Mirto, Parco dei Nebrodi, Messina. Siamo appena usciti da Palazzo Cupane, dove abbiamo visitato il bellissimo Museo del Costume e della Moda Siciliana diretto da Pippo Miraudo, che spero prima o poi di riuscire presto a raccontare come si deve.
Teodoro cammina spedito uno o due passi avanti, di fianco a me Cinzia continua a dirmi della bellezza dei vestiti e della sua preferenza per quello verde indossato da Maria Grazia Cucinotta, la madrina del Museo. Penso «sono d’accordo, quello verde è piaciuto tanto anche a me», ma non faccio in tempo a dirlo perché la testa – che come sempre corre per i fatti suoi – mi dice di dire a Teodoro «vado a dare un’occhiata alla piazza, salirò in macchina qualche metro più avanti.» Lui si volta appena e mi dice di lasciar perdere la piazza e la macchina. «Non stiamo ancora andando via – aggiunge -. E comunque qui comando io e devi fare quello che dico io.» Ecco, è a questo punto qui che si gira davvero. E sorride divertito. Cinzia e io di più. Ancora pochi passi e ci siamo: Macelleria Agostino. La Paisanella. Entriamo.
Lunga vita al comandante Teodoro. Per fortuna che comanda lui. Perché si, questa non è una macelleria, è un tempio del buono e del bello. Lo vedi dagli spazi e dall’arredo. Lo senti dai profumi. Lo assapori con il gusto.
Luisa Ingroggio Agostino ha una passione per il suo lavoro che le illumina gli occhi.
Ci racconta che questa è l’azienda di famiglia del marito, Sebastiano Agostino, che si sono conosciuti quando lei aveva 15 anni e che con gli anni si è innamorata così tanto del suo lavoro da diventare macellaia.
«Vincenzo, devi sapere che il nonno di Sebastiano è vissuto 104 anni, è stato il più grosso pastore della Sicilia, a soli 24 anni aveva già 1000 pecore.
Siamo allevatori di tutte le specie indigene sul territorio – pecore, capre, suino nero – e l’azienda è stata tramandata da padre in figlio.
Nel 1986 mio marito apre la macelleria per la vendita di sola produzione propria, ancora adesso vendiamo solo cose nostre, compresi i maiali che vengono cresciuti sotto il nostro controllo da 5 – 6 aziende che lavorano bene e paghiamo bene, come è giusto che sia.»
Dieci anni dopo, anno di grazia 1996, la Regione Sicilia promuove un progetto per la valorizzazione del suino nero dei Nebrodi e La Paisanella diventa azienda pilota.
«Veniamo scelti perché abbiamo ancora qualche esemplare di suino nero, razza che al tempo rischia l’estinzione, dato che ha una crescita molto lenta e delle caratteristiche molto particolari. Avviamo il processo di allevamento e di trasformazione e ci misuriamo con tantissime difficoltà. Il primo periodo è davvero molto duro, le difficoltà sono tante, all’inizio sembrava che i prodotti di questo tipo di maiale non lo volesse nessuno.»
«Mamma mia, cosa ci saremmo persi».
«Già. Ma come sai le difficoltà sono fatte per essere superate e poi noi siamo abituati alla fatica. Oggi tutta l’azienda ruota intorno al suino nero, ma abbiamo anche altre cose, la provola dei Nebrodi, la ricotta. Devi sapere che dal 2000 siamo presidio Slow Food e abbiamo messo su un piccolo salumificio sempre con prodotti dei nostri allevamenti. Nel 2014 siamo finiti nella Guida dei grandi salumi italiani del Gambero Rosso e nel 2015 siamo stati inseriti tra i migliori 10 Prosciutti d’Italia da uno studio condotto dall’Università La Sapienza.»
«Quante ore dura la tua giornata?»
«Più o meno dalle 7:00 di mattina alle 9:30 – 10:00 di sera, ma non mi pesa, è il lavoro che amo, è la nostra azienda, sono le cose per le quali lavoro da 25 anni.»
«E se ti chiedo che cosa ti piace della vita cosa mi rispondi?»
«Il lavoro.»
«Il lavoro non vale.»
«Vedere come lavorano gli altri, confrontarmi con gli altri per crescere.»
«Luisa, anche questa non vale, è bella ma non vale. Cosa ti piace oltre il lavoro?»
«Mi piace viaggiare. Mi piace leggere, in particolare libri di cucina. Mi piacciono gli U2. E comunque non ti arrabbiare se ti dico che mi piace lavorare, perché il lavoro non è solo soldi, il lavoro è soddisfazione, è la possibilità di conoscere tante persone diverse, è la possibilità di realizzarmi. Vincenzo, te la posso dire una cosa?»
«Certo che puoi.»
«Io sto qui per far conoscere al mondo intero qualcosa di nostro. Ti sembra poco?»
«No, non è per niente poco, è bellissimo, direi che è un sogno.»
«Un sogno no. Il mio sogno è che anche i miei figli possano prendere, custodire e trasmettere agli altri questo patrimonio familiare.»
Ecco, a questo punto qui Luisa un po’ si è commossa – «figli» è una parola che fa questo effetto – e io con lei, però forse io sul punto non sono del tutto attendibile, perché mi sono commosso anche mentre assaggiavo il prosciutto, la provola e la ricotta.
Si, viva il comandante Teodoro, che ci ha fatto trascorrere una giornata piena piena di belle cose e di bella gente, che poi un po’ alla volta ve le racconto tutte, perché in questa Italia di belle persone che ogni mattina si svegliano e cercano di fare bene quello che devono fare c’è un pezzo di Sud importante, un Sud che finisce troppo poco sui giornali, un Sud che invece è tutto da raccontare.