Caro Diario, settimana scorsa sono andato a trovare Luca Carbonelli. Volevo conoscere la sua nuova creatura, che poi è anche la sua nuova impresa, Peperoncino Forte. Come accade sempre quando ci vediamo, ne è venuta fuori una conversazione piena di sentieri che si intrecciano e si biforcano dai quali ho cercato di trarre un racconto. Non so se ci sono riuscito, poi magari me lo dici tu, quel che è certo è che è lungo, perciò se vai di fretta lascia stare e torna quando hai tempo. Che tu lo legga adesso o un altro giorno, ti auguro buona lettura.
Il post di Luca
Venerdì 7 Marzo 2025, sera. Luca pubblica sui social questo post:
“Oggi, a sorpresa, mi ha chiamato Vincenzo per chiedermi se ero da Peperoncino Forte. Così, è passato a trovarmi. Siamo amici da più di 10 anni. Ho conosciuto tante storie bellissime grazie a lui. Ho letto i suoi libri. Ed ogni volta che ci vediamo passo del tempo bello. Non lo so cos’è, ma Vincenzo ha questa magica capacità di riuscire a farmi parlare. Penso e parlo. Ricordo e parlo. Forse è l’ascoltatore migliore che io abbia mai incontrato. Un instancabile stimolatore di pensieri. Così succede che lui dà l’incipit, fa pochissime domande, e uno parla. Tu parli e lui ascolta. E poi racconta le storie che ascolta. E lo fa bene perché lui conosce davvero le persone delle storie che racconta.
La cosa inspiegabile, gliel’ho detto oggi, che mi fa sentire come speciale questo nostro rapporto, è che qualcosa di magico porta Vincenzo da me sempre in giorni particolari. Così finisce che tutti i nostri ricordi, le parole, le conversazioni, si impregnano di emozioni, proprio come è successo oggi, che Papà avrebbe compiuto 89 anni e sarebbe stato il suo compleanno.”
Un anno dopo
Perché sorridi?, mi chiede Cinzia il giorno dopo. Rileggo ad alta voce il post di Luca e le dico che era da tanto che volevo andarlo a trovare. Mi risponde che lo sa, ma io insisto e aggiungo che “tanto” è un termine generico perciò vado a controllare. Era meglio che non lo facevo perché la prima volta che gli ho scritto “venerdì ti vengo a trovare” il venerdì in questione era il 29 marzo 2024. Proprio così, ci sono andato 49 venerdì dopo, per altro a sorpresa proprio come ha scritto lui. Quando lo dico a Cinzia mi guarda strano. Io aggiungo che appena ci siamo visti ci siamo dati prima un sorriso e poi un abbraccio, senza nessun bisogno di chiedere, lui, o di spiegare, io, perché ci abbiamo messo così tanto tempo per incontrarci.
“Proprio così”, continuo, “invece di perdere tempo per dirci cose che sappiamo, per esempio che io vivo a Caselle in Pittari, che mi sposto poco, che in realtà non avevamo preso un vero e proprio appuntamento, abbiamo vissuto il presente e fatto quello che volevamo fare, stare un poco insieme. “Per quanto mi riguarda”, concludo, “volevo trovare una chiave non banale per raccontarlo insieme alla sua nuova creatura, Peperoncino forte, e penso di averla trovata.”
Cinzia mi guarda, e mi dice che se è andata come l’ho raccontata io siamo due tipi strani. Io sorrido – so dove vuole andare a parare – e le rispondo che non sono d’accordo. “Siamo solo due amici”, aggiungo, “due persone che si vogliono bene. Se ci pensi tra amici funziona così, che quando uno una cosa non la fa l’altro, o l’altra, pensa che se non l’ha fatta è perché non la poteva fare, o non era il momento di farla, perché altrimenti l’avrebbe fatta. Negli affari, nei rapporti di lavoro, nelle relazioni sociali, persino in famiglia è diverso, o può essere diverso, ma alla voce amicizia è così che funziona, secondo me.”
