Una giornata particolare

PROLOGO
Caro Diario, la giornata del 13 Giugno 2019 la ricorderò a lungo, è stata davvero assai piena di cose, la prima volta con #LegoSeriousPlay, la prima volta con Daniela Chiru come coach, la prima volta in “aula” con due persone che conosco e a cui voglio molto bene – Matteo Bellegoni e Chiara Serreli – la prima volta con otto persone che prima non avevo mai visto e che dopo vorrei tanto non perdere di vista. E sto parlando solo del primo dei tre appuntamenti della giornata, perché dopo ci sono state la presentazione di Novelle Artigiane con me e Pietro Fruzzetti e la Fuckup Vol. XIX con Sara Gambarelli, Piero Capodieci e me.
Ci vorrà un po’ di tempo per raccontare tutto, anche perché vorrei coinvolgere nella narrazione quanti più persone è possibile, un racconto a più teste, a più mani e a più cuori mi sembra il modo più adatto per dare conto del flusso di esperienza, di emozioni, di senso, che si è sviluppato nel corso della giornata, ma intanto cominciamo, poi man mano aggiungeremo nuovi pezzi e ulteriori possibilità. Buona lettura.

ATTO PRIMO
IL #LAVOROBENFATTO NARRATO CON LEGO(r) SERIOUS PLAY(r)
Vai al fotoracconto di Marina Antoci, Matteo Bellegoni, Daniela Chiru, Valentina Conticelli, Chiara Serreli

Il #lavorobenfatto narrato con #LegoSeriousPlay: è questo il titolo che Daniela Chiru ha voluto dare al workshop, e ti devo dire che per me è stata un’esperienza non solo coinvolgente ma anche inaspettata, per molti aspetti unica, al punto che continuo ad aver bisogno di tempo per metterla del tutto a fuoco. Del resto per fare quello che voglio fare, cominciare dai pensieri e dalle parole delle mie compagne e del mio compagno di viaggio è meglio, a volte i miei racconti fanno da tappo, un po’ inibiscono, e invece sulla nostra piccola barca di Neurath ci sono narratori eccellenti amco mio, leggi quello che hanno scritto Chiara, Valentina e Matteo e poi mi dici. Con l’aiuto di Daniela spero che ne arrivino altre, di certo io e lei arriveremo, resta in ascolto.

Daniela Chiru
ESPLORANDO IL CONCETTO DI HAPPINESS AT WORK CON LEGO® SERIOUS PLAY®
CHE COS’È IL LAVORO BEN FATTO? POSSIAMO NARRARLO CON I MATTONCINI PIÙ FAMOSI AL MONDO?

La felicità è soggettiva.
Una persona felice lavorerà per amore, non per costrizione.
Sarà puntuale perché le piace l’aria di collaborazione e di crescita che si respira nell’organizzazione. Porterà ottimi risultati perché il flusso di obiettivi chiari e il management strategico della conoscenza si uniscono alla possibilità di contribuire e al rispetto per la sua creatività.
Inserirà il proprio modo di essere, il sapere emozionale nel lavoro evolvendosi, cercando la migliore versione di sé.

Però la domanda è: siamo dei lavoratori felici?
E nei periodi in cui la risposta è negativa come ci comportiamo sul lavoro? Riusciamo ad essere produttivi, a rimanere focalizzati?
Che effetti ha la demotivazione sul benessere personale?

Progetto il mio workshop con questo pensiero: esploriamo i nostri limiti, scopriamo le leve motivazionali personali, costruiamo la propria identità relazionale e contestuale per capire come essa può variare in base all’ambiente lavorativo, al ruolo che assumiamo, all’incontro con le identità degli altri.

