Munnu era, munnu è | Palio del Grano XX

PALIO DEL GRANO | 20 ANNI DOPO
Il perché di Antonio Pellegrino
Un tuffo nel passato
Mimmo De Martino e Jairo Restrepo Rivera
Stasera si comincia
La presentazione
Sotto la quercia
La preparazione dell’aria, le pietre scivolo e il ponte dei francesi

LA GIORNATA DI IERI

La preparazione dell’area, le pietre scivolo e il ponte dei francesi
Torna al Palio

Cara Irene, anche la terza giornata di attività me la sono fatta raccontare dalla nostra inviata Rosa. Ecco, più o meno, il suo resoconto, spero di essere preciso come lei ma non è facile.
“Allora, per prima cosa buongiorno a tutti. Nella prima parte della giornata abbiamo tagliato il grano, lo abbiamo legato con i zucarieddi e abbiamo preparato l’area per la pisatura dei buoi di domenica dopo il Palio. È venuto pure il TG Estate di 105 TV (il video lo potete vedere cliccando qui, nda). Per preparare l’aria Quaglialatte ha preso un secchio di letame, cacca di mucca, e poi i più piccoli lo hanno gettato sul terreno che era stato bagnato con le mani mentre i più grandi con le scope fatte di erba secca lo hanno, diciamo così, spalmato per bene.”

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Nel pomeriggio invece siamo andati alle pietre scivolo e al ponte dei francesi, che passa sopra a un fiume.
Durante la passeggiata Antonio ci ha raccontate leggende e ci ha spiegato i fiori e la natura, poi siamo scesi a vedere l’arco del ponte, abbiamo presi i girini che poi li abbiamo liberati e anche dei piccoli ranocchietti. Ci ha parlato anche della pianta che si chiama tagliamani. A Caselle ce n’è ancora tanto sul sentiero per San Michele. Praticamente serviva, serve ancora visto che c’è, per legare l’erba, però se si stringe troppo la mano e si tira troppo forte ovviamente ci si pò tagliare, per questo si chiama così. E ci ha detto anche delle cose sulle pietre che scivolano.”
Credo che anche per oggi sia tutto cara Irene, anzi no, ho ancora tre piccole cose da aggiungere.
La prima è che durante la mia chiacchierata con Rosa in Jepis Bottega erano con noi anche Michele e Antonietta.
La seconda è che Michele ha detto che hanno visto anch due serpenti, uno più piccolo nero nel fiume e uno più grande su un albero.
La terza che Antonietta ha detto che a lei questa esperienza sta piacendo tanto perché lei ama la natura.
Ecco, direi che adesso è davvero tutto, a domani.

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LE GIORNATE PRECEDENTI

Il perché di Antonio Pellegrino
Torna al Palio

Cara Irene, sabato scorso un bel gruppo di belle persone ci siamo viste/i nel campo del palio del grano, all’ombra delle querce, per condividere qualche cosa buona da mangiare e qualche cosa buona da pensare. Buon cibo e buoni pensieri dunque, anche se la mano sul fuoco la posso mettere sul cibo, sui pensieri no, non fosse altro perché alla voce pensieri ho contribuito pure io e già questo suggerisce di essere cauti in proposito. In ogni caso, alla fine dei miei pensieri sgangherati ho fatto questa domanda: “ma perché si fa il Palio del Grano?” Ovviamente è una domanda a cui potevamo e possiamo rispondere tutte/i, anzi sarebbe bello che in tante/i lo facessimo, però oggi mi ha risposto chi mi doveva rispondere, Antonio “Quaglialatte” Pellegrino, e io ho pensato non solo di condividere con te, le nostre lettrici e i nostri lettori la sua risposta, ma di aprire proprio con la sua risposta il mio racconto della ventesima edizione del Palio del Grano. Sì, hai capito bene amica mia, è un racconto che ci accompagnerà fino al 21 luglio e oltre. Buona lettura.

