IL LIBRO
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Cara Irene lo so che te l’ho detto già dieci volte, ma la presentazione de Il lavoro ben fatto a Potenza, all’Associazione Insieme, è stata veramente un’esperienza di straordinaria umanità, te la devo raccontare per bene, non la potevo contenere nelle Note a Margine.
Direi di cominciare dal principio, anzi no, da ancora prima, dalle premesse, che quando sono quelle giuste aiutano, altro che se aiutano. In questo caso le premesse giuste sono state due: la prima si riferisce al contesto, al luogo, l’Associazione Insieme, un posto pieno di senso, di identità, di storie vere, di problematicità, di cose fatte bene; la seconda riguarda invece l’organizzazione della serata, il format che abbiamo pensato con il mio amico giornalista Vito Verrastro, lo puoi vedere nella foto.
Fatto? Bene, allora posso continuare con il racconto, naturalmente è una sintesi, perché le cose che sono successe sono così tante che ci vorrebbe un libro.
Il racconto di Vito Parte Prima
Il valore, il percorso e il senso del posto (l’Associazione, le sua attività, l’incontro precedente) e del libro (metodologia, manifesto, casa editrice, altro).
Le storie di lavoro ben fatto e il blog.
Il sottotitolo ambizioso (come e perché una metodologia, un libro, un incontro possono cambiare il mondo).
Il saluto di Maria Elena Bencivenga
L’Associazione Insieme come luogo di lavoro ben fatto in quanto luogo in cui le persone incontrano, nella relazione, un amore, un desiderio, una passione, una voglia di fare e di riscattarsi.
“Direi che Comunità Insieme è tutto questo e tante altre cose ancora, il luogo dove proviamo a far incontrare le persone con qualcosa di speciale che si chiama vita. Non è poco, le persone che arrivano da noi non di rado vengono a braccetto con la morte. La dimostrazione del nostro lavoro ben fatto vorremmo che ci fosse proprio questo, la relazione stretta con la vita che cerchiamo di costruire. Grazie e benvenuti a casa vostra.”
Il racconto di Vito Parte Seconda
Il carattere concreto del lavoro ben fatto.
Non solo idee e parole ma anche azioni e prodotti, a partire da quelli preparati dalle donne e dagli uomini della comunità.
Presentazione del video i 5 passi del lavoro ben fatto, che in meno di due minuti racconta la natura del lavoro ben fatto e le sue caratteristiche.
“Sono 5 passi, 5 domande, 5 risposte di una semplicità disarmante, eppure dentro questa semplicità c’è la ricerca di una vita. Rendere così semplice un concetto come il lavoro ben fatto è già una grande cosa, però per farci raccontare questo strano viaggio che parte da Secondigliano, dove è nato Vincenzo, arriva in Giappone e fa mille e mille giri in Italia attraverso il dialogo e l’incontro con le persone che applicano questa metodologia nelle diverse situazioni che vivono, lascerei la parola a lui. Allora Vincenzo, il tuo che viaggio è?”
Il mio racconto
“È un viaggio bellissimo per tante ragioni, Vito. La prima, secondo me la più importante, è data dalle tante belle persone che incontro”.
Non ho proprietà o soldi da lasciare ai miei figli eppure sono una delle persone più ricche del mondo.
Sono uno degli uomini più ricchi del mondo perché do molta importanza ai rapporti umani, alle persone.
“C’è tanta bella gente che mi vuole bene, è questa la mia ricchezza.”
L’esempio di Vito e Giuliana. Perché fanno tante cose per me? Perché spendono una parte del loro tempo per me? Perché abbiamo una relazione fondata sull’amicizia, sulla stima umana e professionale, sul rispetto. Perché ci vogliamo bene.
Il filosofo Salvatore Veca, “Dell’Incertezza” e le dieci proposizioni connesse: una vita è tanto più ben fatta, tanto più bella, quanto più sono le persone di qualità, le persone belle, con le quali siamo connessi.
Il primo incontro con Associazione Insieme, il viaggio in autobus con Antonio Pescapè e la mezzora trascorsa con le donne e gli uomini della comunità prima del dibattito a cui Vito ci aveva invitato. Un’esperienza intensa, bellissima, nella quale conosco, attraverso il racconto, la mamma di Antonio, e tocco con mano la profonda umanità del mio amico professore e delle persone che ci ascoltano e dialogano con noi. Indimenticabile, grazie a quella esperienza condivisa il mio rapporto con Antonio fa un ulteriore salto di qualità.
