IL LIBRO DEL LAVORO BEN FATTO
IL MANIFESTO LAVORO BEN FATTO
LE CARTE DEL LAVORO BEN FATTO
Caro Diario, la mia amica Laura Ressa ha riscritto i 52 articoli del nostro Manifesto in versione scrapbook, il risultato incredibile del suo lavoro lo puoi vedere qui.
Che ti devo dire, lì per lì sono rimasto senza parole, mi è sembrato persino esagerato, c’è voluto tempo per liberare la mia gioia, quello che è successo dopo è venuto di conseguenza, ho cercata Laura e le ho detto che mi sarebbe piaciuto ritornarci su assieme.
I passi successivi sono stati registrare, trascrivere, rileggere e registrare ancora. L’idea di lasciare le domande in formato testo e di pubblicare le risposte in formato audio ci è venuta dopo, spero ti piaccia, in ogni caso questo è, perciò buona lettura e buon ascolto.
Vincenzo
Ciao Laura, per cominciare ti chiederei di raccontare come sei arrivata a scrapbook e perché hai scelto proprio il Manifesto del Lavoro Ben Fatto come tuo primo campo di sperimentazione.
Laura
Vincenzo
Ottimo, adesso vorrei che tu mi dicessi della fatica. Non ti chiedo quante ore di fatica ti è costato questo lavoro, i 52 articoli, più i due jolly, più la copertina, anche se un poco la cosa mi incuriosisce. Vorrei piuttosto che tu raccontassi la tua relazione con questa fatica, mi spiego meglio con un esempio che mi riguarda. Sai bene quanto voglio bene ai miei libri, credo di averti raccontato già che quando sto nella fase finale di scrittura mi capita spesso di svegliarmi ad orari impossibili per mettermi al lavoro, e ogni volta prima di cominciare mi insulto, mi dico “Viciè ma perché sei così stupido”, “ma chi te lo fa fare”, “ma perché ti sei messo a scrivere questo nuovo libro”, “guarda che non è così che diventi ricco”, insomma cose di questo tipo. Naturalmente c’è anche il lato bello della fatica, quello dell’impegno, della tenacia, della capacità di stare sul punto, quello che mi porta a ripetere ogni volta agli studenti di ogni età che incontro che dietro ogni cosa che arreda le nostre vite – il pane, la bicicletta, lo smartphone, la sedia, il computer e così via discorrendo – c’è la fatica e il lavoro delle persone oltre che delle macchine, però io adesso vorrei che tu ti soffermarsi sulla fatica come peso, che mi raccontassi cioè il peso del lavoro che hai fatto. Proprio così, la fatica come sinonimo di pesantezza, la fatica che in certi detti popolari viene associata al “buttare il sangue”. Pensa che pure mio padre, che come sai con la sua differenza tra il lavoro “preso di faccia” e il lavoro “a meglio a meglio” mi ha per così dire iniziato al lavoro ben fatto, usava spesso ripetere che “A carne fa carne, ’o vino fa sango e ’a fatica fa jettà ’o sango”, la carne fa carne, il vino fa sangue e la fatica fa buttare il sangue.
In definitiva tu hai mai pensato “mannaggia a me che ho scelto il manifesto del lavoro ben fatto?”, “perché non ho scelto le Leggi del Lavoro Ben Fatto che sono solo quattro?”.
Laura
Vincenzo
Una curiosità. Quando hai parlato della luce mi hai fatto venire in mente Goethe e una cosa che ho letto da qualche parte, forse in un libro di Hillman, “più luce disse Goethe morendo”, anche se in realtà pare che avesse chiesto soltanto di aprire di più le persiane; in fondo, se ci pensi, non è che faccia molta differenza, c’è una richiesta di luce che permane.
Laura
Vincenzo
Esatto, in tutte e due i sensi. Vengo alla terza e ultima domanda, che è connessa alla decisione, che abbiamo preso insieme, di dare un ulteriore sviluppo a questo tuo progetto. In buona sostanza partendo dal numero degli articoli del Manifesto, che casualmente sono 52 come le carte da gioco francesi, ci siamo detti “perché non far diventare questi la versione scrapbook del Manifesto un mazzo di carte?” e ci stiamo muovendo di conseguenza, a breve le Carte del Lavoro Ben Fatto saranno realtà.
Per quanto riguarda me, confesso che ancora non so come le userò, sono fatto così, sono un poco come la bambina di cui parla Weick nel suo classico sul sensemaking, se non vedo quello che faccio non riesco a dire quello che faccio, il che significa anche che una volta che le carte ce le avrò tra le mani il modo, i modi, di utilizzarle, lo troverò.
Una possibilità che mi viene in mente in questo momento è quella di alzarmi la mattina, tirare fuori una carta del mazzo e portarla con me per tutto il giorno, come una sorta di carta guida. Ecco, già questa, per quanto minimale, è una cosa che mi piace. Tu invece? Hai già pensato a delle possibilità, alle cose che potremo fare con i nostri mazzi di carte?
Laura
Vincenzo
Sono d’accordo con te amica mia. Grazie davvero di cuore. Alla prossima.
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Il Manifesto del #lavorobenfatto in versione scrapbook