Cara Irene, oggi ti racconto “Tutta farina del nostro sacco”, il viaggio gastronomico tra cuccìa padulese e tradizioni natalizie ideato, realizzato e presentato da Luciano Petrizzo e Francesca Gerbasio a La Pietra Azzurra – Vallo di Diano giovedi scorso, 12 dicembre.
Galeotta è stata l’amicizia e l’affetto che mi legano a Francesca Gerbasio, Luciano Petrizzo e Michele Croccia. In particolare Luciano, che come sai ho raccontato qua, sono anni che mi invita a mangiare la cuccìa, una minestra di 13 legumi e cereali del territorio composta da fagioli cannellini, borlotti e con l’occhio, ceci, cicerchie, fave secche, lenticchie gialle e rosse, granturco, orzo perlato, farro, grano e piselli secchi. Sono 13 in omaggio a Santa Lucia, la cui festività ricorre il 13 Dicembre. Come Luciano mi ha raccontato, “è un piatto unico che richiede molta pazienza per la prepararazione, perché ciascun ingrediente va cotto separatamente, però è molto buono, nutriente e ha un bellissimo valore simbolico. Pensa che c”è stato un tempo in cui poche signore lo preparavano e poi lo distribuivano a tutte le famiglie come gesto di fratellanza e condivisione.”
Come dici amica mia? Certo che ti posso rispondere. Per quanto riguarda la ricetta trovi gli ingredienti e la preparazione nella storia di Luciano; per quanto riguarda la storia della cuccìa sono d’accordo con te, è bella assai, è anche per questo concetto di condivisione e di fratellanza che ho infranto due delle mie “regole”: non restare in giro fino a notte e non mangiare la sera. Sì, anche, perché insieme al concetto c’entra, come ti ho detto, l’amicizia, e c’entra quello che era previsto avremmo mangiato e bevuto: Baccalà in tempura con pera lardara e peperone crusco; Falanghina spumante di Vitialte; Cuccía padulese di Santa Lucia; Coda di Volpe di Vitialte; Donna Scarola, pizza grigliata con scarola, alici, pinoli e uvetta; Fiano di Avellino di Vitialte; Polenta con ragù di carne e salsiccia e pecorino; Aglianico Igt di Vitialte; Canestriedd’ e casecavadd’; Taurasi di Vitialte; Tris di dolci natalizi padulesi (cannoli, strufoli, panzerotti di castagne); Liquori Azienda Albero del Miele di San Rufo.
Sì, cara Irene, come avrebbe detto mia madre Fiorentina mi sono fatto nuovo nuovo, spero tu mi possa capire, alla fine se proprio la devi infrangere, la regola, meglio infrangerla bene.
Detto questo, aggiungo che è stata una bellissima serata. Appena sono arrivato ho trovato il mio amico giornalista Vito Sansone, che lui riesce a tenere assieme tre caratteristiche che mi piacciono assai, la professionalità, la gentilezza e l’umiltà. Francesca e Luciano ci hanno riservato un tavolo bello ampio dove abbiamo potuto mangiare e lavorare comodi, che non è poco. Per la verità il verbo lavorare vale per lui molto più che per me, dato che ha presentato la serata, ha fatto interviste audio e video, le foto per lui e in parte anche per me (quelle più “umane” che vedi pubblicate le ha fatte lui), però insomma anche io ho fatto la mia parte, altrimenti questo piccolo racconto non ce l’avrei fatta a scriverlo.
Confesso che quando sono arrivato a La Pietra Azzurra – Vallo di Diano avevo in mente di fare una diretta, ma mi sono reso conto subito che non era cosa: tante voci, tante cose da seguire, tante cose buone da mangiare e da bere, la mia scarsa dimestichezza con lo smartphone e soprattutto la sensazione che la migliore scelta che potessi fare era quella di prendermi il tempo per raccontare a parole mie la serata organizzata da Francesca e Luciano. Così ho fatto, e con un omaggio al lavoro che abbiamo fatto in Bottega HIA – Hospitality Innovation Academy e in Bottega O – Unisob, ho deciso di usare solo 3 parole.
La prima parola è cura, la cura che Francesca e Luciano hanno messo nell’organizzazione della serata, nella preparazione dei piatti, nella relazione con le persone che hanno scelto di partecipare alla serata. Con le parole del grande Battiato mi viene da dire che ci hanno trattati, tutte e tutti, come esseri speciali e hanno avuto cura di noi.
La seconda parola è bellezza, che come sai amica mia ha molto anche a che fare con buono, con bontà. La bellezza e la bontà degli ingredienti, del cibo, dei processi di cottura, del vino. La bellezza che ho raccontato tante volte, la prima, forse, in questo elogio delle sue possibilità, l’ultima, per ora, in questa conversazione con Nicolangelo Marsicani.
La terza e ultima parola è umiltà, che ho già usato per raccontare Vito Sansone. È una parola che fa parte del codice genetico di Luciano e Francesca ma questa volta la voglio dedicare a Michele Croccia, il cuore e l’anima de La Pietra Azzurra.
Posso dire di conoscerlo bene il maestro Croccia, conosco la sua umiltà e la sua capacità di sorprendermi; eppure quando giovedì, di ritorno dalla stazione di Sapri, mi ha detto “che fai stasera, vieni con me? Luciano e Francesca ci tengono, io scendo per dare una mano, ce ne torniamo quando vuoi”, un poco gli ho creduto e un poco no, perché come ci siamo detti con fare scherzoso con Vito, lui è campione del mondo della pizza e campione dell’universo della comunicazione. E invece no! È sceso, si è cambiato, si è messo a fare pizze e non ha detto una parola per tutta la sera, le foto gliele ho rubate tutte a parte quella con Francesca e Luciano con la cuccìa. Quando dopo mezzanotte gli ho chiesto se potevamo andare, ha smesso i panni del piazzaiolo, abbiamo salutato, e ce ne siamo tornati.
Ecco cara Irene, questo è il racconto un po’ naif della serata a La Pietra Azzurra – Vallo di Diano, poi naturalmente ci sono state le chiacchiere con Vito, le risate, anche un poco di inciuci affettuosi, di quelli che non fanno male, ma questa parte rimane tra me e Vito, sono cose nostre, e così rimangono.