Cara Irene, sono 5-6 anni che Cinzia e io trascorriamo le vacanze d’agosto al Lido Smeraldo, e direi che già questo suggerisce qualcosa di significativo.
Va bene, lo ammetto, il fatto che Policastro sia il posto più vicino a Cip è il massimo per la mia prigrizia; e poi subito a sinistra del Lido Smeraldo, guardando il mare, c’è il Lido Caselle, che in realtà è il nome che ho dato alla spiaggia libera frequentata da un sacco di nostre amiche, e amici, casellesi; e poi ad Agosto ci sono molte buone ragioni per stare lontani da Palinuro e Marina di Camerota; e poi Mario, il responsabile di sala, che si districa tra richieste e tavoli come Gustavo Thoeni alle Olimpiadi di Sapporo; e poi la cuoca, Velia, è di Caselle; e poi e poi. Però comunque noi ci andiamo spesso anche a Giugno e a Luglio, e poi su quel tratto di litoranea ci sono tanti lidi, se siamo diventati clienti così fedeli e affezionati è perché ci troviamo veramente bene.
Questioni di gentilezza, di disponibilità, di qualità, anche di prezzo. E poi di forza e di unità. Della famiglia Vita. A cominciare dal più piccolo, Antonio, che tiene 18 anni ed è il figlio di Simona, l’ultima dei quattro figli di Ciccio e Maria, perciò all’anagrafe lui non è un Vita ma un Bifano, però gli dovresti guardare gli occhi quando dice che “sai quante volte mi ripeto che è una fortuna avere un nonno come lui” e poi ti racconta che quando si è fatto il primo percing nonna Maria non è stata proprio contenta e poi è arrivato lui, nonno Ciccio, che ha guardato la moglie negli occhi e le ha detto “perché, tu non ti colori i capelli?”.
Prima di Simona sono arrivati Lia, Annarita, che è l’unica che non lavora al Lido, fa la poliziotta e vive a Roma, e Mariano. E poi c’è lui, il capostipite, Francesco Michelangelo Vita, per tutti Ciccio, 87 anni, la vita negli occhi e la verità nel cuore, lo trovi ogni giorno al Lido al suo posto di combattimento a fianco dei figli.
L’idea di raccontare la sua storia e quella del Lido Smeraldo mi è venuta i primi giorni di questo torrido Agosto, glielo ho detto, lui mi ha risposto di sì, però poi non è stato facile per niente, gli sono stato appresso più di 20 giorni,però l’importante è che ci sono riuscito, ieri, nel prato, registratore accesso e lui che raccontava.
Prima di cominciare ti devo dire ancora una cosa cara Irene, spero di non fare un guaio, ma una delle prime volte che lo abbiamo visto con Cinzia indossava un paio di occhiali scuri che lo rendevano in qualche modo somigliante a Kuiil, un bellissimo personaggio della prima serie di Mandalorian a cui siamo molto affezionati, e già questo ce lo aveva reso simpatico, la scoperta della sua simpatia, della sua umanità e della sua filosofia di vita le abbiamo scoperte mano mano, e come vedrai è stata una gran bella scoperta.
“Comincio dal principio, dai miei genitori. Tenevano il carretto con i cavalli e andavano a vendere a Sala Consilina. Portavano della roba da Policastro e tornavano con altre cose da Sala, abitavamo a Santa Marina. Siccome quando tornavano da Sala Consilina era complicato fare con il carretto i 7 chilometri di salitaa per arrivare a casa, comprarono un pezzo di terra qui a Policastro per fare una stalla dove facevano dormire i cavalli.
Per quanto riguarda me nella mia vita ho lavorato sempre.
