A Jepis Bottega accade. Anche ad Agosto. Accade che tu stai lavorando e Jepis pure e che a un certo punto entra un suo amico e naturalmente lui te lo presenta e tu ti giri, gli sorridi, gli stringi la mano, ti rivolti e ti sei già dimenticato che si chiama Paolo, Paolo Vallone ha detto, ma non per mancanza di riguardo, per i chips dei nomi che nella tua testa è da un bel po’ che si sono bruciati, che ormai anche i tuoi figli per chiamarli giusti devi fare ogni volta tre tentativi. Accade che hai appena rimesso mano alla versione reloaded del tuo post che Jepis ti dice «Vincenzo, Paolo è l’autore dell’installazione che vedi nella foto che hai appena postato, lui è un ingegnere meccanico, un creativo, fa delle cose bellissime.»
E accade che a questo punto tiri giù lo schermo del Mac, ti giri e ti fermi a guardarlo, perché si, i chips dei nomi sono tutti bruciati ma quelli delle connessioni ti mantengono in vita e qui ci sono una coincidenza – tra le mie 191 storie era aperta proprio quella dove c’è la foto dell’installazione di Paolo -, e un ossimoro – ingegnere creativo -, detto naturalmente con ironia e senza offesa per gli ingegneri, che tra aspiranti e finiti anche solo in famiglia sono tanti, e tanti ne conosco che sono inventori e geniali e creativi. E’ che a un vecchio sociologo come me piace troppo giocare con lo stereotipo dell’ingegnere meticoloso, preciso al limite dell’asfissia.
Mi basta parlare con Paolo appena un po’ e mi faccio l’idea che lui ci starebbe bene nella mia galleria di storie; glielo dico, compreso come faccio sempre che è un tentativo, che poi la decisione finale la prendo quando ho davanti la storia; lui ci sta e allora rimaniamo d’accordo che ci risentiamo, così ci siamo risentiti e dunque eccoci qua.
«Mi chiamo Paolo Vallone, ho 37 anni, sono un ingegnere libero professionista. Sono nato a Maratea ma vivo a Sicilì, piccolissima frazione – 300 anime – del piccolissimo comune di Morigerati, nel Cilento. Insomma sono a cavallo tra Campania e Lucania, io da sempre vivo a cavallo di qualcosa. Al liceo sono stato a cavallo tra diploma in sessantesimi e in centesimi, all’università a cavallo tra vecchio e nuovo ordinamento. Mi sono laureato in Ingegneria Meccanica – vecchio ordinamento, ci tengo -, indirizzo Veicoli Terrestri, al Politecnico di Milano. Non è stato facile, come mi preannunciò un saggio prof. a cui mi rivolsi per un consiglio mi sono spesso ritrovato in canoa, in un canneto altissimo, senza vedere l’uscita ma con la consapevolezza di dove remare e remare e remare per venirne fuori, e questo ho fatto, ho remato e buttato il sangue. A essere sinceri pure io non sono stato mai uno studente modello: sempre controcorrente, selettivo negli interessi e nei corsi da seguire, niente sgomitate per il primo banco – anche dall’ultimo ci vedevo e ci sentivo bene -, poca simpatia per ruffiani e galoppini di ogni specie, molto ricercato per i miei appunti scritti con grafia infantile (ergo comprensibile) e arricchiti da bei disegni. Agli esami orali capitava non di rado che il docente di turno mi elogiasse pubblicamente con espressioni tipo «signori, prima di continuare la sessione vorrei dirvi che questo è il modo corretto di sostenere un esame orale su argomenti scientifici» per poi aggiungere ogni volta «ma perché allo scritto ha preso un voto così basso?». Perché allo scritto il carattere, la personalità, l’essere non si vedono? Non lo so, so però che per me quegli elogi valevano più di un 30 e lode.
Dopo la laurea la ricerca del lavoro. E’ il 2008, mi ritrovo tra centinaia di candidati per un solo posto di lavoro per 3 mesi da 800 euro al mese. Non bisogna essere dei geni per capire che a quelle condizioni anche con il posto per vivere a Milano avrei dovuto continuare a chiedere, come facevano in tanti, aiuto ai genitori. L’anno dopo, con la morte di mio padre, decido di investire su me stesso e di tornare a Sicilì.