Antonio “Quaglialatte” Pellegrino
Buongiorno Vincenzo, a domanda risposta, io l’ho scritta per te, ma tu naturalmente fanne ciò che vuoi.
Il palio si fa perché a un tempo un luogo e a un luogo il grano.
Poi ci sono le formiche che smontano le spighe per farne riserva di cibo, poi ci sono i cinghiali che ne fanno distruzione pro tempore in nome dell’abbandono, poi ancora quelli che volano, ed è una fortuna che non tutti gli uccelli conoscono il grano. Infine c’è il bipede affannato, quello che semina il grano, quello che lo vede seminare, quello che manco sa che si semina il grano e quello che all’occorrenza ogni buco è trincea. Per ultimo c’è la memoria, che poi sarebbe per primo, il Palio si fa per memoria, per la memoria di ieri ieri, ed anche per quella di ieri e di oggi.
Dovessi scegliere un palo e un luogo dove piantarlo per farne casa, sceglierei la memoria del pane, la memoria del tempo, la memoria del luogo.
Poi l’orchestra suona sgangherata? Beh, qua musici lo siamo tutti, ma tutti tutti, perché la memoria è collettiva più di ogni quadro dirigente, e ogni singolo bit accende e spegne, accorda e stona, a seconda delle opinioni e degli s-partiti, purtroppo aggiungerei, volendo caricare di responsabilità la tendenza diffusa all’opinionismo estatico, ossia alla parola senza via.
Questo il punto, la memoria è un esercizio di pressione sul reale, sul comunitario, e non può essere assoggettata a fronde meta-psicologiche, appartenenze diluite, delazioni emotive, estraniazioni del pensiero, non cura. In questo facciamo l’esercizio della storia, che è vera solo per chi ci è stato e ci sarà, che imbriglia più di ogni rete, ma che in realtà è una sorta di processo di sedimentazione proprio della memoria, che come un flusso intrecciato di ragnatele sovrapposte, ingarbuglia ogni cosa del reale vissuto, per farne deposito mnemonico, ovvero quella specie di traduzione organica di quello che poi diventa la nostra mente collettiva.
Quindi: tempo, luogo, grano, ed esercizio di memoria.
Questo è per me, e fatta eccezione per le mie oggettive responsabilità in tutte le direzioni possibili, mi sento un’anima popolare che cura un’idea. Non lo faccio per soldi, al di là di quanto invece viene fatto trapelare in quelle ragnatele di cui dicevo, non lo faccio per fama, altrimenti avrei fatto il personaggio sui social, non lo faccio per scienza, altrimenti stavo all’università e non sotto il sole come stamattina, con la disperazione nel cuore per girare i campi e sperare di trovarli integri, ed infine non lo faccio per tutti quei banali motivi per cui a turno ogni opinionista del caso, sputa ingiuria piuttosto che partecipazione.
Mi sento di curare un idea e di farlo in una verve popolare, e come me, tante persone lo fanno e lo hanno fatto, e ci saranno anche tante persone che lo faranno dopo di noi.
Io qua arrivo, ma so pure che l’orizzonte è tanto oltre u Turni Iurici ed è pure tanto oltre Faroggia, quindi il tempo e la pressione fanno la differenza sempre, in ogni scelta, in ogni direzione.
Rinnovarsi è sempre un bene quando non ci si prende in giro, quando si ragiona e si partecipa, anzi, è sempre un bene capire pure per chi si parteggia in quel gioco delle ragnatele per fare la storia. Così appare tutto una trappola, ed in realtà è sempre tutto una trappola nel mondo delle apparenze e delle opinioni, la caverna oggi è arredata alla velocità della luce e confortata da algoritmi customizzati, io invece sono qui, ad otto minuti dal focolare vitale, sotto i fotoni che irradiano il campo, fotoni sopra, chicchi sotto, infinità di energie, e una speranza di pane, del nostro pane e di tutti quelli che vorranno condividerlo.
Il pane mi da la certezza di una qualche verità, ecco perché contesto le opinioni di chi non mangia il suo pane. Vorrei di più per tutti, e so che servono testa, mani e cuore, come dici tu, che sembrano non esserci. Io non è che aspetto, il mio lo faccio, poi serve altro e lo so, serve sempre altro, quindi altro!
Dove sono ora, è nel grano per la festa, il campo è qui quasi pronto alla falce, c’è poca zizzania nata nel grano quest’anno, forse è un segno di auspicio ai 20 anni, alla cura e alla partecipazione, ad una qualche rigenerazione, e chissà che non prevarrà la regola dell’indigeno, ma di questa ne parliamo un’altra volta.
Chi voli faci, chi nun voli manna, chi scugnuri scangia; chi vuole fa, chi non vuole manda, chi scombina scambia.

