Caro Diario, Nunzio Marciano è una delle belle amicizie che sono nate durante il Camp e il Palio del Grano 2019, non so se te lo ricordi, te ne ho parlato nel post intitolato La serie del grano e anche in altre storie, per esempio quella di Alfonso Tepedino.
Nei mesi seguenti ci siamo incontrati ancora in tre o quattro occasioni, per esempio quando Vito Verrasto ha presentato Generazione Boomerang nella Bottega Letteraria.
Che ti devo dire amico Diario, Nunzio mi ha colpito dal primo momento per due caratteristiche che secondo me dal punto di vista umano sono importanti assai, l’educazione e la disponibilità, mio padre avrebbe detto che sono la base, i muri maestri. Quando poi ho scoperto che è pure bravo e affidabile nel suo lavoro – con quelli che insieme ai giorni pari hanno conosciuto anche i giorni dispari acacde meno di rado – mi sono detto “Vincenzo, tu a questo ragazzo lo devi raccontare”, un poco di tempo ci ho messo, ma comunque ce l’ho fatta, a un certo punto gli ho scritto, gli ho detto quello che avevo in mente, lui ci ha pensato su, ne abbiamo riparlato, e insomma una prima parte della storia è questa:
“Caro prof., per lei come per tutti sono Nunzio Marciano ma in realtà il mio nome di battesimo è Nunziante Marciano. La mia storia inizia il 24 marzo del 1994 in quel di Mercato San Severino anche se sono cresciuto a Calvanico, dove vivo tuttora, insieme a mio padre Giovanni, mia mamma Anna, mia sorella Amalia e mio fratello Giuseppe.
Sin da bambino sono stato un poco la pecora nera della famiglia, sai, uno quello con i pessimi voti a scuola, quello della serie “potrebbe fare ma è svogliato ma può fare”, anche se poi non facevo mai.
All’età di 14 anni, con l’inizio della scuola superiore, sono affiorati i primi problemi seri alla voce scuola. Ho frequentato prima un Istituto tecnico commerciale, ma le cose non andavano come desideravo e quindi decisi di cambiare scuola, questa volta un istituto tecnico professionale. Alla fine sono riuscito a finire il mio percorso di studi e a diplomarmi in elettrotecnica, ma l’ho fatto con non poche difficoltà.
Devo dirle anche, però, che essendo consapevole degli scarsi risultati scolastici, mi sono sempre dato da fare con lavoretti di vario genere. Per esempio a 14 anni ho fatto l’animatore di feste private e sono andato avanti per 4 anni, poi per un’estate intera ho fatto il manovale di un mio amico piastrellista, dopo di che ho iniziato ad avvicinarmi a quella che è la mia passione e il mio mondo, nel senso che per 2 anni mi sono occupato di montaggio video per un agenzia che si occupa di video marketing per il turismo.
Non avevo ancora compiuto 21 anni che la vita si è incaricata di mostrarmi la sua parte peggiore. Per farla breve, nel Gennaio 2015 viene diagnosticato un tumore a mio padre, inizia da lì una battaglia che durerà 9 mesi. Al tempo frequentavo l’ultimo anno delle superiori e non è stato facile preparare la maturità con la mia pochissima voglia di studiare e con mio padre in una stanza di ospedale.
Forse il diploma è stata l’unica soddisfazione che ho dato a mio padre da vivo, perché purtroppo a settembre dello stesso anno quel maledetto tumore me lo ha portato via per sempre.
Prof., come può immaginare non è stato semplice andare avanti senza la figura di mio padre, ma le posso dire che io e la mia famiglia, nonostante tutte le difficoltà che abbiamo dovuto fronteggiare, oggi siamo più forti di prima e lo saremo sempre perché adesso abbiamo il nostro angelo che ci protegge.
Ovviamente morto mio padre mi sono dovuto rimboccare le maniche e aiutare la mia famiglia, di conseguenza per quanto a malincuore ho dovuto mettere da parte le mia passione per la fotografia.
C’è voluto tempo, ma piano piano il mio cuore è tornato a battere, perché dopo aver lavorato per due anni in un pub, con i soldi messi da parte ho finalmente potuto far sì che la mia passione per la fotografia crescesse, cosicché dopo tanti sacrifici ho potuto comprare la mia prima macchina fotografica per poi iniziare a studiare e a frequentare corsi.
Perché proprio la fotografia? Le devo dire che ho uno strano e personale modo di vedere questo mondo, quando me lo chiedono rispondo con un detto che ripete sempre mia Nonna, “ ‘A Capa è ‘na Sfuoglia e Cipolla”, letteralmente la testa è come una sfoglia di cipolla, in pratica la mente dell’uomo è fragile e sottile come la sfoglia di una cipolla e con il passare del tempo si rischia di dimenticare cose e persone che sono state nella nostra vita nel nostro passato!
Qual è il modo per evitare tutto ciò? La mia risposta è: la fotografia!
