cantiere”, “voglio costruire le case”, “voglio fare i gelati”, chef. Eccetto qualche aspirante calciatore, tutti immaginano lavori reali, diffusi. Il Professore e io, quasi telepaticamente, abbiamo colto quest’ aspetto e ci abbiamo riflettuto mercoledì scorso di ritorno a Napoli: nessuno pensa a lavori fantastici o megalomani. Forse a sei anni il tempo di sognare già non c’è, forse l’immaginazione è già sopita, forse la casa in cui vivi e la scuola in cui vai ogni mattina ti sembrano gli unici posti in cui dover stare al mondo. Non so se si tratta di questo, se è una questione di ambiente in cui sei cresciuto, di modelli che hai avuto. Lo capirò col tempo, d’altronde avevo già detto quanto potesse essere interessante confrontarsi con bambini di prima elementare, lo è molti di più di certi discorsi fatti con i propri coetanei.
Perché sono svegli, eccome se lo sono, te ne accorgi da certi ragionamenti, da quelle risposte che ti fanno sembrare così ovvie, dagli occhi soddisfatti quando gli batti il cinque. E anche la voglia di scoprire e di imparare ce l’hanno, lo capisci appena entri in aula: ti hanno visto solo 2 volte in vita loro ma ti abbracciano come se fossi il loro migliore amico. E non c’è cosa più appagante, credetemi!»
Visto caro Diario? Cosa ti dicevo? Cosa? «Chi frequenta lo zoppo impara a zoppicare?». Sai che faccio? Ti rispondo come avrebbe fatto Totò: «ma mi faccia il piacere!». Alla prossima.
9 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario – permetti anche a me di chiamarti così, vero? – sono Irene Casa e il prof. mi ha detto che la giornata di oggi te la devo raccontare io, perché non è che vado con lui per fargli compagnia ma vado per imparare, per fare e per condividere con lui, le maestre e le/i bimbe/i le cose che so e so fare.
Lui magari è un po’ esagerato, ma comunque eccomi qua, spero ti piaccia:
«Da un po’ di settimane il Mercoledì mattina per me e il Prof. Moretti significa una sola cosa: I. C. 83° circolo Porchiano – Bordiga.
Con l’aiuto decisivo delle maestre – spero che il prof. non si arrabbi, ma alla voce «costruzione a partire dalle istruzioni» ho avuto l’impressione che se la situazione non la pigliava in mano la maestra Assunta non ne uscivamo più – le bambine e i bambini della Prima A si sono cimentati con la costruzione di un camioncino Lego e si sono resi conto che ogni piccolissimo ingranaggio era necessario alla riuscita del prodotto finale. Proprio questo è stato il tema principale su cui abbiamo lavorato oggi tutti assieme, bambine/i e adulte/i: nello svolgimento di un’attività, di un lavoro, di un compito ogni piccolo pezzo o ingranaggio è necessario al raggiungimento del risultato desiderato. Credo che il concetto sia passato chiaro anche ai bambini, perché subito dopo la costruzione del camioncino tutti sono sembrati più consapevoli dell’importanza di fare un lavoro fatto bene. In particolare, in modo autonomo, sono riusciti a riflettere anche su un altro aspetto: l’utilità di una attività svolta in modo adeguato attraverso l’utilizzo di strumenti adeguati. Per quanto mi riguarda
ho imparato così che partendo dalle cose pratiche, tangibili, si riesce a far interiorizzare molto più facilmente un concetto alla classe, proprio come diceva John Dewey più di un secolo fa: Learning by doing!
Si, caro Diario, è stata un’ora e mezza assai intensa, con i bambini che hanno mostrato un interesse e un coinvolgimento costante verso l’argomento anche grazie ai tanti esempi che abbiamo fatto, tipo il dentista che se non fa bene il suo lavoro ti fa male quando cura un dente o la sedia che non ti ci puoi sedere se il falegname la costruisce inclinata o il bimbo che non cammina bene se la sua scarpa non è stata fatta bella comoda. Si, direi che oggi è stato proprio bello, con le/i bambine/i protagonisti sia nella costruzione del camioncino che con le domande, gli esempi e i feedback.
Mercoledì prossimo sarà la volta della I E e sono sicura che funzionerà alla grande anche lì. Speriamo solo che la maestra Lina sia anche lei brava con le costruzioni perché altrimenti il prof. se la vede brutta, però mi raccomando, tu questo a lui non glielo dire.»
14 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, ieri sera mi sono tornati in mente due meravigliosi libri di Marc-Alain Ouaknin editi da Atlante. Si chiamano i Misteri dell’Alfabeto e i Misteri dei Numeri e mi furono consigliati a suo tempo dal mio amico Luigi Glielmo. Ho pensato di raccontare alle bimbe e ai bimbi, naturalmente con le parole giuste, la calma e i tempi necessari, la storia delle lettere «L» di Lavoro, «T» di Tecnologia, e «C» di Consapevolezza, ne ho parlato con le mie amiche maestre e la mia amica preside e insomma abbiamo deciso di provarci, e così stamattina mentre sono in treno ho cominciato a lavorarci. Prima bellissima sorpresa: quando ho riaperto il libro alla lettera L per fotografare la pagina guarda cosa ho trovato:
Si, si, hai letto bene amico Diario, c’è scritto proprio così: «La L. La lettera lamed. Lo studio. L’insegnamento.» Come dici? Sono decisamente un tipo fortunato? Vero. Però sono anche un tipo che la Domenica pomeriggio se ne sta lì a pensare felice a queste cose, e anche questo un poco significa. Cito ancora dal libro: «La dodicesima lettera dell’alfabeto protosinaitico: lamed. La sua forma originaria è quella di un pungolo per buoi. Si tratta di una sorta di asta appuntita, munita di impugnatura, che serviva a pungere l’animale per farlo avanzare. Nelle prime iscrizioni l’orientamento non è ancora fissato in maniera definitiva e si trovano le seguenti varianti:
Come dici? Protosinaitico è una parola impossibile da capire per bimbe/i così piccoli? E chi ti ha detto che a loro lo dobbiamo dire così, basta dire «un alfabeto molto vecchio», o «l’alfabeto più vecchio di tutti» e comunque io sono per fargliela ascoltare la parola nuova, perché poi crescono, e magari la incrociano di nuovo e comunque tu non ti preoccupare che pure se io dovessi fare qualcosa di sbagliato le maestre il loro lavoro lo sanno fare meglio di te e di me e di certo mi correggeranno.
Come dici? Non mi devo arrabbiare? Ti sei incuriosito e ti piacerebbe saperne di più? Innanzitutto non mi sono arrabbiato, è che mi piace essere preciso, e poi posso farti un riassunto rapido, che alla fine se sei davvero curioso compri il libro e lo leggi.
Allora: la lettera lamed da una specie di punto interrogativo steso per terra diventa un punto interrogativo senza il puntino sotto, poi una specie di «s» minuscola, poi una «l» minuscola e maiuscola come la conosciamo noi. Con l’alfabeto aramaico diventa una specie di «b» aperta, con i Fenici diventa molto simile alla nostra «l», in greco arcaico e nell’alfabeto etrusco si inverte (la «l» vista nello specchio), poi l’angolo si posiziona in alto, ogni tanto si ritorna alla «l» e poi nell’alfabeto classico diventa lambda, un triangolo senza il lato di sotto, mentre il latino eredita la «l» etrusca, la inverte e la fa diventare la nostra «L» attuale, un po’ è come se si tornasse alla casella di partenza.
