Geremia, ingegnere tra Torino, Napoli e Izmit

Caro Diario, Geremia Pepicelli è un ingegnere elettronico napoletano che ha lavorato per circa 30 anni a Torino prima di tornare a Napoli. Fin qui quasi niente di strano, dirai tu, e io convengo, infatti aggiungo soltanto un “purtroppo” e un invito a guardare la bella video intervista realizzata nell’ambito di Le vie del lavoro, attività di narrazione e di inchiesta partecipata promossa da Fondazione Giuseppe Di Vittorio e Fondazione Ahref.

Se però a questo punto aggiungo che dopo un anno e poco più che è tornato a Napoli Geremia si è dato da fare come un pazzo, incurante dei suoi anni e delle sue competenze, per andare a lavorare a Izmit, a 120 km da Istanbul, si proprio lei, la vecchia Costantinopoli, tu che dici, adesso qualcosa di strano c’è?
E invece no, nel senso che “strano” non è la parola giusta, la parola giusta è lavoro, l’idea di lavoro che accomuna Geremia e un numero esagerato di donne e uomini normali che ogni mattina si alzano e cercano di fare bene quello che devono fare – pulire una strada, progettare un ponte, fare un’operazione a cuore aperto, imbiancare una parete -, e non lo fanno per avere un premio o una medaglia, lo fanno perché è così che si fa, a prescindere da quanto costa, persino quando costa tanto rifare la valigia, soprattutto se ci hai messo 30 anni per tornare a casa.
Io penso che sia un po’ una questione di daimon, di ghianda, di codice dell’anima e un po’ una questione di strutture, di istituzioni, di contesto sociale e alla fine quando metto assieme un po’ e un po’ mi convinco che è una questione di cultura, di modo di pensare noi stessi e il nostro Paese.
Sì, è una questione di approccio, di cultura, di switch off dell’Italia verso il lavoro ben fatto, di rimessa in moto del Paese a partire dal valore, dal senso e dal significato del lavoro.
Si può fare, non occorre essere eroi, basta e avanza essere normali, normali come Geremia, che l’origine della sua passione per il lavoro me l’ha raccontata in una lettera così poetica ed efficace che non posso fare a meno di condividerla con te amico Diario.
pepicelli1a«Caro Vincenzo, la poltrona dove dormivo da bambino era di pelle verde e per sostenere la spalliera aveva un meccanismo di legno davvero strano che a me ricordava le zanne di un elefante. Una volta aperta diventava il mio letto, che per quanto fosse piccolo e scomodo era per me il luogo più attraente e rassicurante della terra, perché stava ai piedi del lettone dei miei genitori. Pensa, neanche il primo terremoto della mia vita mi ha turbato più di tanto, perché loro, mamma e papà, erano lì con me.
Sai Vincenzo, nonostante la distanza mi sembra di leggertelo negli occhi lo stupore mentre pensi “ma che c’entra, io gli ho chiesto di raccontare il lavoro di suo padre e lui mi parla del suo letto da bambino?” Invece c’entra, perché tutto è iniziato proprio lì, in quella camera da letto, con mio padre che parlava a telefono e io che pensavo che lui lavorava di notte perché di mestiere combatteva la sfortuna e le cose più sfortunate, tutti i bambini lo sanno, avvengono col buio.

In realtà mio padre era Capo Tecnico delle Ferrovie dello Stato, ed era responsabile degli impianti elettrici del compartimento di Napoli, ma io non avevo ancora 5 anni e nella mia testa di bambino la realtà me la immaginavo attraverso parole come queste:
Pronto, sono Pepicelli, chi parla?! Ueh, Iadicicco, che succede? Ah, ho capito, è saltata la sottostazione di Cancello … Vabbè, quando arriva la squadra chiamatemi. 
A proposito, ma chi è di turno stanotte? Ci sta pure Adiletta? Va bene, allora ci sentiamo dopo.
Pronto, sono Pepicelli. Ciao Adile’, comme stai? … Ma perché, fa freddo là? Ah, sta piovendo. Mi raccomando di aprire il contatore principale prima di entrare in cabina.… No che non penso che sei scemo, ahé, lo so che sai quello che devi fare, però è meglio che lo ripeto e passo per rompiscatole piuttosto che … . Va bene, come sei permaloso Adilé, ci sentiamo dopo.
Pronto, sono Pepicelli, chi parla? Ah, sei sempre tu, e allora? Ma avete provato a reinserire? Fai una cosa, sfiamma l’isolatore del secondario. Ah, ho capito!
Adiletta, mentre io informo l’ingegnere voi chiamate il deposito di Gianturco per chiedere se hanno l’isolatore. Intanto, tenete la cabina fuori linea che poi parlo con gli impianti per alimentare da Formia. Va bene, ci sentiamo domani, che adesso devo pure scrivere il rapporto. No, no, che significa, ci mancherebbe altro! Saluti a casa, buona notte.
Pronto, sono Pepicelli, chi parla?! Ciao Russo, che succede?, tieni ‘na voce strana. Ma tu davvero fai!?! Ma queste so’ cose da pazzi. 
Ma chi è andato? Va bene, richiama tutte le squadre. Ho capito che è notte, ma questa è un’emergenza. Ci sentiamo dopo che devo avvertire il Capo Divisione e il Capo Stazione di Battipaglia. Fai venire subito pure il carrello col cavo. Ho capito, e certo, che ci vuoi fare, devono usare quello a mano, per forza! Ciao, a dopo.
Chiedo scusa Ingegnere, sono Pepicelli, disturbo perché è caduta la linea di alimentazione tra Battipaglia e Sapri e … No no, mi faccia finire, è che sono andati a fare il sopralluogo e hanno constatato che i ladri hanno rubato la linea aerea!
No ingegnere, quelli ci sanno fare: provocano un corto, salta l’automatico, e immediatamente tagliano la linea da una parte e dall’altra e poi … e poi è più facile, anche se ogni tanto qualche povero disgraziato ci rimane appiccicato e lo trovano che non le dico …
Certo, Ingegnere, lo so pure io che sono delinquenti, però sono sempre esseri umani. Comunque stanno portando il cavo di rame nuovo e stimiamo che per le 8 di domani mattina riusciamo a riattivare la linea. 
Certo, ho già avvisato il Capo Stazione di Battipaglia e il Movimento per il servizio di autobus sostitutivo per domani mattina presto. 
Grazie Ingegnere, Ossequi! Buona notte.