Mi piace definirmi un creativo, ritengo di possedere un forte senso pratico e mi affascina tutto ciò che è lavoro manuale, artigianale, anche al computer. Sono un ingegnere con le mani piene di tagli, calli, grasso, polvere. Non c’è occasione in cui non tenti di fare qualcosa di nuovo, mi basta osservare qualcuno all’opera per tentare di cimentarmi. Naturalmente a volte riesco e altre no, ma se mi piace ci provo. Utilizzo materiali recuperati per tirarne fuori attrezzi, strumenti, macchine, oggetti, che possono essere utili o avere anche fini puramente estetici. La mia fissazione è trasformare oggetti di bassa utilità o inutilizzabili in cose funzionanti. nella mia vita fin qui ho dipinto, ho scolpito, ho cucito, ho riparato la stessa macchina con cui ho cucito, ho tagliato i capelli, ho realizzato calci per fucili da caccia, ho aerografato moto e caschi, ho riparato attrezzi agricoli, ho caricato munizioni, ho aggiustato dispositivi elettronici, ho creato un orto, ho costruito e suonato strumenti musicali, ho fatto il programmatore ma di questo ti dico dopo alla voce lavoro.
Passo dal maneggiare mouse e tastiera del PC al pennello, dallo stare al tornio all’usare un tester. Mi piace fare sport, di qualunque tipo. Penso che da tutto quello che fai impari qualcosa, che tutto quello che impari a fare ti può tornare utile un giorno anche in attività di natura completamente diversa.
Amo la sostanza, la logica, la bellezza, il profumo del caffè e tutte le cose semplici della vita quotidiana. Non sopporto l’ordine eccessivo, il rumore del decespugliatore alle 7 del mattino ad Agosto, la mia cervicale cronica, i saccenti, quelli che credono di essere arrivati, i bulli e chi vive solo di apparenza.
Mio padre Antonio, geometra molto in gamba, è scomparso come ti dicevo nel 2009; mia madre Mimì è una insegnante attualmente in pensione; le mie tre sorelle – due vivono in Inghilterra e una a Sicilì – sono tutte e tre laureate in Economia.
Fino agli anni del liceo non ho avuto la necessità di lavorare, andavo bene a scuola e avevo la capacità di accontentarmi di quello che avevo: non desideravo vestiti firmati, non avevo moto o motorini da campare, non facevo grandi viaggi.
Ai tempi dell’università invece – vivendo a Milano e non volendo rinunciare agli aperitivi, alla discoteca e alle uscite – ho cominciato a fare qualche lavoro: realizzavo siti web per alberghi e ristoranti, facevo lavori di grafica, ho fatto qualche volta il receptionist in albergo in sostituzione di amici o parenti che si assentavano per brevi periodi. Nel 2006 avevo scoperto anche la pittura, ho iniziato per gioco copiando due dipinti di Monet. Quando ho venduto uno dei due a una cifra che superava uno stipendio medio ho capito che anche quello era un modo per avere qualche soldo in più in tasca durante gli studi. In seguito ho continuato a dipingere sia per esercizio personale sia per mia espressione artistica, sia su commissione – realizzando falsi d’autore – sia realizzando ritratti e nature morte originali.
Come strumento di lavoro il computer mi affascina da sempre e con la passione e i miei piccoli lavori ho avuto modo di imparare a programmare, a disegnare in 3D, a utilizzare programmi di grafica e animazione. Ero autodidatta, mi ci sono buttavo con il cuore prima che con la testa, mi ci volevano nottate intere per capire come funzionava un codice o un tool di una applicazione, ma alla fine riuscivo.
Nel 2009 come ti ho detto sono tornato a Sicilì e quando ho pensato che avevo accumulato abbastanza esperienze in campo informatico, grafico, artistico, ingegneristico da poterlo fare mi sono dedicato a un’idea che mi frullava in testa da tempo, la creazione di un software cloud per il settore alberghiero, in gergo un PMS (Property Management System).
La realizzazione di questo software ha richiesto circa 5 anni di lavoro svolto in totale autonomia. L’ultimo anno prima del lancio, fra il 2013 ed il 2014, ho lavorato anche 18 ore di fila, naturalmente senza paga, scommettendo sull’unica vera risorsa che avevo a disposizione, me stesso.
Nel 2014 ho aperto il mio studio di ingegneria. Nel posto in cui vivo l’ingegnere fa le case e comunque se non ha una zappa o un decespugliatore in mano o non guida un trattore non sta lavorando, insieme ai tanti pregi le piccole comunità hanno anche il difetto di essere un po’ chiuse, ed è difficile spiegare alle persone cosa fai quando fai questi sono lavori nuovi, a volte quando lavori col cervello la gente pensa che tu non faccia nulla.
