Racconta la tua macchina

Caro Diario, oggi chiacchierando in Fondazione Di Vittorio con il mio amico Matteo Bellegoni a un certo punto sono venute fuori un’idea e una possibilità.
L’idea ha come titolo «racconta la tua macchina», nel senso di racconta il rapporto che hai con la macchina con cui lavori, qualunque essa sia, dal computer al trattore, dal tornio all’intelligenza artificiale, dalla scavatrice al robot.
Come dici? Così non si capisce molto bene?
Provo a spiegarmi meglio con alcune delle domande dalle quali vorrei partire:
Cosa ci piace della nostra macchina e cosa invece no? In che misura è lei che pensa e dunque gestisce la relazione e in che misura siamo noi che pensiamo e gestiamo? È lei ad aiutarci nel nostro lavoro o siamo noi ad aiutare lei? Ci sarà un giorno in cui sarà capace di fare anche tutto quello che ancora oggi facciamo noi? Se sì, quanto è vicino? E a quel punto cosa faremo noi? Insomma c’è un modo per cooperare o siamo condannati a scegliere tra Matrix e Zion?
Come vedi c’è una parte che ci chiede di ragionare sul rapporto che abbiamo qui e ora con la nostra macchina, e una parte che ci chiede di essere scrutatori dei segni del tempo, come direbbe Kant, o anche esploratori, come direbbe Eliot.
La possibilità è quella di lavorare a questa attività di ricerca – narrazione guardando alla notte del lavoro narrato del prossimo anno. Penso per esempio al lavoro che si potrebbe continuare a fare nelle scuole, o a quello che ci potrebbero raccontare un bel po’ di belle cape della nostra comunità.
Possono partecipare tutti, senza limiti di età (da 1 a 121 anni), di contenuto (testo, foto, disegno, video, musica, altro) e di media (carta, blog, social, corpo, segnali di fumo, altro). Chi il suo racconto lo vuole pubblicare qui, lo invia a partecipa@lavorobenfatto.org; chi lo vuole pubblicare o lo ha già pubblicato da altre parti ci invia il link, noi lo pubblichiamo e siamo felici lo stesso.
Come dici? Facciamo girare l’idea e vediamo che succede? Sono d’accordo, mi metto subito all’opera.

macchinanova
INTERVENTI
@ Matteo Bellegoni, @ Laura Ressa, @ Laura Bertolini, @ Loris Bertolini

MATTEO BELLEGONI Torna agli interventi
Caro Vincenzo,
ho letto con molto interesse il “frammento sulle macchine di Karl Marx” che mi hai suggerito e, nonostante la difficoltà a scorgere una linearità dei concetti lì espressi, lo trovo di una genialità e attualità straordinarie.
Per me, ateo e di sinistra, confrontarsi con il pensiero di Marx è un po’ come per un cattolico confrontarsi con le parole del Vangelo, tuttavia, cercando di superare ogni timore reverenziale e di evitare di essere banale e scontato, proverò a proporre alcune riflessione personali sul testo.
Il testo ci porta immediatamente a riflettere sullo spostamento di “valore” dalla forza-lavoro alla macchina, determinato dal proprio contenuto scientifico, dalla propria efficienza e capacità produttiva.
Da ciò ne discende una riflessione sull’ “espulsione” del lavoratore dal ciclo produttivo, in quanto l’unico vero compito dell’uomo che ne deriva è quello di “sorvegliare” il “lavoro” della macchina, a tal proposito viene in mente una celebre frase di Warren G. Bennis : “la fabbrica del futuro avrà solo due dipendenti, un uomo e un cane. L’uomo sarà là per dare cibo al cane e il cane per impedire all’uomo di avvicinarsi alle apparecchiature”.
Ma se quanto detto fina a ora è vero, sono vere anche altre due riflessioni, che il plusvalore deriva dall’investimento nella macchina e pertanto nel capitale fisso, ma è altrettanto vero che la macchina dentro di sé ha un “valore sociale” che l’imprenditore sfrutta a “costo zero”, in quanto a carico della collettività, ed è il valore prodotto dall’ “intelligenza collettiva” che ha fatto sì che quella macchina potesse esistere e col tempo essere resa sempre più efficiente e produttiva.
Ma se dunque l’efficienza e la produttività della fabbrica dipendono dai miglioramenti della macchina e se il ruolo dell’operaio è solamente quello di sorvegliare il ciclo produttivo, dal quale lui è esterno, che senso ha misurare la prestazione lavorativa con l’unità di misura del tempo passato in fabbrica?
Ecco dunque la genialità del pensiero di Marx nell’invertire completamente i canoni.
L’unità di misura non dovrebbe essere il tempo di lavoro, ma bensì il tempo “privato”, ovvero il tempo in cui il datore di lavoro sottrae l’uomo alla collettività, impegnandolo nella propria attività privata.
Tutto ciò nel ragionamento di Marx esprime una capacità analitica fuori dal comune, che rende “circolare” il suo pensiero prima della conclusione.
Se è vero che la macchina è frutto di uno sforzo collettivo dell’intera società, dalla scuola alla ricerca, dall’invenzione alla creazione, dalla realizzazione al suo costante miglioramento, “sottrarre” un uomo alla collettività dovrebbe essere il metro di giudizio del suo valore e pertanto della propria remunerazione.
Così facendo si potrebbe avere un ulteriore inversione dei canoni di valore che conclude il suo pensiero, perché non sarebbe più la fabbrica che “produce” la società, ma sarebbe la società che “produce” la fabbrica e pertanto il lavoratore tornerebbe ad essere uomo.