Utilizzo la metodologia LEGO® SERIOUS PLAY® e il workshop è composto da:
1. domanda presentata da me, in quanto facilitatore certificato;
2. costruzione individuale della risposta da parte di ogni partecipante con i kit LSP;
3. racconto del modello costruito (narrazione da parte dell’autore del modello, ascolto attivo da parte degli altri partecipanti);
4. riflessioni.
Quattro passi che ripetiamo, più di una volta, con l’obiettivo di avvicinarci al risultato desiderato. Ogni ripetizione del processo è una iterazione e i risultati di un’iterazione sono punto di partenza per quella successiva. 
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La ricchezza di un’organizzazione è data dalla diversità delle identità, l’identità di ogni persona che ne fa parte. Per questo con LEGO® SERIOUS PLAY®, qualsiasi obiettivo ci poniamo, iniziamo dalle persone, dal potenziale di ogni partecipante.
La prima parte del workshop è sempre conoscitiva: le persone si devono abituare al nuovo strumento di lavoro, ai mattoncini LEGO®.
Un po’ come l’introduzione di un nuovo software o un nuovo macchinario in azienda: lo presentiamo, lo utilizziamo svolgendo compiti semplici per prendere confidenza, senza sentirci in difficoltà. 
Non c’è competizione, nessuna risposta è sbagliata, solo meravigliosamente diversa.
Nella seconda parte del workshop, costruiamo in 3D le emozioni, per riconoscerle, per dare loro un nome. LEGO® SERIOUS PLAY® serve proprio per visualizzare l’intangibile, per manipolarlo consapevolmente.
Chiedo ai partecipanti di costruire un modello che rappresenti un’esperienza demotivante che hanno vissuto recentemente.
Le emozioni sono compatibili con il mondo del lavoro? Dobbiamo escluderle per svolgere bene i compiti assegnati?
L’emozione è una risposta immediata ad una sollecitazione ambientale e presuppone:
la componente cognitiva: le emozioni sono generate dai significati e dai valori che un individuo attribuisce all’evento
la componente fisiologica: pallore, rossore, respiro accelerato
la componente espressiva: la comunicazione dell’emozioni ad altri tramite espressioni verbali e non verbali
la componente motivazionale: la tendenza al pensiero e all’azione
la componente soggettiva: il vissuto, il sentimento.

Quindi la tradizionale equiparazione tra motivazione/razionalità da una parte e fra emozioni/irrazionalità dall’altra è stata fortunatamente rivista e corretta dagli scienziati.
Le emozioni hanno una componente cognitiva e una motivazionale.
Ho ascoltato la narrazione dei modelli costruiti da ogni partecipante.
 Abbiamo analizzato insieme cosa li rende demotivati, come gestiscono le emozioni e soprattutto che azioni possono intraprendere per ritrovare l’equilibrio, per continuare a svolgere con impegno il proprio lavoro.
 Si sentivano la tristezza e la frustrazione ad ogni incastro. 
Si percepivano la responsabilità e il senso del dovere in ogni costruzione … insieme al malessere.
 Lo stato di demotivazione prolungato nel tempo spegne la volontà, porta ansia, incubi notturni, apatia o rabbia. Ogni persona sente l’effetto ma non sempre lo associa alla causa. E senza questa consapevolezza è difficile trovare le giuste soluzioni (giuste per sé).
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Siamo noi a svolgere il lavoro, con le nostre emozioni, con i sogni, i desideri.
“Il lavoro è l’amore reso visibile” afferma Khalil Gibran.
Continuiamo il nostro workshop con una nuova iterazione.
Chiedo di costruire un modello che rappresenti: Cosa significa il lavoro per te?
Quando parlano del proprio lavoro le persone parlano di loro stesse, del loro valore. Non dello spazio, né degli orari, parlano di senso, di amore, di crescita.
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Dopo il racconto di ogni modello, presento il mio ospite speciale, seduto a giocare con noi, felice di trovarsi a Firenze, tra persone e mattoncini: 
Vincenzo Moretti, era rimasto solo lui. 
Davanti ha il suo modello, il significato del lavoro costruito con LEGO® e una storia da raccontare.

