Lorenzo e la ricerca della bellezza

Caro Diario, Lorenzo Canova l’ho conosciuto due giorni fa alla stazione Termini, il mio amico Antonio Pezzano mi ha detto «Vincenzo, ti presento il mio capo, è un sociologo come te» e già il modo in cui Lorenzo gli ha risposto «dai Antonio, cosa vuol dire capo» mi ha detto un mondo, perché sai alla mia età uno lo capisce quando una cosa è detta per falsa modestia, quando per imbarazzo e quando perché sei tu.
Abbiamo fatto il viaggio da Roma ad Albinia assieme, con lui che ha lavorato per la maggior parte del tempo e io e Antonio che un poco abbiamo lavorato e molto di più abbiamo chiacchierato. La sera, a cena, di nuovo sono stato colpito dalla mite gentilezza che traspariva già dai piccoli gesti e dalla colta intelligenza che animava le sue parole.
Ieri a Join Maremma Online a Lorenzo è stato chiesto di raccontare le infrastrutture immateriali nel turismo, e mentre lui parlava io ho preso a scrivere delle cose perché mi faceva piacere condividerle con te, amico Diario.
No, le cose che ho scritto io non sono belle come quelle che ha detto lui, però secondo me rendono l’idea, poi ti faccio sapere cosa ne pensa lui.

Per cominciare Lorenzo ci ha detto perché ha avuto piacere di partecipare a #JMO2018.
Innanzitutto per la qualità dell’esperienza, per la vivacità con cui il blog mantiene elevata la tensione verso il cambiamento, per la voglia di migliorare la qualità dell’esperienza turistica a partire dall’ospitalità, per il bisogno di confrontarsi.
«Da almeno 15 anni ho smesso di frequentare dibattiti e convegni che non fossero funzionali alle azioni progettuali di cui mi sono occupato», ci ha raccontato; «sono troppo impegnato a seguire azioni concrete e la realizzazione di progetti finanziati nell’ambito del Progetto Sensi Contemporanei. Ora, anche a seguito degli anni spesi a seguire azioni sperimentali sento il bisogno di discuterne, cogliendo l’opportunità di momenti come questi ampliare i sistemi di relazione e magari promuovere forme di progettualità.»
«Personalmente», ha aggiunto, «credo che un convegno possa dirsi riuscito se il suo esito conduce a intenzioni progettuali che i partecipanti singolarmente o in forma collettiva coltivano e di cui provano a immaginarne gli sviluppi e s’impegnano a verificarne la fattibilità.
Le destinazioni turistiche hanno bisogno di nuove intenzioni, di rinnovate visioni e le infrastrutture immateriali possono contribuire ad arricchire l’immaginario individuale e collettivo e promuovere sviluppo ed economia.
Essere qui è un’occasione perché mi permette di prendere confidenza con un territorio regionale che conosco ancora poco in una fase in cui la mia presenza in questa regione è da due anni molto intensa e lo sarà presumibilmente ancora per altri due.»

Dopo di che si è soffermato sul tema: raccontare le relazioni tra infrastrutture immateriali e turismo e sugli effetti che esse possono generare sulle Destinazioni in termini di cambiamento e di miglioramento complessivo del benessere collettivo di chi in tali destinazioni vive ed opera. Nonostante i limiti di tempo, ti assicuro che è riuscito a tratteggiare in maniera affascinante il sistema di interdipendenze tra le infrastrutture immateriali e il sistema di Gestione delle Destinazioni Turistiche e le ricadute in termini di impatti sociali, culturali, territoriali, economici e più in generale di apprendimento collettivo che questa geometria di energie, così l’ha definita, può generare.

Il passo successivo ha riguardato il come.
«Discutere di DMO», ha detto, «ponendo al centro le infrastrutture immateriali comporta da un punto di vista metodologico la necessità di assumere come oggetto di osservazione il sistema dell’offerta e i sistemi socio-economici presenti nel contesto territoriale. Per poter soddisfare le esigenze complesse e mature della domanda, l’organizzazione delle risorse materiali, simboliche, organizzative, politiche, economiche, i loro sistemi di relazioni, le loro intenzioni progettuali e la loro capacità di cooperare e di competere e soprattutto la loro predisposizione a pianificare l’offerta in modo coerente con le attuali esigenze del mercato sono ancora più importanti della domanda turistica in senso stretto.
Si tratta di pianificare, e non solo di pianificare la promozione.

