Un background, quattro movimenti, una chiave e una definizione

Indice delle voci pubblicate: Voci da un dizionario; Il dizionario interattivo in cinque mosse; Un background, quattro movimenti, una chiave e una definizione; Serendipity; Decision Making; L’Organizzazione Rete; Le Connessioni di George; Le Quattro Ondate di Miles e Snow; Indice delle voci.

Per cominciare un background, quattro movimenti, una chiave e una definizione. Il background è dato dalle idee guida, da quello che dopo Wittgenstein si può definire il fondo delle proprie convinzioni, il muro maestro del quale «si potrebbe quasi dire che è sorretto dall’intera casa»; i quattro movimenti hanno più specificamente lo scopo di tracciare, a beneficio di chi legge e, soprattutto, di chi studia, alcune delle possibili connessioni esistenti tra i mille sentieri che si biforcano nei giardini del pensiero organizzativo; la chiave fornisce qualche utile indicazione per leggere e ordinare i diversi movimenti; la definizione si riferisce al termine organizzazione, che per evidenti ragioni non può che essere considerato primus inter pares.

Le idee guida mirano in buona sostanza a definire lo spazio all’interno del quale è più facile, o comunque meno arduo, sviluppare in maniera appropriata gli ambienti di apprendimento. Si tratta di idee che muovono dalla necessità di pensare la comunità dei partecipanti come un’organizzazione che apprende, tese insomma a fare in modo che chi interagisce non si pensi e non sia soltanto un passivo ricettore di informazioni o, nei casi migliori, di conoscenze ordinate e selezionate dall’autore ma un protagonista essenziale perché attivo del processo, esso stesso produttore di conoscenza e costruttore di ambienti di apprendimento. Idee come queste:
1. la conoscenza delle persone e delle organizzazioni può essere espressa come capacità di selezionare le risorse che in un determinato contesto permettono di risolvere problemi, di cogliere opportunità e dunque di moltiplicarle;
2. le organizzazioni sono in grado di apprendere in quanto strutture e per questa via di modificare i propri modi di essere e di operare; in un’organizzazione che apprende tutti i componenti contribuiscono a ridefinire, arricchire, tradurre in linguaggio comune le diverse abilità;
3. è attraverso i processi di conferimento di senso che è possibile costruire contesti condivisi per l’azione;
4. non basta distribuire istruzione perché le persone apprendano dato che tra istruzione e conoscenza c’è uno spazio importante che va colmato dall’apprendimento;
5. si acquisiscono saperi e si sviluppano competenze non solo studiando (o seguendo un post) ma anche facendo, riflettendo, sperimentando, valorizzando ciò che si sa e ciò che si sa fare;
6. la possibilità/capacità di collaborare, connettersi, stabilire relazioni è una componente sempre più importante del processo di apprendimento;
7. il carattere «amichevole» delle tecnologie, il loro successo o fallimento, è determinato dalla nostra capacità di connetterle al bisogno di relazione, connessione, costruzione, partecipazione e dunque apprendimento che ci caratterizza in quanto essere umani.

Eccoci giunti ai quattro movimenti:

Il primo movimento si deve ai mostri sacri Weber e Taylor, al pensiero che non prevede esitazioni, che non ammette repliche. Fermo restando, naturalmente, le profonde differenze tra i due autori, e le loro differenti sensibilità, non solo valoriali, rispetto al tema della razionalità e dunque della modernità, la loro opera può essere in questo contesto definita come la ricerca della razionalità assoluta, dell’organizzazione ideale, della struttura perfetta, un inno all’uomo impersonale, senza qualità, rotella da sincronizzare nell’ineccepibile ingranaggio della burocrazia (Weber) o dell’industria (Taylor).
Nei loro mondi ideali potrebbe trovare posto il computer Hal 9000 di 2001: Odissea nello spazio: «Noi siamo, senza possibili eccezioni di sorta, a prova di errore e incapaci di sbagliare». O anche l’Architetto che in Matrix Reloaded dice a Neo: «La tua vita è la somma del resto di un’equazione non bilanciata inerente alla programmazione di Matrix. Sei l’eventualità di un’anomalia che nonostante i miei più onesti sforzi non sono stato in grado di eliminare da quella che altrimenti sarebbe un’armonia di precisione matematica. Sebbene ciò resti un peso caducamente evitato, non è inaspettato e perciò non al di là di una misura di controllo. Il che ti ha condotto inesorabilmente qui».