Ho distribuito il manifesto del lavoro ben fatto. 
Lo avevo appeso all’entrata, al tavolo con i mattoncini, al mio tavolo. 
Adesso era arrivato il suo momento. 
Consegnando una copia ad ogni partecipante è calato il silenzio. 
52 frasi e ad ogni parola c’era un raggio di luce che univa i pensieri scritti da Vincenzo Moretti a quelli che avevamo costruito: il lavoro non è fatica. 
Il lavoro è senso, è relazione, è cambiamento, è evoluzione. 
Ho dato loro tempo per leggerlo, prima di presentare Vincenzo: “Il manifesto lo puoi leggere online, lo puoi firmare, puoi scegliere la frase che ti piace e ripeterla ogni volta che senti il bisogno.
 Abbiamo un’occasione unica. Quella di scoprire cosa significa il lavoro per l’autore del manifesto: Vincenzo Moretti.”
Capita talvolta di percepire i secondi scanditi dal battito del cuore. 
Vincenzo si alza e l’aula si trasforma, ha il colore del grano e profuma di attesa.
 Con dolce accento napoletano ci racconta il suo lavoro ben fatto. 
Ogni modello costruito quel giorno, in Impact Hub Florence, rappresenta il suo autore, i modi di fare e di pensare. Ogni modello è una vita. 
Abbiamo unito i modelli. 
Ognuno ha scelto una frase dal manifesto e ci siamo assicurati che ci fosse coerenza tra la frase scelta e la costruzione narrata precedentemente.
 Perché quando “ci fidiamo delle mani”, con LEGO® SERIOUS PLAY®, succede questo: scopriamo di sapere più cose di quanto pensavamo.
Le persone si riconoscono nell’originalità degli incastri, nella bellezza dei colori, nella gioia di raccontarsi. 
Il lavoro ben fatto è divertimento, è creatività, è rispetto.
 Il lavoro ben fatto è senso.
tutte

Utilizzo LEGO® SERIOUS PLAY® per portare l’esuberanza e la creatività del gioco nelle attività serie degli adulti, nelle organizzazioni: per la facilitazione dei pensieri e della comunicazione, del problem solving, per gestire la diversità generazionale o culturale, per la risoluzione dei conflitti, per costruire scenari futuri ed innovare.
 Grazie Vincenzo!

Chiara Serreli
Giovedì scorso ho lavorato con #LegoSeriousPlay e per dirla alla Vincenzo Moretti mi sono divertita assai. Ho #pensato con le #mani, sì prima con le mani, poi con la mente ed infine con il cuore.
Ho partecipato al laboratorio pensando certamente d’imparare qualcosa, qualcosa di utile, qualcosa di nuovo, da riproporre nel mio contesto lavorativo. Avevo l’iniziale sensazione che l’assemblaggio rappresentasse un lavoro di relazioni, di idee, di condivisioni ma non avevo fatto i conti con le #emozioni. Quelle no, non le avevo considerate.
I mattoncini #LegoSeriousplay sono stati una straordinaria scoperta. Mi hanno permesso di costruire, realizzare e visionare in 3D, il mio contesto lavorativo, la mia esperienza professionale ed il mio essere lavorativo quotidiano, realizzati con le mie mani, grazie ad una personale selezione di mattoncini, solo apparentemente casuale. Be sì, perché a dirla tutta, le costruzioni #LegoSeriousPlay non sono solo un gioco da bambini ma infinite possibilità di relazioni, emozioni, azioni.
Il secondo aspetto è che finalmente ho preso atto della bravura oltre che dell’eleganza e della sensibilità di Daniela Chiru, il nostro #facilitatorecertificato #LegoSeriousPlay, che ha realizzato un bellissimo #lavorobenfatto, fatto con il cuore, con tanta energia e tanta ma DAVVERO TANTA consapevolezza.
Ha osservato con particolare premura e certosino interesse ciascuna costruzione, analizzando la composizione in ogni minimo dettaglio, riuscendo magicamente a far emergere, emozioni, valori, sofferenze, visioni che parevano essere, almeno apparentemente, #casuali. Ma nulla avviene per caso, bensì secondo ragione e necessità.
Un lavoro ben fatto, come dicevo, che non poteva non completarsi, nella sua massima espressione, con il Papà, il suo più forte, più convinto, autorevole narratore, #VincenzoMoretti.
Sì, Vincenzo era presente, ha partecipato al laboratorio con grande entusiasmo e ha voluto mettersi in gioco, rappresentando con #LegoSeriousPlay il suo vivere e partecipare al lavoro, un lavoro ricco di valori, quelli buoni, quelli che fanno bene al cuore, non di uno, ma dell’intera comunità. Un vero onore, una riconferma, ancora una volta.
Da questa esperienza mi porto a casa tre aspetti personali su cui riflettere e interpretare: #Visione, #Relazioni, #Felicità.
Ed io sono davvero tanto felice di aver avuto l’opportunità di essermi relazionata con #Daniela, #Vincenzo ed il resto dei partecipanti e di aver avuto questa visione, nel decidere di partecipare a questa nuova esperienza.
Un nuovo mattoncino aggiunto, nuovi elementi su cui riflettere, un nuovo assemblaggio, una nuova consapevolezza.
Perché fare bene le cose è giusto, è bello e conviene. Se leggete il manifesto del #lavorobenfatto scoprirete perché.
chiara