«Si parla spesso di pianificare», ha detto Canova, «ma nel concreto ci si trova di fronte a un assemblaggio, a una somma di servizi che raramente sono concepiti come un insieme. Inoltre, raramente le destinazioni turistiche sono frutto di una “ragionevole pianificazione turistica”. I fatti dimostrano», ha aggiunto, «che quasi sempre essi sono il risultato di una “spontanea” e/o strumentale evoluzione dettata da un “negoziato” voluto e/o subito tra sistemi di interessi, opportunità e desideri non sempre adeguati al funzionamento della filiera turistica. Ragionare sul rapporto tra le infrastrutture immateriali e le destinazioni riporta invece alla necessità di discutere di cose, oggetti, esperienze, processi e personaggi che interagiscono.»

Il messaggio successivo l’ho trascritto così: «è la nostra capacità di leggere in modo critico i processi, le relazioni con il contesto, la cooperazione o il conflitto tra i soggetti interni agli svolgimenti concreti della azioni ad attivare intenzioni generatrici di nuove esperienze e di futura progettualità. Perché questo risponde alle esigenze di comprensione e di ricerca delle cause che hanno permesso a semplici intenzioni di evolvere in progetti, programmi che hanno prodotto eventi, fatti sociali le cui ricadute hanno lasciato tracce sulle destinazioni turistiche.»

Infine ci ha parlato dell’opportunità di rappresentare il Programma Sensi Contemporanei che è un programma promosso da due istituzioni nazionali, l’Agenzia per la coesione territoriale e il Ministero per i Beni e le attività culturali.»

Come dici caro Diario? Che cos’è l’agenzia per la Coesione territoriale? È una struttura nazionale che opera alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio anche se in realtà il programma nasce nel 2003 all’interno Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione, allora afferente al Ministero dell’Economia e delle Finanze. Tra i compiti dell‘Agenzia rientrano il sostegno e l’accompagnamento diretto all’attuazione d’interventi e progetti dei Fondi Strutturali e dei Fondi nazionali di Coesione e sviluppo, i due grandi polmoni finanziari, gli unici rimasti purtroppo, che alimentano i grandi investimenti del Paese.
Sensi Contemporanei è un programma che ha posto al centro la cultura come infrastruttura cognitiva portante per il nostro Paese. Il pregio di questo programma è di aver ricordato un tema che il Paese ha come rimosso: la cultura e le attività culturali intese come sviluppo economico e di benessere nasce tra Firenze e Roma nel cinquecento ed è alla base del Rinascimento.

«Le sue azioni, gli interventi e i progetti sono prevalentemente finalizzati alla realizzazione di infrastrutture immateriali e, a distanza di quindici anni», ha affermato ancora Lorenzo «credo di poterlo dire anche alla luce dei risultati ottenuti, ha rappresentato un elemento di sperimentazione positiva. Nelle politiche pubbliche il termine positivo è concesso utilizzarlo qualora la sperimentazione avviata con carattere di “straordinarietà” abbia generato e prodotto dispositivi amministrativi ordinari che restano in uso e introducono forme di apprendimento. Ed essere qui mi permette di trasmettere anche a voi i temi su cui, grazie a questo programma di lavoro, esercito le mie competenze. Sono temi di politica intesa come intenzioni istituzionalmente decise e ritenute ancora necessarie e che nascono come intenzioni con Ciampi, perché ritenute necessarie per far progredire il nostro Paese.
Mi riferisco in particolare alla necessità di:
promuovere il cambiamento a partire dal modo con cui vengono assunte le decisioni nell’attuazione delle politiche pubbliche anche nel rapporto tra istituzioni e soggetti privati, sia economici che sociali;
rafforzare la committenza pubblica in modo da incidere anche sui comportamenti del settore privato delle organizzazioni non governative;
porre il principio della sperimentazione come base negli investimenti finalizzati allo sviluppo e ai fondi addizionali, pensare la sperimentazione come utilità sociale.»

Da qui alla domanda successiva il passo è stato breve: come applicare questa esigenza di cambiamento e di rafforzamento della committenza pubblica e di sperimentazione all’interno della cornice del fenomeno turistico, in particolare delle destinazioni turistiche e delle loro esigenze gestionali?

