Sangue e Link

Caro Diario, sto leggendo  Il sogno di Solomeo di Brunello Cucinelli, me lo ha prestato Jepis ma appena sento mio figlio Luca gli dico di comprarlo, mi fa piacere tenerlo.
Sono a metà, è una lettura leggera e profonda allo stesso tempo, dolce in molte pagine, sulle principali mi sto ritrovando molto, valori e parole condivise come dignità, rispetto, semplicità, bellezza, verità, lealtà, insomma è bello bello. A un certo punto, non ricordo la pagina, mi ha fatto tornare in mente che siamo sangue e link.
Ti ricordi?, te l’ho raccontato un po’ di anni fa in questo post, “sono le nostre relazioni, la qualità e la quantità delle nostre connessioni, le persone, le idee, le culture, le differenze che incontriamo sul nostro cammino a dare senso alle nostre vite, a definire la loro qualità, a renderle più degne di essere vissute”.
Già, sono anni che ci sbatto la testa, che racconto di questo nostro mondo fatto di interazioni, ma come dice il mio amico Dino Salamone non è facile, tu pensi che è facile, ma non lo è.

Per quanto mi riguarda tutto è cominciato con la presentazione a Napoli del libro di Salvatore Veca, Dell’Incertezza, all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, 25 anni fa. Come sai, sul finire della mia introduzione affermai che se avessi potuto decidere io il titolo, il libro l’avrei chiamato «Della connessione» invece che «Dell’incertezza» e poi aggiunsi: «Della connessione, cioè dell’importanza delle cose connesse ad altre cose. […] Questa ricerca delle connessioni percorre tutto il libro: negli argomenti a favore della tesi che a dare importanza alla vita è la morte, o che l’importanza delle ragioni è data dal loro rapporto con i sentimenti. […] Credo che proprio per sottolineare questo aspetto quando parla delle dieci proposizioni, quelle che verso la fine del libro presenta come il suo primo punto di approdo, Veca le chiama “dieci proposizioni connesse”. La stessa sensazione mi ha preso quando ho letto che “chiedersi quale sia il significato di qualcosa equivale a chiedersi come questa cosa sia connessa con le altre”.
Ecco, in un libro straordinariamente denso di pensieri e di meditazioni su “chi siamo”, “ciò che vi è” e “ciò che per noi vale” fu proprio questo asserto  –  “chiedersi quale sia il significato di qualcosa equivale a chiedersi come questa cosa sia connessa con le altre” – ad aprirmi un mondo che per mia fortuna non si è chiuso più.
Come è andata a finire lo sai, questa storia delle connessioni è entrata sempre di più nella mia vita, è diventata la chiave per dare più senso e significato alle piccole cose che penso e che faccio, la via per provare a vivere una vita più degna di essere vissuta.

L’ho scritto anche ne Il Lavoro Ben Fatto, sono convinto che si può fare, a dispetto dei mille problemi, si può essere ricchi anche senza avere il conto in banca a sei zeri, ricchi di relazioni con persone che rispettiamo e ci rispettano, persone a cui vogliamo bene e che ci vogliono bene, che talvolta ammiriamo, con le quali scambiamo sogni e possibilità. È una bella storia che non finisce mai grazie ai nostri racconti, e insieme alle persone anche i libri hanno un ruolo importante.

Io per esempio molto tempo dopo Veca sono inciampato in un libro meraviglioso di Sam Kean, “Il cucchiaino scomparso“, che non solo mi ha fatto trovare la pace con una delle cose che più ho odiato in vita mia, la tavola periodica degli elementi di Mendeleev, che adesso invece quasi la amo, ma mi ha fatto capire che anche nel mondo della chimica l’incertezza regna sovrana, con gli atomi che “dormono” fino a quando non interagiscono con altri atomi, e che insomma anche loro se se ne stanno fermi al loro posto senza interagire in pratica non servono, è l’interazione con gli altri atomi che li attiva, li accende, li mette in condizione di fare quello che devono fare, nel bene e nel male.

Dopo di che è arrivato lui, Carlo Rovelli, che ha deciso di sorprendermi già con il primo dei suoi libri che ho letto, “Sette brevi lezioni di fisica“, dove a un certo punto, alla fine della lezione seconda, quella su «i quanti», scrive: “Le equazioni della meccanica quantistica e le loro conseguenze vengono usate quotidianamente da fisici, ingegneri, chimici e biologi, nel campi più svariati. Sono utilissime per tutta la tecnologia contemporanea. Non ci sarebbero i transistor senza la meccanica quantistica. Eppure restano misteriose: non descrivono cosa succede a un sistema fisico, ma solo come un sistema fisico viene percepito da un altro sistema fisico. Che significa? Significa che la realtà essenziale di un sistema è indescrivibile? Significa solo che manca un pezzo alla storia? O significa, come a me sembra, che dobbiamo accettare l’idea che la realtà sia solo interazione?”.

