Caro Diario, domani si parte ancora, tra due giorni il racconto del #lavorobenfatto approda a Fosdinovo e apre la Quinta Edizione de La Forza del Sorriso Festival organizzata come ogni anno dall’Associazione Faucenova.
Come dici amico mio? Quest’anno è la seconda volta che torno a Fosdinovo? L’altra volta in realtà era a Sarzana, per il primo compleanno del Talent Garden, però comunque hai ragione, e la colpa è sempre la sua, del mio amico Andrea Lagomarsini, che a lui mi riesce complicato dire di no. Nel caso specifico poi si è trovato anche un complice, il suo amico Roberto Dadà, che insomma mi hanno scritto, mi hanno raccontato che cos’è La Forza del Sorriso Festival e quello che mi hanno detto mi è piaciuto molto, così domani io e Cinzia partiamo, poi provo a raccontarti tutto per bene, te lo prometto.
Come dici? Se lo racconto anche a te cos’è questo festival con questo nome così bello è meglio?
Certo che sì, anzi, facciamo così, te lo faccio raccontare da Roberto Dadà che è meglio:
«Caro Vincenzo, La Forza del Sorriso festival nasce per iniziativa dell’Associazione Culturale Faucenova che, dopo aver preparato la prima edizione, chiede aiuto ai giovani del paese per la sua gestione e realizzazione. L’esperimento riesce alla grande, i ragazzi sono soddisfatti, direi di più, entusiasti, e così decidiamo di coinvolgerli fin dai primi passi dell’edizione successiva: la ricerca dei temi, dei relatori, definizione degli spettacoli, e tutto il resto cosicché dalla seconda edzione il festival è realizzata esclusivamente da giovani, quelli anagraficamente giovani e quelli giovani di spirito, tra i quali, modestia a parte, mi metto pure io.
Insieme a loro nel corso di questi anni abbiamo riflettuto sul fatto che il sorriso è una delle cose più semplici e spontanee che l’uomo possa fare e nel contempo è un argine alla rassegnazione, alla superficialità e all’individualismo.
Le conferenze che vengono proposte vertono spesso su temi di attualità e non mancano mai di portare in evidenza esempi positivi, storie di riscatto, esempi di giovani che prendono in mano il loro futuro, come ad esempio abbiamo visto con i ragazzi di Scampia. Per dirla in breve ci piace raccontare le buone pratiche, le esperienze e i fatti positivi che possono emergere anche in ambiti difficili come quello della malattia e del lavoro. Detto questo, aggiungo che cerchiamo di non dimenticare i sorrisi «di pancia», offrendo la possibilità di cenare sotto le stelle e proponendo spettacoli teatrali e/o musicali nei quali il sorriso viene di per sé.
Per finire caro Vincenzo direi che ciò che accomuna tutte queste esperienze è proprio la loro capacità di trasmettere la forza del sorriso: ecco perchè concepiamo il nostro festival (e speriamo che anche i partecipanti lo percepiscano così) non come una semplice rassegna di umorismo, ma come un’indigestione di positività, con la speranza che il pubblico che ogni anno ci segue e supporta possa tornare a casa arricchito non da un semplice divertimento momentaneo ma da un’energia positiva destinata a durare nel tempo.»
Ecco, amico Diario, quest’anno conto di dare una mano pure io con i miei racconti di lavoro ben fatto alla moltiplicazione di questa energia positiva. Perché lo sai, alla fine è proprio questo quello che faccio, condividere questo racconto che è entrato nella mia vita grazie a mio padre – operaio elettrico senza grammatica ma con un amore infinito per la sua famiglia, il suo lavoro e il suo Paese – e che poi non è uscito più grazie a un po’ di altre belle teste, solo per citarne alcune quelle di Cesare Pavese, di Primo Levi, di Paul Jobs, di Alexsandr Solgenitsin, di John Donne, di Antoine de Saint-Exupéry. Che poi la cosa bella è che sono partito da qui ma poi in realtà il lavoro ben fatto che racconto io è quello delle persone normali, quelle come me, come te, come Roberto, come Andrea, quelle che ogni mattina si svegliano e fanno bene quello che devono fare, qualunque cosa debbano fare, a prescindere, e non perchè si aspettino di ricevere un premio, ma perché è così che si fa.