La cerco e non la trovo
Cinzia è ripartita da poco verso Bacoli, ripongo in un cassetto dell’anima la malinconia e mi collego al sito per tradurre l’audio di Luca in formato testo. Questa volta l’app non fa un buon lavoro, forse anche perché Luca e, soprattutto, io, usiamo spesso la nostra lingua, il napoletano. Comunque adesso il problema principale non è questo, è che non trovo la chiave narrativa giusta. La conversazione con Luca è stata piena di cose, e di bellezza, voglio tanto renderla al meglio, ed è proprio “tanto” il problema, la voglia è fondamentale se diventa energia, non ansia. Il risultato è che dopo un paio d’ore “arricette ‘e fierre”, chiudo tutto, e mi dò appuntamento a lunedì mattina.
Peperoncino Forte and Friends
Arrivo a giovedì prima di rimettere mano sul serio. I giorni precedenti mi sono serviti per tornarci su e per rendere “potabile” il testo tradotto dall’app. Ricomincio dalla parte in cui chiedo a Luca di raccontarmi il lato bottega di Peperoncino Forte, e naturalmente lui lo fa molto volentieri. Ti avviso, la parola più ricorrente in questa parte del suo racconto è “amico”. Non lo so se ha ragione Cinzia e veramente siamo strani, ma questo è.
Comincia dicendo che Peperoncino Forte l’ha fondata con il suo amico Ernesto Quintilani e che il brand, il marchio l’aveva pensato lui tempo fa. Il riferimento è ancora una volta al padre, che il peperoncino forte lo metteva dappertutto. Dopo di che aggiunge che è un marchio che risponde bene perché è moderno, contemporaneo come comunicazione. E che, a parte il suo caffè, la maggior parte dei prodotti che vedo sono di amici, a partire dai vini prodotti da cantine amiche con cui collabora ormai da tempo. Sottolinea che sono tutti prodotti ricercati e selezionati uno a uno; “persino i marchi famosi, quelli industrializzati, diciamo così”, aggiunge, “sono di amici o comunque di aziende di cui conosciamo bene i processi di lavorazione, aziende che lavorano bene e che si presentano bene, lavorano bene sul marketing, come piace a noi, e quindi li scegliamo e ci teniamo a tenerli.”
Poi mi racconta i piccoli frantoi, gli oli di alta qualità, e di seguito tutta la linea della pasta, sia del consorzio di Gragnano che di altri amici che magari hanno dei marchi non conosciuti ma fanno una pasta ottima. È visibilmente soddisfatto quando mi dice di un’azienda amica che fa un trafilato a bronzo fatto veramente bene.
“Abbiamo anche una linea vegana”, continua. “Pasta di legumi, zuppe di legumi essiccate e decorticate che si preparano in poco tempo. E poi ci stanno gli amici pasticcieri, tutti di altissimo livello, e anche alcuni produttori che sono partiti piccoli e sono stati bravissimi a crescere standardizzando la produzione. Fanno delle tortine e dei biscotti al burro che sono una favola, uno spettacolo. In generale i prodotti che vedi hanno tutti queste caratteristiche, dalla piccola realtà siciliana che fa dei pasticcini incartati singolarmente che sono uno spettacolo fino alla linea di biscotti al grano, dal cioccolato fino ai panettoni, ce ne sono anche un paio di un pasticciere cilentano di altissimo livello che probabilmente conosci.”
La cucina domestica e i corsi
“I nostri corsi nascono dalla voglia, se preferisci con l’obiettivo, di far conoscere i prodotti che portiamo dentro Peperoncino Forte e di spiegare perché li scegliamo”; Luca risponde in maniera chiara, sintetica, alla domanda che gli faccio mentre ci spostiamo nella stanza a fianco.
“Questa che vedi”, specifica, “è una vera e propria cucina domestica dove ci divertiamo, come ti dicevo, a far vedere i prodotti che abbiamo qui, a fare degustazioni, a organizzare delle masterclass, degli show cooking nel corso dei quali chef e pasticceri ci fanno conoscere le loro preparazioni. È in questa maniera che trasmettiamo a chi partecipa il senso della qualità che ricerchiamo. Ti posso fare un esempio?”
“Certo che sì!”
“A Natale, con il pastry chef Armando Palmieri, per ricordare le tradizioni napoletane abbiamo fatto un panettone brandizzato Peperoncino forte al pisto, un panettone con un retrogusto di roccocò che era un spettacolo. Armando è stato anche ieri sera con noi, abbiamo fatto una serata dedicata alle zeppole di San Giuseppe e ci siamo divertiti un sacco. Pensa che a un certo punto una delle corsiste ha detto che a casa ha due persone che non possono mangiare glutine e lui, che è generosissimo, ha fatto pure la preparazione della zeppola senza glutine. Mi devi credere Vincenzo, io non mi aspettavo che potesse venire così saporita, e invece mi sbagliavo.
