Leggere insieme, un fuoco che ci scalderà nel tempo

JEPIS BOTTEGA | GRUPPO DI LETTURA
Pronti via | Amore | Parole | Lavoro | Dolore |

Lunedì 13 Gennaio | Pronti, via
Torna alle parole

Caro Diario, per cominciare condivido il pensiero che Giuseppe ha condiviso nel gruppo alla fine della serata e la lista dei libri che abbiamo letto.
Il pensiero: “Ero fiducioso, ma sono stato felice di vedere una tale partecipazione, in una serata fredda tra le altre cose come quella di ieri sera, abbiamo acceso un fuoco che ci scalderà nel tempo.”
I libri: Klara e il sole; Sahara; Fiabe in rosso; Buonanotte bambine ribelli; Stabat mater, Odissea, il canto di Penelope; Le donne erediteranno la terra; Ogni storia è una storia d’amore; Like a Bird; Il nipote di Rameau; Le memorie di Adriano; Lezioni Americane; Cent’anni di solitudine; Il seme sotto la neve; Sella dell’orco, solo le bestie non sperano.

Queste invece le modalità di funzionamento del gruppo di lettura, che abbiamo deciso tutti assieme a partire naturalmente da alcune proposte di Giuseppe:
1. Non si lavora su un libro ma su un tema che viene lanciato mensilmente. Questo per diverse ragioni, la principale è che in questo modo il gruppo diventa un “cantiere di lettura” con possibilità di stimolo molto ampie;
2. Le serate di lettura saranno il lunedì o il martedì, mentre nei fine settimana il calendario di attività continerà a essere dedicato alle serate alpha con le presentazioni di libri;
3. Chiunque può proporre dei temi che saranno discussi e votati nelle serate di lettura in maniera tale da stilare un calendario tematico;
4. Ognuno può scegliere uno o più titoli da associare al tema, leggerli e poi portarli durante la serata di lettura. Durante il periodo che va dal lancio del tema alla serata di lettura, Giuseppe farò delle proposte di titoli che di volta in volta sarà possibile trovare anche in libreria.
5. Ci saranno titoli che verranno messi in evidenza anche allo scopo di orientare le letture, ma saranno più di uno e non limiteranno le possibilità delle/dei partecipanti di scegliere un proprio titolo e abbinarlo al tema.
Per ora è tutto caro Diario, alla prossima.

Lunedì 17 Febbraio | Amore
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Caro Diario, il primo incontro del gruppo di lettura è stato, secondo me, bello assai. Dico “secondo” me perché naturalmente non voglio e non posso raccontare altro che quello che penso e che ho sentito io, però per me non sarebbe potuto essere bello assai se non avessi colto, prima, durante e dopo, un senso generale di soddisfazione, di contentezza, di consapevolezza del perché eravamo lì a leggere e ad ascoltare, insieme.
Questioni di senso amico mio. Il senso che unisce persone diverse che sono accomunate dal bisogno e dal piacere di condividere percorsi, bellezza, significato, leggendo una poesia, qualche riga dalla pagina di un libro, o anche l’una e l’altra insieme. E il senso di vivere questa esperienza in una libreria di Caselle in Pittari. Una piccola libreria in una piccola comunità dove però accade una cosa grande, per favore Giuseppe non ti arrabbiare perché uso questa parola che so che non ti piace quando si parla di cose che nascono da te: accade che leggendo, ascoltando, condividendo, scambiando ogni componente del gruppo di lettura allarga l’area della propria coscienza, come raccomandava Allen Ginsberg in Jukebox all’Idrogeno più di 50 anni fa. Ribadisco che è solo un mio piccolo pensiero, ma sono convinto che in questo processo che porta ciascuna persona a educarsi, essere educata ed educare alla lettura c’è una chiave importante, naturalmente non l’unica, per crescere come singole persone e come comunità, per sviluppare meglio il proprio daimon e la propria creatività e per far valere con più forza il proprio punto di vista nell’ambito dello spazio pubblico. Persone che leggendo di più pensano meglio, parlano meglio e vivono meglio. Anche da questo punto di vista la scelta di avere come titolo per ogni appuntamento un tema e non un libro è assolutamente vincente. Nel caso del libro probabilmente alla voce “libreria”, che come sappiamo è prima di tutto un luogo dove si acquistano libri, sarebbe meglio, ma il gruppo di lettura con le modalità che ha voluto dargli Giuseppe è un’operazione culturale molto più interessante. Dopo di che ognuno fa quello che può, è evidente che se a farlo sono 10 – 15 persone è una cosa, se a farlo sono 1 milione è un’altra, se sono 100 milioni un’altra cosa ancora, ma questo sta nelle cose, quando si pensa che bisogna andare quello che conta è andare, il resto non dipende da te. Prima di passare oltre aggiungo solo che sotto al post sono aperti i commenti, sarei felice se altre/i dicessero la loro, a partire naturalmente da chi partecipa al gruppo di lettura.

