Caro Diario, Alfonso Tepedino è stato con Nunzio Marciano, Alessandra Romano e Giuseppe Jepis Rivello mio compagno di bottega durante alcuni giorni del Camp e del Palio del Grano 2019.
Come dici? Perché ho deciso di raccontare propio lui? Per via del bar.
Come? Quale bar? Questo te lo dico tra poco, e te lo faccio vedere pure, che poi il bar c’entra solo in parte, così come c’entrano l’educazione e il rigore di questo “ragazzo” di 31 anni di Buonabitacolo che sembra uscito da una pellicola neorealista, una di quelle persone che parla poco e fa bene quello che deve fare, senza fare una piega, persino se mentre ti sta riprendendo gli spruzzi addosso tre pomodori pelati come ho fatto io durante la giornata in cui abbiamo impastato la Pizza di Nonna Franceschina.
Te lo posso dire amico Diario? Come carattere Alfonso mi ricorda mia madre: riservato, gentile, educato, però anche preciso, attento, affidabile, determinato, sembra stare sempre mezzo passo indietro anche quando sta mezzo passo avanti, anche un passo intero. Non so come dire, non è solo perché di ragazzi riservati, gentili, educati, precisi, attenti, affidabili e determinati ce ne sono ma non è che sono poi così abbondanti, è anche perché quelli che conosco io sono quasi tutti riservati, gentili, educati, precisi, attenti, affidabili e determinati urbani, mentre Alfonso contadino, forse è per questo che come carattere mi ricorda mamma, e pure perché di suo non è che sia questo grandissimo chiacchierone.
“Che ti devo dire Vincenzo”, esordisce, “ho cominciato a lavorare che avevo 15 anni, la domenica e i giorni festivi. Aiutavo al distributore di benzina di mia zia a Padula, il resto della settimana avevo la scuola, anche se il mio rapporto con i libri non è mai stato entusiasmante, studiavo quel tanto che bastava per non essere bocciato, anche se a pensarci adesso anche il liceo scientifico è stato importante per la mia formazione.
Fino al diploma è andata avanti così, con il lavoro si cresce e si imparano tante cose, dopo di che mi sono iscritto all’università a Siena, alla Facoltà di Economia. La mia vita da universitario durata un solo anno, te l’ho detto, la mia strada non l’avrei trovata nello studio, avrei sprecato solo soldi e tempo, dunque me ne sono tornato a Buonabitacolo e ho cominciato a lavorare sul serio.
Era la primavera del 2009. La sera sono tornato a fare il benzinaio, durante il giorno mi sono inventato falegname, ero libero solo il sabato pomeriggio, non era facile, ma neanche impossibile.”
Siamo seduti al bar per mangiare un dolcino e prendere un caffè, oggi tra una cosa e l’altra non abbiamo fatto in tempo a mangiare, ma per quello non c’è problema, né io né Alfonso siamo a rischio deperimento organico e poi la sera ci rifaremo con gli interessi dal mitico Michele Croccia.
No, non è per quello che lo vedo scurirsi, c’è qualche cosa che mi vuole dire e non mi vuole dire, io come faccio in questi casi lo invito a fidarsi di me e che non faccio lo psicanalista, lo faccio sorridere quando aggiungo che tra le fortune di essere un narratore e non un giornalista c’è il fatto di non dover fare nessuno scoop, a me interessa raccontare la sua storia umana, il suo rapporto con il suo lavoro, niente di meno, niente di più.
Proprio così amico Diario, a questo punto Alfonso mi guarda e mi dice piano che non aveva ancora 12 anni quando la vita lo ha messo di fronte a un’esperienza che lo ha segnato nel profondo, “Vincenzo, ho potuto capire che ci sono tante persone che davvero sono state sfortunate che meritano molto di più, valgono molto di più, delle cosiddette persone normali, e questo mi ha insegnato a essere ancora più disponibile con gli altri, perché sembra banale ma ti assicuro che non lo è, c’è sempre qualcuno che sta peggio di noi, in ogni caso per quanto mi riguarda aiutare gli altri mi appaga tantissimo”.