Sì, la fotografia, quando guardiamo una foto veniamo teletrasportati per un attimo in quella scena, e così riaffiorano ricordi, attimi, suoni, rumori, parole e, perché no, anche profumi di quel preciso momento!
Insomma per me la fotografia non è un lavoro ma è quasi una missione! Il mio obbiettivo non è fare foto, ma raccontare storie, raccontarle secondo il mio punto di vista e cogliere attimi che non si ripeteranno più! Adesso ho 26 anni e alla domanda “che fai nella vita?” rispondo “regalo ricordi, faccio il fotografo”.
Come dici caro Diario, bella storia?
Aspetta, non è finita ancora, perché lo sai come sono fatto, voglio sapere di più, e così dopo aver letto e riletto il suo racconto ho fatto un po’ di domande a Nunzio e leggi quante altre belle cose sono venute fuori.
Io: C’è stato un momento particolare in cui hai pensato “cela posso fare?
Nunzio: Sì, prof., è stato quando frequentavo un corso di fotografia e come prova finale ogni studente doveva presentare il proprio progetto personale. Io scelsi di raccontare il mestiere più difficile del mondo quello della mamma, di mia mamma.
Alla fine della visione del mio reportage fotografico il maestro, senza conoscere mia mamma, me la descrisse come se la conoscesse da anni, e in quel momento capii che forse ero in grado di raccontare storie attraverso una macchina fotografica.
Io: Qual è stato fin qui il progetto che ti ha dato più soddisfazione?
Nunzio: a parte quello che racconta la storia di mia mamma, è sicuramente quello che ho dedicato al Santo Patrono di Calvanico, San Michele Arcangelo. Il culto micaelico è diffuso in tutto il mondo ma la particolarità del nostro San Michele a Calvanico è che il santuario si Trova a 1.567 metri sul livello del mare ed è il santuario sommitale più alto d’Italia dedicato a questo santo.
Questo reportage mi ha dato soddisfazioni perché sono riuscito, almeno credo, a raccontare quello che è per me ma un po’ per tutti i calvanicesi la devozione all’Arcangelo Michele.
Io: Cosa hai imparato facendo il manovale?
Nunzio: Direi innanzitutto che ho imparato che ogni lavoro è importante, e che non esiste lavoro più facile o difficile. Per ogni lavoro, la differenza è il tipo di fatica che comporta, fatica fisica, fatica mentale o entrambe. Ogni lavoro è importante, chi costruisce una casa e chi scrive un libro, sono lavori importanti allo stesso modo per scopi diversi. Ma soprattutto mi ha fatto capire quello che non voglio fare da grande.
Io: E la morte di tuo padre? Cosa ti ha lasciato?
Nunzio: Ho visto cosa può fare un tumore in 9 mesi e come cambia la persona malata e le persone che sono attorno ad essa. Ho visto piangere un omone come mio padre che aveva la forza per buttare giù le montagne. Ho conosciuto la fragilità delle persone, soprattutto quelle persone come mio papà, forte, orgoglioso, che non faceva trapelare emozioni, ma che mentre dormivamo prima di andare a lavoro veniva a baciarci!
Ho capito anche cosa significa soffrire, ma ho capito anche cosa significa amare incondizionatamente.
Dopo la scomparsa del mio papà sono una persona diversa, vivo ogni istante, momento, emozione al 100 percento. Ho capito che non bisogna mai aspettare, che ogni giorno è quello giusto e che ogni cosa rimandata è persa e come dico sempre io, chi mi conosce lo sa, “ ‘A Vita è ‘nu Muorzo”, la vita è un morso, dunque bisogna assaporarla senza perdere tempo.
Io: Dato che la fotografia è un lavoro, quali sono i tuoi hobby?
Nunzio: mi piace ascoltare la musica e cantare, sotto la doccia ovviamente. Mi piacciono i videogiochi. Sono un tifosissimo della squadra della mia città, la Salernitana, la seguo sempre allo stadio.
Io: Cos’è che sopporti meno nei rapporti umani?
Nunzio: La furbizia stupida, fine a se stessa, il fatto che una persona faccia o dica cose solo per soddisfare i propri interessi e raggiungere i propri obbiettivi, fregandosene altamente delle persone che ingenuamente credono che hanno a che fare con amici.
Io: Il tuo motto?
Nunzio: Essere non Apparire!
Ecco amico Diario, per adesso è proprio tutto. Come sempre confido anche nel tuo aiuto per far girare il più possibile questa bella storia.
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Post Scriptum 23 Aprile 2020
Caro Diario, in occasione della href=”https://vincenzomoretti.nova100.ilsole24ore.com/2019/12/20/settima-edizione/” target=”_blank”>notte del lavoro narrato 2020, Nunzio mi ha mandato il fotovideo che puoi vedere sotto, è il suo racconto del lavoro della mamma, per meglio dire dei lavori della mamma, e penso che qui ci stia proprio bene. Buona Visione.