Siam molti. Robi Veltroni di più

Napoli, 21 Novembre 2018
Caro Diario, sono trascorsi 3 anni e un po’ da quando ti ho raccontato Robi Veltroni la prima volta, e insomma adesso te lo posso dire, la storia come l’ho raccontata allora mi piace, ma non mi ha mai convinto del tutto, non lo so, è come se ci fosse troppo poco quello che è rispetto a quello que fa, troppo poco Robi rispetto alla Maremma, perché anche se prima lo avevo intuito adesso lo so che lui è “tanti come son io”, proprio come racconta Picasso nella sua meravigliosa poesia.
Sì, amico Diario, Robi è tanti ma tanti Veltroni. C’è il maremmano, arguto, lo scherzo e la battuta sempre pronta, spavaldo, persino un po’ rodomonte, approccio “conquistatore”. C’è il professionista, dirigente, albergatore, “venditore di camere” come gli piace definirsi un po’ per prendersi in giro e un po’ per prenderti in giro, promotore del territorio, ideatore, organizzatore, formatore.
C’è il blogger, comunicatore, visionario, amante dei fatti e dei numeri e nemico dei luoghi comuni, che quando l’onda è bianca lui a costo di sembrare matto sta dalla parte del nero, e viceversa, perché insomma non si accontenta di stare a galla, cerca la profondità, il contraddittorio, persino quando l’hashtag del momento è #destagionalizzare o #blockchain.
C’è il dissacratore, perché per le persone come lui i compartimenti stagni ancora non li hanno inventati e quando sono in troppi a marciare nella stessa direzione è sempre meglio seminare qualche dubbio e provare a guardarla da un’altra angolazione.
Infine – ma infine soltanto perché questo è un post e non un libro – c’è il Veltroni che non ti aspetti, che poi è quello che mi piace di più, il romantico, ai confini con la poesia, quello che ti scrive in chat alle nove meno un quarto di sera, ti chiede se l’hai mai letta la storia del presepe del maestro Ciacci e ti racconta che anche se lui – il maestro Ciacci – non c’è più, avrebbe piacere che tu la leggessi.
Mi devi credere caro Diario, quella che mi ha mandato non è una storia è una merviglia, la devi leggere assolutamente, da raccontare a figli e nipoti quando viene Natale, ti giuro che mi è venuta la tentazione di rubargliela, e lui mi ha anche dato il permesso perché sì, tra i tanti Veltroni quello generoso meriterebbe un articolo a parte, però poi mi sono trattenuto, te ne fccio assaggiare solo un pezzetto, così sono sicuro che lo leggi tutto: «Portammo da casa modellini di camion, le buste piene di animali di plastica che si trovavano a quei tempi nelle mesticherie vicino ai soldatini della Atlantic o dal giornalaio. Disponemmo gli animali nei paesi d’origine – ricordo l’armadillo, che posizionai un po’ troppo a nord nelle americhe e che uno scapaccione del Ciacci aiutò a ricollocare meglio tra Brasile e Argentina – quelli più facili erano i grandi classici africani: leone, zebra, sull’elefante iniziarono le discussioni se posizionarlo in Africa o nelle Indie. E la tigre? Erano i tempi di Sandokan, Janez e la Perla di Labuan che ispirava già noi maschi undicenni.»
No aspetto, ti devo copiare anche il post scriptum: «L’unica traccia che ho trovato di Mario Ciacci online è questa e quando ho letto “amato e stimato profondamente dai suoi alunni, cui seppe infondere l’amore alla conoscenza, il rispetto e la solidarietà vera per gli altri” ho capito che proprio di lui si stava parlando.»
Ecco mio caro Diario, 3 anni ci ho impiegato ma alla fine sono riuscito a raccontarti qualcosa di più su com’è il mio amico Robi Veltroni, così la sua storia mi piace di più, ma non è detto che non ritorno ancora, lui è della serie 100 ne pensa e 101 ne fa perciò resta in campana.
jmo77
Roma, 30 Settebre 2015
Caro Diario, la storia di Robi è un po’ come certi racconti del «mio» Borges, un incrocio di molte storie, che di per sé è il destino di tanti, e però in certe vite assume colori e sfumature particolari. 
Come tanti che racconto non lo conosco ancora di persona, parafrasando Picasso posso dire «lo conoscerò», diciamo che una volta che «ho visto la luce» che non mi accade proprio come ai Blues Brothers  ma quasi, mi sono messo in cerca del suo daimon, del suo codice dell’anima, della sua streppegna.