Settimana prossima faremo invece la pizza in pala, tra virgolette, perché in realtà in una cucina domestica la pizza in pala diventa pizza in teglia. Per la pizza siamo andati a scovare a Casoria un ragazzo giovanissimo, ha 26 anni, si chiama Vittorio Barra. Nonostante sia così giovane ha già alle spalle un percorso professionale molto interessante, comprese esperienze con chef stellati, e adesso ha una sua boulangerie a Casoria che è un gioiellino.
Vittorio spazia dai cornetti alla francese alla classica pizza napoletana, il tutto fatto con la sapienza che gli permette di partire dai prodotti e dai sapori antichi e di valorizzarli con lo studio, la conoscenza e l’esperienza, a partire dal suo rapporto con il lievito madre. Ecco, direi che questa cucina domestica è nata proprio per queste cose, lo dico senza presunzione, per contribuire a diffondere quella educazione alimentare che ci rende consapevoli del fatto che se sappiamo scegliere possiamo mangiare sano, meglio, senza rinunciare al piacere della tradizione.”
Luca e il caffè 4.0
Non dirò che ho dovuto fermarlo, perché ha fatto tutto lui, si è fermato e mi ha offerto un cioccolatino. Posso dire però che ne ho approfittato, nel senso che neanche avevo finito di mangiarlo che gli ho chiesto di dirmi “come mai”.
Come dice amico Diario? “Come mai che cosa?” Dammi il tempo che ci arrivo, perché prima ti devo dire due cose.
La prima è che io Luca l’ho conosciuto che era uno dei testimonial, uno dei casi studio se vogliamo, di “Crescere in digitale”, un progetto attuato in quegli anni da Unioncamere, con la collaborazione delle Camere di commercio, in partnership con Google.
Per farla breve, Luca insieme al fratello e alla sorella non solo aveva proiettato la piccola impresa di famiglia nell’era digitale, ma aveva anche conseguito risultati così interessanti da conquistare con la sua azienda, Caffè Carbonelli, le luci della ribalta. Per fare un esempio Linkiesta, in una bella intervista del giugno 2017 che puoi leggere qui lo definisce “L’artigiano del caffè 4.0”.
“E adesso?”, gli chiedo.
“Adesso è un periodo complicatissimo” risponde. “Sono 20 anni che sono dentro e penso che sia il momento storico più difficile non solo per noi ma per tutto il settore. Si lavora ancora, ma stiamo sopravvivendo, il momento è molto complicato.”
“Si sgomita per mantenere le posizioni.”
” No, si sgomita proprio per sopravvivere. Nella fase precedente mi piaceva dire che nei momenti di crisi sono i più bravi che vengono fuori, ma adesso la fase di crisi prende tutti, è generale, e quando è così la potenza di fuoco prevale, nella crisi generale la potenza di fuoco vince sempre. Oggi che il prezzo di 250 grammi di caffè è triplicato rispetto alla frase pre lockdown bisogna resistere, per certi aspetti persino galleggiare fino a quando non si trova un nuovo equilibrio e a quel punto bisogna farsi trovare pronti per prendersi uno spazio.
Il libro e la vandera
La seconda è che con Luca in versione Caffè Carbonelli abbiamo fatto due belle iniziative a Caselle in Pittari, in Jepis Bottega, insieme a Giuseppe Jepis Rivello.
Parlo della presentazione di “Falla esplodere”, il libro in cui Luca racconta la sua esperienza imprenditoriale, quando hai qualche minuto ti consiglio di rivedere il video.
E della realizzazione della Vandera Scritte di Caffè Carbonelli, un percorso assai coinvolgente in cui abbiamo ragionato insieme di identità, di valori, di storia, di talenti, di visione.
Dimmi come mai
Eccoci arrivati a “dimmi come mai”, alla domanda che ho fatto a Luca: perché una persona come lui così tanto Caffè Carbonelli crea Peperoncino forte? Qual è il senso e il significato di questa nuova impresa?