La verità è che io non faccio un lavoro, io il mio lavoro lo creo. Sono partito da una pagina bianca, e non è un modo di dire, perché davanti avevo davvero una pagina bianca di un editor di testo. Ho fatto e sto facendo tutto da solo e credimi non è facile. Dalle nostre parti per lavorare bene devi solo creare e crederci, per molti versi è più difficile restare che andar via, devi essere come il fico cresciuto nella roccia, il fiore nato nello sterco, insomma ci devi credere, devi avere carattere, devi conquistarti il futuro centimetro dopo centimetro.
Per fortuna che c’è Internet, che quella è davvero un’autostrada che ti può mettere in comunicazione col mondo indipendentemente dal posto in cui stai.
Il software che ho creato si chiama HiBooker, è totalmente on line, non si installa ma si usa da browser. Ho puntato tutto sull’usabilità studiando nel dettaglio le problematiche connesse al flusso di lavoro degli albergatori e del personale alberghiero.
Ho iniziato “solo” nel dicembre del 2014 ma già a pochi giorni dal lancio ho avuto riscontri positivi ed ho chiuso i primi contratti. Il software ha poi subito diverse evoluzioni e le funzionalità sono aumentate e con esse è aumentata anche la sua possibilità di essere competitivo rispetto alla concorrenza. L’anno scorso un’ulteriore evoluzione: ho puntato sull’accumulo di esperienza in termini di relazioni con la clientela, ho chiuso nuovi contratti, ho lavorato sui rapporti di partnership con prestigiose aziende del settore Channel Management e Revenue Management in campo alberghiero. La risposta in termini di mercato è buona, il software è stato integrato con altri partner introducendo nuove funzionalità e in meno di un anno HiBooker è entrato in partnership con 3 grandi aziende nazionali e 2 multinazionali. Quest’anno ho ottenuto il certificato Q-ing presso l’Ordine degli ingegneri della provincia di Milano nel settore dell’informazione, in particolare per i servizi informatici e le applicazioni WEB, confermando le mie aspirazioni professionali e dando ancora maggior credibilità al mio operato in questo campo.
Caro Vincenzo, ho fatto e faccio il programmatore, il web designer, il grafico, il project manager, il commerciale, il tecnico di assistenza, il mediatore. Ho dovuto imparare a farlo ed alla svelta, come sai nell’età di internet i tempi sono molto accelerati. Sono stato anche il mio capo, sono stato molto duro con me stesso e molto esigente. Ho dovuto fare il lavoro di svariate persone con differenti competenze e ti devo dire che sono contento dei risultati.
Oggi HiBooker, pur essendo ancora all’inizio, è utilizzato da numerosi clienti e ha davanti a sé margini di crescita consistenti. Attualmente sono alle prese con un restyling grafico e funzionale che allo scopo di rendere il sistema ancora più affascinante e competitivo, alla fine bisogna stare sempre sul punto, lavorarci sopra continuamente.
Oltre a dedicarmi a HiBooker realizzo anche software gestionali dedicati e siti web su commissione. I siti continuo a farli in maniera artigianale, perché mi piace realizzare personalmente la grafica e le impaginazioni.
Caro Vincenzo, il lavoro per me è certo necessità, è l’assumersi le proprie responsabilità di uomo, i carichi e le gratificazioni che ne conseguono, ma è anche l’espressione del proprio essere, il senso stesso dell’esistenza umana, ciò che giustifica il riposo o lo svago, la posta per cui metti in gioco rapporti, amicizie, tranquillità. Non tutti i lavori sono uguali naturalmente, ma ogni lavoro è nobile, ogni lavoro richiede dedizione e passione.
Per me il lavoro è scambio, è la capacità di risolvere problemi nel modo più semplice ed efficace possibile, è la possibilità di essere gratificato dalla soddisfazione e dalla fiducia dei tuoi clienti e partner.
Vedi Vincenzo, anche se tu magari pensi il contrario, l’ingegnere meccanico è un ingegnere elastico, si adatta, ha studiato un po’ di tutto, e secondo me è particolarmente a un mondo nel quale il lavoro non è più soltanto «faccio 8 ore e mi pagano». Per esperienza, come libero professionista, si lavora quando hai la forza, hai le idee, quando trovi il cliente se ti va bene, e se ti va male aspetti che ti vada bene.
Sono io il mio datore di lavoro, sono io che mi devo bacchettare, sono io che prendo le decisioni, sono io che produco, sono io che rischio. Sono io che stabilisco quale strada prendere, sono io quando prendo quella giusta o sono io anche quando prendo quella sbagliata.
Spero di non sembrare presuntuoso, ma sono orgoglioso del lavoro che ho creato, quando mi siedo e accendo il computer mi sento bene. Certo che lo so che non sono e non ho tutto quello che posso essere e avere e che in alcuni momenti penso di meritare, ma intanto lavoro, e mi sento felice.»