Quando andavo a scuola, facevo le elementari, una volta la maestra chiamò mia madre e le disse ‘Giulia, ma com’è che il pomeriggio tuo figlio, Ciccio, lo vedo in mezzo alla strada? Gli altri tuo figlio non li ho mai visti per strada’. Tornata a casa lei pensò ‘Ah, così è?’, lo disse a mio padre e dopo due giorni papà comprò una mucca e il pomeriggio, quando uscivo da scuola, dovevo portare a pascolare la mucca. Arrivavo fino al fiume e quando rientravo doveva essere pure bella sazia, altrimenti erano problemi, diciamo così.
Dopo la quinta elementare mi mandarono a scuola, a Sapri. Allora c’era una scuola media a vocazione professionale, mi piaceva, ci ero affezionato, mi sono messo a studiare, però il primo anno mi hanno bocciato. Non avevo il coraggio di dire vicino a papà, a mamma, voglio continuare ad andare a scuola, e allora cominciai a lavorare la campagna.
Un giorno lavoravamo nel nostro orto, mio padre da un lato, mio fratello dall’altro e io al centro. Mio padre vedeva che io stentavo, non ero bravo e svelto come loro, e allora mi disse ‘Ciccio, ma vuoi andare un’altra volta a scuola?’ e io risposi subito ‘Si papà, voglio tornare a scuola!’.
Guardate, mi viene da piangere, perché lui mi disse ‘Butta la zappa’ e mi trovò un prete per farmi un po’ di doposcuola, dopo di che ricominciai dal primo anno. Le materie mi piacevano e mi presi la licenza media di avviamento, anche se all’orale andavo bene e allo scritto non tanto. Ricordo che una professoressa di Napoli, Giuliana si chiamava, credo, diceva che la mia situazione la rattristava. Vi garantisco che mi impegnavo tanto, però con lo scritto non riuscivo a fare i passi avanti necessari. Con l’orale sì, perché io le cose le capivo e le studiavo, per questo poi sono stato promosso tutti e tre gli anni.
Ancora oggi devo ringranziare mio padre e mio fratello che mi fecero fare quei tre anni di scuola, nella mia vita sono stati molto importanti, le carte me le sono viste sempre tutte io, ancora oggi me le vedo io. Se non avessi fatto quella scuola non sarebbe stato possibile.
Veniamo così al 1962. Mi trovavo a Salerno, sul lungomare, e a un certo punto mi fermai a guardare un piccolo lido, un chioschetto, con 10 cabine da una parte e 10 dall’altra. Non mi fermai molto, ma quei pochi minuti mi fecero venire la voglia, e mi chiesi ‘ma perché una cosa così non la possiamo inventare, realizzare, a Policastro?’.
Tornai a casa e iniziai a fare le pratiche e a chiedere i permessi.
È cominciato tutto così, la mia passione nasce da questo, potrei dire che ci sono nato, anche se nella mia vita ho fatto anche altri lavori. All’inizio avevo una piccola macchina con cui facevo blocchi di cemento, poi sono uscite altre macchine che non erano alla mia portata, non avevo spazio, persone, ecc., e così ho cominciato a gestire una pompa di benzina. Anche in questo caso ho smesso dopo qualche anno, a me non piaceva, a Mariano neanche, e quindi l’ho tolta. Quando cominciai a montare il lido (all’inizio non stava qui dove sta adesso, ma un poco più avanti, dove ora c’è il porto), tutti mi chiamavano pazzo, dicevano ‘Ciccio Vita va a buttare i soldi a mare’. In un certo senso avevano anche ragione, non era mica come adesso, non c’era tutto questo movimento, ricordo che le donne venivano a mare con la sottoveste e come ombrellone quasi tutti utilizzavano l’ombrello invernale, quello che comunemente usiamo per la pioggia.
Tutti insomma mi sconsigliavano e mi demoralizzavano, ma io ci ho pensato su per un poco e poi mi sono detto ‘non voglio stare a sentire nessuno, vado per la mia strada’, e così feci.