Il secondo movimento ha come filo conduttore la soggettività, l’imperfezione, l’anomalia, la contraddizione e ha tra i suoi maggiori autori-interpreti Argyris (creazione di gruppi informali di lavoro; autonomia e partecipazione; management e leadership non autoritarie), Barnard (organizzazione come sistema cooperativo; importanza degli incentivi; funzione del dirigente), Bravermann (alienazione; separazione tra lavoro direttivo e lavoro esecutivo), Crozier (inefficienza della burocrazia; strategie dei soggetti, lotte di potere e controllo dell’incertezza), Etzioni (forme pure di potere; modalità di comando e di ubbidienza; tipologie di carisma), Goffman (istituzione totale; gruppi di performance e gruppi di audience), Gouldner (funzioni latenti; dualismo tra disciplina – gerarchia e competenza), Laurence e Lorsch  (prevedibilità – imprevedibilità delle strutture; importanza del contesto), Mayo (relazioni umane; fattori materiali e fattori psicosociali), March (processi decisionali; coalizioni e conflitti; garbage can), Merton (teorie di medio raggio; anomia; serendipity; funzioni latenti e conseguenze inattese; incapacità addestrata), Mintzberg (burocrazia professionale e burocrazia meccanica, management e leadership), Simon (razionalità limitata; giudizi di fatto e giudizi di valore; importanza delle procedure; continuum mezzi fini), Woodward (tecnologia, controllo e struttura organizzativa dell’impresa).
Qui l’immagine potrebbe essere quella di Dunbar/Kostner in Balla coi lupi quando ricorda che «di tutte le piste di questa vita, la più importante è quella che conduce all’essere umano». O anche quella dell’ispettore Callaghan/Eastwood quando afferma che «ogni uomo dovrebbe conoscere i propri limiti». O infine quella di Roy Batty, il replicante che in Blade Runner dice: «Ho fatto cose discutibili. Cose per cui il Dio della biomeccanica non mi farebbe entrare in Paradiso».

Il terzo è il movimento dei fattori istituzionali e ambientali, destinati ad assumere un’importanza sempre più strategica nell’analisi delle strutture e dei processi organizzativi.
È qui che è possibile incontrare le idee di Selznick (impatto delle istituzioni sulla vita delle organizzazioni; tipologie dei processi di cooptazione e cricche istituzionalizzate; caratteristiche della leadership e tipologia di rapporti con i poteri esterni), di Meyer e Rowan (processi di isomorfismo; miti razionali), di Powell e Di Maggio (concetto di campo organizzativo); quelle di Williamson (trasformazione dell’impresa da funzione della produzione a struttura di governo delle transazioni; mercato e gerarchia; gruppo relazionale) e di Ouchi (coesistenza di mercato, burocrazia e clan; tradizione, lealtà e fiducia); di Stinchcombe (popolazioni organizzative; onere della novità; imprinting organizzativo), di Hannan e Freeman (selezione e cambiamento; ambienti a grana fine e a grana grossa; organizzazioni generalistiche e organizzazioni specialistiche), di Piore, Sabel e Zeitlin (specializzazione flessibile; distretti industriali).
Mani sulla città di Francesco Rosi può essere considerato una delle icone di questo movimento, ed Eduardo Nottola/Steiger il perfetto rappresentante delle cricche di potere che condizionano fino a stravolgerli gli scopi delle organizzazioni. Ancora dello stesso tema tratta Erin Brockovich – Forte come la verità, film più recente tratto da una storia vera e diretto da Steven Soderbergh. Nell’ambito dello stesso movimento ma di temi diversi tratta invece The Navigators (Paul, Mick e gli altri) di Ken Loach (cinque ferrovieri inglesi che in seguito alla privatizzazione si trovano a fare i conti con la precarietà e l’incertezza del mercato del lavoro).

