Caro Diario, non so se dire la verità sia davvero sempre una buona cosa, ma quando il mio amico Vito Verrastro mi disse che avrei alloggiato in un BeB non fui molto contento, in genere preferisco l’albergo, in particolare quando devo dormire una sola notte. E invece questa volta mi sbagliavo.
Credimi, non è che voglia mettere le mani avanti, ma già nel pomeriggio, dopo il bellissimo incontro con ragazze/i e prof. dell’Istituto Tecnico Albert Einstein di Picerno e il pranzo all’osteria di Angelo, quando Vito mi ha accompagnato al Leucos, mi ero ricreduto: la cura dei particolari, la stanza ampia e bella, il bagno scintillante, insomma se tu arrivi in un posto e ti senti a tuo agio sei contento, anche se poi la svolta quella vera è avvenuta la mattina dopo, a colazione, quando ho incontrato la signora Mariangela.
Ora tu lo sai come funziono io, penso che sono le persone che incontriamo a dare senso alle nostre vite, e così non perdo occasione per conoscerle di più, per farmi raccontare un po’ di loro, che in fondo una bella parte delle mie storie nasce proprio così. Sono bastati pochi minuti e mi sono convinto di due cose: la prima è che mi sarebbe piaciuto raccontare la signora e il suo BeB; la seconda è che non sarebbe stato per niente facile, perché con le persone semplici, essenziali, riservate come Mariangela proprio così. Pensa che la prima mail che mi ha inviato cominciava con « … spero si ricordi di me … » e la seconda – in risposta alle mie nuove domande – con « … mi scusi se non mi sono firmata anche con il mio cognome ma naturalmente non l’ho fatto per nascondere le mie generalità – mi chiamo Mariangela Salvatore e ho quasi 51 anni – ma perché mi sentirei a disagio a vedere il mio nome e cognome in un articolo.»
Come dici? In questo mondo dove tutti sgomitano per mettersi in prima fila anche quando non ne avrebbero motivo le persone così sono da apprezzare? Hai ragione. E se leggi come proseguiva la sua prima mail te ne convinci ancora di più: «Non è mai stato molto facile per me raccontarmi, ma quella mattina a colazione sono riuscita a parlare di me perché dai suoi occhi mi sembrava che lei già conoscesse tutto. Nei giorni successivi ho letto in un suo articolo questa frase: «L’idea di cui mi sono innamorato io è il lavoro ben fatto.» Posso dirle che mi ci ritrovo in pieno? Leucos è nato proprio perché volevo realizzare un lavoro ben fatto, perché volevo dare «valore al mio lavoro», perché volevo «dare valore a me stessa e a ciò che so fare. Sì, direi che il motivo principale che mi ha spinto a fare questo passo non è stato il business ma la voglia e la necessità di trovare soddisfazione nel mio lavoro. Ho lavorato notte e giorno per fare in modo che questo mio sogno diventasse realtà. L’ho pensato, l’ho messo insieme, ho fatto mille lavori, anche manuali, ed è stato bellissimo, però da sola non ce l’avrei mai fatta. Si, tutto questo non avrei potuto mai realizzarlo se non avessi avuto l’appoggio materiale e morale di mia sorella Pina (l’artista ed il deus ex machina per quanto riguarda la progettazione e la realizzazione degli ambienti), di Sergio (il compagno, il padre dei miei figli, l’amico, il fratello della mia vita), delle mie nipoti (Sara e Lucrezia) sempre presenti, dell’amore verso i miei figli (Stefano ed Alessandra, che studiano fuori), del rispetto verso i miei genitori (Pasquale e Rosa) che mi hanno insegnato l’amore per il lavoro e il valore del sacrificio.
Volevo un lavoro creato da me, un posto dove la gente si sentisse coccolata, dove tornare volentieri. E poi volevo conoscere persone nuove, persone di tutte le nazionalità e religioni, e dimostrare a me stessa che anche a cinquant’anni si può cambiare vita.
Sì, volevo comunicare tutto questo, volevo che i miei ospiti si sentissero accolti, e insomma spero di esserci riuscita.»
Come dici amico Diario? Perché non mi sono fatto dire quello che faceva prima? Certo che me lo sono fatto dire, una parte di persona la mattina della colazione, l’altra parte nella seconda mail, questa: «Ho lavorato per oltre venti anni in un’impresa di costruzioni dove mi sono occupata di contabilità fiscale e del lavoro, gare di appalto e così via discorrendo. Ho lavorato per quell’azienda come se fosse la mia, i miei datori di lavoro me la hanno sempre fatta sentire tale, persone eccezionali, d’altri tempi. Poi a un certo punto la crisi economica ci ha travolto e mi sono ritrovata mio malgrado senza lavoro, mi sono dovuta reinventare, ma non sono più riuscita a fare la dipendente da nessuna altra parte. Ci ho provato, certo che ci ho provato, ma in nessun altra azienda mi sono sentita accolta e così mi sono detta che dovevo crearmi un lavoro, anche perché ero stanca di occuparmi di burocrazia, carte, procedure, leggi. È da qui che è nata l’idea del B&B. Abbiamo deciso di chiamarlo Leucos, dal Greco antico, che tradotto in italiano diventa luce, da cui pare che derivi Lucania, terra di luce. Ad ogni camera abbiamo dato un prefisso di una zona della Basilicata, ed è stata messa una foto scattata da Sergio e stampata su tela caratteristica del posto; per gli arredi ci siamo ispirati a una caratteristica del popolo lucano, che ci è piaciuto riassumere nel concetto “il massimo indispensabile”, quindi essenzialità e utilizzo di materiali poveri ma nobili, quali il legno, il ferro battuto e la pietra.
I numeri delle camere glieli ho fatti vedere: 0971, quella dove ha dormito lei: Potenza, con una cascata del Basento, che è un luogo a me molto caro perché vi ho vissuto la mia infanzia, ci andavo con mio nonno a vedere i girini quando l’acqua era limpida e pulita; 0972: Rionero-Melfi con i caratteristici laghi di Monticchio; 0973: Maratea con il Cristo che domina la splendida costa; 0835: Matera con il patrimonio dei sassi.»
Ecco, caro Diario, direi che un po’ della storia della signora Mariangela che nel mezzo del cammin della sua vita si reinventa il lavoro e il futuro te l’ho raccontata, di mio aggiungo solo che alla prima occasione che capita io al Leucos ci ritorno, l’ho detto anche a Vito, ormai quando sono a Potenza la mia casa è lì.