Valentina Conticelli
Giovedì 13 Giugno 2019 ad Impact Hub. Workshop con Daniela Chiru sul #lavorobenfatto con la metodologia #LegoSeriousPlay. E conosco Vincenzo Moretti, autore del manifesto del #lavorobenfatto. Ogni frase del manifesto mi sembra un regalo. Perché mette in parole quello che sento. Quello che per me è il lavoro. Ed il mio lavoro è facilitare #lavorobenfatto per gli altri, per tutti. Si è giocato serio. Così serio che ancora non ho rimesso a posto tutto quello che il creare con la mani mi ha smosso dentro. E comunque #SOGNARE. Sempre. E che il sogno sia per TUTTI. Grazie Daniela Chiru.
valentina

Matteo Bellegoni
Come diceva Shakespeare: “siamo fatti della stessa sostanza dei sogni”, ma se ciò è vero, mi chiedo se sia possibile far materializzare le nostre idee, le nostre emozioni, i nostri sogni appunto.
Giovedì scorso ho scoperto che tutto ciò è possibile usando dei semplici mattoncini #LegoSeriousPlay, giocando, però seriamente, si può costruire e rappresentare la nostra sostanza.
Grazie a Vincenzo Moretti e al suo #lavorobenfatto e a Daniela Chiru e a #LegoSeriousPlay ho potuto letteralmente costruire la sostanza della mia vita e comprendere meglio ciò che significa prendere piena coscienza delle nostra “fondamenta”.
Ho scoperto che attraverso #LegoSeriousPlay possiamo rappresentare le nostre emozioni, il nostro vissuto e il “posto” preciso che hanno alcune cose in noi stessi, come paure e delusioni, ma anche ciò che ci da senso come il lavoro ben fatto.
Usando i mattoncini #LegoSeriousPlay per rappresentare noi stessi in momenti diversi della nostra esistenza ti rendi conto pienamente di come testa, mani e cuore siano inscindibilmente legati, persino ora che sto scrivendo uso le mani per pigiare le dita sui tasti, la testa per pensare alle parole che sto per scrivere e il cuore per rivivere le emozioni da cui poi scaturiscono le parole, ma a questo punto viene da chiedersi : chi comanda? Cosa viene prima? La testa, le mani o il cuore?
Niente viene prima, semplicemente non ci può essere il tutto senza il singolo o il singolo senza il tutto, pertanto possiamo sentire e pensare attraverso le mani e costruire con la testa e con il cuore.
Attraverso #LegoSeriousPlay ho sperimentato un grado di consapevolezza che non conoscevo, la capacità del nostro “tutto” di rappresentare noi stessi attraverso l’uso delle mani e la conseguente possibilità di riflettere meglio sulla nostra storia, attraverso l’osservazione successiva di quelle rappresentazioni, scoprendo che un’emozione si manifesta in un mattoncino messo o tolto a una costruzione, che il problema che ci ha attanagliato o ancora ci attanaglia si può riscontrare in un preciso mattoncino, in un colore, nel modo di costruire o distruggere quella determinata forma.
Già soltanto avere a disposizione uno strumento così semplice e potente, che è in grado di aumentare esponenzialmente il nostro grado di consapevolezza, credo sia una cosa davvero preziosa, ma c’è di più.
La consapevolezza è un fine, ma è anche un mezzo, uno strumento per arrivare alla nostra sostanza, per comprendere meglio la nostra identità, quella che da un senso alle nostre vite.
Ecco perché unire #LegoSeriousPlay al #lavorobenfatto è stato un meraviglioso viaggio alla ricerca della nostra sostanza, perché ogni costruzione finale non rappresentava in realtà solamente l’idea di lavoro che ognuno di noi ha voluto costruire attraverso #LegoSeriousPlay, quelle costruzioni rappresentavano il senso profondo del nostro essere, perché il lavoro è identità e il #lavorobenfatto è uno strumento per comprendere e costruire quella identità.
Parafrasando la frase iniziale mi verrebbe da dire che “siamo fatti della stessa sostanza del lavoro ben fatto”, forse può apparire un po’ azzardata e sicuramente meno poetica, ma credo sia altrettanto vera, perché #lavorobenfatto alla fine credo che significhi sognare di far bene una cosa e farla, senso e identità che danno forma alla sostanza.
Grazie Daniela e grazie Vincenzo per questi preziosi doni che ci avete fatto.