Il quarto movimento muove dall’idea che la burocrazia e l’impresa possono essere comprese a partire dalle culture organizzative che in esse si affermano e sono prevalenti e che dunque sono i soggetti molto più delle strutture a determinare il carattere, i processi decisionali, le storie, i successi e i fallimenti delle organizzazioni.
È questo il movimento tra gli altri di Schein (concetto di cultura organizzativa), Martin  (pluralità delle culture organizzative), Kunda (cultura aziendale come strumento di controllo), Weick (processi cognitivi e sensemaking), Giddens (processi di strutturazione), Schon (apprendimento organizzativo).
Anche in questo caso sono tanti i possibili riferimenti. In tema di identità e sensemaking è diventato un classico Bill/Carradine che in Kill Bill dice a Beatrix: «[…] L’elemento fondamentale della filosofia dei supereroi è che abbiamo un supereroe e il suo alter ego. Batman è di fatto Bruce Wayne. L’Uomo Ragno è di fatto Peter Parker. Deve mettersi un costume per diventare l’Uomo Ragno. Ed è questa caratteristica che fa di Superman l’unico nel suo genere. Superman non diventa Superman. Quando Superman si sveglia al mattino è Super-man, il suo alter ego è Clark Kent. […] Clark Kent è il modo in cui Superman ci vede. E quali sono le caratteristiche di Clark Kent? È debole, non crede in se stesso ed è un vigliacco. Clark Kent rappresenta la critica di Superman alla razza umana, più o meno come Beatrix Kiddo è la moglie di Tommy Plympton. Tu avresti indossato il costume di Arlin Plympton, ma tu sei nata Beatrix Kiddo, e ogni mattina al tuo risveglio saresti stata Beatrix Kiddo».

Siamo giunti così alla chiave che propongo per interpretare i diversi movimenti, che è rappresentata dall’individuo, dalla persona, che è diventata nel corso del tempo sempre più l’elemento centrale, il fattore strategico, nella definizione e nella comprensione dei processi organizzativi.
Dall’omino alienato magicamente interpretato da Charlie Chaplin in Tempi Moderni fino al lavoratore della conoscenza impegnato a scegliere informazioni, a stabilire relazioni e costruire connessioni, a sapere e a saper fare, per tutto il corso della propria vita, molta strada è stata fatta, nonostante la scarsa linearità e le tante contraddizioni, in questa direzione.

E veniamo al termine Organizzazione.
Secondo il Dizionario De Mauro della Lingua Italiana, esso comprende, tra i suoi significati di largo uso:
1. l’organizzare, l’organizzarsi e il loro risultato;
2. il modo in cui è organizzato un lavoro, una struttura ecc.;
3. una qualsivoglia struttura organizzata per conseguire un fine comune;
4. l’insieme delle persone che operano in una struttura.
Questa prima, generale, definizione può essere naturalmente arricchita, acquisire nuovi significati, essere oggetto di ulteriori determinazioni, a seconda del contesto nel quale il termine viene utilizzato o analizzato.
Nei confini delle discipline e dei linguaggi sociologici si deve proprio a questa azione di ulteriore specificazione la possibilità di evidenziare che:
1. con il termine organizzazione si usa definire tanto un qualsivoglia soggetto o ente (associazione, impresa, istituzione, partito, sindacato ecc.), in possesso o meno di personalità giuridica, per qualunque scopo costituito, quanto la maniera in cui tale soggetto o ente è strutturato (gerarchie, decisioni, funzionalità, efficacia, efficienza saranno in questo caso alcuni dei fattori che ci si troverà a valutare);
2. concorrono a definire l’oggetto di studio della sociologia dell’organizzazione non solo le organizzazioni formalmente riconosciute in quanto tali (le strutture, il volto statico delle organizzazioni), ma anche tutti quegli eventi in qualche maniera rilevanti per comprendere uno o più aspetti della realtà sociale (i processi, il volto dinamico delle organizzazioni, ciò che nella lingua inglese viene definito “organizing”), indipendentemente dal fatto che essi si manifestino nell’ambito di contesti micro, come nel caso delle relazioni tra i componenti di un piccolo gruppo, o macro, come nel caso del funzionamento di organismi internazionali;
3. tanto le teorie prescrittive, quelle che cioè si ripromettono di indicare in che modo un determinato soggetto o ente deve essere organizzato per conseguire al meglio i propri scopi, quanto quelle interpretative, che forniscono invece strumenti e analisi per comprendere il funzionamento di una qualsivoglia organizzazione, rivestono in tale contesto una funzione rilevante.

