Il mio sogno è l’Italia che diventa un Paese nel quale chiunque fa qualcosa, qualunque cosa faccia, cerca di farla bene, con impegno e passione, perché è così che si fa. Penso che un’Italia così sarebbe un sacco più bella, più organizzata, più vivibile, più accogliente, perché se ognuno fa bene quello che deve fare ogni cosa funziona meglio.
Però per favore adesso non mettetevi lì a spiegarmi che non è facile, che nessuno c’è ancora riuscito, che bisogna cambiare la testa delle persone, che ci vuole tempo e altre cose così, che tanto lo so da me, per questo l’ho chiamato sogno.
Detto ciò, che dite se aggiungo che ha ragione Walt Disney, nel senso che «Se puoi sognarlo, puoi farlo.»? Che ha ragione Friedensreich Hundertwasser, nel senso che «Se uno sogna da solo, è solo un sogno. Se molti sognano insieme, è l’inizio di una nuova realtà.»? Che ha ragione Tony D’Amato, nel senso che la vita è fatta di centimetri e che «i centimetri che ci servono sono dappertutto, sono intorno a noi», bisogna «solo» saperli vedere e prendere?
Si, la penso anche io come loro, e agisco di conseguenza, senza provarci, lo faccio e basta, perché in queste faccende qui funziona proprio come dice il Maestro Yoda, «Fare, o non fare! Non c’è provare!». Naturalmente lo faccio nel mio piccolo, ma lo faccio. Lo faccio con il mio lavoro. Lo faccio con le mie storie. Lo faccio raccontando luoghi che hanno tradizioni, esempi, pratiche di lavoro ben fatto allo scopo di consolidare e diffondere questa cultura, questo approccio, questa possibilità, questo impegno. Lo faccio a ogni livello: persone, scuole, associazioni, sindacati, imprese, istituzioni, metteteci voi il resto.
Si, lo faccio proprio così: raccontando le persone e il loro amore per quello che fanno racconto luoghi e possibilità. In alcuni casi – penso a Caselle in Pittari, a Castel San Giorgio, alla Maremma, ai Nebrodi – lo faccio, l’ho fatto, con particolare varietà e ampiezza di casi. Il punto è che non basta più raccontare. C’è bisogno di un salto di fase. Bisogna rendere evidente come e in che senso il lavoro ben fatto può essere il motore del processo di cambiamento culturale e sociale di cui ha bisogno l’Italia e la narrazione – in tutte le forme e i modi possibili – il mezzo per radicare, diffondere, rendere virale questo processo.
Le cose hanno compiutamente senso solo quando le fai, quando impegnano e cambiano concretamente le vite delle persone, delle comunità, delle città. Detto come va detto, da soli non si va da nessuna parte. Bisogna essere in tanti per conquistare i centimetri necessari a trasformare il sogno in realtà. E bisogna individuare uno, due, tre luoghi che facciano da casi di studio, da esempi pilota, da esperienze in grado di attivare processi di isomorfismo e determinare nuove possibilità.
Dato questo contesto, partire da una, due, tre piccole comunità continua a sembrarmi una buona idea, fermo restando che la scelta del «piccolo» non esclude il «grande», che anzi l’obiettivo è proprio quello di fare in modo che la cultura – mi viene da dire il virus – del lavoro ben fatto si propaghi senza eccezioni di sorta, dalle realtà più piccole a quelle più grandi su su su fino alle metropoli.
Si, è giunta l’ora di fare. Cominciando da piccole cose che poi piccole non sono – il cartello all’ingresso del paese con la scritta tipo «Benvenuti a #Cip, Città del lavoro ben fatto»; il coinvolgimento delle scuole di ogni ordine e grado; il racconto delle famiglie e della comunità a partire dal lavoro -.
Fare. Con pazienza e lavoro. Fare. Collegando nodi e reti di persone e strutture, scambiando saperi e buone pratiche. Fare. Tenendo assieme tecnologie, socialità e consapevolezza. Fare. Definendo identità e missione delle persone e dei luoghi. Fare. Connettendo bellezza e lavoro ben fatto.
Fare. Per un Rinascimento che non sia più solo Storia ma anche Futuro.
Nota a margine del 23 Agosto 2016
La presente versione sostituisce quella del Primo di Aprile 2015. In oltre un anno di cammino alcune cose importanti sono cambiate e mi è sembrato utile cogliere il senso di questo cambiamento e condividerlo con le lettrici e i lettori.
vm