Ecco, dopo domani, quando arriverò a questo punto del mio racconto, spero che le persone che stanno lì per ascoltare e interagire guardino dentro di sé, e guardino le persone intorno a loro, e sentano che siamo in tante e in tanti a mettere la testa, le mani e il cuore in quello che facciamo.
Perché sì, l’Italia che racconto c’è, è tanta, esiste, dobbiamo solo raccontarla di più, e non posso farlo da solo, dobbiamo essere in tanti, perché attraverso il racconto diamo più senso e significato a quello che facciamo e moltiplichiamo le opportunità che abbiamo.
Essere in tanti è la condizione indispensabile per cambiare davvero il nostro Paese, solo se siamo in tanti il sogno può diventare realtà.
Lo sai amico mio, racconto il lavoro ben fatto perché voglio contribuire a cambiare l’Italia. Perché voglio che i miei figli e i miei nipoti possano vivere in un paese che dà più importanza al lavoro e meno importanza ai soldi, più importanza a ciò che le persone sanno e sanno fare e meno importanza a ciò che hanno. Si, io voglio fare questo, e andando in giro per l’Italia vedo che siamo in tanti a volerlo, e per favore adesso non farmi il torto di pensare “sarebbe bello” perché non sarebbe bello, è bello. Perché sì, fare bene le cose ha senso, è bello, è giusto, è possibile e soprattutto conviene. Spero davvero di riuscire a comunicare tutto questo Venerdì a Fosdinovo, intanto tu aiutami a far leggere e a far firmare il nostro Manifesto del Lavoro Ben Fatto, che anche questo aiuta a diffondere le nostre storie, le nostre idee e le nostre possibilità. A presto.
Venerdì 25 Agosto 2017
Caro Diario, tra ieri e oggi sono accadute un bel po’ di cose che ti devo raccontare e però adesso non ho il tempo per farlo, facciamo così, ti dico i titoli, così poi tra stasera o più probabilmente domani ti racconto per bene: ieri arrivo a Sarzana in orario e cena a casa di Piera ed Ermanno con la famiglia Lagomarsini 3. Oggi Andrea e Laura ci hanno portato a Porto Venere.
Ecco, questo è quello che è successo fin qui, adesso ti devo lasciare, tra un paio d’ore c’è la mia talk sul #lavorobenfatto e ho bisogno di pensare a quello che devo dire.
Come dici amico mio? Sarà anche questa volta un successo? Lo spero, ma intanto per fare un lavoro ben fatto ci devo pensare, che mi piace aggiungere ogni volta qualcosa ai miei ragionamenti, e insomma più tardi ti so dire.
Intanto ti riassumo la mia scaletta:
Gli articoli 1, 2, 3, 51, 52 del Manifesto del Lavoro Ben Fatto.
Le persone che mi hanno ispirato: Pasquale Moretti; Cesare Pavese Nuto e Anguilla; Primo Levi e Philip Roth; Paul Jobs; Donatella Trotta; Luigi Cozzella.
Le 5 parole che mi guideranno: senso, bellezza, giustizia, convenienza, possibilità.
Ecco, per ora è tutto, a più tardi.
Sabato 26 Agosto 2017
Caro Diario, Cinzia e io abbiamo salutato Andrea, Laura, Federico e Francesco e siamo sulla via del ritorno. Un po’ tanto siamo tristi e un po’ tanto siamo contenti, sono stati due giorni molto intensi e belli, abbiamo lasciato in pegno ai piccoli un pezzetto di cuore e può darsi che a novembre la famiglia Lagomarsini ci venga a trovare a Napoli e sarà di nuovo una festa.
Come ti ho promesso provo a raccontare un po’ delle cose che sono successe, tutte è difficile, però insomma mi ci metto di impegno e vedrai che alla fine sarai contento.