Questi i libri che sono stati letti durante la serata:
Paolo Crepet, Sull’amore; Norman Mclean; In mezzo scorre il fiume; Umberto Galimberti, Le cose dell’ amore; Maria Grazia Calandrone, Dove non mi hai portato; Eric Fromm, L’arte di amare; Poesia di Talia Ander; Dacia Maraini, Trio; Marc Manson, La sottile arte di fare quello che ca**o ti pare; Sally Rooney, Parlarne tra amici; Pablo Neruda. Poesie d’amore; Colleen Hoover, Hopeless Le coincidenze dell’amore; Alda Merini, Confusione di stelle; Ingeborg Bachmann, Poesie; Diana Wynne Jones, Il castello errante di Howl; Cristiana Pedersoli, BUD, un gigante per papà; Franco Salerno, Innamorarsi a San Valentino; Dino Buzzati, Un amore; Giuseppe Liuccio, Amore e amori; Jean-Philipp Scender, L’arte di ascoltare i battiti del cuore; Flavio Soriga, Signor Salsiccia; Elvira Sastre, Talvolta con il cuore.

Questa una foto del gruppo di lettura:

Queste alcune righe che ho letto io dal libro “In mezzo scorre il fiume”:
“Credevo di aver pescato in quella buca senza errori e proprio nel modo in cui mi aveva insegnato mio fratello, tranne che non mi aveva detto cosa fare quando il pesce sale su un albero. Questo è uno dei problemi di avere un maestro – impari alcune cose, da lui, tipo lanciare tra i cespugli, ma poi lo fai proprio quando il maestro fa la cosa opposta.”

Direi che per ora è tutto, alla prossima.

Lunedì 17 Marzo | Parole
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Podcast di approfondimento condiviso da Giuseppe: Lo zaino delle parole

Caro Diario, questo mese l’indice delle letture che sono state portate nel gruppo sono state riassunte da Giuseppe con un’immagine.

Queste invece sono alcune foto della serata, sulla quale torno con due righe tra poco, perché vorrei evitare di apparire scontato o, peggio ancora, auto celebrativo.

Per quanto riguarda invece i contenuti ho 5 esempi, che a me sono piaciuti tantissimi. Ti ricordo amico Diario che io non faccio nessuna selezione, quelli che arrivano, di norma a Giuseppe, ogni tanto a me, pubblico. Magari con il tempo ne arriverannno di più e io sarò contento di dar conto ancora di più della bellezza, della varietà e dell’impegno che ognuno che partecipa ci mette, e anche della complicità, dell’allegria, della voglia di giocare che ci coinvolge durante le due ore che passiamo insieme.

Comincio con Elisabetta, che mi ha scritto “Moretti, buongiorno. Tenevo a questo passo sulla importanza delle parole per sapersi raccontare” e mi ha inviato la foto della pagina che ti metto qui di seguito.

Poi ti consiglio di non perdere assolutamente la parte di rocambolario che Rosaria ha inviato a Jepis dopo averlo messo un po’ in ordine, secondo me è geniale.