“Allora Vincenzo”, ha esordito, “per prima cosa fammi dire che quelli in cui ci siamo conosciuti con Google erano anni in cui si riusciva a emergere nonostante le difficoltà di un’azienda di piccole dimensioni. Si riusciva perché si aprivano mondi nuovi come l’e-commerce, il rapporto diretto produttore – cliente e tante altre cose che conosci bene. Quello che in seguito è diventato di uso comune”, ha continuato, “in quella fase ci ha permesso di emergere, perché eravamo partiti prima, perché eravamo bravi, nel senso che lo studiavamo e lo sapevamo fare, e tutto questo ci ha permesso per una lunga fase di vincere pure sui più forti, con risultati per le nostre dimensioni importanti non solo in termini economici ma anche di adrenalina, pensa alla soddisfazione di dire ‘va bene, sto in competizione con i grandi, online siamo più forti noi’. Con il tempo poi le cose cambiano, il mercato si evolve, gli equilibri si stabilizzano, gli altri crescono perché ovviamente imparano e iniziano a saper fare le cose. A quel punto la capacità di investimento, la dimensione e tante altre cose così tornano a essere determinanti. Vincenzo, puoi essere bravo quando vuoi, ma quando tutti sono bravi vincono i più forti, in particolare con un prodotto di largo consumo come il caffè non c’è scampo. Ribadisco che siamo stati bravi a conquistare quel mercato, a stare per un bel po’ di anni in cima alle vendite online su Amazon, sui market e tutto il resto. Dopodiché quando sono arrivati tutti ho iniziato a pensare che come Caffè Carbonelli, come piccola azienda, forse dovevamo fare un passo in direzione contraria. L’idea è continuata ad essere arrivare prima degli altri, come abbiamo fatto per molti anni con l’online, e così abbiamo cominciato a pensare alla possibilità di avviare delle caffetterie, dei punti vendita, insomma di fare qualcosa di fisico. Dopo di che”, ha concluso, £è arrivata la batosta del lockdown, che comunque noi che vendevamo online abbiamo potuto affrontare meglio, l’anno del lockdown è stato probabilmente quello nel quale abbiamo venduto di più.”
Robertì, vai mmiez’a strada, tuocche e femmene
“Vincè, Peperoncino forte è la voglia di fare qualcosa in maniera totalmente diversa da prima, la voglia di tornare a costruire relazioni fisiche, fatte di atomi non di bit, la voglia di vedersi e di stringersi con le persone, di avere un posto dove incontrarsi.”
“Mi stai facendo venire in mente Troisi che dice a Robertino ‘jesce, tuocche ‘e femmene’, una specie di Luca jesce, tuocche ‘e persone.”
“Sì, più o meno è così. Naturalmente Caffè Carbonelli continua a essere una parte importante della mia vita, e anche Peperoncino forte ha il sito dove trovi tutti i prodotti, anzi è ancora più indispensabile dato che non siamo produttori ma selezionatori di prodotti di qualità, ma non è su quello che punto. Quello che voglio fare è io è fare in modo che Peperoncino forte diventi un punto di riferimento per il quartiere, per la città.”
“Una bottega di vicinanza territoriale, una bottega di qualità.”
“Esatto. Peperoncino Forte che diventa il punto di riferimento per chi nel quartiere, in città, cerca la qualità, la vuole comprendere, vuole capirne e condividerne le ragioni, il senso. Parliamo di prodotti che hanno necessariamente anche un costo superiore alla media, e anche questo va comunicato e spiegato, i corsi nella cucina domestica servono anche a questo, a stare insieme, a condividere le ragioni e le motivazioni che ci portano a fare un certo tipo di selezione. Oggi chi non lo sa fare lo fa bene perché comunque se non lo fa con le piattaforme, lo fa sui social. Come puoi immaginare non mi sfugge affatto che ci sono negozi, anche in quartieri di periferia, che fanno grandi fatturati promuovendo le loro cose su Instagram. Aggiungo anche che io cose del genere non solo le vedo ma le apprezzo e l’ammiro, ma non è quello che voglio fare adesso. Quello che potevo fare in quell’ambito l’ho già fatto, adesso voglio raggiungere i miei obiettivi in maniera diversa. Stiamo ancora cercando di capire bene qual è questa maniera diversa, ma la strada è tracciata.”
E se domani, e sottolineo se?
“A proposito di strada tracciata”, ho detto io a questo punto, “ti va d fare un gioco?”
“Giochiamo pure”, ha risposto lui.