Allora, Giovedì sera alla stazione di Sarzana abbiamo trovato Andrea, ci siamo messi in macchina e siamo andati al supermercato dove avremmo trovato Laura. Al supermercato aperitivo e spesa – lo posso dire che queste casse automatiche fai da te mi sembrano un’inutile complicazione o passo per un cavernicolo? – e poi via verso casa di Piera ed Ermanno, dove siamo stati ospiti per la cena.
I piatti principali della serata sono stati i Testaroi (Testaroli) e il coniglio fritto e io con tutto il rispetto per il coniglio voglio parlarti dei testaroi, piatto tipico della Lunigiana.
Come dici amico mio? Faccio così perché io il coniglio non l’ho mangiato? Questa volta ti sbagli. Faccio così perché i testaroi sono stati la scoperta culinaria dell’anno, ne ho parlato anche il giorno dopo nel corso del mio speech a La Forza del Sorriso Festival, ma di questo ti dico dopo.
Allora, per fare i testaroi bisogna preparare un impasto di acqua e farina con l’aggiunta di sale quanto basta; l’impasto non deve essere né troppo duro né troppo liquido e con l’aiuto di un mestolo viene spalmato sui testi, un piatto piastra di ghisa che una volta diventato incandescente cuoce i testaroi. Già a guardare la cura con la quale Piera faceva il tutto mi sono incantato ma qualche minuto dopo a tavola è stata la meraviglia.
Allora amico mio, devi sapere che in questi testaroi ci puoi mettere di tutto o quasi, ma la morte loro è il pesto, che naturalmente Piera aveva fatto con il suo basilico e il suo olio e allora io il primo e il secondo giro l’ho fatto proprio così, che avendo detto che non avrei mangiato il coniglio mi è stata data la licenza di esagerare con i testaroi. Il miracolo quello definitivo è venuto però al terzo giro, quando qualcuno mi ha consigliato di assaggiarli con olio – l’olio e le olive di Piera ed Ermanno of course – e parmigiano. Mi devi credere amico mio, è stato un viaggio, un’esperienza mistica, e così sono andato avanti con testaroi, olio e parmigiano fino a quando ce l’ho fatta.
Devo aggiungere che anche se non posso portare argomenti scientifici a sostegno della mia tesi, a un certo punto mi sono convinto che i testaroi fanno bene non solo al corpo ma anche alla mente e allo spirito, perché con Piera, Ermanno, Laura, Andrea, Cinzia, Elena e Luba che ci aveva raggiunto nel frattempo, abbiamo cominciato a parlare di daimon, di streppegna, di codice dell’anima, e poi a un certo punto Piera se ne è uscita proprio come Hillman che tutto è contenuto nel seme, e da lì siamo arrivati all’idea che fermo restando il ruolo fondamentale della cultura e dell’educazione, c’è che ognuno di noi nasce con una propria unicità, e che di quella unicità dobbiamo avere cura, aiutarla a crescere, a svilupparsi, a compiersi in maniera tale che ciascuno possa realizzarsi e adempiere al proprio destino.
Perché sì, amico mio, la diversità è fondamentale sempre, e se uno nasce pomodoro è inutile cercare di farlo diventare carciofo o patata perché ci piace di più o può avere maggiore successo, bisogna piuttosto aiutarlo a diventare il pomodoro più bello e più buono del mondo, questo sì, ma non pensare di omologarlo alle cipolle o ai mandarini, che non funziona, e alla fine sprechiamo talento e possibilità.
Ecco, questo ho raccontato il giorno dopo nel mio speech, ma adesso mi fermo altrimenti questo diventa un libro invece che un post. Ah no, devo dirti ancora una cosa che credo ti farà piacere: mi sono fieramente rifiutato di mangiare i testaroi con la Nutella, non ho impedito a nessuno di farlo, con Cinzia neanche ci ho provato, però io non l’ho fatto, e mi sono sparato l’ultimo con l’olio e il parmigiano.