matteo

6. Il lavoro è identità, dignità, autonomia, rispetto di sé e degli altri, comunità, sviluppo, futuro.

ATTO SECONDO
NOVELLE ARTIGIANE
Vai al fotoracconto di Matteo Bellegoni
Caro Diario, ho chiesto a Pietro Fruzzetti, il mio complice nella presentazione del libro, di raccontarla lui questa parte, vediamo se succede, senza fretta, come ricorda il Merovingio in Matrix Reloaded “chi ce lo darà mai, il tempo, se non ce lo prendiamo, il tempo”.
Intanto, mentre aspettiamo Pietro, due cose due te le voglio dire pure io.
La prima è che la chiacchiera con il mio nuovo amico mi è piaciuta un sacco. Proprio così caro mio, il fatto che lui sia arrivato con molte parti del romanzo sottolineate, che abbia letto dei brani che aveva scelto, che abbia rimarcato il senso e le possibilità di Novelle Artigiane secondo me vuol dire tanto, segnala un approccio, un’attenzione, un modo di essere e di fare che non è mai banale né, tantomeno, scontato.
La seconda è che ci siamo lasciati ripromettendoci di fare nuove cose assieme. Ora lo saappiamo tutti e due che non è detto che ce la faremo, che non è mai solo questione di volontà, che c’è ogni volta una questione di sincronia, di tempi, che bisogna si crei l’opportunità, però il fatto che ce lo siamo detti, con la serietà con cui ce lo siamo detti, suggerisce di per sé qualcosa di significativo, crea un ponte, determina delle possibilità, e questo – almeno per me – vale.
Ecco amico Diario, le due cose due che volevo dirti sono queste, direi di passare al terzo atto, tanto poi ritorno ancora, le cose da raccontare sono ancora tante.

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ATTO TERZO
FUCKUP VOL. XIX
Vai al fotoracconto di Matteo Bellegoni, Simone Bigongiari e Simona De Martino
Caro Diario, oggi pomeriggio arriva il racconto di Laura De Benedetto, la nostra inviata a Impact Hub Firenze, e come con Pietro mi piace la possibilità di partire da lei, quindi resto in ascolto.
Rieccomi amico mio, come previsto Laura c’è, buona lettura.