Fatto il primo passo, è utile spendere qualche ulteriore considerazione intorno alle scelte metodologiche e di «architettura», ai criteri di classificazione, che mi hanno guidato nel mio lavoro.
Per quanto appaiano fatte apposta per essere superate, le classificazioni sono importanti per molte ragioni, in primo luogo perché determinano ordini, definiscono criteri di valutazione, propongono similitudini e priorità.
Una di queste, quella di Bonazzi, è da tempo divenuta, in Italia, un «classico». Essa struttura il pensiero organizzativo intorno a tre questioni (quella industriale, relativa a tecnologia e consenso; quella burocratica, relativa a funzioni e strategie; quella organizzativa, relativa a decisioni e risorse), ciascuna con un capostipite pressoché indiscusso (Taylor nel primo caso, Weber nel secondo, Parsons nel terzo) e un consistente numero di più e meno importanti epigoni.
Intere generazioni di studiosi, studenti, sindacalisti, appassionati e cultori della materia devono almeno qualcosa al lavoro di Bonazzi, e alla regola non sfugge naturalmente neanche questo dizionario (nel caso specifico si tratta di un debito intellettuale da molti punti di vista importante ed esplicitarlo appare semplicemente necessario).
Ciò detto, è utile aggiungere due ulteriori considerazioni:
1. a mitigare l’alone di inviolabilità che inevitabilmente circonda opere di questo tipo, a sparigliare le carte ci ha pensato, per sagacia (sua) e per fortuna (di chi scrive), lo stesso Bonazzi con un suo più recente lavoro nel quale individua cinque aree tematiche di riferimento (burocrazia come organizzazione razionale; organizzazioni come sistemi cooperativi; approccio istituzionalista; economia dei costi di transazione e popolazioni organizzative; cultura, senso e strutturazione) e sottolinea la necessità «di superare la vecchia idea delle organizzazioni viste come strutture formali distinte da quelle informali [… e sottolineare …] l’importanza dei processi di organizzazione (l’organizzare) in affinità con il concetto di strutturazione proposto da Giddens»;
2. la seconda è data invece dal fatto che tutto questo non ha in alcun modo ostacolato l’indispensabile, autonomo lavoro di elaborazione e di ricerca compiuto da chi scrive sia dal versante metodologico che da quello dei contenuti.

Questa necessità di guardare contemporaneamente alla struttura dei contenuti, alla loro organizzazione dal punto di vista della metodologia proposta, oltre che naturalmente ai contenuti in quanto tali, ha portato ad esempio chi scrive a interrogarsi a lungo intorno alla possibilità di utilizzare un qualche criterio, ad esempio di ordine cronologico o tematico, che correggesse gli oggettivi limiti di una presentazione meramente alfabetica dei diversi termini, autori, teorie, indirizzi. La constatazione empirica di quanto sia difficile tenere assieme l’ordine alfabetico, premessa e promessa ineludibile di qualunque dizionario, con la classificazione per periodo, scuola, teoria, autore, indirizzo e così via discorrendo, e di quanto sia incombente il rischio che il rimedio si dimostri peggiore del male, ha consigliato infine di rimanere fedeli all’impostazione per così dire classica del dizionario: si comincia con la lettera A e si finisce con la Zeta.
Il tempo, la necessità, forse persino il buon senso, avrebbero suggerito di chiudere in questo modo definitivamente la questione, ma più il lavoro andava avanti e più forte si faceva il bisogno di fornire a chi legge e a chi studia un qualche strumento utile a non perdere di vista la fitta rete di riferimenti che fa sì che ciascun termine acquisti tanto più senso e significato quanto più si connette a indirizzi, filoni, cornici concettuali, scuole, autori.
Una volta individuata, la mossa del cavallo, quella che a nostro avviso ha permesso di fare un salto al di là del paralizzante dilemma, si è dimostrata persino disarmante nella sua semplicità: assegnare alla struttura stessa delle voci il compito di facilitare le attività di collegamento e di apprendimento di chi studia, legge, consulta il dizionario.