La giornata di Venerdì è cominciata con la gita a Portovenere, che Andrea ha cercato di contrastare in tutti i modi possibili e chissà senza l’aiuto di Laura se ce l’avremmo fatta. Di questa parte qui di memorabile ti segnalo le conversazioni tra tecnologia, futuro e altri mondi con Andrea, Portovenere – sia la parte paesaggistica che quella storico culturale, davvero una bellissima cittadina -e la camminata a piedi del ritorno perché il parcheggio è in alto prima della discesa in città e se un autobus si rompe e non c’è possibilità di sorpassare perché ci sono auto parcheggiate a destra e a sinistra o vai a piedi o vai a piedi.
Il pomeriggio qualche minuto prima dell’inizio, come piace a me, ero già sul posto. Visto che avevamo ancora qualche minuto abbiamo fatto quattro passi verso il belvedere con Andrea, e sulla strada del ritorno ci siamo incontrati con Roberto Dadà – che avevo conosciuto di persona già la sera prima, e sua moglie, che ho scoperto essere una Moretti, una di quelle simpatiche coincidenze che vogliono dire poco ma sono simpatiche assai.
Roberto pochi minuti prima di cominciare mi ha presentato alle ragazze e ai ragazzi che insieme a lui rappresentano l’anima del festival e poi abbiamo cominciato, con l’apertura di Roberto e della sua Young Big Band, il saluto della Sindaca, il mio racconto del lavoro ben fatto.
Che ti devo dire amico mio, a guardare gli occhi delle persone che erano lì, che erano tante, la partecipazione del pubblico, l’entusiasmo dei commenti alla fine, credo di essere riuscito a trasmettere il senso di questo nostro tentativo di cambiare l’Italia mettendo insieme tutte le donne e gli uomini che fanno bene il loro lavoro. Lo sai amico mio, mi piacerebbe tanto connettere le persone che amano le cose che fanno e le fanno bene, indipendentemente da quello che fanno, ho riprovato anche a parlarne con Andrea, ma mi sa che per questa vita qui è difficile che ce la faccio.
Finito lo speech – non te l’ho detto ancora, ma molto probabilmente dagli incontri nati a Fosdinovo nasceranno nuove bellissime storie, ma per ora preferisco non svelarti nulla, preferisco che prima una ragazza – ragazza torni da Santiago del Cile e una ragazza – signora in pensione mi raccontino le loro storie – siamo stati ospiti a cena in piazza e poi dopo c’è stato lo spettacolo, ma ero distrutto e purtroppo sono riuscito a rimanere appena qualche minuto e poi a casa a dormire.
Stamattina, Sabato, l’abbraccio di commiato con Roberto, con il quale ci siamo detti di restare sintonizzati, che a me questa esperienza de La forza del Sorriso Festival è piaciuta un sacco, e se come mi è stato chiesto proprio da lui potrò contribuire con qualche idea lo farò molto volentieri, magari aiutandolo a spingere ancora più avanti il protagonismo della Young Big Band che come ti ho detto prima anima il festival, perché secondo me, magari mi sbaglio ma l’idea che mi sono fatta io è questa, il futuro di questo bellissimo esempio di partecipazione attiva che da 5 anni produce La Forza del Sorriso Festival è legato a filo doppio al protagonismo di queste ragazze e di questi ragazzi e sarà un futuro tanto più entusiasmante quanto più saprà moltiplicare le connessioni, i temi, le occasioni di confronto, le opportunità, le differenze che animano e attraversano la comunità di Fosdinovo, la società italiana, il mondo intero.
Salutato Roberto, prima di tornare in stazione siamo passati da Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani dove avevamo appuntamento con un altro amico di Andrea e Laura, Massimo Dadà, archeologo, presidente del Museo Audiovisivo della Resistenza di Fosdinovo ed è stata un po’ la ciliegina sulla torta, che insieme alla visita sono venute fuori un bel po’ di altre belle idee e possibilità, ma di questo ti racconto a parte una prossima volta.
Ecco, questo è tutto, anzi no, ti devo dire ancora che mentre eravamo in visita al museo Federico, 6 anni, si è seduto di fronte a uno dei grossi libroni digitali che tu li tocchi e sul pannello scorrono le interviste e ha detto a Laura, la mamma, «io adesso resto qua, che questa cosa qui mi piace e non voglio essere disturbato, me la voglio guardare per bene.»
Ecco, direi che adesso è davvero tutto, alla prossima.