Lo Stato nel promuovere politiche pubbliche può agire come coproduttore consapevole e non come attore involontario e disattento, questo il messaggio forte che Lorenzo ha trasmesso a tutti noi. Uno Stato che attraverso una committenza chiara e forte nel metodo e nel merito può essere al fianco dei territori e dei cittadini che desiderano il cambiamento e sono pronti a sperimentarlo direttamente. Sapendo che sperimentare vuol dire aggiungere nuove esperienze al nostro passato percettivo; partire dai propri schemi mentali per costruirne di nuovi; espandere il nostro mondo del possibile; mettere in discussione determinati assunti; produrre nuovi significati; rendere visibile l’invisibile.

«Si, si può fare», ha ribadito, «a partire da una chiarezza concettuale e semantica per sostenere processi e svolgimenti concreti in modo efficiente ed efficace. Dato questo sfondo, la prima infrastruttura immateriale che occorre promuovere nel turismo è la ricerca della bellezza. Badate bene la ricerca e non la bellezza in sé, in senso assoluto, e provo a spiegarmi meglio con un esempio.»

«A Castel di Tusa, località di mare di 3.000 abitanti a 40 km da Cefalù, in Sicilia, c’è una struttura ricettiva che si chiama Atelier sul mare. Nasce nel 1991 come singolare museo abitabile. Le camere sono, in gran parte, delle opere d’arte e offrono la possibilità al visitatore di vivere un’esperienza particolare e unica, perché gli permette di vivere dentro l’opera d’arte. Esperienza ed emozioni sono assicurate, anche se occorre essere preparati a non cercare tutte le comodità di un tradizionale albergo. La luce elettrica non sarà mai dove ve la aspettate, non cercate telefono o televisione, la doccia può essere qualcosa da raccontare: l’attenzione va sulle percezioni, sensazioni, osservazioni, associazioni che sono il nutrimento di una vera esperienza.
Le camere sono state create da artisti italiani e internazionali e sono state concepite con una consapevole committenza di Antonio Presti, ideatore della Fiumara d’Arte. “Devozione alla bellezza” è la scritta che accoglie gli ospiti.»

«Antonio Presti è figlio di un imprenditore edile e la prematura scomparsa del padre gli consegna la responsabilità di un’impresa edile e di un patrimonio immobiliare, tra cui questa vecchia struttura ricettiva a Tusa. Il giovane Antonio, assunta la responsabilità dell’azienda di famiglia, si rende conto dei condizionamenti mafiosi e delle costrizioni che un libero imprenditore è costretto a subire e decide di restituire con l’arte bellezza e dignità a una terra e a un popolo in sofferenza, propone insomma una visione della propria vita opposta a quella dei principi mafiosi. Il linguaggio di Antonio è forte, radicale, non facile. L’arte è per uomini liberi e Antonio ancora oggi s’impegna per far crescere futuri uomini liberi.»
«L’opera di Antonio prende avvio con la realizzazione della Fiumara d’Arte. Le Fiumare, un tempo cornice di bellezza del paesaggio e che segnavano il passaggio dell’acqua creando confini tra valli, dalla fine degli anni Settanta diventano luoghi che raccolgono rifiuti e si trasformano in discariche. Antonio parte da questi “indicatori di marginalità” per creare un parco di opere monumentali e porta la bellezza che l’arte può esprimere proprio in questi luoghi che la collettività brutalizza. Ognuno ha diritto alla Bellezza, afferma Presti, e la Bellezza porta l’individuo a vivere in un modo etico e responsabile.»

«Il materiale utilizzato prevalentemente per le opere della Fiumara è il cemento, lo stesso usato dalla criminalità organizzata per arricchirsi. Come avrete intuito, ho scelto questo caso, tra i molti di cui ho fatto esperienza, perché la ricerca della bellezza non avviene in un luogo normale ma, al contrario, si impone e diventa lo strumento per combattere il disagio e la marginalità a cui la criminalità organizzata condanna molti luoghi. E poi anche perché la ricerca della bellezza consente di affermare, in un contesto naturale compromesso da comportamenti sociali non rispettosi dell’ambiente, di valorizzare l’identità delle fiumare nel rispetto della loro originaria funzione.
La figura visionaria e radicale di Presti rende questa esperienza unica, per certi versi eccezionale, e questo ci permette di avere la necessaria distanza psicologica dalla realtà che frequentiamo quotidianamente e di coglierne elementi e associazioni che possono aiutarci a rivedere gli schemi mentali e gli assunti a cui ci siamo assuefatti, per rimetterli in discussione.»

