La comunità del #lavorobenfatto

[VERSIONE 13.09.2019]
Caro Diario, ho appena scoperto che una piccola, microscopica blockchain del lavoro ben fatto in qualche modo esisteva già, era nata del Giugno del 2015, avevano “aderito” le persone che vedi alle fine di questo post. Tutto questo nonostante al tempo io neanche sapevo che cosa fosse una blockchain, ci sono voluti ancora due anni e mezzo prima che io scrivessi il post con cui ho lanciato l’idea. Ho scoperto pure un’altra cosa, che se dovessi riscriverlo oggi questo post del 2015 lo riscriverei uguale, così ho deciso di riproportelo, senza bisogno di update, così viene più facile ripensarci su, magari si riesce a connetterlo meglio con tutto quello che è venuto dopo, soprattutto si riesce a fare qualche passo sulla strada che separa il dire dal fare, che è di quello che abbiamo più bisogno. Buona lettura.
giovinotto1

1. Siamo sangue e link. Sono le nostre relazioni, la qualità e la quantità delle nostre connessioni, le persone, le idee, le culture, le differenze che incontriamo sul nostro cammino a dare senso alle nostre vite, a definire la loro qualità, a renderle più degne di essere vissute. Una volta avrei detto con particolare forza al tempo di internet; oggi penso all’importanza delle connessioni nella fisica, nella biologia e nella filosofia e mi dico che è così da sempre, solo che con le conoscenze attuali ne siamo più consapevoli.
In questo mondo fatto di sangue e di link il mio piccolo mattoncino – certo non l’unico, diciamo tra quelli che considero più importanti -, si chiama  #lavorobenfatto.

2. L’idea è semplice, e come molte cose semplici possiede una propria armonia, una sua bellezza: connettere, nel senso letterale di mettere in relazione, le persone che quando fanno una cosa cercano di farla bene, qualunque cosa debbano fare: progettare il ponte di Brooklyn, insegnare in una scuola di periferia, lavare i pavimenti prima di tirare giù la saracinesca del bar. Le persone come mio padre, che il lavoro lo prendeva «di faccia», nel senso che lo faceva con impegno, rigore, passione. Come Paul Jobs, il papà adottivo di Steve, che spiega al figlio che «è importante costruire bene la parte posteriore di armadi e steccati, anche se rimaneva nascosta e nessuno la vedeva». Come Nuto, che ne La luna e i falò di Cesare Pavese ricorda ad Anguilla che «l’ignorante non si conosce mica dal lavoro che fa ma da come lo fa».

3. Ora io lo so che lo sai già ma te lo dico lo stesso amico Diario,  il mio mattoncino senza i tuoi mattoncini e quelli del resto della nostra bella comunità non ha senso, non ci posso costruire niente, né il Millennium Falcon di Han Solo e Chewbecca, né, tantomeno, un mondo un pochino meno ingiusto di quello che abbiamo, e questo sarebbe un  gran peccato, perché le persone che fanno bene quello che devono fare nel nostro Paese sono tante, ma tante tante, tante assai.

4. Come dici? Allora diamoci da fare? Sono d’accordo! Nel mio piccolo in vario modo e con tanta bella gente – te compreso -, sono almeno dieci anni che racconto storie di lavoro ben fatto. E confesso che sono assai contento del salto di qualità che la nascita di questo blog ha determinato dal versante delle mie possibilità/capacità di fare rete. E che quando mi guardo alle spalle sono davvero felice di quello che insieme abbiamo costruito: due hashtag che dicono un mondo, #lavorobenfatto e #lavoronarrato; il manifesto del lavoro narrato; le leggi del lavoro ben fatto; un bel po’ di riflessioni a più teste e più mani sul lavoro, sulle periferie, sull’innovazione, sul futuro, ecc.; un bel po’ di racconti di lavoro; una piccola grande comunità di persone contente di essere per mille ragioni diverse una dall’altra e che però si riconoscono in questa idea, in questa possibilità, in questo modo di essere e di fare, il #lavorobenfatto.

