La fabbrica del Carnevale

7 Marzo 2019
Caro Diario, ieri Simone Bigongiari mi ha inviato un messaggio e un link.
Nel messaggio ha scritto questo: «Ciao Vincenzo, come stai? Ho visto che vieni a Firenze, peccato che non ce la faccia a venire, mi sarebbe piaciuto rivederti. Ti informo che il carro di Allegrucci, il carrista che hai incontrato te in Cittadella a Viareggio, ha vinto il primo premio: un bellissimo messaggio ecologista che rilegge la fiaba di Biancaneve, non si erano mai visti movimenti così ampi completamente manuali. Un gran bel #lavorobenfatto! Insomma hai portato fortuna».
Il link al video te lo posto qui, così lo guardi, dura un minuto e mezzo e davvero vale la pena.
Come dici amico Diario? Il fatto che io porti fortuna non c’entra niente, è tutto merito della bravura di Allegrucci e del suo team? Certo che sì caro mio, però è inutile che fai tanto il precisino, perché io sono fortunato davvero e adesso se non lo hai fatto ancora leggiti la storia che ho scritto a fine Luglio e poi magari mi dici cosa ne pensi. Alla prossima.

 
Caro Diario, ora tu immagina un bambino che si sveglia e si ritrova con Pinocchio nel paese dei balocchi, o con Peter Pan sull’isola che non c’è. Te lo sei immaginato? Ecco, è proprio così che mi sono sentito io, uguale spiccicato, venerdì scorso alla Cittadella del Carnevale di Viareggio. Cinzia e io ci siamo arrivati grazie a Simone Bigongiari e Chiara Serreli, come ti ho raccontato qui, ma ti assicuro che è stato ancora più bello di come lo avevamo pensato, guarda ti metto una foto che ha fatto Simone, dice più di mille parole, mi puoi vedere con le mani congiunte della serie “mammà che bellezza”.
Proprio così, bellezza amico Diario, perché questa della Cittadella e della Fondazione e del Carnevale di Viareggio è una storia di lavoro di quelle nelle quali il talento incontra l’organizzazione e il territorio e quando accade così le cose funzionano per davvero, non è mica un caso che tu dici Carnevale di Viareggio e le persone sanno di che cosa stai parlando, in qualunque angolo della nostra amata Terra e forse anche più in là, fino all’infinito e oltre.
Jpeg
Come dici amico Diario? Bellezza e lavoro ben fatto e l’Italia va? Se mi stai prendendo in giro non c’è problema, come diceva mio padre “gli sfottuti vanno in Paradiso” e dunque non mi piglio collera. Se invece fai sul serio sono contento, perché funziona proprio così, il lavoro è bellezza, è rispetto di sé e degli altri, è identità, è futuro, è possibilità.
A proposito, prima che me ne scordo fatti dire due cose:
1. a questo racconto hanno contribuito con testi, foto e link – che anche loro sono importanti, sono un po’ i riferimenti bibliografici al tempo di internet – Chiara Serreli, Simone Bigongiari, Cinzia Massa e l’ottimo Andrea Mazzi che ha fatto da cicerone e da padrone di casa;
2. del team hanno fatto parte anche Matteo e Leonardo, di 6 e 4 anni, perciò se tra qualche anno uno dei due o anche tutti e due ce li ritroviamo tra i carristi non sorprenderti più di tanto.

Torno al punto e ti anticipo quella che se questo post fosse scritto da una persona normale potrebbe essere una buona sintesi:
Il Carnevale di Viareggio è lavoro. È bellezza. È identità. È comunità. È talento. È organizzazione. È sistema.
La festa, l’evento, la sfilata dei carri vengono dopo, nel senso che sono il prodotto del lavoro, della bellezza, dell’identità, della comunità, del talento, dell’organizzazione, del sistema culturale e territoriale nel quale tutto questo si colloca.
Risolta quella che per quanto mi riguarda è la sostanza della questione, “il succo” come avrebbe detto mio padre, posso tornare al mio racconto, o meglio al nostro racconto, perché della serie meglio nascere fortunati che ricchi nonostante fosse in corso una riunione noi un cantiere aperto lo abbiamo trovato, quello del Maestro Allegrucci, e anche se Jacopo non c’era per la suddetta riunione c’era suo padre Vittoriano, che da buon viareggino “storico” ha lavorato per 40 anni nel settore della nautica, nel caso specifico come carpentiere. Adesso tu non ti scocciare se ti dico che anche papà mio negli anni in cui lavorava con la Società Meridionale Elettrica era carpentiere, fino alla nascita dell’Enel nel 1962 ha fatto quel lavoro lì, perché a me già questo “mi” ha messo di buon umore. E poi com’è stato bello l’orgoglio del padre che racconta che suo figlio Jacopo ha studiato prima da geometra e poi dopo il diploma si è iscritto all’Accademia delle Belle Arti di Carrara dove si è laureato con 110 e la lode.