La faccenda, con la quale chi legge si ritroverà a familiarizzare nei prossimi post, può essere schematicamente riassunta nel seguente modo:
1. a parte il termine Organizzazione, che ricorre troppe volte per essere trattato alla stregua degli altri, tutti i termini definiti sono ripetuti ogni volta in grassetto allo scopo di facilitare anche visivamente la loro assimilazione e i processi di correlazione a ciascuno di essi connesso;
2. le definizioni che si riferiscono agli autori sono tutte strutturate intorno a quattro voci, «Vedi anche», «Domande», «Idee», «Citazione», mentre quelle che si riferiscono invece alle teorie, alle scuole, ai concetti, ai termini ecc. sono tutte strutturate intorno a tre voci «Vedi anche», «Concetti e parole chiave», «Spiegazione»;
3. la voce «Vedi anche», non a caso la sola presente in tutti e due i casi, segnala rimandi e correlazioni con aree tematiche, scuole, teorie e concetti ideali o di riferimento, autori e teorie precedenti o successivi, naturalmente nella misura in cui, in tutto o in parte, per conoscenza consolidata o per convincimento dell’Autore, tali legami esistono;
4. la voce «Domande» presenta alcune delle questioni fondamentali dalle quali di volta in volta l’Autore è partito per strutturare i propri argomenti e le proprie tesi;
5. la voce «Idee» indica le linee principali di pensiero di ciascun autore;
6. la voce «Citazione» ne propone una frase o un concetto particolarmente significativo;
7. la voce «Concetti e parole chiave» consente un approccio sintetico ma paradigmatico agli assunti, le teorie, i termini, di volta in volta oggetto di definizione;
8. la voce «Spiegazione» definisce infine in maniera più compiuta le principali caratteristiche di ciascuna teoria, concetto ecc.

Detto che la spiegazione rende la faccenda più macchinosa di quanto non sia in realtà, va ribadito per l’ennesima volta che le soluzioni adottate per questo lavoro hanno inevitabilmente un carattere parziale e provvisorio, sono per definizione destinate a essere criticate, messe in discussione, superate.
Sta di fatto che in molti casi si è trattato di scelte ex post e non ex ante, operate cioè «facendo» (una di quelle più opinabili, quella di non includere tra le voci del dizionario una parte consistente delle cosiddette scuole di pensiero, è ad esempio maturata mano a mano che, col procedere del lavoro, è apparso sempre più evidente il carattere eccessivamente statico, semplificatorio, riduttivo, di molte delle definizione ad esse relative).

Questo è quanto, un quanto inevitabilmente insufficiente a convincere tutti. Per certi versi, è il destino di tutte le storie di questo tipo. Storie che nel corso dei decenni, con lo sviluppo delle società, delle culture, delle tecnologie, hanno dovuto fare costantemente i conti con i tanti cambiamenti oggettivi, propri delle teorie e delle pratiche organizzative, e soggettivi, afferenti in questo caso agli orientamenti e alle convinzioni di chi, di volta in volta, tali storie ha raccontato.
È il viaggio per fortuna senza fine nel variegato, impegnativo, affascinante, controverso mondo del sapere.
Detto questo, con il prossimo post sarà davvero tempo di cominciare.
dpo1