Cara Irene, è da poco arrivato nelle librerie “Le opere, i giorni: storie quotidiane di passione” di Antonio Fresa, Gambini Editore. Quando Antonio mi ha chiesto di scrivere la prefazione sono stato contento assai, un po’ come sono contento adesso che il libro è uscito e posso condividere questi miei pensieri con te. Te lo dico senza girarci intorno, spero di incuriosirti e di farti venire la voglia di leggere il libro. Resto in ascolto.
Fin dal titolo questa raccolta di racconti di Antonio Fresa dice un mondo. Il mio viaggio nelle pagine del libro è iniziato così, con questo pensiero, conservo nitido il ricordo dei fogli ancora caldi di stampante che avevo nella mano e della curiosa frenesia che mi prende ogni volta che sto per iniziare una nuova lettura.
Le opere, i giorni: storie quotidiane di passione. Come la vita di Antonio e la sua scrittura. Come Nino, come Lina e come tutti gli altri personaggi che popolano le sue storie. Come gli artigiani che facevano ‘o Presepio a San Gregorio Armeno, e lo fanno ancora, anche se non è più come prima, che poi del resto niente è più come prima, e magari è giusto così.
Le opere, i giorni: storie quotidiane di passione. Come l’Italia che piace a noi, che per fortuna non siamo pochi, e poche. L’Italia che ogni mattina mette i piedi giù dal letto e fa bene quello che deve fare, qualunque cosa debba fare. L’Italia che sa dare più valore al lavoro e meno valore ai soldi, più valore alle cose che le persone sanno e sanno fare e meno valore alle cose che le persone hanno. L’Italia che mette sempre una parte di sé in quello che fa.
Le opere, i giorni: storie quotidiane di passione. E di rispetto, di dignità, di diritti, di ambiente, di pace, di sapere, di saper fare, insomma di parole, di pensieri e di azioni che bisogna che portiamo con noi nel futuro del mondo, anche se il mondo sembra fare sempre più fatica a rendersene conto.
L’Italia che Antonio Fresa racconta è questa, e lo fa con leggera maestria, dipengendo le sue scene e i suoi paesaggi con colori pastello, che a volte sono chiari e atre volte sono scuri, ma non sono mai uniformi, lasciano comunque spazio alla possibilità, alla diversità, al cambiamento, all’immaginazione.
Siamo ciò che raccontiamo, ha scritto Carlo Rovelli. Siamo il passato dal quale veniamo, siamo il presente che viviamo, siamo il futuro che costruiamo, vorrei aggiungere io. Lo siamo se lo raccontiamo, proprio grazie al racconto. Se ci pensiamo, è così da sempre. Per quanto tempo sarebbero restate vive le gesta di Ulisse nella memoria del mondo se Omero non le avesse raccontate? Per cento anni, cinquecento, mille? Per quanto mi riguarda non ho dubbi: se Ulisse l’astuto, il polimorfo, ha potuto oltrepassare il tempo è grazie al racconto non alle imprese. Sembra strano scriverlo e pure pensarlo, eppure è proprio così, è il racconto che lo ha reso eterno, immortale.
Tutto questo per dire che insieme alla bellezza e alla poesia dei suoi racconti, sta qui un altro grande merito del mestiere di scrivere di Antonio Fresa, nella scelta di raccontare le storie delle persone normali, quelle che mettono la testa, le mani e il cuore in quello che fanno non perché debbano avere un premio ma perché così si fa.
Persone normali, persone vere.
Donne come la sconosciuta che ha scritto su un foglio di carta “Mi raccomando, trattatelo bene, questo è il mio posto di lavoro” e lo ha appeso con quattro punesse in un bagno pubblico di Roma. O come Rosa Parks che non è vero che si è rifiutata di alzarsi e lasciare il suo posto a un bianco non perché era stanca ma perché non aveva più voglia di subire.
Uomini come mio padre, come Lorenzo Perrone, come Luigi Delle Bicocche, che non fa niente che sono stati tutti e tre muratori tanto ce ne sono in ogni mestiere, in ogni città, in qualunque parte del mondo.
Le persone normali. Sono loro le eroine e gli eroi del nostro tempo. Sono le loro vite e le loro storie che dobbiamo tramandare da padre in figlio. Sono loro che dobbiamo rendere immortali. Le persone normali che anche quando non lo sanno grazie a quello che fanno e che sanno rendono le loro vite, e le nostre, più degne di essere vissute. Nessuno si senta escluso. Buona lettura.