Perfinire due foto, la prima per darti un’idea visiva la seconda con la tavola riassuntiva.
Ecco, a partire da Mercoledì 23 vorremmo cominciare a lavorarci su, per intanto – come hanno suggerito la Preside Colomba Punzo e le maestre – gli facciamo disegnare l’iniziale del loro nome. Si si, non ti preoccupare, ci mettiamo in moto presto, nel frattempo Mercoledì 16 Irene Casa e io siamo in Prima E che abbiamo in sospeso una macchinina lego da costruire con le/i bimbe/i. Appena ci sono novità ti faccio sapere, intanto questa è la foto della maestra Lina e del maestro Lello, che così piano piano te le/i presento tutte/i.
16 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, scusami se mi ripeto ma oggi in Prima E è stato bello assai. Lo dicevamo con Irene mercoledì scorso, o in Prima E con la maestra Lina e il maestro Lello, o in Prima A con le maestre Amalia, Assunta e Mariorosaria, ci sentiamo sempre a nostro agio, ben accolti, è questo è importante assai, perché ci aiuta a fare bene quello che abbiamo deciso di fare.
Allora, sono arrivato a scuola – da solo, oggi Irene aveva un impegno – e per prima cosa abbiamo fatto degli esempi su cosa vuol dire fare bene una cosa. Come dici? Che tipo di esempi? Cose semplici, tipo che se prendo un foglio bianco e cerco di disegnare con la matita dalla parte dove si cancella invece che dalla punta non faccio un lavoro ben fatto. E anche se cerco di cancellare con la punta della matita. E anche se cerco di fare il disegno sullo zaino invece che sul quaderno. Mi sarebbe piaciuto ci fossi stato anche tu amico Dario quando mi sono messo la giacca all’incontrario e tutte/i le/i bimbe/i si sono messi a ridere e hanno detto che non era un lavoro ben fatto. Dopo di che abbiamo aperto la scatolina lego con la macchinina, abbiamo preso il libretto di istruzioni e abbiamo detto che anche il frigorifero ha un libretto di istruzioni, e la televisione, e il telefonino, e che insomma il libretto di istruzioni è una specie di guida che ti serve a costruire le cose nella maniera giusta, dopo di che abbiamo messo tutti i pezzettini lego sui banchetto e con l’aiuto della Maestra Lina le/i bimbe/i hanno costruito la macchinina. Alla fine ho provato a togliere un pezzo e a metterlo sotto le ruote ma mi hanno fermato subito dicendo che in quel modo non era fatto bene.
Come dici? Ti sarebbe piaciuto vedere qualche foto? Eccole.
Finita questa parte abbiamo fatto vedere sulla LIM l’astronave disegnata da Stefano Bonora e tre delle astronavi diegnate da loro e poi abbiamo parlato assieme delle stelle e dei pianeti e uno di loro quando ho chiesto qual era quello con il cerchio intorno ha detto Saturno.
Infine gli ho detto che la prossima volta avremmo parlato delle lettere dell’alfabeto e gli ho fatto vedere la copertina del libro e quando ho detto «ma lo sapete che ogni lettera ha una storia vecchia di migliaia di anni» la classe si è riempita di «ohhhh» e mi è sembrato di sentire pure un «mamma mia» ma non è che sono proprio sicuro che fosse un «mamma mia». Cosi con la maestra Lina e il maestro Lello gli abbiamo detto che sarebbe stato bello disegnare l’iniziale del loro nome e l’iniziale del lavoro che gli paicerebbe fare da grandi e poi gliene abbiamo fatto vedere un po’ sulla LIM, e si sono divertite/i a vedere la «O» con gli occhietti e il cappellino da neve, la «A» con il berrettino, la «S» piena piena di margherite e tante altre cose ancora. E poi? E poi loro a fare merenda e io a fare due chiacchiere dalla preside Colomba. Alla prossima.
P.S.: Una bimba, quando ha visto l’astronave di Stefano Bonora, ha detto «ma a me questa astronave sembra rotta.» Come dici? Che c’entra, lo so pure io che è bellissima, però la bimba l’ha detto, e mi sembra una cosa comunque una cosa da ricordare, che poi quando ci torneremo a ragionare su ogni particolare sarà utile.
20 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, ti ricordi la storia delle letterine che hanno una storia e dell’idea di chiedere alle bimbe e ai bimbi di disegnare la prima lettera del proprio nome? Bene, la maestra Lina ieri sera mi ha inviato questo messaggio con allegate un bel po’ di foto: «Ciao Vincenzo, ti invio le foto dei lavori delle iniziali dei nomi della 1E. Purtroppo i disegni non sono tutti perché alcune/i alunne/i erano assenti, sappi però che alle/ai bambine/i è piaciuto molto e ognuno ha svolto il proprio compito con grande interesse!».
Come dici? Sei impaziente di vedere le foto? Eccole, questa è la foto che le contiene tutte, poi tu ci clicchi sopra e te le vai a vedere per bene una a una.
Come dici? Commplimenti, questo è davvero un lavoro ben fatto? Sono d’accordo. Girerò i tuoi complimenti alle bimbe e ai bimbi, saranno contente/i, e naturalmente anche alle maestre Lina, Assunta, Amalia, Mariarosaria e al maestro Lello, che davvero è un privilegio lavorare con persone preparate, entusiaste e disponibili come loro.
Per quanto mi riguarda desidero aggiungere solo che sono contento assai e che sono convinto che da qui alla fine dell’anno ne vedremo delle belle, sia in Prima A che in Prima E. A presto dunque, appena ci sono novità mi rifaccio vivo.
23 Novembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, oggi per me e Irene niente lavoro con le/i bimbe/i, ci siamo visti con la preside Colomba e le maestre Mariarosaria, Assunta, Amelia e Lina per fare il punto della situazione. Si, anche questa è una parte importante del nostro lavoro, «pensare a noi spessi pensanti», insomma discutere di obiettivi, di cose fatte e da fare, di cose che stanno funzionando meglio e cose che stanno funzionando peggio, che in fondo anche se non la chiami analisi SWOT – acronimo di Strengths (punti di forza), Weaknesses (punti di debolezza), Opportunities (Opportunità) e Threats (minacce) – il risultato non è che cambia.
Come dici? Vuoi sapere come è andata? Certe volte non ti capisco, secondo te che cosa sto facendo? Se invece vuoi sapere come è finita te lo dico subito, è finita benissimo, personalmente sono felice di essere parte di questo gruppo, se mi prometti che non fai battute aggiungo che mi sento onorato tanto è l’interesse, la voglia di fare, la capacità di riflettere su quello che stiamo facendo, l’entusiasmo sia di chi come Lina è al secondo anno di insegnamento nella scuola primaria, sia di chi come Amalia, Mariarosaria e Assunta hanno una lunga esperienza alle spalle. Si, è stato un confronto bellissimo perché vero e senza reticenze e se mi dai il tempo ti dico anche qualcosa di più dettagliato e di merito.