Grafica e illustrazioni di Maria Tortorella

Un tuffo nel passato
Torna al Palio

Cara Irene ci siamo, domenica si comincia e ti prometto che cercherò di raccontarti il più possibile.
Per prima cosa, ecco il programma della ventesima edizione:

Seconda cosa, magari te ne sei accorta e magari no, ma io la domenica del palio mi trasformo, peggio del dottor Jekyll e del signor Hyde, divento il capo ultras del Rione Taverna e non capisco più niente.
Non mi credi? Guardati questo video pubblicato da Jepis sui social un po’ di anni fa.


 

Mimmo De Martino e Jairo Restrepo Rivera
Torna al Palio

Cara Irene, che cos’è il Palio del Grano lo capisci anche dall’impatto che ha avuto sulla vita e le possibilità delle persone. Ieri ho pubblicato la bella storia in cui Mimmo De Martino racconta del Palio e dell’incnntro con Jairo Restrepo Rivera. Se non lo hai fatto ancora, ti consiglio di leggerla.

Stasera si comincia
Torna al Palio

Cara Irene stasera si comincia, appuntamento all’Urmo alle 21:30, con la presentazione dei Rioni che anche quest’anno saranno protagonisti del Palio. Penso che ritorno domani per le foto e il racconto, per adesso ti lascio con la locandina che ho preso in prestito dalla pagina social del Palio.

La presentazione
Torna al Palio

Cara Irene, come previsto quella di ieri è stata una gran bella serata, piena piena di ricordi e di futuro, per prima cosa goditi un po’ di foto, le più belle le ha fatte il mio amico Ciro Varone.

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Dopo di che non ti perdere per nessuna ragione al mondo il video del primo palio del grano, quello del 2005, perché anche se è vero che tu non hai la fortuna di avere di fianco Giuseppe che ti dice questo è Antonio Croccia o questo è Giovanni Fiscina o questa è Antonella Ragone che allatta il figliolo, sarai di certo felice di goderti la storia, il significato, il senso di futuro che trasuda da ogni suo fotogramma. Buona visione.

 

Sotto la quercia
Torna al Palio

Cara Irene, ieri pomeriggio sono sceso al campo del palio del grano e mi sono fatto raccontare dalle giovani e dai giovani partecipanti (fino a 10 – 11 anni, i primi 3 giorni di palio sono dedicati a loro) un po’ delle cose che hanno fatto nei primi due giorni.
Ho parlato con Rosa, Nicola, Anthony, Annalia e Carlo che mi hanno raccontato un bel po’ di cose che hanno fatto e poi anche con Antonio Pellegrino e Maria Tortorella, ma di loro ti dico dopo.

Ho cominciato con Rosa, che in questi primi giorni è un po’ la mia inviata al palio. Come mi aspettavo, il suo resoconto è stato preciso e dettagliato, provo a riassumerlo così:
“Nella mattinata di ieri e di oggi noi che abbiamo 9 – 10 anni, più Michele e Domenico, che sono più piccoli, questa mattina, abbiamo mietuto, raggruppato il grano, legato le gregne (il grano mietuto) con i fili.
Nella prima mattinata c’è stato tanto caldo, nella seconda è andata meglio, appena finito di mietere è uscito un bel venticello e ci siamo un po’ rinfrescati. Tra l’altro ieri la fontana non andava, oggi per fortuna sì, delle volte non va, ma può capitare.
Nel pomeriggio di ieri i più grandi hanno messo i fili per delimitare il campo.
Oggi a un certo punto Carmine Torre ha portato il gelato quindi abbiamo mangiato un bel gelato alla ricotta di capra del caseificio Mezzapelle di Angelo e Pasquale.
Oggi pomeriggio disegneremo, però per adesso non so bene che cosa di preciso, possiamo magari risentirci dopo o domani.”

