Caro Diario, ogni anno per la notte del lavoro narrato accadono cose semplici e straordinarie allo stesso tempo, cose come leggere sul gruppo umbro della nostra notte, quello fondato da Antonio Fresa, questa bellissima storia raccontata da Massimo Manini, che fino a quel momento non avevo il piacere di conoscere.
“Il piccolo ma sveglio Giuseppe Ragni, nacque a Bologna nel 1867, da genitori così poveri, che non sapendo come fare a nutrirlo, si videro costretti a metterlo in seminario. Ben presto però Giuseppe, capì che quella di diventare prete non era proprio la sua strada e così dopo pochi mesi, scappò da quel collegio che ebbe solo il tempo di insegnargli “a leggere, scrivere e far di conto”.
Presentatosi a casa con dispiaciuta sorpresa dei genitori, Giuseppe fu immediatamente spedito a lavorare, come garzone, manovale e infine come facchino.
Un giorno, infilandosi tra i banchetti del mercato cittadino, vide un impacciato venditore che tentava di proporre, con grande fatica, uno strano ma curioso utensile proveniente dalla Francia: un “tirabusciò”, ovvero un cavatappi. Nel vedere la gente che invece di avvicinarsi si allontanava sempre più da quell’incapace mercante, Giuseppe fu colto da un improvviso impeto: strappò dalle mani dell’uomo l’affascinante marchingegno, saltò con un balzo sul banco delle merci, e drizzandosi in piedi urlando a squarciagola, cominciò ad attirare l’attenzione della gente.
“Forza signori da questa parte, perché quello che ho da proporvi è un’invenzione che viene dalla Francia: pensate che è così intelligente e utile … che i francesi non sanno come usarla!”
La gente, presa dalla chiacchiera facile del giovane e sconosciuto Giuseppe, cominciò a ridere a crepapelle e così facendo cominciò piano piano a radunarsi attorno al giovane.
“Loro, i francesi, lo chiamano “tirabusciò”: ma siccome voi siete ignoranti, e non parlate una sola parola di francese, potete chiamarlo anche solo “cavatappi”: tanto costa uguale!”
Nonostante l’irriverenza, quel bambino conquistava la folla, e la voce che si sparse in un attimo, attirò velocemente altra gente.
“Voi non avete idea di quanto sia rivoluzionario e pratico questo “coso”: potrete aprire le bottiglie del vostro miglior vino senza fare il minimo sforzo! Ma soprattutto, e questa è la grande novità, questo “affare” che sto per vendervi potrà risolvere ogni problema di salute!”
All’idea che un cavatappi o “tirabusciò” potesse avere più funzioni, fece cadere il silenzio tra la gente.
“Io l’ho già usato per mia nonna: fino a qualche giorno fa era completamente sorda, ma grazie a questo tirabusciò, da quando gliel’ho avvicinato all’orecchio, paf!, adesso ci sente benissimo!”
Tutti scoppiarono in una grande e fragorosa risata.
“Si, si ridete: ma quello che vi ho detto non è niente! Perché io in casa, ho anche il nonno, con gravi problemi di stitichezza, ma da quando abbiamo comprato questo cavatappi, ha ripreso a cagare che è una meraviglia!”
Gli applausi e le ovazioni furono così intensi, che la gente trascinata dall’entusiasmo mandò a ruba l’improvviso “oggetto dei desideri”.
Il venditore, dopo aver incassato un guadagno impensabile per le capacità che non aveva, intese sdebitarsi con il simpatico e bravo ragazzo. Ma mentre l’uomo tentò di offrire una lauta mancia al giovane sconosciuto, Giuseppe rifiutò.
“Credetemi buon uomo, l’occasione che oggi avete offerto a me, non ha alcun prezzo: perciò tenetevi tutti i soldi, in quanto siete voi ad averne veramente bisogno. E non preoccupatevi, perché io oggi, non tornerò certo a casa a mani vuote”.
Quel giorno Giuseppe Ragni capì quale fosse la sua strada: diventare il più grande contastorie e venditore di qualsiasi articolo, dei mercati più importanti dell’Emilia-Romagna: travestendosi, camuffandosi, divertendo con le sue invenzioni, “gli animali e le fiere di cui presto diventò il Re”! Ma con una missione; quella di sconfiggere l’ignoranza delle persone.
E allora prese un cilindro, lo ammaccò per rappresentare la nobiltà in declino, e gli attaccò sopra un’aringa affumicata, il cibo dei poveri, che teneva in bocca una banconota da 10 lire, che a quei tempi erano tantissimi soldi. Ogni volta che si presentava al mercato, si metteva in testa il cappello, e radunata la folla attorno, ripeteva insistentemente loro: “Leggete gente, leggete: perché se non imparate a leggere, i furbi (e indicava le 10 lire), si prenderanno gioco di voi (indicando l’affumicata aringa).
A distanza di più di 100 anni, Giuseppe Ragni e il suo “straordinario lavoro sulle masse” viene ricordato ancor oggi grazie ad una targa posta sul lato di quella piazza che dominò con la sua intelligenza.
Piazza VIII Agosto 1848, la piazza del famoso mercato della Montagnola di Bologna.
Da questa storia trassi un’opera, che replicai per più di 15 anni: il mio primo spettacolo da solo, con cui intrapresi una nuova strada. Quella che diventò il mio lavoro.”
Ora tu lo sai come sono fatto amico mio, ho scritto a Massimo, gli ho detto che avrei pubblicato questa storia se poi lui mi raccontava la sua storia di lavoro, e dato che come sai sono fortunato mi ha detto di sì, perciò adesso ti lascio, gli devo mandare le mie tre domande.