Come dici? Posso procedere? Meno male.
Allora, ad aprire l’incontro è stata la preside Colomba, che ha insistito in particolare sulle seguenti parole chiave o hashtag come li chiamiamo adesso: interattività; approccio propositivo; spirito critico; franchezza nei rapporti; voglia di sperimentare.
Dopo Colomba è stato il turno delle maestre, che hanno innanzitutto posto la necessità di definire almeno in linea di massima delle linee guida intorno alle quali organizzare il lavoro nel corso di tutto l’anno e poi hanno parlato sia delle attività che suscitano maggiore interesse nei bambini, come ad esempio il lavoro fatto con le letterine, sia di quelle che invece hanno fatto sorgere delle difficoltà, come ad esempio l’astronave di Star Wars.
Quando è toccato a me ho detto che l’obiettivo principale che il lavoro ben fatto e l’uso consapevole delle tecnologie devono aiutarci a cogliere è quello di insegnare a queste/i bimbe/i a pensare, ad avere un proprio pensiero autonomo rispetto alle cose.
Si, in buona sostanza ho detto solo che bisogna stimolare il pensiero e il ragionamento, dopo di che siamo arrivate/i tutte/i assieme alla conclusione che si può fare, ad esempio dando più spazio, senso e ascolto alle idee dei bambini, incoraggiandoli a credere nelle loro idee e a portarle avanri, cercando di lavorare a partire dalle loro proposte, coinvolgendoli quando sarà il momento nelle attività di rivisitazione della loro aula.
Ecco, queste sono un poco delle cose che ci siamo dette, dopo di che ci siamo dati appuntamento in Prima A e in Prima E per il 7 di Dicembre.
P.S.
La maestra Amalia ha fatto una super sintesi del nostro incontro che mi piace molto e perciò la condivido con te: «Sì è proprio questa la sintesi del nostro incontro: fare in modo che gli alunni riflettano su ciò che fanno e sulla provenienza e utilità delle cose che sono intorno a loro.»
7 Dicembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, oggi Irene e io siamo tornati in Prima A e in Prima E con le bambine, i bambini, le maestre Assunta, Amalia e Lina e il maestro Lello.
Grazie al magnifico libro di Marc-Alain Ouaknin di cui già ti ho parlato – i Misteri dell’Alfabeto – abbiamo potuto raccontare la storia della A che all’inizio era un toro – Alef – poi è diventato una testa di toro, poi un paio di corna, poi con i greci si è girata ed è diventata alfa, poi con i fenici ha fatto un altro giro ancora e poi è diventata la «A» che conosciamo noi. Le bimbe e i bimbi si sono divertite/i perché abbiamo fatto un po’ di giochi con i loro nomi e con i segni.
In Prima A per esempio abbiamo fatto una «O» grande e così da sola era solo una «O» o al massimo uno «0», e poi però ci abbiamo messo due altre «O» piccole in alto e ci sono sembrate occhi, e poi due «O» piccolissime più giù in mezzo agli occhi e ci sono sembrati un nasino, e poi una «O» però schiacciata sopra e sotto e ci è sembrata una bocca, e poi due «O» ai bordi in alto e ci sono sembrate due orecchie anche se un po’ a sventola. E un altro gioco che ci è piaciuto è partire da un segno fatto da una bimba o un bimbo e indovinare di che cosa era parte quel segno, che per esempio «_____» può essere una strada o una matita appoggiata su un banco o la base di un tetto. E poi abbiamo scritto i nomi alla lavagna e sia in prima A che in Prima E si sono divertite/i un sacco a leggerli all’incontrario, che solo quando siamo arrivati ad Anna hanno visto che questo nome qui resta uguale sia se lo leggi da sinistra a destra che se lo leggi all’incontrario. Pensa amico Diario che in Prima E a un certo punto mi è venuta in mente la frase « I TOPI NON AVEVANO NIPOTI » e le bimbe i i bimbi un po’ si sono meravigliate/i a vedere che si può leggere allo stesso modo da sinistra a destra e all’incontrario, mentre se scrivo « VINCENZO È CONTENTO » a leggerlo all’incontrario è buffissimo, e infatti tutte/i a ridere come matte/i.
Si, direi che è stata proprio una bella mattinata, con Irene avevamo pensato di approffittare della competenza e dell’aiuto che ci viene dalle maestre e dal maestro delle due classi per provare a personalizzare un po’ di più i due percorsi, che alla fine arriveranno allo stesso punto ma che adesso potrebbero prendere due strade un po’ diverse, ad esempio caratterizzando il lavoro della prima A sulla parola «lavoro» e dunque sui disegni dei lavori e degli arnesi dei genitori, delle maestre, di loro stessi, e invece quello della Prima E sulle lettere dell’Alfabeto e sulla loro storia, in maniera tale da avere anche noi più occasioni di riflettere nel corso dell’azione, insomma più occasioni per pensarci su e tirare fuori – insieme alle maestre, al maestro e alla preside – qualche indicazione utile per i nostri lavori futuri.
Intanto in Prima E abbiamo chiesto alla maestra Lina e al maestro Lello se le bimbe e i bimbi potevano disegnare le letterine che mancano per completare l’alfabeto, quello di 25 lettere, compreso cioè «j» «k» «x» e «y», che così le pubblichiamo insieme alla storia di Oauknin e alle mie definizioni e facciamo l’alfabeto del lavoro ben fatto.
Come dici amico Diario? Cosa hanno risposto? Quello che ci rispondono ogni volta, sia in Prima E che in Prima A: «certo che si». Pare che Venerdì in Prima E si dedicheranno proprio a questo lavoro, io intanto abbozzo le definizioni, appena siamo pronte/i ti faccio sapere, intanto ti lascio con qualche foto della giornata di oggi.
21 Dicembre 2016 Torna al Diario
Caro Diario, ieri sono stato in Prima E e in Prima A per l’ultima volta prima delle vacanze di Natale. Non sono neanche tornato a casa che la maestra Lina La Gatta mi aveva mandato le righe che le avevo chiesto per raccontare questa parte del percorso che stiamo facendo. Facciamo così, ti metto qui quello che ha scritto, così puoi leggerlo con calma e magarmi dire cosa ne pensi:
«Caro Vincenzo, come sai il lavoro che ci ha portato a realizzare l’alfabeto ha avuto più fasi, anche dal punto di vista operativo. Nella prima abbiamo chiesto a ciascuna/o bimba di presentarsi e di disegnare la prima letterina del proprio nome. Nella seconda, una volta deciso di fare l’alfabeto, abbiamo stato chiesto alle/ai bimbe/i di disegnare tutte le restanti lettere dell’alfabeto comprese la J, la K, la W, la Y e la X.
Siccome come dici sempre tu “le cose fatte bene sono belle e le cose belle sono fatte bene”, prima abbiamo ripassato le letterine studiate fino ad ora, poi per stimolare la creatività della classe abbiamo mostrato sulla LIM diversi disegni delle lettere dell’alfabeto. La cosa è piaciuta tanto alle/agli alunne/i che difatti si sono subito messi all’opera con matita e colori.