Filosofia, chimica, fisica, mi pare ci sia quasi tutto, e nonostante i miei tentativi precedenti non abbiano avuto particolare successo continuo ad avere voglia di tornarci su, perché credo che mai come adesso abbiamo bisogno di sentirci connessi, di capire che davvero, come ha scritto il poeta, “Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso”. Sì amico Diario, ogni donna e ogni uomo è “una parte del tutto” e la campana suona per ciascuna/o di noi.
Come vedi torniamo sempre lì, alla necessità di chiederci “che fare?” per cambiare approccio, cultura, i nostri modi di essere e di fare. Ci sono momenti nella vita in cui non basta più sperare, per determinare lo switch off, il cambiamento di fase, bisogna proporre esempi, disegnare possibilità, realizzare buone pratiche.
Ci tocca pensare e fare amico mio, fare è pensare. È una via stretta e faticosa, questa è la via. Secondo me.

Post Scriptum del 23 Maggio 2021
Ho finito il libro di Cucinelli e confermo tutto quello di buono e di bello che ho scritto. Mi è piaciuto tanto, la sua idea di capitalismo umanistico me la immagino parte di un’idea più ampia di umanesimo globale. Uso di proposito questa parola che non mi piace tanto, “globale”, perché vorrei ancorare questo concetto di umanesimo alla nostra condizione qui ed ora, come per mettere in ombra il senso poetico del termine e sottolineare la sua condizione di necessità. L’umanesimo come condizione necessaria per allungare l’ombra del futuro sul presente, per dare ai nostri giorni e a quelli che verranno più bellezza e più lavoro ben fatto.

Laura Ressa
Lo switch off, il cambiamento, avverrà quando alle persone non sarà permesso prendersi gioco di altre e sfruttarle. Quando a tutti starà a cuore la vita dell’altro, quando non si faranno lotte inutili di principio solo per polarizzare le opinioni sui social, quando nelle aziende entreranno persone competenti e sensibili e non strumenti da guerra. Forse il cambiamento avverrà quando l’ego lascerà spazio all’essenza e alla natura. In una società migliore io ci credo, e anche quando mi illudo che sia davvero migliorata e ne ho disconferma, continuo a crederci. Forse basta un vento che scuota le menti, come quello che c’era oggi nella mia città e permetteva di vedere il lontano Gargano dalla mia costa. Sgombrato dalle nubi, quello che abbiamo di fronte è meraviglioso e allora bisogna smettere di intossicarci i polmoni e la vista. Dobbiamo soffiare sulle cose come sulle pietanze bollenti che non riusciamo a mangiare. Forse dovremmo imparare anche a minimizzare quello che ci fa tanto male, quello che ci ferisce, quello che ci fa dire “ecco, un’altra giornata in cui non ci credo più”. Dovremmo imparare a dimenticare per ricordare. A non indurirci. Forse dovremmo essere tutti come quelli a cui dicono “ti si legge in faccia quello che sei”… eviteremmo di fingere, baderemmo all’essenza. Dovremo superare il capitalismo, credo, per tornare tutti umani.

Matteo Bellegoni
Queste tue parole mi hanno fatto venire tanta nostalgia delle nostre chiacchierate, ma allo stesso tempo mi hai fatto sentire quella connessione di cui parli. La connessione che corre tra le parole, ma che poi dispiega le sue ali nei sentimenti e nelle emozioni. Testa, cuore e mani come terminali di una interconnessione che è la chiave dell’umanità. Le radici dell’umanità sono fuori e dentro di noi e persone come te, amico mio, ti danno l’opportunità di poterle vedere.

Anna Ressa
Anche io sono immersa in una lettura interessante in questi giorni. Si tratta del saggio: “Una nuova storia (non cinica) dell’umanità“, ve ne dirò di più quando lo finisco.
Intanto nei primi capitoli sostiene come la svolta dell’evoluzione umana rispetto al mondo animale – migliaia di anni fa – sia stata proprio la relazione, il reciproco sostegno, l’accettazione e la conoscenza dell’altro come complementare a sé.
Ciò che ancora oggi ci distingue dai primati non è tanto un’intelligenza superiore quanto l’apprendimento sociale.
Tutto questo però fa poca notizia. C’è davvero bisogno di parlarne di più.