Valeria invece ci ha letto una pagina dal discorso di Ingeborg Bachmann per il conferimento del premio Radiodramma che le è stato assegnato dall’Associazione Ciechi di Guerra nel 1959. Ti confesso che non mi ricordo se il testo letto da Valeria, che era meraviglioso, è proprio quello che ti propongo qui. Comunque anche questo l’ho trovato fantastico, e sono grato a Valeria per avermelo fatto scoprire, senza contare che c’è una piccolissima probabilità che sia lo stesso, comunque poi ti faccio sapere.

Ed eccoci arrivati a Lorella, che ci ha letto un po’ di Parole sotto sale indovina di chi? Della nastro amica Claudia Fabris, ti ricordi?, te l’ho raccontata più di 10 anni fa, se non te la ricordi la sua bellissima storia la trovi cliccando qui. Il mondo veramente è piccolo amico mio.

Per ultima ma niente affatto ultima Giovanna, che poiché non è potuta venire ha inviato a Giuseppe una pagina da leggere, e naturalmente Giuseppe l’ha letta, ed è stato anche quello un gran bel momento.

Lunedì 28 Aprile | Lavoro
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Caro Diario, Aprile è il mese de La Notte del Lavoro Narrato, che quest’anno giunge alla 12° Edizione, e fin dal primo incontro Giuseppe ha anticipato che la parola di Aprile sarebbe stata “Lavoro”, perciò questa volta non ci sono state proposte e votazioni, ogni tanto direi che ci sta, a Maggio torneremo alla nostra piacevole pratica democratica.
Ti dico di più, assieme alle proposte di lettura di Giuseppe, che mi accorgo non ho inserito per le parole precedenti ma lo faccio nei prossimi giorni , c’è gia un contributo di Valeria, e sono particolarmente felice di condividerlo con te. Eccolo:
“Buongiorno Jepis, volevo suggerire a tutte e tutti di vedere il documentario di Ugo Zatterin sul lavoro delle donne. È del 1959, sono 8 brevi puntate di interviste a donne che fanno i lavori più svariati, per lo più molto umili. Bellissimo! Si trova su Rai Play e il titolo è “La donna che lavora.  Grazie e a presto!
Valeria”.
Come dici amico Diario? Che meraviglia? Sono d’accordo con te!

Caro Diario, ecco l’elenco delle letture che abbiamo fatto lunedì 28 aprile:
L’uomo artigiano (Richerd Sennett)
Storia di Iqbal (Francesco D’adamo)
Il vecchio e il mare (Ernest Hemingway)
America America (Antonio Margarita)
12 anni schiavo (Solomon Northup)
Uomini e caporali (Alessandro Leogrande)
La quarta linea (Domenico Del Duca)
Racconti di schiavitù (Sara Manisera)
Storia di mia vita (Janek Gorczyca)
Il suonatore di pianino (Antonio Curzio)
Gli obsoleti. Il lavoro impossibile dei moderatori di contenuti (Jacopo Franchi)
Manifesto del partito comunista (Karl Marx, Friedrich Engels)
Oltre la vendetta di Marcello Bortolato (Edoardo Vigna)
Poesie e Canzoni /Domande di un lettore operaio (Bertolt Brecht)
Il coraggio di non piacere (Ichiro Kishimi, Fumitake Koga)
Da Grande (Giulio Xaet)
Pensieri della mano (Tullio Pericoli)

Detto questo caro Diario, adesso viene la parte in cui vorrei dare conto dei brani letti o anche dei racconti fatti, perché non sempre leggiamo. Come sai per me è la parte più difficile, perché i chip della mia memoria a breve sono andati quasi completamente bruciati. Per fortuna che mi è venuto in soccorso Giuseppe, che è sempre molto gentile, e da un certo punto in poi del nostro incontro ha registrato la discussione. Oltre a essere incompleto il mio non è neanche un racconto preciso, spesso nella conversazione ci sono domande, sovrapposizioni, però credo ti possa dare comunque il senso delle belle cose che accadono in Jepis Bottega, almeno questo è il mio auspicio.