Per rendere l’attività ancora più interessante e divertente ho appoggiato su ogni banco, disposto in modo da formare un’isola di lavoro, dei veli colorati e dello spago, lasciando che la fantasia di ogni alunno potesse esprimersi liberamente. Qualche alunna/o ha deciso di ritagliare dei cuoricini da attaccare sulla sua letterina, qualcun’altra/o di creare dei vestitini, gonne, magliette e pantaloni. A questo punto ne abbiamo discusso tutti assieme e in questo modo ho potuto raccogliere le impressioni e i pensieri delle/dei bimbe/i sul compito da svolgere, stimolandole/i e guidandole/i nel fare un lavoro ben fatto. Che ti devo dire Vincenzo, riflettendoci su con la giusta attenzioni, ti rendi conto di come le/i bimbe, nonostante siano ancora all’inizio del loro percorso di apprendimento, hanno messo nel loro lavoro non solo tanta creatività, che quella alla loro età non manca, ma anche tanta attenzione, senso di responsabilità, voglia di portare a termine il compito assegnato.
Il resto lo hai visto oggi da te quando sei venuto e gli abbiamo fatto vedere i loro disegni sul diario dove racconti il nostro lavoro. Diciamo la verità, è faticoso, poi siamo a pochi giorni dal Natale e il giorno prima eravamo stati in gita e loro sono state/i contente/i di raccontarti anche quella parte lì, però penso di non sbagliare se dico che quando hai parlato loro delle storie delle letterine si sono divertite/i, a tratti anche entusiasmate/i. Il cammino da fare è tanto, ma secondo me la strada che abbiamo intrapreso – quella del coinvolgimento, di farli riflettere e renderli partecipi di un’esperienza diretta – è quella giusta. Un caro saluto.
Lina»
Ecco amico Diario, anche io la penso come la maestra Lina, e dunque non aggiungo altro. Ti racconto invece che anche in Prima A con le Maestre Assunta Carullo, Amalia Muneghina e Mariarosaria Calace abbiamo fatto un bel po’ di cose. Innanzitutto le bimbe e i bimbi hanno raccontato i mestieri e gli attrezzi che avevano conosciuto in gita il giorno precedente, e i lavori che hanno fatto, guarda, ti metto qui un po’ di foto così le guardi e ti fai un’idea.
Finita questa parte abbiamo composto un po’ di parole con le letterine di legno. Infine abbiamo deciso che con la Prima A faremo il libro degli attrezzi e dei mestieri, con tutti i disegni delle bimbe e dei bimbi e le lettere e le storie dei mestieri raccolte da loro e poi pubblicheremo tutto insieme alle riflessioni delle maestre come stiamo facendo con l’Alfabeto di Oauknin, della Prima E e di Primo Bordiga.
Che ti devo dire amico mio, sono così contento che un po’ mi devo calmare perché altrimenti comincio a pensare a quello che dobbiamo fare a Gennaio e come sai a esagerare neanche va bene. Auguri.
19 Gennaio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, sono Irene, il prof. ha dato a me l’incarico di scrivere questa pagina e spero che la cosa non ti dispiaccia troppo.
Allora, ieri finalmente siamo tornati dai bimbi e dalle bimbe di prima elementare dell’Istituto 83° Porchiano – Bordiga di Ponticelli. È stata una mattinata ricca di spunti di riflessione, iniziata con la lezione in 1° E, continuata con la riunione con tutti gli insegnanti e la Preside Colomba Punzo e conclusa con l’incontro in 1° A. Lo sai che per la prima volta in 1° E le bimbe e i bimbi c’erano proprio tutte/i? Io e il prof. siamo stati contenti assai, in questi mesi invernali non è una cosa semplice, il prof. mi ha confidato che anche se sono passati tanti anni se lo ricorda ancora che anche per i suoi figli la prima elementare è stata tribolata assai tra raffreddori, influenze e così via discorrendo.
In 1° E con la maestra Lina abbiamo approfondito il discorso legato alle lettere dell’alfabeto e abbiamo mostrato ai bambini in che modo si realizza un cartone animato. Grazie al disegno di più elementi in maniera autonoma su vari fogli lucidi è possibile creare un solo disegno completo ed è proprio quello che faranno i bambini in classe. La cosa che faranno è disegnare la loro aula, ognuna/o ne realizzerà un aspetto, per poi sovrapporre i fogli e ottenere così il disegno completo. È stato bello constatare come gli alunni stiano pian piano modificando il loro linguaggio e ampliando il loro vocabolario. Vuoi sapere cosa ha risposto il piccolo Ciro alla domanda «perché servono gli attrezzi giusti per svolgere un lavoro?». «Perché il lavoro deve essere fatto bene». Il prof. è stato così contento che ha cominciato a parlare di polpette – credo che te lo abbiamo già detto, uno dei nostri bimbi, Ciro, da grande vuole fare lo chef, e poi al prof. piace raccontare il lavoro ben fatto a partire dalle cose che si mangiano -.
Come dici? Perché proprie le polpette? Glielo ho chiesto anche io, mi ha risposto «per non parlare sempre della pasta e fagioli o della pasta e patate», e poi ha aggiunto «a me le polpette piacciono assai, e poi c’è la storia della giusta partizione tra pane e carne macinata che aiuta a capire con parole semplici il concetto, perché insomma non è che con le/i bimbe/i puoi fare un trattato, noi lanciamo piuttosto dei semini, li curiamo e diamo loro il tempo di crescere, che tanto fino alla quinta elementare il tempo non ci manca.» Finito in 1° E ci siamo spostati nella stanza della Preside Colomba insieme a tutti le/gli insegnanti per fare il punto della situazione su quanto fatto finora e sulle cose ancora da fare, sul percorso didattico e sugli obiettivi.
Dalle cose che ci siamo detti è venuto fuori come aspetto principale la necessità di far diventare le attività che svolgiamo in classe trasversali a tutte le materie. La concezione del lavoro ben fatto, della consapevolezza e delle nuove tecnologie deve essere insomma parte costante della vita scolastica dei bambini, perché solo in questo modo potrà diventare parte anche dei loro modi di essere e di fare, insomma della loro vita. Se posso dirti una mia personale opinione, caro Diario – spero che il prof., la preside e le/i maestre/i non si arrabbino del fatto che, come diciamo a Napoli, mi allargo un po’ – la cosa più bella che possiamo fare è abituare queste bimbe e questi bimbi a pensare in maniera costruttiva e ragionata. Per me che quasi sempre me ne sto lì ad ascoltare e a prendere appunti, questi nostri incontri sono prima di tutto questo, una «palestra del pensiero» nel vero senso della parola. Per me è grazie a questo metodo e a questa linea ben precisa che le maestre, il maestro e il prof. stanno portando avanti che le/i bambine/i stanno cominciando a darci un feedback più intenso. Nel corso della riunione siamo state/i d’accordo tutte/i, l’importante è non farsi prendere dall’ansia della prestazione, del risultato, che verrà sicuramente, nei tempi e nei modi che saranno necessari. I frutti migliori si raccolgono quando gli stimoli e le risposte arrivano in maniera del tutto spontanea, seguendo il naturale svolgimento delle cose e avendo la pazienza di seguire i bambini sia nei loro momenti di maggiore produttività che in quelli di minore attenzione. A questo proposito il prof. a un certo punto ha citato una conferenza di Hans-Georg Gadamer a cui ha assistito molti anni fa e ci ha detto che il grande filosofo affermò che se lui avesse dovuto scegliere le due parole di un intero secolo, il 900, da portare nel secolo successivo, questo qui, avrebbe scelto Pazienza e Lavoro.»