Vuoi sapere come faccio? Facciamo così, ti racconto come ho fatto questa volta, che con l’esempio concreto viene meglio, è più specifico, si evita di mettere insieme idee generiche e asserti difficili da dimostrare. 
Per cominciare diciamo che all’inizio c’è quasi sempre l’intuito, il sesto senso, come avrebbe detto mio padre «l’uòsemo», che lui non lo sapeva ma deriva dal greco «Osmao», dunque odore, fiuto, anche riferito al cane. Poi nel caso specifico ci sono stati i frammenti e i racconti di un comune amico, Rodolfo Baggio. E poi i commenti che Robi scrive sui social per condividere il senso del #lavorobenfatto. E poi ancora le mail che mi invia, continuando a propormi storie di persone che amano quello che fanno nella «sua» Maremma senza mai parlarmi di se stesso. E poi e poi le mie ricerche sul web. Dopo di che c’è la spinta finale, nel caso specifico rappresentata dalle seguenti righe: «Buongiorno Vincenzo. Vedere la Maremma come una destinazione del #lavorobenfatto è il mio sogno. Cerco di mettere in contatto le persone per bene, quelle che lavorano – come si diceva una volta – a regola d’arte, quelle che hanno voglia di costruire un luogo ideale per far crescere i giovani e dare loro opportunità nel futuro, nel rispetto dell’ambiente e in particolar modo nel rispetto della dignità di chi lavora.» Ecco, adesso che ti ho raccontato come ho fatto mettiamoci al lavoro, che questo è un racconto non un romanzo, e bisogna pure venire al punto.
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Per cominciare è bene che vi dica che Robi è Robi Veltroni – che quando gli chiedo se è Robi o Roberto mi risponde «no, Roberto è il mio babbo, io sono proprio Robi, con la i». «Sono diplomato ragioniere – aggiunge -, consulente di direzione per le aziende dell’ospitalità, formatore. Ho iniziato a lavorare in albergo nel 1977 e ne devo sempre uscire, figlio di un direttore e di una governante. Attualmente sono direttore in un resort in Maremma, ma non vorrei usare questa occasione per fare pubblicità alla struttura. Se vuoi saperne di più su di me a livello professionale ti suggerisco di leggere qui e qui, sono i due post che mi rappresentano meglio.»
Ecco amico Diario, adesso che di Veltroni ne sai un po’ di più direi di passare ai suoi due gioielli, che per fortuna non sono un’esclusiva della madre dei Gracchi: Officina Turistica e Join Maremma Online.
«Officina Turistica è nato nel 2009, l’esigenza era quella di condividere le problematiche che incontravo nel lavoro dell’ospitalità con i colleghi, dato che da metà anni ’90 tutto stava cambiando velocemente, in particolare su internet, e condividere fonti e informazioni era la via più veloce per tenersi aggiornati. Alla fine è diventato un blog multiautore dove chiunque voglia contribuire allo sviluppo consapevole del turismo può scrivere il suo pensiero. I blog sono come i figli, provi ad educarli, ma quasi sempre finiscono per prendere strade che non ti sei minimamente immaginato all’inizio della storia.»
«Nel 2013, dopo aver lavorato per molto tempo all’Isola d’Elba, sono ritornato in Maremma dove ho avuto modo di incontrare molte persone che operano in vari settori ed ho immaginato, insieme ad un gruppo di amici, un momento in cui tutte le tradizioni, le idee innovative, le migliori pratiche venissero condivise. La Maremma è un’area vasta con una bassissima densità di popolazione, creare momenti di condivisione per contribuire all’eccellenza e all’unicità del territorio e alla sua proposta enograstronomica, turistica, agro alimentare e tecnologica è importante. E’ per questo che insieme a coloro che collaborano con Officina Turistica e con i Maremmans abbiamo dato vita a Join Maremma Online, due eventi l’anno (uno si tiene a Grosseto in primavera, l’altro è itinerante per la Maremma e si svolge in autunno). Momenti dove si scoprono buone pratiche italiane e internazionali e che consentono a noi maremmani di confrontarsi con il nuovo, per farlo nostro e per praticarlo nei nostri territori.»