“Penso di capirti amico mio”, lo interrompo, “la vita ti leva e ti dà. Io correvo già per i 60 anni quando ho perso mio fratello Gaetano, per me, mia sorella Nunzia e mio fratello Antonio è stata durissima, nostra madre ci è morta un paio di anni dopo, insomma a volte o capisci o capisci, un po’ come direbbe Amerigo Ormea, il protagonista de La giornata di uno scrutatore di Italo Calvino”.
“Mi piace Vincenzo, la vita ti prende e ti dà”, mi fa a questo punto. “Non ti ho detto ancora che sono vivo quasi per miracolo, è successo 3 anni fa, durante quello che doveva un piccolo intervento di routine. Dal piccolo intervento di routine vengo fuori con una emorragia interna, i dottori non se ne accorgono, credo che e spero che per dove era avvenuta non se ne potessero accorgere, ricordo solo come in un incubo che nella stanza 517, io che non sono molto propenso a lamentarmi per il dolore, mi sentivo gonfissimo e chiedevo aiuto a mia madre che era con me.
Non so quante ore passarono prima dell’intervento d’urgenza che mi dovettero fare, però ti assicuro che a me sembrò un eternità. Mi sono risvegliato con una strana busta attaccata sul fianco destro e con l’effetto della morfina che non mi faceva sentire quasi niente. Per far si che la parte operata guarisse mi avevano dovuto tagliare tra la pancia e il fianco e tirar fuori una parte di intestino. Si chiama ileostomia, prima di allora non sapevo neanche cosa fosse, dopo è stata un’altra esperienza che mi ha aperto gli occhi, che mi ha segnato dentro, nel più profondo dell’animo. Perché funziona così Vincenzo, una cosa è sapere che prima o poi devi morire, quello lo sappiamo tutti, e una cosa è capire che si può morire, sono due cose diverse”.
“Come dice Morpheus a Neo in Matrix una cosa è conoscere la via e una cosa è percorrerla”.
“Esatto, capire come l’ho capito io che si può morire ti cambia la vita. Senza dimenticare i danni collaterali: i dolori all’addome che non ti fanno alzare dal letto, il fatto che devi chiedere un favore alle persone che hai intorno persino per farti prendere una cosa, per non parlare delle volte che ti sporchi e ti senti quasi un essere inutile. Vincenzo, lo puoi scrivere che sono molto grato ai miei genitori e alla mia fidanzata? Penso di non averli mai ringraziati come meritano di persona. E un grazie speciale va a Daniela, la mia fidanzata, perché i genitori sono i genitori, si buttano nel fuoco per i figli, ma lei nel 2016 aveva solo 19 anni e si è comportata davvero come una grande donna, però che dici se adesso torniamo a parlare di lavoro?”
“Dico che va bene”.
“Perfetto, lasciata l’università ho iniziato a fare il rappresentante di sanitari con Giovanni, padre di un caro amico. Anche se è stata una parentesi breve, è stata molto costruttiva, mi ha insegnato che le cose esposte, che si vedono, sono mezze vendute.
Per quasi un anno assieme al rappresentante facevo il falegname con mio zio, dopo di che è arrivato il famoso bar che ti ha colpito così tanto.”
“Sono napoletano Alfonso, alla parola bar tengo associata la parola caffè, non so se mi spiego. E poi il barista fotografo videomaker ancora non ce l’ho nei miei racconti.”
“E adesso invece ce l’hai. Sono stati 8 anni e mezzo di palestra di vita, un’esperienza distruttiva e costruttiva allo stesso tempo. Mi ha aiutato a capire le cose in un secondo, a essere veloce con il pensiero prima e con le mani poi. Vincenzo, ci sarebbero da dire un sacco di cose, ma un sacco di cose veramente. Se avessi avuto la lucidità e la volontà di scrivere un libro su tutte le cose che ho visto e sentito, ci sarebbe voluta una pubblicazione a fascicoli in edicola, e questo è”.
“Ma come e questo è! Ci sarebbe voluta la pubblicazione a fascicoli e a me non racconti niente?”