Più o meno qui la riunione è terminata, io sono dovuto andare via e il prof. è rimasto per andare nella 1° A con le maestre Amalia, Assunta e Mariarosaria perciò quello che è avvenuto dopo me lo sono fatto dire da lui e te lo riporto fedelmente: «Cara Irene, in 1° A abbiamo ripreso il discorso degli attrezzi – arnesi – tecnologie -, spingendo le bimbe e i bimbi a parlare degli attrezzi che servono a casa in cucina, o degli attrezzi che usano i papà al lavoro, perché sarebbe bello partire da qui, o anche da una favola, e ricostruire con la classe il rapporto tra l’attrezzo e il suo uso, perché questo fa capire loro immediatamente perché ogni attrezzo (tecnologia) va usato nel contesto e nel modo giusto, che alla fine torniamo sempre là, al fatto che se mi metto gli occhiali dietro al collo non servono a nulla e se li metto sul naso servono a leggere. Si, io credo che grazie al lavoro in classe delle maestre con le/i bimbi questo legame tra l’attrezzo, il suo uso appropriato (consapevole) e il lavoro verrà fuori in maniera sempre più evidente, e magari una volta che avremo i disegni dei 22 attrezzi vedremo come fare per disegnare un’officina o anche un bazar e appenderli tutti da qualche parte, ma a questo poi ci pensiamo. Ecco, mi sembra che le cose essenziali siano queste, aggiungo solo che anche in 1° A il riferimento delle bimbe e dei bimbi al lavoro ben fatto è sempre più frequente e questo è il chiaro segno che stiamo andando nella direzione giusta. Direi che è tutto, anzi no, perché non ti ho detto che mentre le bimbe e i bimbi nominavano i diversi attrezzi Michele li disegnava alla lavagna, e ha fatto dei disegni così bellini che poi la maestra Assunta li ha anche fotografati. Ecco, adesso direi che è proprio tutto.»
7 Febbraio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, oggi con Irene torniamo in Prima E e in Prima A e siamo contenti assai.
Speriamo di riuscire a raccontarti le cose in presa diretta, o al massimo in leggera differita, e perciò ti avvisiamo e ci stiamo preparando un po’ di cose così dalle classi possiamo procedere con maggiore rapidità. A dopo.
PRIMA E
PRIMA A
8 Febbraio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, inutile perdersi in giri di parole, ieri non ce l’ho fatta a fare la diretta e neanche la differita, in classe troppe cose da fare, dopo uguale e dunque eccomi qua. Come dici? Perché non ho semplicemente cancellato il post di ieri? Sempre per quella storia dell’importanza di non cancellare le tracce degli errori, delle cose che non sei riuscito a fare, delle cose che hai fatto mentre stavi cercando di fare altro, perché altrimenti il racconto non è più veritiero.
Comunque bando alle ciance che ho un sacco di cose da raccontare.
Allora, in Prima E dopo i saluti – che sono sempre dei bei momenti tra abbracci, batti il cinque, «ciao Vincenzo» e «ciao Irene» – la maestra LIna ci ha raccontato dei disegni che hanno fatto le bimbe e i bimbi.
Come sarebbe a dire quali disegni? Tu stai diventando più scordarello di me, caro Diario: i disegni delle diverse parti della classe che poi avremmo assemblato e rifatto tutti assieme. Facciamo così, faccio un riepilogo, così magari metto ordine pure io nei miei pensieri:
1. I bimbi di prime E stanno lavorando sulle letterine dell’alfabeto – il punto a cui siamo arrivati lo puoi vedere qui -, e sul ridisegno della loro classe.
2. Le fasi in cui abbiamo pensato di articolare le attività di ridisegno della classe sono:
2.1. tutti assieme parliamo delle varie cose che compongono l’aula;
2.2. ciascuna bimba e bimbo disegna una parte dell’aula;
2.3. tutti assieme rappresentiamo in maniera schematica alla lavagna l’intera aula;
2.4. ciascuna bimba e bimbo disegna su un unico foglio grande grande una parte dell’aula seguendo lo schema che abbiamo disegnato assieme alla lavagna in modo da avere alla fine 13 autori per l’intera aula;
2.5. ciascuna bimba e bimbo disegna l’aula dei suoi sogni, con le luci, la porta, i banchi, l’armadio, l’attaccapanni che le/gli piacerebbe avere;
2.6. parliamo in classe di ogni singolo disegno, del perché ciascuna/o di loro vuole la classe in quel determinato modo;
2.7. scegliamo tutti assieme i vari elementi dell’aula da sogno immaginata dalla classe.
2.8. ogni bimba/o disegna il suo elemento su un foglio lucido collocandolo nella parte giusta dell’aula;
2.9. sovrapponiamo in classe i diversi fogli e alla fine abbiamo l’intera aula dei sogni delle bimbe e dei bimbi.
3. Ieri abbiamo realizzato la fase 2.3., che in maniera sintetica direi che si è svolta in questo modo:
3.1. Abbiamo che la lavagna prendeva il posto del foglio grande grande. Come dici? Vuoi sapere se l’abbiamo deciso tutti assieme? Certo che sì, ma tieni presente che il foglio grande grande in quel momento non c’era e che la lavagna era in ogni caso la tecnologia migliore per fare quello che dovevamo fare.
3.2. Abbiamo deciso che la classe la disegneremo di fronte e così con la maestra Lina abbiamo chiamato tutte le bimbe e i bimbi vicino a me e gli abbiamo fatto guardare ben bene tutte le cose che ci sono nell’aula:
3.3. Sono andato alla lavagna e ho chiesto da che parte andava disegnata la finestra e la lavagna e la cattedra e tutte le altre cose e man mano che loro mi dicevano dove metterle io le schematizzavo con un rettangolo e ci mettevo dentro l’iniziale. È vero che abbiamo fatto 2-3 volte avanti e indietro vicino al muro per la prospettiva e poi lavagna ma il risultato è stato eccellente, a parte il mio disegno e soprattutto le mie lettere, che non le faccio mai veramente precise.
3.4. La maestra Lina ha «interrogato» le bimbe e i bimbi tutte/i assieme chiedendo loro che cosa stavamo facendo, cosa avremmo dovuto fare nei giorni seguenti, come lo avremmo dovuto fare, perché e devo dire che una volta una bimba, un’altra volta un bimbo, ci siamo fatti tutti una bella ripassata che ci serviva proprio.
A questo punto ci siamo salutati – che le/i piccole/i a un certo punto si stancano e hanno ragione – e io e Irene siamo andati dalla Preside Punzo, che anche se ha sempre da fare ha trovato un po’ di tempo anche per noi e così le abbiamo raccontato un po’ di cose e in cambia abbiamo avuto qualche utile indicazione. Finita questa parte Irene ha mangiato il panino che si era portata da casa e io un piatto di pasta e patate che mi è stata offerta dalla signora Pia, direttrice dei servizi amministrativi, che ogni volta non mi fa pagare e mi sa che la prossima volta devo portarmi pure io il panino perché questa storia prima o poi deve pur finire (comunque grazie dal profondo del cuore signora Pia).