La prima lettrice ha raccontato una ricerca sui lavori che non ci sono più e sui lavori nuovi: il saponaro, che andava in giro a prendere roba vecchia per poi rivenderla; l’acquaiolo, che nel suo chioschette vende spremute di limone e di arance; la capera, che va di casa in casa a fare capelli e acconciature e che ha dato origine all’uso di capera come sinonimo di pettegola, perché andando di casa in casa sapeva i fatti di tutti e li ripeteva in giro tali e quali, o anche aggiungendo del suo; lo scrivano, che scriveva lettere per chi gli analfabeti; il cabalista, che interpretava i sogni e dava i numeri; l’impaglia sedie, che vendeva e affittava le sue sedie di paglia; l’arrotino, che affilava i coltelli; il suonatore di pianino, sul quale ha segnalato anche un libro; la nutrice, donna che allattava insieme ai suoi anche i figli di altre donne, non per forza ricche, spesso semplcemente per aiutare chi non aveva abbastanza latte.
A proposito della nutrice voglio confidarti un segreto amico Diario, non l’ho detto neanche alle mie amiche e ai miei amici del gruppo di lettura: mio padre è stato allattato da una nutrice, ’a nutriccia, che noi chiamavamo nonna, e il marito nonno, e la figlia con il marito zii, e i loro figli cugini. Questo per dirti quanto potevano essere importanti certi rapporti basati sulla solidarietà e non sul denaro.
Finiti i mestieri vecchi, la prima lettrice ha iniziato a raccontare alcuni lavori nuovi.
Il primo è stato l’’intimacy coordinator che è una recentissima figura del cinema, nata ad Hollywood per garanntire maggiore sicurezza e trasparenza sui set nei delicati momenti del casting. È un lavoro che comincia nella fase di preparazione del film nel quale si leggono le sceneggiature, si capiscono quali sono i momenti delicati e se ne parla con il regista. In pratica è un lavoro che tende a far stare bene le persone sul set nei momenti in cui si girano scene particolarmente delicate (violenza, intimità, ecc.).
Il secondo è stato il moderatore di contenuti su piattaforme digitali, Jacopo Franchi ha scritto un libro in proposito, Gli obsoleti. Il lavoro impossibile dei moderatori di contenuti. Si tratta di un lavoro molto tosto che viene svolto al servizio delle più importanti piattaforme digitali globali, sono i moderni lavoratori senza volto che hanno il compito di rimuovere milioni di contenuti, uno per volta, secondo una classificazione che fanno manualmente e che poi va ad alimentare le informazioni dell’intelligenza artificiale.
Il terzo è stato il mediatore di giustizia riparativa, che non interferisce con il processo civile o penale e non serve a fare ridurre la pena ma a far prendere coscienza a chi ha commesso il reato di quello che ha fatto (vittima, gruppo, società ecc.). Come dice la parola stessa è una mediazione, una giustizia che mette insieme le parti, sulla falsariga di quanto è successo in Sudafrica dopo l’apartheid, quando ci fu questa grande rielaborazione collettiva di quello che era successo.

La seconda lettrice è partita dalla domanda su dove affonda le sue radici la festa dei lavoratori, il primo maggio. Questa la sintesi del risultato del suo lavoro di ricerca:
la scelta della data non è casuale, ricorda il primo maggio del 1886 quando una manifestazione operaia a Chicago viene repressa nel sangue. Era un mondo in cui i lavoratori non avevano diritti, lavoravano anche 16 ore al giorno, in pessime condizioni, e spesso morivano sul luogo di lavoro, e per questo era stato indetto uno sciopero generale in tutti gli Stati Uniti per ridurre la giornata lavorativa a 8 ore. La protesta durò 3 giorni e culminò il 4 maggio con il massacro di Haymarket, una vera e propria battaglia in cui morirono 11 persone. L’iniziativa superò i confini nazionali e divenne il simbolo della rivendicazione degli operai che lottavano per avere diritti e condizioni di lavoro migliori. Oggi quella data è festa nazionale in moltissimi paesi del mondo ma non negli Stati Uniti.
Per quanto riguarda l’Italia nel 1923, durante il fascismo, venne abolito la festa del 1° maggio e la festa dei lavoratori fu fatta conflure nel Natale di Roma, il 21 aprile, leggendaria data di fondazione della Capitale nel 1753 a.C.
Tutto questo ha portato la nostra amica lettrice a rileggere il Manifesto del Partito Comunista, e dunque a riflettere sulle idee e le utopie dei lavoratori, su quelli che dovrebbero essere diritti e che invece purtroppo ancora non lo sono o quantomeno lo sono in maniera molto relativa. Il passo successivo l’ha portata a cercare gli articoli della Costituzione italiana, e ne ha letti 4, precisamente gli articoli 1, 4, 35 e 37. 
Ribadito che una ripassata generale non fa mai male, gli articoli 1 e 4 li puoi rileggere qui, mentre gli articoli 35 e 37 qui.

