Di «e» di «o» e di altre sciocchezze

Caro Diario, non so se te l’ho mai raccontato, ma quando avevo 15-16 anni, insomma poco prima di inciampare nei libri di Marx, Engels e di tutto il mondo che al tempo gli girava intorno, su su fino al Capitale monopolistico di Baran e Sweezy passando per Rosa Luxemburg, Gramsci, Lenin e compagnia cantante, mi era scoppiata forte una passione per le filosofie e le religioni indiane, confesso che un poco si portava, nel senso che era di moda, e però avevo trovato parecchie cose belle, che ne so Autobiografia di uno Yogi di Paramhansa Yogananda, L’avventura di una coscienza di Sri Aurobindo, Antiche come le montagne di Gandhi, che al mio cuore di aspirante ribelle raccontavano mondi e possibilità che mi parevano molto più interessanti del cristianesimo, in particolare dopo aver letto Perché non sono cristiano di Bertrand Russel.
Comunque fu un amore intenso ma breve, molto presto la mia generazione scoprì che c’era il mondo da cambiare, le scuole e le fabbriche da occupare, il socialismo da realizzare, e insomma la mia vita prese altre vie, con i suoi successi e i suoi fallimenti come tutte le vite vere, anche se alla voce fallimenti la lista della mia generazione è tremendamente lunga, ma di questo caso mai ne parliamo un’altra volta.
Tornando al punto, a partire dai 40 anni mi riscoppia l’amore per l’oriente, questa volta però dal versante I Ching, Tao Te Ching, Confucio su su fino a Francois Jullien e ai suoi splendidi lavori – Il saggio è senza idea, Trattato sull’efficacia, Figure dell’Immanenza, Essere o vivere e tutto il resto – sul punto di intersezione tra il pensiero occidentale e quello cinese, l’unico come afferma Jullien veramente al di fuori e altro rispetto all’Occidente.

Come dici amico Diario? Che cosa c’entrano la «e» e la «o» del titolo con tutto questo? C’entrano, e provo a spiegarlo in poche righe anche se non è facile, perché il rischio di apparire banale è grande.
Allora, adesso che di anni ne ho 62 mi sono fatto l’idea che mentre il pensiero occidentale è dominato dalla congiunzione disgiuntiva «o» quello cinese è regolato dalla congiunzione copulativa «e» e che questa, nell’attuale fase dello sviluppo mondiale, è una ragione fondamentale del declino dell’egemonia occidentale, il che, bada bene, non è detto che sia un male, e in ogni caso non lo sto dicendo io qui e ora.

Se ci pensiamo un attimo assieme ci rendiamo conto come dalle nostre parti funzioni tutto con la «o» – Dio o Diavolo, Bene o Male, Giusto o Sbagliato, Terra o Cielo – mentre nel pensiero cinese bene e male, giusto e sbagliato, alto e basso, linea intera e spezzata non solo coesistono, ma sono uno dentro l’altro già a partire dai simboli, come nel Tao, e soprattutto si trasformano continuamente l’uno nell’altro, come nel I Ching.

E così mentre l’Occidente alza muri, la Cina abbatte steccati, mentre l’Occidente conquista, la Cina crea i presupposti, a partire dalla cultura, in Africa e con le due ore di lingua cinese da insegnare ai bambini londinesi in cambio della realizzazione della nuova palestra della scuola.

Naturalmente non penso e non sto sostenendo che non ci sia un volto hard della Cina, sto dicendo però che la loro strategia non è quella di dominare ma quella di permeare, stando fermi affinché ogni cosa accada, che poi è il senso autentico del wu- wei che a noi occidentali piace semplificare nel non – agire. E sto dicendo soprattutto che la forza disgiuntiva della «o» non conosce limiti, può essere riferita ai continenti, alle nazioni, al Nord e al Sud, a una regione e a un paese, a due città nell’ambito della stessa regione, giù giù fino alla strada e al condominio.

Ecco amico Diario, alla fine quello che sto cercando di dire è che un mondo ben fatto, un paese ben fatto e una città ben fatta hanno bisogno di più «e» e di meno «o», di più capacità di accogliere, di ascoltare, di cooperare.
Come dici? Non è facile però così sarebbe più giusto e più bello? Certo che non è facile, però abbiamo qualche possibilità in più se capiamo che conviene. Se insegniamo ai nostri figli e ai nostri nipoti che conviene. Se formiamo e scegliamo le nostre classi dirigenti tra chi pensa che conviene.
Come dici? Così diventa decisamente difficile? Sono d’accordo. Però decisamente difficile non vuol dire impossibile, e poi non è che abbiamo tante altre alternative.

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VOCABOLARIO
E: congiunzione copulativa che serve a congiungere o a coordinare due unità sintattiche congeneri come due nomi, due verbi, due avverbi, due proposizioni.
O: congiunzione disgiuntiva impiegata in forma semplice (prendere o lasciare) o correlativa (o bere o affogare), che rafforza l’opposizione fra i termini della scelta.

MARC-ALAIN OUAKNIN, I MISTERI DELL’ALFABETO, ATLANTE
La E, la lettera He, l’Uomo in preghiera, il Respiro. Valore numerico 5
«Le diverse varianti di questo pittogramma rappresentano tutte un uomo in preghiera, in piedi, seduto o che cammina, con le braccia alzate al cielo.»

La O, la lettera Ayin, l’Occhio. Valore numerico 70
«La sua forma originaria nella scrittura protosinaitica è quella di un occhio. La ayin dà la O passando per la omicron greca.»

LE LETTERINE DELLA PRIMA E, I. C. 63 PORCHIANO BORDIGA
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