“E se tu domani trovassi un modo sostenibile, economicamente sostenibile intendo, per tenere insieme qualità del prodotto e qualità sociale? Immagina uno spazio di 400 metri quadrati dove vado per fare tutte le cose che tu già fai qua e tante altre cose ancora che migliorano la qualità sociale della vita delle persone. Potrebbe essere un’ulteriore evoluzione della tua idea di bottega di quartiere. Ma secondo te ci potrebbe essere un modo per costruirci su un modello di business credibile? Qualità alimentare e qualità sociale possono stare insieme?”
“Vincenzo, per me non solo si può fare, ma se ne avessi avuto la forza dal punto di vista della capacità di investimento, lo avrei fatto già. La visione è quella. A oggi bisogna prima crescere. Dopo di che con gli occhiali del futuro vedo spazi di creatività, di coworking, di formazione, di svago, ma prima bisogna crescere.
E, come dici e scrivi spesso tu, la mia forza è che io non ti dico solo “lo farò”, ti dico anche “lo sto facendo”. Per esempio con i corsi di masterclass di showcooking, cucina, pasticceria e altro di cui ti ho detto; o con gli incontri con il nutrizionista per fare educazione alimentare o con lo psicologo per capire i disturbi dell’alimentazione. La voglia, fammi dire anche la presunzione di fare una cosa diversa, nasce anche da qui, dall’idea che l’alimentazione, il saper vivere, il dormire bene, lo stare bene sono tutte cose importanti, che quando parliamo di qualità della vita parliamo anche di queste cose qua.”
“Mi fai venire in mente il mio amico chef Antonio Tubelli che mi ricorda sempre di mangiare poco e mangiare bene.”
“Sì, certo, anche questo, perché non tutti i prodotti di qualità sono inavvicinabili però tutti costano di più, ma costano di più perché sono fatti come devono essere fatti, con materie prime di alta qualità e senza conservanti, additivi, coloranti e altre mille cose di questo tipo.”
“Bisogna educare al buono e al bello, che sono due parole che vanno insieme”.
“Esatto!”
Solo tre parole
L’ultimo spazio me lo sono lasciato per il gioco delle tre parole, amico Diario. Solo tre parole per definire una vita, gli ho detto, naturalmente non in assoluto, in rapporto a ciò di cui stiamo parlando, cioè in rapporto a ciò che vuoi costruire, e lasciare. Dopo di che ho aggiunto che una parola ce la mettevo io e due lui.
La mia parola è stata cambiamento. In un primo momento avevo detto innovazione, ma poi l’ho cambiata, innovazione ha a che fare troppo con la tecnologia di questi tempi, mentre il cambiamento che io associo a Luca ha a che fare soprattutto con la capacità di surfare, come direbbe Jullien, tra ciò che permane e ciò che cambia, con la capacità di navigare contro corrente. Naturalmente Luca aveva la facoltà di rifiutare la mia parola e di sceglierle tutte e tre lui, ma non l’ha esercitata, e così abbiamo proceduto oltre.
“Vincenzo, a volte penso che tu mi sopravvaluti”, ha esordito. “Comunque, la mia prima parola è entusiasmo. Secondo me quando si fa qualcosa non si può fare a meno dell’entusiasmo. Quando mi hai conosciuto, nei periodi belli di Caffè Carbonelli, penso che quando mi venivi a trovare mi vedevi sempre pieno di entusiasmo. Mi ricordo che facevo di tutto, che lo facevo bene e che quando non lo facevo bene mi dannavo perché non l’avevo fatto come avevo immaginato. Per mantenere l’entusiasmo devi essere bravo e forte e a volte neanche quello basta, perché le cose cambiano, la società cambia, e diventa tutto veramente molto complicato. Alla fine o cambi o ti adatti, ma non riesci a fare le cose sempre meglio, e qui ti dico la mia seconda parola, la terza dopo cambiamento ed entusiasmo, la parola ambizione.
L’ambizione a migliorarsi, perché per me l’ambizione è sempre a migliorare, anche quando le cose vanno bene.