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Dopo Rosa è stato il turno di Nicola, che mi ha raccontato che hanno imparato a mietere e pure ad allaccciare. E poi ha aggiunto che non hanno solo lavorato ma sono anche andati sull’altalena e si sono riposati. E che questa esperienza gli sta piacendo perché sta imparando a mietere e non l’aveva mai fatto prima.

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Quando è toccato ad Anthony, dopo avermi ripetuto che hanno iniziato a capire come mietere il grano ha aggiunto che poi è arrivato cumpà Peppe (Giuseppe Salamone detto Jascin, il maestro della terra che sta con loro insieme ad Antonio Pellegrino, Laura Sini, Michele Granato e altre/i) e gli ha dato questi ditali per non tagliarsi e hanno iniziato. Oggi hanno finito di mietere il grano che era rimasto, non tutto perché altrimenti non sarebbe rimasto niente per il resto della settimana. Nelle due mattinate hanno fatto anche dei giri sulla penangola (l’altalena) attaccata al ramo della quercia e poi Antonio ha raccontato delle storie di paura che però sono state molto belle.
Antonhy ha concluso così: “Mi sta piacendo molto, direi che da ieri a oggi ho già fatto un bel passo. Ho iniziato a usare meglio la falce perché prima avevo paura di tagliarmi, invece adesso ho capito che se la sai usare bene non ti tagli”. Ecco, questa è una cosa che devo raccontare anche alla maestra Irene, Anthony ha 9 anni e la sua consapevolezza dell’importanza di usare bene le tecnologie (perché sì, anche la falce è una tecnologia) fa ben sprerare per il futuro.

Le mie brevi interviste si sono concluse con Annalia e Carlo, sorella e fratello. Annalia ha cominciato con voce scintillante e mi ha detto che lei è arrivata un poco tardi, che all’inizio è andata sull’altalena e poi quando hanno portato il gelato lo ha mangiato ed era proprio buono. Dopo di che ha aggiunto che Quaglialatte (Antonio Pellegrino) ha raccontato la storia dei quattro tesori di Caselle e naturalmente le ho chiesto di raccontarla anche a me.
“Allora, ti dico il primo tesoro come lo dovevi prendere, dovevi andare davanti alla chiesa di San Rocco, dovevi battezzare un caprone e uccidere una donan incinta. Se facevi queste cose arrivava il tesoro.”
Ti confesso, cara Irene, che ho pensato che la piccola Annalia (7 anni) era stata impressionata dalle storie di paura, come le aveva definite Anthony, di Quaglialatte, e avesse un po’ confuso le cose, ma naturalmente sono andato avanti, chiedendole degli altri tre tesori, e lei mi ha risposto che non se li ricordava, ed è stato lì che si è infilato magistralmente il fratello Carlo (6 anni) con il suo “ma come, il serpente.”
Te lo dico amica mia, io l’ho trattato come tutti gli altri e ho chiesto anche a lui cosa aveva fatto nel corso della mattinata, ma lui niente, fermo, con piglio da uomo maturo, è partito con “Allora, niente, il secondo tesoro era che quando andavi in una grotta di una Madonna, trovavi un serpente molto molto grande, si doveva arricciare sul tuo corpo e se dicevi mamma mia aiutami, Madonna mia aiutami non usciva il tesoro, mentre se invece non lo dicevi usciva.”