Sottolineato che il tema della bellezza è immenso, che ha un ruolo fondamentale nel determinare la fortuna delle destinazioni turistiche e che rappresenta, di fatto, una delle perle più significative tra le infrastrutture immateriali, Lorenzo è ritornato sulla necessità di pensare la bellezza come ricerca e non come caratteristica in sé. Quella che gli interessa di più è la ricerca della bellezza intesa come processo, come momento per istituire delle relazioni che vadano al di là della mera espressione o prestazione artistica in sé, come strumento per indurre forme di cambiamento sociale, culturale e territoriale, come strumento attraverso il quale generare nuove possibilità di sviluppo sociale ed economico.

«Si tratta di ricercare la bellezza come momento che induce in modo naturale, nel bene e nel male, a promuovere processi di sperimentazione che per loro natura consentono di sviluppare nuove esperienze rispetto al nostro passato percettivo e di produrre nuovi significati.
In questo contesto un albergo può diventare una galleria d’arte che offre un’esperienza vissuta, ma anche un’esperienza accumulata a più livelli cognitivi; un bosco può diventare un’esposizione d’installazioni e una fiumara abbandonata dalle acque e ridotta a discarica può trasformarsi in un inno alla bellezza attraverso opere create per risignificare quel luogo per mezzo dell’arte contemporanea e della poesia.»

Naturalmente non sono tutte rose e fiori, amico Diario. Le difficoltà sono tante e tra queste il confronto con istituzioni che non sempre sono preparate a sostenerla e a cooperare in questo processo di ricerca della bellezza.

«Accade così che la cooperazione avvenga, a una scala diversa, prima all’interno di gruppi che in modo graduale integrano pezzi di collettività e comunità che sostengono questa ricerca e che via via favoriscono la trasformazione di luoghi che, attraverso le forme espressive dell’arte assumono un significato ulteriore rispetto a quello che il senso comune aveva loro attribuito e possono diventare agenti del cambiamento, fattori che favoriscono l’affermazione di nuovi mercati, anche di nicchia.»

«Nel caso specifico di Antonio Presti tutto questo ha prodotto la creazione di opere monumentali collocate nel paesaggio, trasformando le discariche, dopo numerose controversie giuridiche e denunce, in parco regionale e rappresenta, oggi, uno dei tre paesaggi d’arte contemporanea in Sicilia.
Le opere sono state finanziate privatamente dallo stesso Antonio che – a partire dalla metà degli anni Ottanta – ha invitato artisti di arte contemporanea di fama internazionale a realizzarle e sono state donate alle amministrazioni comunali. Per ogni opera, l’intervento di un artista ha dato forma ad un concetto ed ha interpretato il rapporto con la terra e gli uomini.»

«L’esperienza di Antonio ha reso il comune di Tusa e il contesto territoriale in cui si snoda il Parco della Fiumara un’attrazione e un punto di riferimento prima di artisti e architetti, poi per appassionati d’arte contemporanea per i quali è diventato un punto di riferimento da non perdere e infine è diventata da alcuni anni la meta di un turismo culturale con caratteristiche più generaliste.»

«Il caso della Fiumara se osservato dal punto di vista dell’infrastruttura immateriale, in relazione alle destinazioni turistiche è emblematico da diversi punti di vista: perché la destinazione turistica si afferma come effetto di una Visione che pone la Bellezza come grande agente di cambiamento e al servizio della sperimentazione e della comunità; perché la ricerca è associata a un bene comune, la Fiumara d’arte, che non era percepito come tale, anzi veniva ripudiato dalla comunità; perché molte delle attrazioni turistiche, materiali e immateriali, sono, di fatto, dei beni comuni che in quanto tali appartengono a tutti e la cui valorizzazione dovrebbe garantire un’equa distribuzione dei benefici.»