Abbiamo iniziato con un chiosco quattro per quattro con cinque cabine a destra e cinque a sinistra che mi costò un milione di lire. Dopo un poco, visto che il posto piaceva e la gente cominciava a venire, aumentai di altre cinque cabine a destra e altre cinque a sinistra, e siamo andati avanti così per una decina di anni, fino a che, durante i lavori per la costruzione del porto, ci fu uno smottamento e crollò tutto.
Com’era giusto ebbi qualche cosa di risarcimento e reinvestii quei soldi facendo un altro locale più bello, senza più le cabine, perché cominciava a non esserci più tanta richiesta.
Dopo di che ci sono state varie vicissitudini burocratriche che non sempre hanno aiutato come succede spesso con la burocrazia, ma questo ormai ce l’abbiamo alle spalle ed è inutile tornarci su, il Lido Smeraldo è la bella realtà che vedete (il nome lo ha scelto mia moglie Maria) ed è solo questo quello che conta.
Cerchiamo di migliorare anno dopo anno. Avevamo gli ombrelloni quelli gialli e li abbiamo cambiati tutti con questi bianchi, che sono più belli e freschi. Abbiamo realizzato questo prato che curiamo noi, che non è facile tenerlo così, si chiama gramignone il prato così. Nel tempo abbiamo aggiunto agli ombrelloni anche qualche gazebo, e poi gli ombrelloni grandi anche qui in giardino. Pure a giugno e a luglio, quando c’è disponibilità vicino al mare, le persone ci dicono ‘vogliamo il giardino, vogliamo il giardino’.
Per essere proprio perfetti bisognerebbe ampliare la cucina e aumentare il numero dei servizi, speriamo di riuscirci quanto prima, ma comunque anche così non facciamo brutte figure.
Non lo dico per vantarmi, ma dato che tra le cose che faccio pulisco i piatti prima che vengono messi a lavare, non torna niente indietro, e se non torna niente indietro vuol dire che le persone sono contente di quello che mangiano. E quando devono essere pieni i tavoli come sapete sono tutti pieni, e non facile, ve lo dico io, non è per niente facile. Veramente, non lo dico per vantarmi, ma ho alcuni gattini e con quello che torna indietro non riesco a fare neanche il mangiare per loro. E quando raramente, molto raramente, torna indietro qualche cosa, vado subito a chiedere cosa è successo. È una bella soddisfazione, mi dovete credere, perché vuol dire che tutti sono contenti. Detto questo, rimane il fatto che la cucina è quella che è, un po’ piccola.
Poi ci sta il discorso dei prezzi, li fa Mariano, lui ha più esperienza su questo genere di cose. Noi abbiamo cercato sempre di mantenerli giusti. Offrire un piatto buono a un prezzo giusto, è questa la nostra linea, un buon rapporto qualità prezzo, non è che il margine sia un granché ma noi ci andiamo bene, va bene così. E non si lamenta nessuno dei prezzi, non ho sentito nessuno che dice questo è caro, questo non va bene e altre cose così.
Mia figlia Lia, la prima, mi ha seguito subito. Io ci tenevo a farle trovare un posto di lavoro più stabile, lei ci sarebbe riuscita sicuramente, ma non c’è stato verso, ha voluto stare sempre con me. Lei quando non lavora qui sta a casa con me e la mamma.
Mariano si è diplomato, è andato un anno all’università e poi se n’è venuto, dicendo che non voleva studiare più e che voleva lavorare insieme a me. Gliel’ ho spiegato in tutti i modi che è duro fare quello che faccio io, ma anche lui non ha voluto sentire ragioni. I primi anni quando finivamo qui se ne andava a lavorare a Roma, nel settore della ristorazione, adesso no, mi aiuta nella campagna, si occupa di altre cose di famiglia, si fa qualche viaggio, che pure quello ci vuole.