LAURA RESSA Torna agli interventi
Tastiera, mani o esseri umani? La miglior macchina che io conosca vive e respira

LAURA BERTOLINI, Poeta, racconta il trattore e l’azienda agricola di Matteo Romani e Silvia Burgassi
Torna agli interventi
«Caro Vincenzo Moretti, accolgo la tua nuova idea “Racconta la tua macchina” pubblicata sul blog Nòva il Sole24 Ore. Considerando il mio lavoro di poetessa non ho macchine di cui narrarti, fatta eccezione per il computer di cui, sono certa, saranno in molti a parlare. Io ti presento il mio amico Matteo Romani che, insieme a Silvia Burgassi, gestisce l’Azienda agricola Terramare che si trova alla California in Toscana.
Ho sempre avuto una grande stima di questi due ragazzi che, dopo tanti anni di lavoro come animatori di crociera, hanno deciso di tornare a riva e si sono messi a coltivare la terra con passione e dedizione. Pensa, Vincenzo, loro sono gli amici che mi danno il buongiorno per primi perché si devono svegliare prima dell’alba. Silvia e Matteo sono anche i genitori di Leonardo e riescono a gestirsi tra lavoro e famiglia senza mai perdere il sorriso, o cedere alla stanchezza. Per me sono un po’ dei super-eroi! Ho chiesto a Matteo di raccontarmi la sua macchina da lavoro, anzi le sue macchine, dato che ne ha usate diverse durante la sua vita e le conosce tutte bene.»

LORIS BERTOLINI, manutentore dell’ILVA di Piombino in pensione
Torna agli interventi
Caro Vincenzo, in fabbrica il mio lavoro consisteva in manutenzioni periodiche volte al mantenimento e all’efficienza delle macchine Gru, Carriponte ecc., operando nel rispetto delle disposizioni di legge che prevedono l’attenta verifica del loro funzionamento.
Sono certo che la tecnologia moderna arrivi a riparare i guasti attraverso l’uso di robot, dispositivi, computer, ma sarà sempre e comunque la mente umana ad ideare la tecnologia e a costruire i suoi strumenti e quindi essi non potranno mai veramente sostituire l’uomo nel suo lavoro quotidiano.
Può darsi che l’operaio arrivi a non avere più funzioni manuali, ma secondo me una macchina non avrà mai capacità di pensiero e di ragionamento.
Il lavoro tecnologico sarà più produttivo, ma tutto ciò sarà raggiunto solamente se gli uomini lavoreranno fianco a fianco con queste innovazioni.
P. S. di vincenzo
Loris Bertolini è stato raccontato nel corso della quinta edizione della notte del lavoro narrato dalla figlia Laura, poeta, qui.
Laura invece l’ho raccontata e si è raccontata qui.
visone
LEGGI ANCHE
La fabbrica salvata dagli operai, di Andrea Aimar
La fabbrica viva e disseminata, di Daniele Gambetta
Il postcapitalismo secondo Paul Mason, di Christian Dalenz
Frammento sulle macchine, di Karl Marx
Asimov, le macchine che pensano e gli umani che invece no
L’istituzione totale di Goffman e il manicomio a portata di pollice
Quinto, se sei una macchina, non uccidere