Sì, caro Diario, anche nel caso della Fiumara, la rigorosa, coerente e, per certi aspetti radicale committenza del mecenate Presti non trova le istituzioni pronte alla cooperazione come iniziative di questo tipo meriterebbero e dunque in quella fase a governare i rapporti è il conflitto, duro e doloroso.
Viceversa la comunità, a partire dalle scuole, via via si avvicina e collabora in questa ricerca ed ora alla Fiumara d’arte sono collegati due eventi culturali di grande rilievo e successo che avvengono durante il solstizio di giugno: Il rito della Luce che si svolge presso la Piramide, e il Rito della Parola (o notte della Poesia) – in cui poeti internazionali e bambini recitano poesie nel silenzio incantato dei luoghi. Alla Fiumara è inoltre legato un lavoro continuo di coinvolgimento delle scuole e dei bambini che viene sviluppato durante l’anno. E sono circa dieci anni che, anche se tra alti e bassi, le stesse istituzioni hanno riconosciuto il valore di questa iniziativa.

«Con il Programma Sensi Contemporanei siamo intervenuti e abbiamo realizzato un progetto sperimentale per favorire il rapporto con i Comuni e le istituzioni locali e abbiamo accompagnato la Regione Siciliana e la Fondazione di Presti a realizzare l’Itinerario della Fiumara d’arte.
Lo strumento che abbiamo utilizzato è l’itinerario poiché esso rappresenta, nella filiera turistica, una potente infrastruttura immateriale e, se ben pianificato, gestito e comunicato diventa l’attrazione turistica su cui far convergere flussi di visitatori alla ricerca di esperienze turistiche uniche.
Nel caso della Fiumara l’itinerario è stato realizzato e il visitatore che arriva può sceglierne le modalità di fruizione a seconda del tempo e del mezzo di trasporto (auto, moto, bici). La missione della cooperazione è stata realizzata solo in parte e viene compromessa, purtroppo, ancora dagli avvicendamenti amministrativi.»

«L’esperienza con Presti, analogamente ad altri casi che ho seguito in altri contesti, mi ha permesso di confermare un’intuizione sul ruolo e sulla figura dell’albergatore, che seguo almeno dalla fine degli anni Ottanta. È mia ferma convinzione che l’albergatore per remunerare il capitale che investe e che rischia debba imparare ad esercitare l’arte della “speculazione”.
È un’arte che nasce in Toscana, a Pisa, e che ci è stata tramandata da Galileo Galilei. Proprio lui con la “specula” esplorava lo spazio, andava al di là degli ambiti conosciuti e frequentati dalla scienza di allora. Galileo vedeva laddove altri non vedevano e fu con la specula che propose una nuova lettura del mondo.
Dato questo sfondo, per l’albergatore speculare vuol dire che nel suo operare deve essere capace sempre più, per assicurarsi il profitto, di favorire la sperimentazione anche al di fuori del proprio albergo. Il suo ruolo può spingersi a proporre e realizzare progetti e iniziative inventando forme di cooperazione che alimentino la filiera turistica e che ne attivino l’interdipendenza con nuove filiere produttive. Penso per esempio a quelle più prossime alle forme espressive dell’arte e dei mestieri, quali l’arte contemporanea, il teatro, il cinema, l’audivisivo e il grande filone legato alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione.»

Caro Diario, te l’ho detto, è stato una meraviglia, perché poi Lorenzo ci ha parlato della necessità di inventare nuovi punti di vista, nuovi assunti simbolici che ci portino a leggere le grandi icone culturali del turismo, i personaggi storici, gli stilemi del paesaggio italiano, per esempio il Duomo di Firenze anche senza cupola, come è avvenuto con la fiction dei Medici.
«Credo che ne potrebbero beneficiare anche contesti turistici che non possono vantare la presenza di grandi attrazioni culturali ma che possiedono “perle” che non sono percepite come “attrazioni” perché legate ad assunti e a percezioni che i residenti non considerano di interesse ai fini turistici.»

Ecco, amico Diario, avrei ancora tante cose da raccontarti, ma per ora preferisco fermarmi alle collane di perle da ripensare e reinventare di cui ci ha parlato Lorenzo.
Te lo posso dire?, io appena riesco questa storia qui gli chiedo di venirla a raccontare a Napoli, perché la trovo così ricca di passione e di possibilità che bisogna davvero diffonderla il più possibile. Lorenzo potrebbe per esempio raccontarla ai ragazzi di Aula O, magari in una sessione aperta anche ad artisti, albergatori, registi, artigiani. Sai che ti dico, ad Ottobre ci proviamo, potrebbe essere anche una nuova sessione del Serendipity Lab. Ti tengo aggiornato. Alla prossima.

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P. S. La foto di copertina è di Michele Guerrini.