“È questo il senso della mia ricchezza, della mia umanità, ed è il motivo per cui ringrazio Maria Elena, Mimmo e tutta la comunità Insieme, non lo faccio tanto per farlo. Sono venuto qui per l’umanità che esprime questo posto, per questo motivo quando Vito me lo ha proposto gli ho detto subito di sì”.
Il valore inestimabile di tutto questo. Le mie rughe me le sono guadagnate.
Il lavoro ben fatto funziona davvero come nel video, non a caso a fare le domande c’è una bambina. Il messaggio è evidente: il lavoro ben fatto lo possono capire e lo possono fare tutti. Ed è veramente bello, sensato, giusto, possibile e conveniente.
L’esempio del panino con l’aiuto di Erminio. Ingredienti: acqua, farina, sale e olio. Altre risorse necessarie: tempo, forno ed energia per alimentarlo, lavoro umano, lavoro delle macchine; tempo, acqua e quello che serve per pulire le teglie, il forno e tutto il resto. Che cosa dà senso a tutto questo? Il fatto che il panino sia buono, altrimenti hai buttato tempo, fatica e soldi.
Lo stesso vale per il caffè e per qualunque altra cosa. Il lavoro ben fatto non è solo l’unica scelta vincente, è anche l’unica scelta razionale, per questo conviene.
Qualunque cosa fai, falla bene. Perché se ognuna/o fa bene quello che deve fare, funziona tutto.
L’esempio della sedia che se non è fatta bene si rompe e di Nonna Teresa che fa la zucca marinata e se gli fai i complimenti per la sua dedizione ti risponde che se una cosa la fai, la devi fare bene, altrimenti che la fai a fare.
Chi fa male quello che deve fare crea un problema. Crea un problema chi lavora male la terra, chi aggiusta male il tubo dell’acqua, chi cura male un paziente. Fare male una qualunque cosa vuol dire creare un problema alle persone, all’economia, alla società.
Per questo l’unica possibilità è il lavoro ben fatto, per questo chi fa bene le cose cambia il mondo.
Al lavoro ben fatto ci si abitua. L’esempio delle scarpe da allacciare o della camicia da abbottonare. Cose che si fanno senza pensarci una volta che ci si è abituati a farle nel modo giusto.
Se ti abitui a fare bene le cose per farle male ti devi impegnare. L’esempio di Erminio con la pizza.
Se tutti fanno bene il proprio lavoro funziona tutto. Esempio reparto dell’ospedale, scuola, impresa, Associazione Insieme, famiglia. È per questo che possiamo cambiare il mondo.
L’esempio di mio padre Pasquale, il terzo autore del libro, e il suo racconto.
La borsa Scritte® e il lavoro che va preso di faccia.
“Che fortuna che ho avuto ad avere un padre così.”
Il racconto di Vito Parte Terza
L’importanza di questo racconto che in maniera semplice comunica concetti profondi che rimandano a cambiamenti culturali impegnativi.
“Se ognuno di noi si svegliasse la mattina e mettesse in pratica i principi del lavoro ben fatto molto probabilmente vivremmo una vita diversa in un contesto diverso, parlo di Potenza, della Basilicata, del Sud, dell’Italia.”
Il dialogo di Vincenzo con Erminio e la necessità di leggere le possibilità del lavoro ben fatto anche dal punto di vista delle competenze.
“Che competenze ci sono dietro quello che stanno dicendo?”
Attenzione al dettaglio. Risoluzione dei problemi, perché il processo non è mai lineare, richiede sempre verifiche e aggiustamenti. Pianificazione (oltre che panificazione nel caso specifico). Gestione del tempo. Pensiero critico. Lavoro di team.
Sono solo degli esempi di quante competenze trasversali ci sono dietro a un panino, così come si potrebbe parlare di mille altre cose.
L’importanza di riflettere su queste cose e di provare ad applicarle ognuno nel proprio piccolo, ciascuno nel proprio ambito, materiale o immateriale in cui si trova.
“Cambierebbe le nostre vite in meglio, cambierebbe le nostre comunità, cambierebbe il mondo, ecco il perché del sottotitolo di Vincenzo e Luca. Si può fare perché dipende da ciascuno di noi.”
