Napoli Serendipity Lab

Caro Diario, non so se ti ho mai parlato di un articolo pubblicato il 7 settembre del 2006 su Il Sole 24 Ore. Il titolo era «Allestire il cantiere delle idee». Il tema era la serendipity. Il focus era sui microambienti che favoriscono le interazioni socio cognitive impreviste di menti preparate, quelli che Robert K. Merton, l’ideatore della serendipity come concetto sociologico, ha definito per l’appunto come ambienti socio cognitivi serendipitosi. Il punto centrale del mio ragionamento – il succo avrebbe detto mio padre –  si può invece sintetizzare così: se metti assieme belle teste che con approcci, conoscenze, competenze e punti di vista diversi cercano e trovano risposte a un problema ci sono molte più possibilità di fare scoperte per genio e per caso. Per dirla con linguaggio più appropriato – che come ci hanno raccontato Ludwig Wittgenstein ed Eduardo De Filippo le parole sono importanti – al tempo di internet, dell’intelligenza artificiale, dell’industria 4.0, l’interazione di menti preparate in ambienti socio cognitivi serendipitosi può essere una risposta più efficace al bisogno di ripensare, ridisegnare, ricreare, rideterminare il futuro delle nostre città, delle nostre comunità, del nostro Paese.
Proprio così amico Diario, se teniamo assieme il punto di vista dell’ingegnere, del sociologo, dell’urbanista, dell’economista, del designer, dell’agronomo, dello psicologo sociale, del medico, del cittadino, dello startupper, del maker, dell’artigiano – naturalmente non per forza in quest’ordine e tutti assieme –  abbiamo molte più possibilità di connettere, attivare, dare senso alla tanta bellezza, intelligenza, creatività, capacità di innovazione, talento, spirito di iniziativa che c’è intorno a noi, possiamo più credibilmente mettere in moto processi virtuosi, invertire la rotta, cogliere e moltiplicare le opportunità, attrarre invece che far fuggire i cervelli, non solo quelli italiani, quelli di ogni parte del mondo.

Come dici caro Diario? Un posto così potrebbe essere uno straordinario esempio di lavoro ben fatto? Dal punto di vista dell’impatto, degli effetti che potrebbe produrre, probabilmente si, anche se come sai il lavoro ben fatto come piace raccontarlo a me, con il suo manifesto e le sue leggi, funziona a un livello più meta, nel senso che sta più sopra, si riferisce alla cultura, all’approccio, riguarda il modo di essere e di fare delle persone, impone di fare bene il proprio lavoro a prescindere, indipendentemente dal lavoro che fai e dalle circostanze in cui lo fai, ti impone di farlo prima di tutto per il rispetto che devi a te stesso. Comunque sì, come dici tu un ambiente sociocognitivo serindipitoso è un contesto ideale per il lavoro ben fatto, e ti confesso che dopo tanti anni che ci giro intorno, da solo e con un un po’ di belle altre persone come Cinzia Massa, Luca De Biase, Rodolfo Baggio, Colomba Punzo, Costantino Menna, Maria D’Ambrosio, Giorgio Ventre, Francesco Escalona – mi convinco sempre più che Napoli potrebbe essere il posto giusto per il Serendipity Lab dei miei desideri. Sì, Napoli, che tra i suoi mille colori – chiari e scuri, belli e brutti, buoni e cattivi come in tutte le storie vere – ha sicuramente quelli della bellezza, della creatività, dell’innovazione, della capacità di adattarsi e di risolvere problemi. Napoli che sa pensare e che sa fare. Napoli che sa resistere e che sa sognare.

Dato che mi piace essere preciso, alla fine di questo post trovi i link ad alcuni articoli che ti aiuteranno a saperne di più sui concetti e sul background che fanno da contesto alla mia piccola idea. Ciò detto, aggiungo che da quando a San Giovanni a Teduccio, nella periferia Est della città, nel cuore di TecnoNapoli, l’Università Federico II e la Apple hanno messo su la Developer Academy il mio sogno di mettere una targetta con la scritta Naples Serendipity Lab sulla porta di una stanza, anche molto piccola, e di farlo diventare uno dei luoghi dove si disegna il futuro della mia città mi è parso un poco meno sogno e un poco più realtà, e così ho ripreso a chiedere in giro se l’idea interessa, e anche se fino ad adesso non ho portato a casa risultati non dispero, che come diceva mio padre quello che non succede in 100 anni succede in un giorno, e lui era uno che molto spesso ci prendeva.

Cosa dici amico mio? Detto così non si capisce bene quello che voglio fare? È troppo generico? Bisogna che io faccia un esempio? Stai diventando come gli adulti de Il Piccolo Principe, ti si deve spiegare ogni cosa, e se non ti dico «questo progetto vale 1 milione di euro o di dollari» tu non dici «come è bello».
Comunque eccolo l’esempio, te lo faccio tra quelli più di moda, la città intelligente, sì, proprio lei, la smart city, anche se naturalmente te lo faccio da blogger più che da studioso, innanzitutto perché  per trattarlo da studioso non basta certo un post, poi perché il tema non lo scopro certo io, alla voce Napoli città intelligente sono state fatte e si stanno facendo da tempo cose importanti e infine perché penso che l’idea che adesso arriva il Napoli Serendipity Lab e racconta al mondo come si fanno le cose e come si portano a casa i risultati non è un’idea, è una stupidaggine.
Proprio così, caro Diario, il Napoli Serendipity Lab che piace a me è niente di più e niente di meno di un nodo della rete, e in quanto tale contribuisce con il proprio approccio olistico e interdisciplinare alla definizione delle domande e alla ricerca delle risposte in grado di migliorare la qualità e la quantità della vita, del lavoro e dello sviluppo della città metropolitana. E dato che siamo tutti nani sulle spalle dei giganti tra le prime attività del Napoli Serendipity Lab che piace a me non possono mancare due cose: 1. la mappatura dei progetti e delle esperienze smart già realizzate e in corso di realizzazione nella città metropolitana;  2. il collegamento con le migliori best practice realizzate in ogni parte del mondo.
Ciò detto, le tre cose concrete da fare per partire per me sono le seguenti:  1. individuare le connessioni che già a livello di lessico definiscono la città smart, per esempio intelligenza – bellezza, intelligenza – lavoro, intelligenza – scuola, intelligenza – risparmio energetico, intelligenza – mobilità, intelliegenza – turismo, intelligenza – tempo libero, intelligenza – diritti delle persone e così via discorrendo; 2. intrecciare le connessioni di cui al punto precedente con la moltiplicità dei punti di vista in campo e scegliere le priorità; 3. formulare le proposte e definire delle prime ipotesi di fattibilità.

Come dici? Va un po’ meglio ma sono idee ancora troppo generali? Guarda che io non sono il Napoli Serendipity Lab, sono solo quello che ha lanciato l’idea e vuole contribuire a realizzarlo. Secondo me non è questa la fase nella quale si può fare il lavoro di merito intorno ai temi e ai contenuti, per adesso si tratta piuttosto di condividere una possibilità, una metodologia, un approccio. Sì, direi che per ora si tratta di far circolare l’idea e di verificare se e come può essere realizzata, il resto viene dopo.
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