Alle 13 e un paio di minuti siamo scesi in Prima A, dove abbiamo trovato la maestra Amalia che purtroppo ha dovuto spostarsi in un’altra classe e la maestra Assunta. Prima di spostarsi, ha fatto in tempo però a mostrarci Ciro, l’amico pagliaccio realizzato tutto tutto dalle/dai bambine/i che hanno ritagliato da sole/i con l’attrezzo «forbici» ogni singola mano.
A proposito di lavoro fatto in autonomia, la maestra Assunta ci ha raccontato con condivisibile orgoglio che le bimbe e i bimbi hanno associato gli arnesi / tecnologie / ferri del mestiere alle lettere dell’alfabeto, cercando e trovando le somiglianze, e poi li hanno disegnati, e magari ritornando in falegnameria e guardando anche altri attrezzi riusciranno a disegnare insieme all’alfabeto con le prime lettere degli attrezzi anche un poster con l’alfabeto realizzato con gli attrezzi veri e proprio.
Intanto che ci pensiamo mi sono fatto dire da Irene – per fortuna che c’è lei che prende sempre appunti – le somiglianze scovate fin qui dalle bimbe e dai bimbi: F: chiave inglese; U: calamita; O: scotch; V: pinzetta ciglia; S: tubo; L: asciugacapelli all’incontrario; D: seghetto; T: martello; I: ago; A: forbici; M: metro.
Finita questa parte abbiamo costruito una storia insieme alla classe, però questo te lo racconto per bene la prossima volta, un po’ perché è stato una specie di grammelot partecipato, tanto perché questo aspetto della narrazione è fondamentale per cogliere fino in fondo le opportunità di cambiamento connesse al lavoro ben fatto e all’uso consapevole delle tecnologie.
Per ora ti dico solo questo:
1. La protagonista della storia è una mamma che deve tirare fuori una spada dalla roccia.
2. Gli alleati della mamma sono i genitori, un’amica e il Bianconiglio.
3. I nemici della mamma sono il marito, il figlio e il Drago.
4. Noi maestre/i ci siamo impegnati a scrivere una piccola storia con i personaggi e gli elementi che le bimbe e i bimbi ci hanno indicato.
Si, amico Diario, è una bella scommessa. Noi speriamo che ce la caviamo.
10 Febbraio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, ti avevo promesso che avremmo provato a scrivere una piccola storia con i personaggi e gli elementi che le bimbe e i bimbi ci hanno indicato, intanto ti sintetizzo quello che è venuto fuori dalla tempesta creativa con le bimbe e i bimbi:
1. La protagonista della storia è una mamma che deve tirare fuori una spada dalla roccia. Si, ci piace tenere assieme fabia e realtà, lo vedrai anche dai punti successivi.
2. Gli alleati della mamma sono i genitori, un’amica e il Bianconiglio.
3. I nemici della mamma sono il marito, il figlio e il Drago.
4. Il marito è un nemico perché è maschio e perché ha paura che si fa male. Ha un arco.
5. Il figlio è un nemico perché se la mamma deve estrarre la spada ha meno tempo per prendersi cura di lui e la sua arma è una sega elettrica.
6. Il nonno e la nonna sono a favore della mamma perché sono i genitori.
7. L’amica è a favore della mamma perché ha è amica. Per aiutarla ha una bacchetta magica.
8. La roccia con la spada può stare sopra una montagna, vicino a una palude, nella piazza dove sta una chiesa (io ho ho usato la parola cattedrale ma molte/i bimbe/i non conoscevano ancora la parola).
9. La mamma deve vivere in una città diversa da quella dove stanno la roccia e la spada perché prima di arrivare alla spada deve fare un viaggio durante il quale incontra l’amica.
10. Il Bianconiglio deve fare una magia per fa diventare bravi il padre e il figlio che così si alleano con la mamma e tutta la famiglia si riunisce.
11. Quando la mamma estrae la spada deve stare in silenzio perché così è più concentrata.
12. Per uccidere il drago che è molto potente ci vuole per forza la spada.
Ecco, direi che per adesso è tutto, conto di tornare presto con la storia.
22 Febbraio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, nei giorni scorsi abbiamo scritto la storia, che secondo noi è venuta carina, se vuoi la puoi leggere qui, così ti fai un’idea anche di come sta continuando il lavoro.
Ieri è stata una bella giornata sia in prima E che in prima A, abbiamo creato le premesse per un altro bel po’ di belle storie, prometto che oggi pomeriggio ti racconto tutto, adesso devo correre a Scafati, in un’altra prima, questa volta volta una prima media, dove pure stanno accadendo delle bellissime cose, magari quando hai un minuto di tempo vai a dare un’occhiata qui. A più tardi.
Eccomi amico Diario. Ieri con la Maestra Lina e Irene in Prima E abbiamo raccontato della storia di Mamma Teresa e della spada nella roccia ideata dalle bimbe e dai bimbi di Prima A. L’abbiamo raccontata un po’, ci siamo soffermati a fare qualche commento abbiamo chiesto alle bimbe ai bimbi qual è la loro favola preferita (Morena: La bella e la bestia; Genny: Cappuccetto rosso; Errico: Cappuccetto rosso; Chiara: Ariel; Francesca Pia: Cenerentola; Delia: La bella addormentata nel bosco; Angelo: Il lupo mannaro; Maria: Cenerentola, Raffaella: La bella e la bestia; Anna: La bella e la bestia) e infine abbiamo chiesto se avevano voglia di inventare anche loro una storia.
Vuoi sapere cosa hanno risposto? Siiiii.
Come dici? Se siamo stati contenti? Certo che si, contentissimi, però anche un po’ preoccupati, almeno io, la maestra Lina e Irene, perché il gioco si fa sempre più impegnativo e non è detto che riusciamo ad essere all’altezza della fantasie dei bimbi.
Come dici? Siamo esagerati? Certo che no, e visto che fai tanto il saputello vuoi sapere dopo averci pensato un po’ cosa è venuto fuori? Che il protagonista della storia della Prima E è il numero 10. E che anche tutti gli altri attori della storia sono numeri. I numeri nemici sono il 9, il 2 e l’1 e i numeri amici sono l’8, il 6 e il 7.
Queste le motivazioni dei nemici: il 9 è nemico perché il 10 si era preso la spada della magia; il 2 è nemico perché il 10 vuole proteggere tutte le persone mentre il 2 le vuole uccidere; l’1 è nemico perché il 10 ha lo 0 che prima aveva lui.
Queste invece le motivazioni degli amici che aiutano il 10: l’8 lo aiuta perché l’1 si è arrabbiato con lui che non gli aveva fatto niente; il 6 perché anche lui vuole essere un eroe; il 7 perché ha un potere magico.
La missione del 10 è invece questa: alzare l’armadio per svegliare lo zero che ci sta dormendo sotto e vuole continuare a dormire.
Come dici amico Diario? Ho ragione io? Questa storia qui è davvero una brutta gatta da pelare? Ecco, adesso sono d’accordo, però non fasciamoci la testa prima di avercela rotta e vediamo cosa riusciamo a combinare.