La terza lettrice ha raccontato che aveva in mente una lettura di Calvino che però non è riuscita a recuperare dai cassetti della memoria, che poi aveva pensato a Marx, a Weber, a Nagy e a un sacco di altre cose, ma alla fine era voluta tornare a qualcosa che le fosse più familiare, cioè la letteratura, e così alla fine aveva scelto una bellissima poesia di Bertolt Brecht, Domande di un lettore operaio.
Con questa poesia ha voluto in qualche modo sottolineare la distanza che c’è tra lo splendore, la bellezza, il progresso delle cose e chi materialmente le realizza. Ci ha raccontato anche di un sindacalista che negli anni aveva contestato il fatto che dei grattacieli viene ricordato slo il nome degli architetti che li hanno progettati e aveva richiesto esplicitamente che si mettessero in evidenza anche i nomi degli operai.
Confesso che la cosa che mi ha colpito a tal punto che tornato a casa ho interrogato il signor Google e la IA mi ha dato questa risposta: L’idea di valorizzare i nomi dei lavoratori è in linea con le rivendicazioni sindacali di quel periodo: si cercava di dare visibilità e riconoscimento a chi era stato coinvolto direttamente nella realizzazione di grandi opere, non solo agli architetti e ai progettisti. 
Questa richiesta si inseriva in una discussione più ampia sulla questione della proprietà intellettuale e dei diritti dei lavoratori: l’idea era quella di riconoscere il valore del lavoro non solo come forza lavoro, ma anche come contributo creativo alla realizzazione di un’opera.
Si trattava di una forma di protesta simbolica contro la centralizzazione della figura dell’architetto: l’idea era di far emergere il contributo di tutti gli attori coinvolti nella costruzione, non solo di chi era responsabile del progetto. 
In sintesi, la richiesta di scrivere i nomi dei lavoratori insieme a quello dell’architetto sui grattacieli, pur non essendo un’iniziativa specifica di un singolo sindacalista, è parte di una più ampia discussione sul valore del lavoro e sull’importanza di riconoscere il contributo di tutti, anche di chi non è direttamente responsabile della progettazione.
Detto ciò, e aggiunto che la IA ha precisate che le sue informazioni potrebbero essere inesatte, ecco la magnifica poesia di Brecht, la puoi leggere qui.

La quarta lettrice ha raccontato Il coraggio di non piacere. Ha iniziato dicendo che la sua idea all’inizio era quella di partecipare al gruppo di lettura, ascoltare e poi fare una sua riflessione, quasi come se non sapesse di aver letto libri che parlavano di lavoro. Poi però, riandando con la memoria ai libri che ha letto, ha pensato a questo, che è un libro sul crescere, sul benessere personale, e ha pensato che ci poteva essere qualche cosa legato al tema del lavoro, alla vita, a se stessi. L’ha ripreso e ha trovato questa pagina che parla dei diversi compiti della vita.
Si tratta di un libro che parla di questo ragazzo che si recata da questo filosofo e chiede di volta in volta dei requisiti della vita, sui suoi problemi, e il filosofo gli risponde dicendo che i compiti vitali a suo avviso sono tre: lavoro, amicizia e amore. Sul lavoro si è segnata delle frasi che ha letto, in particolare relative al fatto che a prescindere dal tipo di occupazione, nessun lavoro può essere portato a termine da soli. In pratica non esiste un lavoro che possa essere completato senza la collaborazione di altre persone.
Alla fine ci ha spiegato che dopo tutto il discorso che il ragazzo ha fatto con in filosofo, c’è la frase finale, quella in cui il filosofo dice che bisogna rimanere fedele a se stessi, bisogna avere la forza di non conformarsi alle aspettative altrui e di seguire la propria intuizione, anche se e quando comporta una reazione negativa da parte degli altri. Quindi anche nel mondo lavorativo, anche se una persona può venire giudicata per le sue scelte, bisogna comunque seguire i propri sogni e le proprie ambizioni personali. Un bell’insegnamento, vero, amico Diario?