Il lavoro ben fatto come via per competere con le macchine, per sottrarci al loro dominio, per non essere dipendenti da loro.
Presentazione dei tre esempi di lavoro ben fatto della comunità Insieme che saranno raccontati: pane, olio e musica.
I principi e la pratica del lavoro ben fatto declinati attraverso questi 3 esempi.
Le 3 storie
1. Antonio, Giovanni e la pizzeria di inciampo
“Buonasera a tutti, stasera vogliamo raccontarvi un po’ di quello che facciamo qui, pezzi della nostra vita, della nostra comunità. Cosa facciamo con il pane, con la pizza, tutti ingredienti che mescolati bene con la pazienza e l’amore di cui parlava Vincenzo prima, possono produrre qualcosa di bello.
Proprio così; non possiamo fare a meno di raccontarvi un pezzo importante della nostra comunità: la pizzeria d’inciampo. Perché d’inciampo? Le pietre d’inciampo sono dei sampietrini con delle targhe poste sui marciapiedi di molte città europee, volte a ricordare le persone deportate e uccise nei campi di concentramento nella Germania nazista. È un inciampo fisico, ma non solo. Esso porta a doverci fermare, a dover guardare ma soprattutto a riflettere.
Siamo inciampati molte volte nella vita senza avere avuto il modo di capire e comprendere. Ecco perché è nata la nostra pizzeria. È un luogo di incontro, dove ogni martedì noi ragazzi abbiamo l’occasione di aprire uno spazio, di “inciampare” su qualcosa e di fermarci a riflettere su temi sociali e culturali, insieme. Oltre alla possibilità di passare dei momenti fatti di gioia e leggerezza con una buona pizza.
I ragazzi che si avvicinano a questa nuova esperienza lo fanno spinti non solo dalla curiosità iniziale, ma dalla voglia di provare a rimettersi in gioco, di imparare qualcosa di nuovo, e di tornare a sperimentarsi con le proprie mani. Si cerca di ritrovare l’amore per se stessi e riaccendere il fuoco della passione nel vedere come con degli ingredienti semplici come acqua e farina si può creare qualcosa di meraviglioso.
Il nostro forno non produce solo pizze, ma anche le focacce e il pane che mangiamo tutti i giorni. Iniziamo la domenica pomeriggio facendo il primo impasto per poi completarlo il giorno dopo, facendolo riposare due giorni. È da qui che nasce la sua inconfondibile leggerezza e croccantezza. Per preparare il nostro pane ci si sveglia presto al mattino cercando di dargli quella giusta maturazione affinché ne esca un buon prodotto. Non è un impegno semplice ma cerchiamo ogni giorno con pazienza, costanza e organizzazione di portare a termine il nostro lavoro, a volte anche sbagliando ma andando alla ricerca di quelle piccole attenzioni che a fine giornata possono farci dire: “ho fatto un buon lavoro.”
2. Adamo, Mario e la raccolta delle olive
L’emozione di parlare in pubblico.
La forza dell’ulivo, la rinascita, la pace, la resistenza.
Il lavoro fatto bene nelle diverse fasi, dalla preparazione del terreno e dalla buca per piantare l’albero fino all’olio.
Il senso di tutto questo.
“Siamo in tanti a partecipare alla raccolta e alla mulitura.”
Il gruppo fa la forza, l’importanza di confrontarsi e raccontarsi.
“È così che esce l’olio 100 percento sociale.”
La bellezza dell’esperienza di raccogliere le olive e di fare l’olio.
“Ci sta tanta fatica e impegno ma alla fine ti senti soddisfatto.”
La fatica è ben ripagata.
3. Roberto, la musica e i tamburi dei briganti
Una canzone nata in comunità, tra gli ulivi della fattoria e racconta la vita in comunità.
È una canzone di sofferenza, di speranza ma soprattutto di rinascita.
“Per fare in modo che il lavoro fosse ben fatto mi sono avvalso della collaborazione di Fabio e Francesca.”
Un regalo a noi stessi, alla comunità, all’associazione.
Questo lo avete detto voi
Ognuna/o riassume con una parola il proprio rapporto con il lavoro.
L’importanza della sincerità.
