Papà, ma perché non hai fatto l’influencer? Come dici? Come mi viene? Sì, qui il calore è tanto, ma non c’entra niente, è che ormai quando si parla di lavoro siamo alla fiera della banalità.
Togli amore e metti lavoro e funziona come nella canzone di Pino Daniele, “ma che parlamme a fà, sempe de stessi cose”: chi dice che “il lavoro c’è e le persone non hanno voglia di lavorare” e chi dice che “il lavoro non c’è e ti vogliono solamente sfruttare, a volte anche solo per qualche mese all’anno”.
Papà, ti ricordi come dicevi tu?
“Guagliò, ricordati, se vuoi risolvere una questione la devi prendere dalla testa non dai piedi”.
“Guagliò, tieni a mente, nella vita c’è quello che viene prima e quello che viene dopo, se i problemi non li affronti nell’ordine giusto ti trovi nei guai”.
Il problema è che tu sei stato prima muratore e poi operaio elettrico, perché se invece avessi fatto l’influencer ci saremmo risparmiati un sacco di chiacchiere inutili.
Ti tengo davanti agli occhi mentre condividi con i tuoi 40 milioni di follower messaggi come questi:
“Il lavoro è importante, vale;”
“Il lavoro va preso di faccia;”
“Fare bene le cose è bello, ha senso, è giusto, è possibile e soprattutto conviene;”
“Una vita senza lavoro è una vita senza significato, pure se tieni i soldi;”
“Quando fai bene quello che devi fare, qualunque cosa devi fare, la sera, quando metti la testa sul cuscino, sei contento;”
“Si lavora o per bisogno o per motivazione, altrimenti non ha senso.”
Dopo di che sarebbero arrivati a centinaia e anche a migliaia i commenti dei “dotti e sapienti”, come li chiamava Gaetano, per spiegare, loro a noi, che non è un caso che sono sempre di più i lavori fatti solo dagli extracomunitari.
Pensa che potere che avresti avuto, mannaggia la capa (testa) tua, e invece tu non hai fatto l’influencer e io con il libro che ho scritto con l’aiuto tuo e di Luca, Il lavoro ben fatto, faccio quello che posso, che per me è tanto, e però è sempre poco.
Come dici? Per fare quello che dici tu bisogna cambiare la cultura e il mondo? Sono d’accordo con te, è proprio questo quello che dobbiamo fare: partire dalle fondamenta e ridare valore e senso al lavoro, con tutto quello che ne consegue alle voci riconoscimento sociale, economico, ecc. Tutto il resto viene dopo, proprio come dicevi tu.