Laura De Benedetto
Caro Vincenzo, ecco il mio stream of consciousness, ho fatto come hai detto tu, non ho neanche riletto e ho premuto «invia».
Non so se ti ho già detto che da due anni Impact Hub Firenze organizza le Fuckup Nights, format nato in Messico per celebrare le storie di fallimento, che insegnano più di quelle di successo.
La Fuckup Night Vol. XIX, però, è stata speciale, incentrata sul tema del #lavorobenfatto, hashtag coniato da te che sei stato per così dire introdotto dalla comune amica Simona De Martino del MòSì.
Prima ancora, Daniela Chiru mi ha proposto di organizzare una ‘pillola’ di #LegoSeriousPlay sul medesimo tema, legata alla presentazione del libro Novelle Artigiane seguito dalla Fuckup Night.
Come sai è stato un lungo, intenso pomeriggio ricco di persone belle e spunti stimolanti.
Un workshop da provare perchè descriverlo è impossibile. Il gioco rende liberi e le infinite combinazioni del medesimo kit dei pezzi di #LegoSeriousPlay ci mostra la nostra unicità incarnando il nostro vissuto (e i sogni futuri).
Il tuo romanzo che ci hai raccontato insieme a Pietro Fruzzetti che tocca con leggerezza aspetti della vita di tutti, in particolare l’amore per il lavoro, qualunque esso sia, e la centralità delle persone che, per dare il massimo, devono stare bene (fatto spesso dimenticato dalle aziende che puntano sulla competizione e sui guadagni).
Infine la Fuckup Night: le organizzo e le presento da 18 mesi ma sono sempre diverse, come l’output del kit di #LegoSeriousPlay. E ogni volta è il progetto fallito che sulla carta sembra il più easy a dare il senso di sconfitta più profondo.
In questo caso la petizione è stata vissuta ‘malamente’ da Vincenzo e gli ha dimostrato che cliccare su «like» su Facebook è rapido ma, spesso, superficiale.
Sara, invece, parla con stile e colore della sua avventura di creativa davanti a un lavoro di routine dimostrando che i giovani di oggi sono nativi auto-produttori. Un tempo si attendeva di essere scoperti dalla grande maison, oggi, invece, si cura in prima persona ogni aspetto, dalla produzione alla distribuzione, dal marketing alla comunicazione. E, se si lavora bene mettendoci la faccia, i risultati, prima o poi, arrivano.
Piero, infine, ha dimostrato che anche i top manager hanno comportamenti irrazionali che possono mettere in ginocchio un intero comparto produttivo, come quello del cartone i cui top player hanno dato vita a danze irrazionali con un risultato loose-loose (al contrario dell’auspitabile win-win).
Aggiungo un quarto elemento: la cena a cui si è aggiunta la storia di Daniele e di Johnny Bruschetta ma questa ve la racconteremo ad una prossima Fuckup Night Firenze.
Che ti devo dire ancora? Forse grazie Vincenzo. Grazie Simona. Grazie Daniela. Grazie Pietro. Grazie Sara. Grazie Piero. È difficile trovare persone così vere, ricche, sincere.

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EPILOGO
Caro Diario, l’epilogo è dedicato alla mia amica Simona De Martino, tu che non si smemorato come me di certo te la ricordi, ti ho raccontato il suo #lavorobenfatto un paio di settimane fa.
Come dici? Perché l’epilogo è dedicato a lei? Perché senza di lei niente di tutto questo che ti ho raccontato sarebbe successo, è stata lei a presentarmi e a mettermi in contatto con Laura De Benedetto, attivando il processo che ha portato Laura a dedicare la giornata al #lavorobenfatto, Daniela a proporre il workshop, Pietro ad accettare di raccontare con me Novelle Artigiane. E non finisce qui, perché in autunno torno a Mosì e facciamo lì una presentazione del mio romanzo con degustazione di pasta e patate – ne ho parlato tanto il 13 senza sapere che a Firenze si conosce poco – e chtarrata con canti popolari finale. Cose serie, cose ben fatte, capisci a me.