Lavoro è:
Dedizione. La mia proiezione. Rispetto. Perdono, perché mi ricordo quando ho lavorato, un lavoro bello, in cui mi potevo realizzare, ho fatto un piccolo sbaglio e non mi hanno dato la possibilità di continuare; nel lavoro ci vuole più pazienza, che forse come parola è meglio di perdono. Non accontentarsi mai. Il lavoro ben fatto mi ha portato alla mente un episodio della mia giovinezza, avevo 14 – 15 anni e frequentavo un campo scuola, c’era una sola operaia e ci disse “qualsiasi cosa facciate nella vita, dallo spazzino all’ingegnere della Nasa, fatelo nel migliori dei modi possibili”; questa frase mi ha guidato in tutta la mia vita di medico. Collaborazione. Soddisfazione. Mio padre mi ha svegliato una volta alle 5 di mattino e mi ha detto vai a lavorare, perché non volevo andare più a scuola, e da allora ho sempre lavorato. Impegno. Crescita. Impegno. Grande senso di responsabilità. Forza di volontà. Qualità. Equipe. Io ho l’immagine di mio nonno che a 90 anni ancora zappa la terra per l’anno prossimo, ogni anno è sempre così. Soddisfazione. Fatica. Possibilità. Stabilità e continuità. Entusiasmo. Impegno. Organizzazione. Amore per il lavoro e per i risultati che può avere. ‘A cucchiarella, ‘a sciamardella e ‘a cardarella. Dignità perché il lavoro dona dignità ed è un periodo in cui purtroppo ci sono lavori pagati in modo indegno. Non ho la stessa voglia di lavorare di mio padre però nelle cose che faccio ci metto passione e la soddisfazione una volta finito è bella. Dedizione e impegno. Passione. La passione che fa star bene. Fiducia e Stima. Soddisfazione, precisione, fare bene le cose o non farle, responsabilità, alla fine vita. Dedizione. Empatia e gratificazione. Riflettevo sul lavoro fatto bene e il lavoro fatto male, e partivo dal presupposto che il lavoro fatto male o bene, scaturisce da una solo cosa, dalla possibilità di fare il lavoro che si desidera: l’insegnante che fa quel lavoro perché l’ha desiderato sicuramente fa un lavoro fatto bene; dunque dico desiderio. Responsabilità. Libertà. L’opportunità di approfondire quello che si è imparato, di applicarlo e di ottimizzarlo. Fermezza e perseveranza. Passione e umiltà. Impegno e soddisfazione. Orgoglio. Serenità. Dignità, appagamento e soddisfazione. Benessere. Impegno. Gruppo e rinascita. Mia madre che ha cresciuto 10 figli da sola, senza il marito. Persone, se guardo ai miei 37 anni di lavoro la cosa più bella sono state le persone che ho incontrato, con cui ho lavorato o hanno condiviso con me una parte del percorso; insieme a persone anche condivisione, sacrificio e sudore. Sensibilità e sentimento, le due caratteristiche che ci differenziano dalle macchine, da tutto ciò che è automatico. Soddisfazione. Passione. Esempio. Errore e incontro. Passione e gioia. Mio padre perché a 45 anni ha cambiato lavoro, dunque passione e sacrificio. Crescita. Amore.
L’intervista
La dimostrazione che Vito ha pensato proprio a tutto. Grazie di cuore a lui e a La Nuova TV Basilicata.
Pensieri Serali
Diversi anni fa in una scuola media di Reggio Emilia una ragazza mi chiese che cos’è il lavoro per me e io, dopo un attimo di panico, risposi che per me il lavoro è quando la sera vado a dormire e sono contento”. È successo di nuovo la settimana scorsa dalla mia amica Mariangela, a Leucos. Di più, sono stato così contento che mi sono addormentato pensando. Pensando a cosa? All’umanità che ho incontrato. Alle tante cose che ho imparato. Alla sofferenza che fa crescere. Alle storie che mi sono state regalate. Alla voglia di farcela di chi non c’è la fatta, o c’è l’ha fatta e poi si è persa/o di nuovo. Alla speranza che sconfigge la rassegnazione. È lì che mi sono addormentato contento, quando sono arrivato alla speranza.
Post Scriptum
Le 10 copie del libro che mi ero portato non sono bastate, e pure questa è una bella cosa.
Credits
Maria Elena Bencivenga e Mimmo Maggi, Associazione Insieme
Pino Cappiello, audio e video
Tonino Tamburrino, foto
Tutte le persone che hanno partecipato