Non lo so tu che avresti fatto dopo i racconti di Annalia e Carlo amica mia, io ho chiamato Antonio Quaglialatte Pellegrino e gli ho chiesto di raccontarmi per bene la storia dei quattro tesori di Caselle. Leggi qui che mi ha detto:
“Le attività di questa mattina, sempre legate solo alle ragazzine e ai ragazzini, oltre all’attività di staglio e di preparazione delle piste, hanno fatto scuola con Giuseppe Salamone, abbiamo fatto “Cunta che ti passa”, in pratica abbiamo ripercorso le ultime 12 edizioni del campo di grano insieme a una serie di leggende legate a Caselle e tra queste quella dei quattro tesori. In pratica un trasferimento della conoscenza e della sapienza dell’attività del Palio del Grano non solo attraverso la pratica ma anche attraverso la parola.
La leggenda della chiesa di San Rocco è quella più strana e stravagante, ha a che vedere con qualche cosa di esoterico perché devi battezzare un caprone e fare un sacrilegio estremo, quello di ammazzare una donna incinta e ti appare un tinello pieno d’oro davanti alla chiesa. E questo è uno.
Il secondo prevede che dopo aver sognato per tre notti la Madonna devi andare in una grotta sopra la pineta dove incontri un serpente. Questo serpente ti deve passare sopra il corpo e tu non devi mai dire mamma mia o Madonna mia aiutami. Se riesci a non dirlo ti appare questo tesoro.
Il terzo si riferisce alla torretta della famiglia Orlando e dice che devi buttare una pietra da sopra la montagna se questa pietra finisce sull’uscio cade la torretta ed esce il tesoro.
Il quarto è che ci sono 100 monacelli attaccati con le catene davanti alla rupe, l’inghiottitoio del Bussento, che pure custodiscono un tesoro.
Ah, poi c’è il tesoro di San michele, che non è fatto di oro e di argento come questi quattro e dice che devi entrare nella grotta zitto zitto e sentire il fiume. La leggenda vuole che solo i puri di cuore sentono questo fiume e se lo sentono trovano un tesoro che, come ti dicevo, non è fatto di oro o argento ma di conoscenza.”

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Fosse stato vivo mio padre avrebbe detto “‘e capito niente, Annalia e Carlo?”. Già, io pensavo che si erano impressionati e loro invece mi avevano raccontato perfettamente i primi due miracoli. Chiedo pubblicamente scusa a loro e a tutte le bimbe e i bimbi del mondo, tiene ragione il Piccolo Principe, “I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.”

L’ultima chiacchierata l’ho fatta con Maria Tortorella, che ha guidato insieme a Laura Sini le bambine e i bambini nelle attività pomeridiane. Un poco la conoscevo già, un poco di più l’ho conosciuto nei 3 minuti in cui abbiamo parlato, siamo rimasti che a settembre mi viene a trovare, questa ragazza ha tante cose da raccontare, e mi piacerebbe assai che fossi io a farlo.

“Vincenzo io lavoro, tra virgolette, nel senso che studio ancora, con il visivo, l’illustrazione, la grafica. Disegno, sto davanti al computer e altre cose così. Oltre a questo mi sto dedicando all’orto con mio padre e mia sorella, faccio marmellate, faccio le conserve, impasto con il lievito madre e la nostra farina. Insomma nella mia vita ci sono tante altre cose insieme alla mia professione tra virgolette.
Ho conosciuto Antonio Pellegrino qualche hanno fa, dopo un documentario di cui ho fatto le illustrazioni a “La terra mi tiene”, e poi venni a trovarlo e lì è iniziata la nostra amicizia e collaborazione.
A proposito, non ti ho detto ancora che mi piace tanto lavorare con i bambini, mi piace tanto perché soprattutto i più piccoli sono liberi e libere di pensare, di acquisire e di darti informazioni e conoscenze. Non hanno limiti, barriere, confini stretti come noi e si modellano anche in base a quello che tu proponi, trovo molto bella questa cosa. C’è uno scambio reciproco molto forte.
Per quanto riguarda oggi proveremo a rappresentare i 20 anni del palio. Chiederemo a loro che cos’è il palio, cosa pensano che sia e proveremo a tradurlo visivamente. Questi disegni poi confluiranno in una piccola produzione che si chiama “Quaderni meridionali” e diventerà un foglio A4 piegato, un piccolo inserto, in questa pubblicazione.”

Cara Irene ti lascio con alcuni scatti del mitico Gaetano Barbella, così ne approfitto per dirti che tutte le foto della giornata sono tratta dal sito social del Palio del Grano, dove insieme a queste ne puoi trovare tante altre bellissime.

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