Simona è laureata in giurispudenza, si è sposata e tiene tre figli, tiene l’appartamento per conto suo sopra a dove stiamo noi e ha scelto di dedicarsi alla famiglia. Quando si è laureata per due anni le ho fatto l’abbonamento alla Gazzetta Ufficiale, speravo sempre che facesse un concorso e prendeva un posto, e invece ha voluto anche lei fare una scelta diversa. Qui al lido sta in cucina, arrivano le comande e lei le distribuisce, è il perno della cucina, coordina le diverse attività
Fatemi dire che mio figlio e le mie figlie sono dei grandi lavoratori, fanno mille cose, stanno qui dalla mattina presto e la sera prima delle dieci non tornano a casa.
Per quanto riguarda me la mattina mi alzo verso le 5:00, vengo qui e faccio lavori vari fino alle 5:30, dopo di che ho quattro solchi di pomodori e quattro di melenzane e me li vado a sistemare e faccio le 6:00. A quel punto torno qua, apro tutto e alle 6:30 metto nel forno i cornetti. Alle 7:00 arriva Lia, apre le serrande e comincia anche lei a lavorare. Dopo di che io sistemo tutte le sedie qua, quando viene Mariano va a fare la spesa con il pesce e la frutta (fino all’anno scorso la facevo io la spesa, adesso la fa lui, mi ha voluto rispiarmare questa fatica), dopo di che mette gli ombrelloni e io lo aiuto. Poi lui telefona al macellaio e io gli vado a pigliare la carne, dopo di che il mio compito finisce e me ne vado a casa a riposare, perché mi devo riposare, fino alle 11:00, poi mangio, ritorno qua e mi guardo le granite e le cremolate, e anche qui nessuno si lamenta. Per quanto riguarda i fichi che vi piacciono tanto, mio nipote dice che li mangiate quasi ogni giorno, li prendo tutti locali, quando li prendo da altri posti la cremolata non viene bene uguale.
Poi aiuto in cucina, faccio quello che serve, la sera aiuto a pulire, insomma dò una mano ai miei figli, come un bravo padre deve fare.
Non voglio vantarmi, ma tutte le persone che lavorano qua mi voglione bene, per alcune di loro sono come un padre, le tengo sempre vicine, ogni tanto mi danno un bacetto, mi tengono proprio come un padre. Loro sono brave, però pure io sono bravo.
Come dite? Che cos’è il lavoro? Il lavoro per me è una meraviglia, la cosa più bella. Alla fine sono più di 70 anni che lavoro. Non potrei stare fermo. Il lavoro mi piace. E guardate che non sono i figli, a partire da Mariano quando più lavoro mi possono levare di mano me lo tolgono, se fosse per loro non dovei fare niente. Sono io che mi sento di aiutarli, lo faccio con piacere, mi fa sentire vivo. Come ho detto prima per me è questo che un bravo padre deve fare.”
Ecco cara Irene, questa è la storia che mi ha raccontato Ciccio Vita, spero tanto che ti sia piaciuta, se vieni a Caselle te lo faccio conoscere, merita veramente.
Cosa aggiungere ancora? Forse tre cose, una dal lato dei miei amici Nicola Lettieri e Katia Tessitore, una dal lato mio e di Cinzia e una dal lato di Ciccio.
Quella dal lato di Nicola e di Katia è che durante l’intervista sono stati presenti anche loro e gli è piaciuto assai ascoltare Ciccio che raccontava la sua storia.
Quella dal lato mio e di Cinzia è che pure noi cerchiamo sempre il prato, è una delizia.
Quella dal lato di Ciccio ce l’ha raccontata quando avevo già spento il computer, mi ha detto che in seguito a un incidente automobilistico e al conseguente ricovero ospedaliero, non guidava lui, hanno scoperto che aveva problemi seri a un rene e glielo hanno dovuto togliere. Dopo di che ha sorriso, ci ha detto che si era preoccupato e che però i medici lo avevano rassicurato dicendogli che anche con un rene solo si può vivere 100 anni. Dopo di che ha stretto gli occhi e ha aggiunto che è come un’automobile che cammina con tre candele invece di quattro.
“Puoi fare tutto, però ci devi stare attento.”