Quante volte mi hai sentito dire, ok, le cose stanno andando bene, ma come migliorare ancora? All’inizio ti basta essere il migliore dei piccoli, personalmente avrei preferito rimanere piccolo e diventare il migliore dei piccoli, però in realtà non si può fare. Prendi noi, probabilmente a un certo punto ci siamo pure riusciti, ma poi diventa inevitabile, naturale, la spinta a diventare grande, una spinta che non riesci a fermare neanche se in realtà la possibilità di diventare grande non ce l’hai, ti mancano le risorse, non solo economiche, ma anche organizzative, sociali. Detto questo, ribadisco che per me non si può fare a meno del miglioramento continuo, dell’ambizione a migliorarsi come lo chiamo io.”
“Da un mio amico e maestro ho imparato perché ha senso riconoscere il limite e di fare qualcosa per spostarlo più avanti, perché il limite non è fisso ma si muove con noi”, l’ho interrotto a questo punto.
“Sono d’accordo”, ha risposto. “Spesso si usa dire che bisogna alzare l’asticella, ma per me non è solo una questione di alzare l’asticella, è il punto è che puoi essere soddisfatto senza essere contento, e c’è una differenza importante tra i due termini. Vincenzo, non si tratta di volere troppo, si tratta di non fermarsi, di avere l’idea di continuare ad andare avanti, di superare i propri limiti. È quando dici ‘va bene, sono contento di esserci arrivato, ma adesso come si procede?’ che stai sulla strada buona. Quando non ti fermi a quello che hai fatto e sei contento di pensare che puoi fare ancora qualcosa. Secondo me alzarsi la mattina avendo un obiettivo è questo; è questo continuare ad aver voglia di fare cose anche quando dovresti andare a letto. Per me gli anni belli sono quelli fatti così. Dopo di che le cose possono cambiare, ne possono nascere di nuove, non c’è problema, l’importante è avere sempre dei nuovi obiettivi, sempre delle nuove cose da fare, e farle con entusiasmo.”
Caro papà, vengo con questa mia a dirti
Caro Diario sono sincero, il racconto di Luca poteva finire così, però lui mi ha fatto venire in mente la lettera che ho scritto a mio padre ne “il lavoro ben fatto” e così gli ho chiesto che cosa scriverebbe oggi a suo padre.
“Te lo dico in poche parole Vincenzo”, mi ha risposto, “con mio padre siamo stati sempre di poche parole, lui in particolare. Sì, direi che sono stato quasi sempre io a voler dimostrare, a voler farlo contento. In realtà lui è sempre stato orgoglioso di me, di quello che facevo, soprattutto mi ha sempre sostenuto. Ecco, per esempio mio padre di Peperoncino forte sarebbe stato contentissimo. Lui non mi hai mai obbligato a stare in azienda, anzi all’inizio voleva tutt’altro per me. Come sai io studiavo giornalismo, e mio padre già mi presentava come il giornalista della famiglia.
Penso che la lettera a mio padre la scriverei solo per dirgli grazie, innanzitutto perché mi ha fatto capire un sacco di cose. Non c’è un momento in cui non lo penso; certo perché è mio padre, perché vado tutti i giorni nell’azienda che ha fondato lui, ma non è solo questo. È che lo sento proprio vicino, sono convinto che avrebbe sempre appoggiato tutto quello che avrei fatto, io pensavo come lui e lui mi dava quella fiducia dell’uomo che pensa ‘anche se io non ci arrivo, perché magari sapeva i limiti che aveva, se tu lo stai pensando di fare una cosa significa che è una cosa buona farla, perciò se la riesci a fare, fai.’
Se ci fosse stato mio padre penso che Peperoncino forte sarebbe nato prima, mi avrebbe spronato a farla. Ecco, nella mia lettera gli direi grazie pure per questo, per il fatto che pure se sono ormai più di dieci anni che non c’è più, io lo sento sempre come se mi appoggiasse in qualsiasi cosa che faccio. Lo ringrazierei perché sto proprio in pace con lui, persino se le cose dovessero andare male lui non ci rimarrebbe male e io non mi sentirei in colpa, perché lui sapeva e sa che con mio fratello e mia sorella siamo stati e siamo bravi e abbiamo fatto e facciamo tante cose buone, è per questo che siamo ancora in campo in un periodo così difficile.”
“Luca”, gli ho detto, “il tuo messaggio sarebbe in pratica hai visto papà ce l’ho fatta?”
“Sì Vincenzo, in pratica si” mi ha risposto. “Gli direi sto facendo quello che volevi tu, nel senso che sto riuscendo a fare ogni tanto qualcosa di nuovo.”
Ecco amico Diario, direi che con questo è davvero tutto.