Il primo lettore è stato un amico giornalista di Potenza che è capitato a Cip proprio in quei giorni per genio e per caso. Il suo lavoro è studiare il mondo del lavoro, ehehehe.
Ha letto un estratto dal libro Da Grande di Giulio Xhaët, che ha come sottotitolo Non è mai troppo tardi per capire chi potresti diventare. 
La domanda da cui parte l’autore è: “quante persone potrei diventare nei prossimi dieci anni?”
Per prima cosa ha letto una parte della sinossi: Sara lavorava come ufficio stampa, poi un giorno ha mollato tutto per fare la fioraia nel suo paese. Vito, ex tecnico informatico, oggi è un illustratore, perché «la vita è troppo breve per passare otto ore al giorno facendo qualcosa che non mi piace». Chiara ha interrotto l’università per aprire un’agenzia di comunicazione digitale all’estero. Nicolò ha abbandonato le metropoli internazionali per avviare un’attività a Bari. Come loro, moltissimi altri hanno vissuto questi anni di incertezza come un’occasione per scoprire aspirazioni sepolte e desideri nuovi. Chi l’ha detto che solo i bambini hanno il privilegio di chiedersi cosa potranno fare? Diventare grande non significa tanto entrare negli «enta» o negli «anta», quanto, come scriveva il poeta Walt Whitman, diventare le proprie moltitudini nascoste, agguantando quello scopo che ci fa alzare la mattina con il sorriso largo e l’animo leggero.
Conclusa questa parte, ha aggiunto alcune considerazioni.
Si tratta di un libro molto moderno e contemporaneo che racconta sostanzialmente che in questo mondo non lineare sono sempre di più le carriere non lineari. Mentre i nostri genitori facevano lavori che duravano tutta la vita, oggi no, il mercato del lavoro è molto frastagliato, e dunque bisogna chiedersi non che cosa possiamo fare da grandi ma chi vogliamo diventare da grandi. Chi volgiamo diventare come persone, chi vogliamo essere, che valori vogliamo portare avanti, che contributo vogliamo dare all’organizzazione con cui lavoreremo, ai nostri colleghi, alla società, alla comunità. Per finire lo ha consigliato perché ritiene che ci sono tantissime domande generative che fanno pensare, fanno riflettere in questa direzione e alla fine c’è anche una guida alla ricerca di quello che si chiama purpose, cioè lo scopo profondo che ci deve animare per lavorare in modo appunto leggero, tranquillo e con il sorriso ogni giorno, che non è una cosa semplice. I giapponesi lo chiamano Ikigai, il quadrante dell’ikigai, del senso della vita, ma questo libro è molto profondo perché attraverso un percorso fatto di domande generative e di racconti di storie di persone normali, anche di grandi persone, per esempio c’è la storia di Van Gogh che scopre la sua vocazione dopo aver fatto decine di cose completamente diverse, permette di capire un po’ di più il mondo che stiamo attraversando dal punto di vista del mercato del lavoro.