5. Perché ti racconto tutto questo? Perché tutto questo è tanto eppure è ancora poco, di sicura non basta, c’è sempre un altro centimetro da conquistare, e poi un altro ancora, fino a determinare lo switch off, la svolta, il cambio di fase, fino a quando tutto questo non diventa una cultura, un’epica, un approccio, una narrazione condivisa, insomma una comunità.
Sai che c’è? C’è che da grande io non voglio fare il blogger, sogno piuttosto di essere scrittore e se sto qui è perché cerco mattoncini di lavoro ben fatto da mettere assieme al mio per costruire le città e l’Italia del lavoro ben fatto.

6. Come dici? Come si fa? Non lo so, se l’avessi saputo l’avrei già fatto. Però ci penso, leggo e rileggo varie cose – negli ultimi tempi Jullien, Veca, Hillman, Rovelli, Barabasi – e curo i rapporti con le persone per quello che sono, la cosa più importante che esista al mondo.

7. A mio avviso è venuto il momento di connettere le idee e le esperienze con l’organizzazione e i numeri che sono indispensabili per incidere di più, per coinvolgere più strutture e non solo più persone nella nostra comunità, per produrre più cambiamento.
Lo ribadisco, per quello che le mie limitate forze permettono sono disposto a partecipare a incontri, dibattiti, iniziative su questo tema, ma anche in questo caso da solo non vado da nessuna parte, faccio la fine del mattoncino di prima, da solo non serve a niente. Intanto, una cosa che tutti possiamo fare è diffondere e condividere questa idea e chiedere ad altre strutture di aderire.
Un’altra cosa bella della nostra comunità è che non ci sono padroni e copyright, soltanto idee, reputazione e voglia di fare, perciò bisogna che ci diamo una mossa.

Post Scriptum
Dalle queste parti non ci sono iscrizioni, tessere e quote da pagare, chi aderisce dichiara però due cose importanti: la prima è di fare bene il proprio lavoro; la seconda è di rispettare le regole che ci siamo dati. Senza queste cose qui, non ha senso partecipare.
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La comunità del #lavorobenfatto
Tiziano Arrigoni Museo del MAGMA; Gabriele Baroni, Federico Bernini, Rosanna Harper, Luca Limitone e Silvia Trovato Radio Cage; Ileana Bonadies Associazione BLab; Gianni Bombaci Associazione Culturale Secondo Maggio; Osvaldo Cammarota Operatore di Coesione e Sviluppo Territoriale; Alessia Cerantola Radio Bullets; Andrea Danielli Thinklalize; Marco de Carolis Podere L’Olmaia; Luigi De Rosa Libreria L’Indice; Vito De Vita Pizza Art; Piera D’Isanto e Marco Silvi The Sound Pills; Giovanni Di Vito Vitruvio Design; Maria Clara Esposito ALT – Associazione Lettori Torresi; Arsenio Giuliano Associazione MeriDiano; Viviana Graniero e Francesco Caruso Associazione Culturale Moviarte; Michele Kettmaier Media Civici; Andrea Lagomarsini Talent Garden Sarzana; Carmen Legnante Libreria Libri al Sette; Librarsi Semicircolo Ambulante di Lettori; Bento Lukunde Operatore di Sviluppo Territoriale; Luigi Maccaro Exodus Cassino; Gianluca Manca Intertwine; Anna Marrone ReMida Napoli; Rosario Mattera Malazè; Giorgio Mellucci Biblioteca Comunale Sebastiano D’Amato di Sant’Arsenio; Emanuele Notarangelo e Gianluca Mingotto Lives; Roberto Paura Italian Institute for the Future; Margherita Riccio Poggio La Croce; Giuseppe Jepis Rivello InOutLab; Luigi Strino PonyU; Veronica Testa La Cantina 1959; Antonio Tubelli Timpani e Tempura; Giorgio Ventre e Enrico Nardelli Programma il Futuro; Mario Vicidomini Premiato Pastificio Vicidomini ; Ilaria Vitellio MappiNa.
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