Mi devi credere amico Diario, mi sono talmente incantato ad ascoltare Vittoriano che per me era come una musica, ti dico che senza gli appunti che mi ha mandato Chiara e la registrazione che ha fatto Cinzia non avrei saputo raccontarti nulla dato che mentre Vittoriano raccontava io ero felice, e la felicità è fatta così, la puoi soltanto vivere, se ti metti lì a pensare che devi ricordare, prendere appunti, condividere, non è più felicità.
Viva Chiara e viva Cinzia dunque, perché così adesso ti posso dire che Jacopo “la malattia” del Carnevale l’ha contratta che era davvero piccolino, pensa che aveva tre anni – ci ha raccontato il papà – e già chiedeva di visitare i vecchi hangar del Carnevale con i carri in costruzione.
Lo sai come si finisce con queste cose qui, una volta che hai preso il vizio della bellezza e del lavoro ben fatto non la smetti più, e così Jacopo negli anni anni si cimenta prima con le maschere isolate, poi con le mascherate in gruppo, poi con la costruzione del carro piccolo e infine con quella del carro grande, che come mi aveva spiegato Andrea sono le quattro “categorie” nelle quali si cimentano i carristi, come in una sorta di campionato, perché c’è chi sale di categoria e anche chi scende.
Per quanto riguarda Jacopo, la mitica Chiara mi ha mandato il link alla sua storia sul sito della Fondazione, la trovi qui.
Jpeg

Per quanto riguarda invece Andrea ti voglio dire che assieme alle cose belle che mi ha raccontato sulla macchina organizzativa – un esempio per tutti la possibilità che viene data ai carristi di avere a disposizione i fondi e la bottega (hangar) dove lavorano per il carnevale ma anche per altri committenti, come stavano facendo per esempio Michelangelo Francesconi  e il suo collega che vedi nelle foto di cui ti dico tra poco, ragazzi che per ora sono semplici aiutanti ma un giorno chissà – mi ha mandato anche una serie di link che ti giro perché questa storia qui per raccontarla tutta non basta un articolo, ci vuole un libro, e allora è meglio che tu, le nostre lettrici e i nostri lettori, con calma, ti vai a guardare tutto così leggi, approfondisci, guardi foto e video e ti entusiasmi come me, ci scommetto.

“Ciao Vincenzo, ecco un po’ di materiale:
qui trovi la cartella stampa dello scorso anno, che contiene la presentazione dei carri del 2018, ma ci sono notizie interessanti sul mondo del carnevale in generale;
qui una sintesi dei numeri della manifestazione, della sua storia e del lavoro;
qui i progetti dei nuovi spazi museali;
qui qualche informazione sulla carta a calco.”

Come dici amico Diario? Appena finisco corri a vedere tutte queste cose? Conoscendoti, non avevo dubbi, cerco di fare in fretta ma ci sono ancora tre o quattro cose che ti devo dire prima di salutarti:
1. A colazione Cinzia mi aveva detto che le sarebbe piaciuto tornare per il Carnevale e io non l’avevo incoraggiata molto, con l’età sono diventato abbastanza refrattario alle folle, alle attese, alla confusione, mi sono perso concerti rock che quando ero ragazzo facevo il pazzo per andarci, ma questo è. Ebbene, dopo la visita dello scorso Venerdì, ho cambiato idea. No, non sono volubile, è che ho visitato il retrobottega come avrebbe detto il grande Goffman, e la storia adesso è diversa. Sai quando dico ai ragazzi che si devono abituare a pensare che dietro ogni cosa c’è il lavoro e che dunque il lavoro è importante, vale e chi lavora merita rispetto, considerazione, indiendentemente dal lavoro che fa? Ecco, io ho visto un po’ del lavoro che c’è dietro ai carri ed è come l’opera d’arte svelata, adesso è parte di me. Ti dico di più, mi piacerebbe molto vivere il Carnevale su un carro, chiederò a Chiara e Simone a chi bisogna fare domanda. Naturalmente scherzo, non sull’esperienza, che mi piacerebbe davvero, sulla domanda.
2. Ho conosciuto Maria Lina Marcucci, Presidente della Fondazione Carnevale, abbiamo potuto scambiare appena qualche parola, era impegnata nella famosa riunione, però mi ha fatto piacere e te lo volevo dire.
3. Simone oltre a farsi venire l’idea della visita e a presentarmi Archimede, che di lui ti racconto domani, ha fatto un sacco di belle foto che insomma non potendole mettere tutte qui le ho raccolte su una pagina e le puoi vedere qui insieme a quelle di Cinzia e di Chiara.
4. Giuro che non me lo aspettavo, ma a un certo punto ho visto la maschera del mio amico Cofferati e allora ho chiamato Cinzia che era rimasta più indietro e ho cominciato a gridare “vieni Cinzia, vieni, c’è la maschera di Sergio”.
 Come puoi vedere nella foto alla maschera manca un pezzetto all’altezza della barba, che magari uno pensa “gli dò una ritoccata con un programma di grafica” e gli sembra una buona idea. E invece no, perché è da un po’ che un pezzetto di faccia manca anche a me, e penso che manchi a tutte e donne e gli uomini che non vogliono rinunciare a restare umani.
Sì amico Diario, naturalmente è solo un pensiero mio, non c’entra niente il Carnevale e non c’entra niente la Fondazione, però quello che penso io è questo. Che ti devo dire, a me piace la maschera di Lorenzo il Magnifico, con quella di Attila proprio non mi ci vedo. Alla prossima.

Post Scriptum
Simone ha scritto un bellissimo post sulle due giornate che abbiamo trascorso insieme, leggilo, lo trovi sul suo blog, La divina carriera.
cinzia1
GUARDA E LEGGI ANCHE
Il lavoro e le maschere – Tutte le foto
La verità e il lavoro ben fatto a Lido di Camaiore
Il #lavorobenfatto di Vincenzo Moretti – di Simone Bigongiari