Quello che abbiamo combinato in Prima A in parte te lo ho raccontato qui, per ora aggiungerei soltanto che le domande che ci siamo fatti sul perché ci sono tanti luoghi comuni nelle storie (le mamme che non possono fare le cose che fanno i papà; la frutta che ogni volta che bisogna fare un guaio spunta una mela) hanno poi portato le bimbe e i bimbi a tirare fuori cose tipo la favola di Biancaneve con l’albicocca avvelenata o come «Vincenzo, quando farò un viaggio interspaziale mi porto il tablet e ti mando una mail», o come «raccontiamo le favole perché non riusciamo a dormire». Poi ci torneremo su amico Diario, ma io insomma penso che davvero bisogna fare di più per non disperdere la creatività di queste/i bimbe/i, il senso del nostro lavoro è un po’ anche questo, ma come ti ho detto su questo bisognerà tornarci su in maniera più approfondita.
16 Marzo 2017 Torna al Diario
Caro Diario, l’altro giorno, Martedì 14, sono ritornato in Prima E e Prima A, era un po’ che ci mancavo – settimana scorsa non sono stato bene – ma intanto il lavoro come vedrai sono andati avanti.
Cominciamo come sempre dalla Prima E, che l’altra volta come ti ricorderai mi ha dato le linee guide per la nuova storia, quella con i numeri, e insieme alla maestra Lina abbiamo fatto un po’ il punto della situazione e abbiamo deciso che la cosa migliore che possiamo fare è completare i lavori che abbiamo in corso, per l’appunto la storia con i numeri, le storie delle letterine e il disegno della classe, e se ci riusciamo di aggiungere soltanto «l’officina dei nostri lavori», sulla falsariga di quello che abbiamo fatto a Modugno con la maestra Francesca, perché insomma mi sembra una buona idea raccogliere in un unico cartellone tutti i lavori che le bimbe e i bimbi della classe vogliono fare da grandi, rappresentandoli con un attrezzo, che se lo facciamo alla fine di ogni anno in quinta avremo in solo cinque cartelloni un bel po’ di indicazioni su come evolvono i sogni, le aspirazioni e le aspettative delle bimbe e dei bimbi anno dopo anno.
Dopo la pausa pranzo, alle 13 in punto, sono arrivato in Prima A dove ho trovato le maestre Assunta, Amalia e Mariarosaria che insieme alla classe avevano preparato un bel po’ di sorprese.
Facciamo così, innanzitutto ti metto un po’ di disegni, e poi ti spiego cosa hanno fatto.
Come dici? Le/i bimbe/i stanno riscrivendo e reinterpretando la storia di Mamma Teresa? Proprio così, non è bellissimo? La stanno riscrivendo e ridisegnando ognana/o in un apposito quadernone, e hanno fatto anche un video bellissimo con la maestra Assunta che fa le domande alla classe – che cosa fa mamma Teresa?, perché il papà e il figlio diventano suoi nemici?, com’è che a un certo punto compare il Bianconiglio? – e le bimbe e i bimbi che fanno a gar per rispondere «parte per un viaggio lungo lungo; deve togliere la spada dalla roccia; perché se la mamma se ne va non hanno nessuna che cucina e lava i calzini; perché si è aperto un varco tra il mondo reale e il mondo della fantasia.
Caro amico Diario te lo assicuro è stato uno spettacolo bellissimo, per la verità i video sono più di uno, spero soltanto di riuscire a metterli assieme e puubblicarli qui, ma insomma se non riesco io mi faccio aiutare, prima o poi prometto che te li faccio vedere.
In prima A stanno anche colorando una cassetta con le sagome degli attrezzi, anche qui ti metto la foto così ti fai un’idea.
Infine abbiamo parlato di emozioni, perché naturalmente le maestre con le classi fanno tante cose diverse, e questa idea qui delle emozioni e di ogni bimba/o che si rappresenta con i colori delle diverse emozioni (amore, calma, rabbia, gioia, tristezza, paura) mi è sembrata bellissima e così l’abbiamo fotografata ed eccola qui.
Infine anche in Prima A abbiamo pensato di fare il cartellone con tutti gli attrezzi e i mestieri e se riusciamo anche a finire l’alfabeto degli attrezzi, anche qui insomma il lavoro da qui alla fine dell’anno non ci manca. Alla prossima.
10 Aprile 2017 Torna al Diario
Caro Diario, causa una riunione a Roma a cui non posso mancare domani non potrò essere con le bimbe e i bimbi della Prima E e della Prima A.
Come dici? Come si fa? Ahahahaha, tu mi fai ridere amico, che significa come si fa, come si fa ogni giorno, che ci stanno le maestre che fanno il lavoro quello vero mica io, che naturalmente faccio il possibile per dare una mano, ma questo è. E poi domani anche se non ci sono io ritorna Irene, che è tornata da Barcellona, e che appena potrà ci racconterà tutto come meglio non si può, dunque stai tranquillo.
Adesso veniamo a noi, che ancora non ti ho raccontato quello che le bimbe e i bimbi hanno combinato l’ultima volta, che sono tante cose, e perciò ti faccio una sintesi per punti.
1. Il cartellone in Prima E è stato quasi ultimato, lo puoi vedere nella foto in fondo. È bello assai, con tutti i lavori che le bimbe e i bimbi vogliono fare da grandi, almeno per ora, perché se poi crescendo cambiano idea hanno la possibilità di farlo, che magari potremmo fare anche un cartellone all’anno, così in quinta loro hanno una cronistoria dei lavori che volevano fare da grandi anno per anno.
2. Sempre in Prima E il cartellone è stato l’occasione anche per fare un gioco, della «bimbe/i, quando da grandi andremo a tagliarci i capelli da chi andremo, e tutte/i a gridare il nome della bimba che aveva scelto come lavoro la parrucchiera, e lo stesso con il benzinaio, e con qualunque altro tipo di lavoro le/i bimbe/i hanno scelto.
3. Finito il gioco dei lavori la maestra Lina ha procurato un mappamondo e abbiamo cominciato a parlare di differenze, abbiamo visto dove sta Napoli e dove sta Sydney, e ci siamo chiesti perché a Napoli l’acqua nel lavandino gira in senso orario e a Sidney in senso antiorario, e insomma alla fine abbiamo deciso che le differenze sono una cosa bella.
4. In prima A invece abbiamo prima fatto un aggiornamento sulla situazione delle storie di Mamma Teresa raccontate e disegnate dalle bambine e dai bambini, che ti assicuro quando avranno finito sarà qualcosa di bellissimo, poi abbiamo fatto anche lì il gioco dei lavori e insomma il resto non te lo dico perché è una sorpresa e devi aspettare ancora qualche giorno prima di sapere cosa si stanno invetando queste/i bimbe/i.
A presto amio Diario, nei prossimi giorni si rifà viva Irene con il resoconto di quello che accade domani, mi raccomando, non essere troppo dispettoso.