Detto che se non ti basta ancora per saperne di più puoi cliccare qui, vorrei segnalare almeno un po’ delle persone e dei lavori ben fatti che ho conosciuto grazie a lui e alle mail dei suoi amici, perché  è vero che a raccontarle nel modo che piace a me non ce la faccio – ci vorrebbe un libro e non è detto che non ci si possa pensare -, però a ignorarle no, sarebbe un delitto e io sono come l’Antenor di Guccini – Güiraldes, non mi piace uccidere neanche quando ci sono costretto.
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Per cominciare ti presento Mara Funghi: «A diciotto anni ho iniziato a frequentare un laboratorio di ceramica a Sorano, nel quale ho cominciato a lavorare quasi per gioco. Ho avuto così la possibilità di sperimentare le antiche tecniche di cottura dal Bucchero delle mie origini, fino ad arrivare alla tecnica giapponese Raku». Dopo aver girato l’Italia, aver lavorato e insegnato a Venezia e Torino vive quattro anni intensi ad  Amsterdam, dove conosce ceramisti e tecniche nuove e perfeziona il Raku, ma poi rientra in Italia, a Sorano. «Perché ad Amsterdam mi mancavano lo spazio e gli orizzonti per alimentare la mia fantasia.»

Dopo di che dalla ceramica propongo di passare ai prodotti caseari con l’Azienda Agricola Podere Paterno di Monterotondo M.no:  «Immerso nell’Alta Maremma toscana, in una zona collinare ricca di olivi, pascola il nostro gregge il quale ci fornisce un ottimo latte con cui realizziamo un’ampia varietà di formaggi: dai prodotti freschi come rovaggiolo, ricotta, fiocchi di latte, primo sale ai pecorini di diversa stagionatura realizzati anche con lavorazioni particolari come “il vellutato”, “il moro” o il pecorino alle vinacce.»

E poteva mancare il vino? Certo che no. Ed ecco allora Serraiola Wine della famiglia Lenzi, viticoltori in Maremma: «Posta al confine tra le provincie di Grosseto e Livorno in una zona tra le più belle e sconosciute della Maremma Toscana. Si estende su di una superficie di 40 Ha di proprietà della famiglia Lenzi fin dalla fine degli anni ’60. Vengono privilegiate sin dall’inizio le colture viticole e olivicole. »
Che dici caro Diario, dopo aver mangiato e bevuto vogliamo rifare un salto dalle parti dell’artigianato artistico? E allora non vi perdete Guido Ricci Masé che vive e opera a Pitigliano, realizza le sue opere anche con ferro di scarto di attività artigianali e sostiene che il loro contenuto «è frutto di  meditazioni di istanze estetiche apparentemente inconciliabili.» Guido è autore anche di due versioni di Vespa 50 special, una delle quali già esposta al museo della Piaggio a Pontedera.

Dopo di che torniamo alla ceramica con il Mondo Magico di  Francesca Bizzarri e Barbara Contri. Di cosa si tratta? «Di un laboratorio artistico che porta avanti un artigianato personalizzato ed esclusivo, tradizione di un luogo, la Maremma, in cui gli oggetti del passato, d’uso quotidiano, si mescolano alla creatività  delle forme moderne e alle tecniche innovative di lavorazione della ceramica. Le sue creazioni armonizzano tecnica e progettazione con il mondo naturale dal quale trae ispirazione». Le trovate ad Arcidosso e se passate da quelle parti non mancate di far loro visita. A proposito, Francesca è anche una scultrice, questa estate le sue opere sono state in mostra al Castello Aldobrandesco di Arcidosso.

E per finire ti lascio con Chiara Broggio, che si domanda se la storia che sta per raccontare è adatta per il mio blog e poi scrive queste dieci righe: «Mamma Ornella è nata a Orbetello, a due anni la sua famiglia si è trasferita a Desio (MB) per cercare lavoro. Le sue estati le passava a San Donato dalla sua nonna. Tornando a casa a Desio, finite le estati, aveva nostalgia della Maremma e della sua “dolce vita”. In brianza ha vissuta anche della “discriminazione” e non si è mai sentita a casa. Una volta sposata, anche Egidio, il marito, si è innamorato della maremma e si sono ripromessi di tornarci a vivere. Questo loro sogno si è avverato nel 2003 quando si sono trasferiti a Magliano in Toscana. Qui mamma è diventata imprenditrice agricola per potere gestire Poggio Sassineri, l’azienda agricola e l’agriturismo di cui è proprietaria. Ha cambiato la sua vita e, se la si sente parlare, se ne assapora la passione per questa terra e per il suo lavoro.»

Che dici, non vi sembra incantevole? A me si. E sono davvero contento di essere il 27 Ottobre a Gavorrano a raccontare di lavoro ben fatto, che nella nostra comunità i Maremmans penso che ci stiano proprio bene.
Che dici, che sia la volta buona che piantiamo questo cartello con i territori del lavoro ben fatto? Una cosa semplice, basta scriverci solo  «Benvenuti in Maremma, dove chiunque fa qualunque cosa cerca di farla bene». Lo sai, io non è che ci spero, ci lavoro, e prima o dopo ti garantisco che accade, e allora si che mi faccio un selfie. Promesso.