Il secondo lettore è stato, come accade quasi sempre, il nostro ospite, che ha condiviso la prima pagina di Pensieri della mano di Tullio Pelicoli che nel libro conversa con Domenico Rosa.
C’è una domanda, come incipit, relativa al disegno e alla pittura come esperienze fisiche. La domanda è: Che rapporto hai con la tua mano che disegna?
La risposta è questa: Qualche tempo fa, non ricordo dove, mi sono imbattuto in una frase di Kant che diceva «la mano è la finestra della mente». Anche lui, ho pensato. Le visioni, le intuizioni e le immagini mentali quell’intrico di figure e di forme grezze che attraversano la mente di chi fa il mio mestiere, e non solo, non affiorerebbero se non ci fosse la mano a dar loro una vita reale, concreta, visibile.
Senza di lei rimarrebbero in una forma nebulosa, prossima all’inesistenza. Parlando quindi di pittura o di disegno, non si può non parlare della mano. La mano è ricca di crediti nei confronti del disegno e della pittura. Ogni artista deve moltissimo alla propria mano.
A volte, guardandola, mi chiedo, la mia mano pensa realmente? Realmente ha sapienza, esperienza, saggezza, una conoscenza propria? è capace di vedere cosa sta avvenendo su un foglio o su una tela, è consapevole di quello che sta creando. Qualche volta, finito di lavorare, mi capita di osservarla e noto che ha ceduto qualcosa della sua forma naturale al mestiere che le ho imposto.
A sinistra dell’unghia del dito medio della mia mano destra si è formata una piccola cavità che accoglie e sorregge la matita o il pennello per tutto il tempo in cui lavoro. Un incavo, quasi uno scaldo me quella deformazione appena percettibile è un segno di adattamento e accettazione di una fatica che quasi quotidianamente le chiedo di sostenere”.
Giuseppe ha poi aggiunto che il libro poi va avanti con tante belle domande, che lui l’ha letto tempo fa e l’ha ripreso proprio a volo, perché lo ha chiamato. 
Alla fine ci ha perlato di una sua ideuzza che però vi svelo la prossima volta, le ultime parole le ha dedicate invece alla notte del lavoro narrato, ma questo lo sai già.
Ecco caro Diario, ti lascio con le foto dei libri che Giuseppe aveva suggerito in preparazione dell’incontro sul lavoro.

Direi che ci possiamo fermare qui, il prossimo incontro si terrà lunedì 26 maggio, sempre alle ore 18.
Il tema che abbiamo scelto, dopo il veloce e democratico “doppio turno” (Giuseppe raccoglie le proposte, si vota, le prime due vanno al ballottaggio e si sceglie quella che ha più voti) sarà “Dolore”.

Lunedì 26 Maggio | Dolore
Torna alle parole

Caro Diario, a noi componenti del gruppo di lettura è arrivato questo messaggio di Jepis con foto allegate che condivido volentieri con te:
“Buongiorno, è giunto il momento di condividere qualche titolo in vista del nostro prossimo gruppo di lettura a tema “Dolore”. Avrei potuto scegliere tanti altri titoli, ma ho tirato giù dagli scaffali questi qui. Sono solo degli stimoli, nel nostro gruppo di lettura ognuno può portare quello che vuole in relazione al tema del mese.

Direi che per adesso va bene così. Alla prossima.

  • Maria Mautone |

    Totalmente compiaciuta per il mio primo incontro.
    Una bella realtà , la vostra, a cui vanno i miei complimenti, ma non solo i miei.
    Di voi ha chiesto notizie anche Vincenzo Guarracino, cerasuolo di nascita, poeta, critico letterario, traduttore, ma soprattutto studioso di Leopardi e autore di numerose opere.
    Guarracino vive a Como, ma ha espresso il desiderio di poter conoscere la vostra realtà e si è detto entusiasta nel sapere che anche in piccole realtà si “pratica” cultura.
    Spero di essere presente anche nel prossimo incontro.
    Cordialità
    Maria Mautone

  • vincenzo moretti |

    Grazie Irene Costantini. Ti aspettiamo a Caselle in Pittari e chissà che non capiti in un periodo in cui si riunisce il gruppo di lettura. Sarebbe bello assai.

  • Irene Costantini |

    Una comunità che condivide lettura e letture è fortunata e ricca! Complimenti a Jepis per la scelta operativa e buon …tutto!

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