12 Aprile 2017 Torna al Diario
Caro Diario,
ciao, sono Irene. Ieri dopo qualche settimana di assenza sono tornata all’ I.C. 83 Porchiano – Bordiga di Ponticelli, per la prima volta da sola, dato che il Prof. Moretti era impegnato in altre faccende. Come sempre mi sono recata in I E e successivamente in I A e ho proposto una nuova attività, che facesse da filo conduttore con ciò di cui avevamo trattato precedentemente, ovvero l’invenzione di storie e racconti. Questo tipo di lavoro è cominciato già da varie settimane, prima in forma orale e adesso in forma scritta, attraverso l’uso dei disegni. Ho proposto un elemento fantastico o reale ad ogni bambino, che dopo averlo disegnato aveva il compito di costruirci intorno una ambientazione arricchita da altri personaggi. Il tutto doveva essere accompagnato dall’invenzione di una storia che animasse i personaggi, che li facesse interagire tra loro e che li inserisse in un determinato contesto. L’ultimo passo era quello di far raccontare singolarmente a ogni bambino la storia che era riuscito a mettere su con gli elementi assegnatigli.
Queste alcune delle storie che sono venute fuori:
Matteo, partendo da una casa: «C’è una casa stregata dove c’è un mostro col mantello invisibile. Arriva un detective per scoprire chi c’era in quella casa. Vede delle orme gigantesche e le studia per capire da dove venivano. Ad un tratto sente qualcosa muoversi dietro di lui ma non vede niente perché il mantello rendeva invisibile il mostro. Il detective molto intelligente (come me) prende una rete invisibile e cattura il mostro. Così la casa non era più stregata.»
Nunzio, partendo dalla figura del nonno: «Un nonno vuole difendere il suo nipotino dal lupo cattivo. Così si trasforma in un supereroe e combatte con i raggi potenti del sole contro il lupo. Il nonno vince e il lupo muore».
In tal modo il narratore crea connessioni, fili conduttori che ricondurranno a un significato finale, mentre gli ascoltatori di una storia non sono isolati, ma si inseriscono «dentro» la narrazione, sono coinvolti. È questa la forza segreta di un racconto. Una narrazione non riferisce semplicemente una trama, non descrive, non riporta soltanto dei fatti: simultaneamente parla all’ascoltatore, lo interpella, lo sconvolge, lo spinge a cambiare. Costringe chi ascolta a fare quell’autentico lavoro di interpretazione che Ricoeur descrive con il termine “appropriazione”. Il bambino riesce ad appropriarsi del “mondo dell’opera”, riesce a immedesimarsi nel contesto di cui parla o di cui sente parlare, rivelando o scoprendo verità, aspetti, significati.
Alla base di questo lavoro c’è l’intenzione di far sviluppare nel bambino una capacità di ragionamento e di connessione fra parti distinte, aiutarlo nella crescita di un pensiero strutturato, che sappia muoversi e districarsi tra realtà e finzione attraverso “link” casuali, che possono all’apparenza sembrare non interconnessi tra loro, generando un filo conduttore tra presente e assente.
È quello di cui parla il teorico americano Karl Weick quando afferma che «le storie aiutano la comprensione, perché integrano quello che si sa di un evento con quello che è ipotizzato […]; suggeriscono un ordine causale tra eventi che in origine sono percepiti come non interconnessi […]; consentono di parlare di cose assenti e di connetterle con cose presenti a vantaggio del significato […]; sono mnemotecniche che permettono di ricostruire eventi complessi precedenti […]; possono guidare l’azione prima che siano formulate delle routine e possono arricchire le routine quando sono state formulate […]; consentono di costruire un database dell’esperienza da cui è possibile inferire come vanno le cose.»
Ecco, con questo ti saluto caro Diario, a presto.
30 Maggio 2017 Torna al Diario
Caro Diario, oggi è stata una giornata veramente fantastica al IC 83 Porchiano Bordiga, e del resto come diceva mio padre il buongiorno si vede dalla mattina, perché sono arrivato alla fermata della Circumvesuviana con largo anticipo e mi sono mangiato la madre di tutte le graffe fritte con la crema, ti giuro che mi sono arricreato, me la sono mangiata con il cuore e con la bocca, non ho fatto cadere neanche un granellino di zucchero, insomma se ti dico che è stata un’esperienza mistica mi devi credere?
Come dici caro Diario? La graffa fritta con la crema mi fa male? No, no, non mi fa male, di più, per me è veleno, però per piacere non ti ci mettere pure tu, un paio di volte al mese me lo dovete far passare uno sfizio che tra poco pure su Netflix esce la serie «Ma quanti anni vuoi campare» a sostegno di chi si batte contro il salutismo degenerativo.
Cosa dici? È meglio se cambiamo discorso? Sono d’accordo, anche perché la mia giornata serendipitosa è continuata in circumvesuviana perché mi sono seduto, ho preso l’iPad e ho comiciato a leggere le bellissime bozze del libro che mi ha mandato una mia amica chiedendomi se le davo una mano con il napoletano. Come era naturale ho fatto tutto senza dire una parola e così ti puoi immaginare la mia sorpresa quando – dopo aver messo un’apostrofo a na e averlo fatto diventare ‘na, la persona che avevo a fianco mi ha detto «la parola successiva è scritta bene, la terza invece no, ci vogliono due enne, non una.»
Si, si, amico mio, solo a Napoli, purtroppo ho dimenticato il nome di questa persona, che però di cognome dovrebbe chiamarsi Palumbo, e insomma abbiamo cominciato a chiacchierare sulle difficoltà delnapoletano scritto e quando sono arrivato alla fermata di Madonnelle e gli ho teso la mano mi ha detto «la contatto sui social, se ha bisogno di una mano mi invii pure il testo, poi lei fa tutti i controlli necessari, ma il lavoro di base glielo faccio io.» Meraviglioso. Solo a Napoli.
Alle 10.10 sono arrivato a scuola. La preside Colomba Punzo, le maestre Assunta Carullo, Lina La Gatta e io abbiamo incontrato prima i genitori, ai quali abbiamo riassunto il senso e i contenuti del progetto, e poi sono arrivate/i Amalia Muneghina, Lello De Gregorio e Mariarosaria Calace con le bimbe e i bimbi della Prima A e della Prima E e ti assicuro che è stato uno spettacolo sentirli raccontare il lavoro che hanno fatto e commentare le immagini del video, e salutarci, abbracciarci con questa storia del lavoro ben fatto, delle tecnologie e della consapevolezza che è evidente che comincia a radicarsi nei loro pensieri.
Come dici amico Diario? Perché non abbiamo fatto delle foto? Certo che le abbiamo fatte, te ne metto alcune qui di seguito, che poi appena arriva il video ti faccio vedere anche quello. Le ultime tre cose che ti voglio dire per quest’anno sono queste: 1. come avevo previsto un poco mi sono commosso però sono stato bravo perché sono riuscito a non farmene accorgere; 2. sono troppo felice del lavoro che abbiamo fatto ed è una felicità che condivido con la preside Colomba, le maestre Amalia, Assuna, Lina e Mariarosaria, il maestro Lello e la più fantastica apprendista che io potessi desiderare, Irene Casa, che oggi non è potuta venire perché impegnata con gli esami e già mi ha scritto in chat 33 volte perché vuole sapere come è andata; 3. la serendipity è continuata anche dopo perché Colomba mi ha portato a Lotto Zero dove altri “suoi” ragazzi delle medie hanno fatto da guida alla villa romana e così ho conosciuto Luca, ma questo te lo dico nei prossimi giorni, perché la sua storia merita e bisogna raccontarla come si deve.
Ti saluto, a presto.