Cristina, Lisboa n° 5 e la smisurata miss

Caro Diario, oggi ti voglio raccontare di Cristina Morra, una ragazza di 27 anni che nell’autunno del 2017 ha frequentato il corso di Comunicazione e Cultura Digitale, Scienze della Comunicazione, all’Università Suor Orsola Benincasa, l’anno del Piccolo Principe. Che la tipa fosse di quelle/i in gamba era evidente, sveglia, mai banale, spesso controcorrente, giocatrice di rugby – Amatori Napoli Rugby, quest’anno la squadra femminile fa la Coppa Italia -, creativa, del resto per rendersene conto bastava anche solo quello che ha scritto quando con Maria D’Ambrosio abbiamo chiesto ad Aula O che cosa avessero mangiato se fossero state/i il boa: «Se fossi il boa de Il Piccolo Principe mi mangerei il digitale, per attenderti nel suono delle lancette, riconoscerti nel profumo della carta calda, scoprirti nelle esitazioni della tua grafia».
Come dici caro Diario? Niente male per una studentessa di Comunicazione? Te l’ho detto, è una in gamba. Finito il corso, fatto l’esame, ognuno preso dai suoi impicci, ho continuato a seguirla di tanto in tanto sui social, e così un giorno di inizio Febbraio ho letto questo:

Smisurata miss
(Settembre 2018)
A parte che da dove le sfornano a ‘ste caine con le gambe due rette parallele che non si incontrano mai, mentre tu ti abboffi di borotalco per sopravvivere ad una vita di foruncoli, quando il pantaloncino di jeans sta come un’anestesia come un’abitudine alle tue cosce che viaggiano in direzione ostinata e contraria.
E lei, la miss con le gambe a tarallo, con la sua vita senza sudorazione e senza piaghe, risponde che la vera bellezza sta nei valori, valori che Ella coltiva perché mai uno stress, mai un palo, mai una cacata di piccione tra i capelli durante la foto dell’annuario con la 5B fuori al cortile.
Inoltre, alla domanda “Qual é l’ultimo libro che hai letto?”, la ragazza risponde “I promessi sposi”, che con tutto il bene, o la bacchettona si é diplomata yesterday e ha fatto la tesina su don Abbondio, oppure io boh.
Neanche con le bacchettate sulle mani, mandata da mamma al doposcuola da Enzo e Assunta, che puzzavano di creolina e ti offrivano i biscotti dalla scatola blu dei biscotti danesi, dove mia nonna teneva il cotone, me li sono mai imparati.
L’unica cosa che mi ricordavo era che il prete era un pesce preso con la botta, che l’Innominato era un demone e che i bravi si chiamavano bravi ma in realtà erano cattivi, perché a Manzoni gli garbava così.
Quell’altra, miss pure lei, ‘pe se mettere ‘a copp’, ha risposto che il suo libro sul comodino era “il piccolo principe”, che gliel’ha suggerito il piccolo Pupo dalla giuria.
Io il comodino non ce l’ho, ma quel libricino là, me lo sono letto pure io e mi ha salvato dal mio percorso di comune donna meridionale, quando lo stacco di coscia ti manca da una vita
e scopri che l’essenziale è invisibile agli occhi e allora prima o poi qualcuno ti amerà per il fuoco che c’hai dentro e non per quello che, lungo lo scivolo della vita, ti si è inchiommato tra i quadricipiti invadenti e camminando, taci.

Ora lo so che me ne dovevo accorgere che questo qui era un post che raccontava il talento e non la frustrazione, per quanto ironica e/o persino inconsapevole, e invece no, e così ho scritto un commento da vecchio e affettuoso prof., una cosa tipo “tu sei una ragazza straordinaria ecc. ecc.”, che poi lei mi ha ringraziato pure, perché è educata, ma chissà nella ‘capa’ sua cosa avrà pensato.
Oggi per fortuna no, oggi quando ho letto Lisboa N° 5 mi sono detto Viciè, ma ‘sta guagliona tiene talento overo, io la devo raccontare, anche se in realtà pure oggi un mezzo abbaglio l’ho preso, perché le ho scritto di mandarmi anche le altre quattro parti di Lisboa e lei mi ha risposto “Ciao Prof., Lisboa N° 5 sta ironicamente per Chanel N°5 (il profumo), perché è una mini descrizione attraverso gli odori del viaggio fatto dal 27 Febbraio al 5 Marzo, quindi non ci sono cinque parti”.
È inutile che ridacchi caro Diario, piuttosto leggi:

Lisboa n° 5
Ore cinque e cinquanta: l’inizio del nostro viaggio porta il nome di Benito, che per dieci euro respira contento l’alba del corso Malta dalla sua Fiat seicento blu e ci accompagna a passo d’uomo all’aeroporto di Napoli.
Noi per 10 euro, verso corso Malta, fiutiamo la sua vita indietro di qualche doccia, ma l’alba è bella anche ai nostri occhi, se tratteniamo il respiro.
Nella fiattaxi non autorizzata, la mia compagna di viaggio Nicoletta ha scelto di sedersi sui sedili posteriori insieme alle valigie ed io, a quel punto, ho fatto conoscenza con il nostro nuovo amico.
Dopo una partenza che sa di sudore e di illegalità, la nostra conversazione resta un mistero per entrambi, ma una volta arrivati a Capodichino, ci siamo stretti la mano sorridendo, ormai sciolti da quella chiacchierata d’obbligo.
Obrigada, Arrivederci.
Lasciato Benito alle spalle, abbiamo fatto il nostro ingresso tamarro nell’aeroporto di Napoli.
Foto col tabellone, foto sulle scale mobili, io sulla valigia, Nicoletta sulla valigia, la valigia sul tapis roulant, e il dubbio grande per i panini di mamma, che avremmo dovuto mangiare in un arco di tempo che andava dalle 6 meno cinque alle sei e un quarto e che hanno fatto allarmare la zia Silvana al metal detector che ce li ha portati via senza pietà.
Eppure il prosciutto era quello buono, senza polifosfati.
E insomma dopo l’allarme terrorismo per colpa di un paio di marenne (merende), finalmente siamo salite sull’aereo.
Salve, good morning, benvenuto a bordo.
Le hostess Patrizia, Annalisa e Filippo saranno a vostra completa disposizione.
Bugia: Patrizia, Annalisa e Filippo ti passeranno accanto nei loro completi blu brutto, con quei profumi floreali che sanno di reception.
Ti stresseranno, ti sfotteranno con il loro inglese al citofono, sbiascicheranno come tu bambina il giorno della poesia di Pasqua in inglese, che nessuno dei parenti ti capiva e tutti ti applaudivano perché pensavano al profumo del casatiello nel forno.
Indosseranno i giubbotti on the right e on the left e faranno la coreografia di Maria De Filippi quando si era messa in testa di ballare e tu non saprai mai davvero come salvarti.
Filippo, Annalisa e Patrizia rideranno di te, ti verranno a svegliare con il carrello per farti togliere il piede 46 da mezzo al corridoio, ti venderanno l’anima e ti obbligheranno a tentare la fortuna per beneficenza, ma quando avrai davvero bisogno di aiuto, loro si inventeranno una turbolenza e spariranno nel nulla a contare i tuoi spicci.
Mi siedo quindi nel posto assegnatomi dal caso e dalla povertà: fila 13 posto C; e mentre il comandante mister Gaetano ci augura cieli immensi e immenso amore, io, ‘na vutata e ‘na girata, senza neanche accorgermene, sto tenendo la mano sudaticcia di tale Gianluca aspirante cantante, che dopo avermi buttato dentro a quell’imbarazzante sostegno morale, si sentirà in diritto di potermi raccontare tutta la sua vita fatta di bivi, ed io, Enrico Ruggeri e le hostess desaparecidas.
Enjoy your flight.
E siccome la donna è un animale che si aggrappa alla vita, io, sopravvissuta a quell’incontro, finalmente mi trovavo ‘nterra Lisbona come solo un vero turista napoletano sa, insieme a Nicoletta che già stava piena di Instagram e maraviglia.
Una volta lì, abbiamo raggiunto la terza protagonista, Cicero improvvisato di questo travel, Serenella, e mentre gli innamorati a Napoli passavano le loro sere sopra Posillipo con le parmigiane sopra lo stomaco, noi trascorrevamo i nostri giorni portoghesi sopra ai miradouri, rallegrate dalla sangria e scamazzate dalle salite.
Eau di bacalhau, torre di Belém, tanfo di pasteis sognando sfogliatelle.
Dos Geronimos, ingresso vecchia, 15 euro; Fernando Pessoa, le parole sono importanti.
Cecità, livraria, salsichao, ‘a continha por favor.
Sintra come Milano.
Cascais, dalla Gaiola all’oceano.
Samba, fotografie ed in mano una scatola di sardine, tutto quel che mi resta.
Non so orientarmi in altro modo, se non attraverso gli olezzi di gente, di strada, di gente di strada.
Il naso mi riporta sempre a casa.
– Manchi da una settimana, fa ‘nu café. –
Obrigada.

Ecco amico Diario, questo è il racconto di Cristina, che a fine anno si laurea alla triennale, perché prima era iscritta a Lettere Moderne, e come capita alle persone nel mondo vero si era un po’ persa, mi ha detto che lo lo sport l’ha aiutata moltissimo a capire cosa voleva veramente e io le credo, perché lo sport davvero aiuta, in particolare quando non girano troppi soldi, o non ne girano affatto come nel caso del rugby.
Per ora mi fermo qui e ti saluto, però conto di continuare a pubblicare le cose belle che scrive e che fa Cristina, potrebbe essere persino uno dei nuovi format di #lavorobenfatto, come sai vado in cerca di nuove idee e questa di raccontare le/i ragazze/i attraverso quello che fanno potrebbe essere una bella possibilità.

morra2