Adesso è più chiaro, Vincenzo, perché sono partito dalla poltrona letto? Perché mentre tutti dormivano, mio padre risolveva le sfortune e io avevo il mio primo contatto con il lavoro. 
Non so se è vero che il tempo tende a modificare in positivo i ricordi, so che io i miei non li ho mai associati al fastidio di essere svegliato nel cuore della notte, anzi, ti dico di più, ancora oggi mi trovo a mutuare nel mio lavoro di ingegnere gli stessi schemi comportamentali di mio padre. Sì, faccio come faceva lui, quando c’è un problema, a qualunque ora, si deve risolvere! Buona notte.
Geremia»

Post Scriptum del 14 Luglio 2015
Stasera ho incontrato Geremia, e dopo che abbiamo parlato di quello che dovevamo parlare mi ha detto «Sai Vincenzo, ho cominciato a dipingere, è una cosa che mi rilassa molto, mi riporta ai tempi della scuola media, che io da allora non prendevo più un pennello in mano, e infatti ho ripreso con l’approccio di un ragazzino».
Non so voi che avreste fatto, io mi sono incuriosito, e così ho cominciato a fare domande ed è venuto fuori che la scintilla è sccoccata per caso, a Procida, che c’era un quadro che gli piaceva e allora l’ha fotografato e poi ha chiesto quanto costava e ha scperto che costava troppo rispetto a ciò che era disposto a spendere.
Nei giorni seguenti si è procurato il necessario e si è messo all’opera, dopo di che ha fotografato il suo quadro e l’ha mandato a Francesca, la sua compagna, dicendo che poi il quadro l’aveva comprato.
Volete sapere cosa ha detto Francesca? Quello che avrei detto io, cioè che il quadro era bello ma l’aveva pagato un po’ troppo.
Non so voi che avreste fatto, io ho chiesto a Geremia di mandarmi la foto di questo primo quadro e la foto di quello che gli piace di più, perché lui poi ha coninuato, ha scoperto che questa cosa lo fa stare bene, e non ha mica voglia di fermarsi.
I due quadri sono quelli che potete vedere nelle foto. Perché ve li ho messi qua? Perché mi piace questo fatto che Siam molti, propio come scrive Neruda. E perché le storie che racconto sono storie di persone vere e le persone vere vivono, cambiano, si emozionano, scoprono, insomma sono in continuo movimento, e un po’ di questo loro movimento mi piace condividerlo con voi.
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Post Scriptum del 23 Agosto 2016
Continuo a essere ammaliato dai quadri di Geremia e continua a piacermi l’idea di raccontarlo anche attraverso i suoi quadri, perciò rieccomi qui.
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Post Scriptum del 31 Marzo 2018
Caro Diario, di questo disegno – ritrae il padre di Geremia con un bambino, immagino sia lui – mi sono innamorato appena l’ho visto. In attesa di riprendere il filo del discorso sul Pepicelli ingegnere mi piace continuare a raccontare il Pepicelli artista. Spero piaccia anche a te.
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Post Scriptum del 10 Giugno 2018
Caro Diario, Geremia è anche l’autore delle copertine dei miei racconti, sia quelli usciti in versione singola su Kindle che di Novelle Artigiane, l’edizione cartacea che li raccoglie tutti e tre.
Quello di Novelle Artigiane te lo metto qui, l’avrei sicuramente già visto in formato copertina, ma questo è il dipinto originale, senza le scritte e tutto il resto. Un abbraccione.

Jpeg

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