“Non è che non ti racconto niente, è che io con le parole non sono bravo come te. Comunque te lo ripeto, è stato un rapporto di odio amore, già nel 2015 ho fatto un tentativo di staccarmi, ho lavorato per 3 mesi in Inghilterra, a Nottingham, in un ristorante dove un mio amico di Buonabitacolo è general manager. Vincenzo, sono stato lì soltanto tre mesi ma è stata un’esperienza che mi ha insegnato davvero tantissimo, mi ha aperto a un modo totalmente differente di vedere le cose. Sì, direi che è stata una esperienza esplosiva, ho cambiato radicalmente il mio modo di pensare e di guardare il mondo.
Comunque tornando al bar una cosa per te ce l’ho, un video, mi rappresenta molto, si intitola Addio Bar Casale, nella didascalia ho scritto ‘Ci sarebbero molte parole da dire ma l’unica è grazie. Grazie a tutti quelli che mi hanno insegnato quanto sia difficile la vita, ma soprattutto grazie a tutti quelli che mi hanno insegnato quanto sia bella”.
Secondo me il video dice mole cose, comunque facciamo così, tu lo guardi e poi midici cosa ne pensi.”
“La via che mi sono scelto per il mio futuro è quella che mi ha portato all’incontro con Jepis, all’incontro con te, all’incontro con Cip. È la mia via, mi dà il modo di raccontare le cose secondo il mio punto di vista e cambia insieme a me, si evolve e si sviluppa con me, e poi è una via che non invecchia, non ha età, non ti dà confini, se avrò la forza e la capacità di percorrerla posso arrivare dove voglio io. Però adesso non dire che ti ho detto poco, se volevo dire tanto facevo lo scrittore come te, magari pubblica qualche mia foto, metti il link alla mia pagina Instagram, insomma vedi tu, mò è inutile che mi spremi, quello che avevo da dirti te l’ho detto”.
“Non correre Alfonso, che ancora non abbiamo finito, per esempio non mi ha detto nulla su quello che ti piace e quello che invece no”.
“Hai ragione, me ne ero scordato, questo è giusto, fa parte del programma.”
“Porta rispetto e non sfottere!”
“E chi sta sfottendo prof.
Allora, non mi piace chi ti dà fretta inutilmente, perché stai in coda con l’auto e suona non è che l’ingorgo si libera prima. Non mi piace chi vede le cose in un solo modo, chi si ferma alla superficie, chi non analizza le cose, chi non scende in profondità almeno un po’. Ho avuto la fortuna di incontrare tantissime persone nella mia vita, e ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa, mi ha fatto capire qualcosa, mi ha insegnato qualcosa.
Ah, odio stare al centro dell’attenzione.
“Questo si era capito. E invece alla voce mi piace?”
“Giovanni Lindo Ferretti, membro fondatore dei CCCP, gruppo punk anni 80, ha scritto questo in una sua canzone: È una questione di qualità o una formalità, non ricordo più bene. Ecco, per me la vita è, dovrebbe essere una questione di qualità, perché la quantità non ti aiuta ad andare oltre le apparenze, che purtroppo hanno invaso il modo di essere e di pensare.
Un altra cosa che mi piace è lo Ska, un genere musicale che pochi conoscono, lo ascolto da sempre, mi mette allegria, gioia, e molte volte va in profondità.
Mi piace mangiare con la forchetta della mia nonna paterna, quando sto a casa uso sempre quella, mi aiuta a restare connesso alle mie radici.
Mi piace il caffè anche se purtroppo non lo posso più bere, mi abbassa il ferro.
Mi piace ogni tanto isolarmi e sentire me stesso, ascoltare la mia anima.
Mi piace anche dedicarmi un po’ di tempo, per quello che posso, per troppi anni il l lavoro ha occupato praticamente tutto il mio tempo.
Mi piace il rispetto verso gli altri, verso chi sta lavorando, verso chi mi rispetta, per me è fondamentale, ognuno di noi combatte le sue battaglie e dare e avere rispetto aiuta molto.
Infine mi piace moltissimo confrontarmi con gli altri e cercare di capire il loro punto di vista. Il confronto per me è la base per poter affrontare qualsiasi cosa, dall’amicizia al lavoro. Che dici Vincenzo, abbiamo finito?”
“Yes, abbiamo finito, pago io il caffè per la faticata che ti ho fatto fare”.
“Per me va bene tutto, però adesso sei tu che sfotti.”