Dai, ammettiamolo, funziona così, come del resto in molte cose della vita, se non ci inciampi finisce che non sai neanche cos’è. E com’è che ci inciampi? Deve capitare a qualcuno della tua famiglia, a qualcuno a cui vuoi bene, a qualcuno che conosci. Oppure ti invitano a iscriverti a un gruppo su Facebook come Sono speciale, sono dislessico.
Vedete che non sono io che sono fissato? Che i social network e più in generale i nuovi media sono particolarmente utili per condividere esperienze, socializzare conoscenze, organizzare risposte a problemi che se sono vissuti in solitudine sono molto più difficili da affrontare?
Non ci credete? Provate a visitare Dislessia e dintorni, il blog sui disturbi specifici di apprendimento animato da Manuela Giani e dalla sua amica Antonella. E provate a riflettere su quanto dicono ad esempio L., 11 anni, dislessica “Ho spiegato ai miei compagni che non son tonta, solo un po’ lenta, come una tartaruga, ma le tartarughe possono arrivare al traguardo lo stesso!!”, M., 12 anni, dislessico, disortografico, discalculico: “La mia mamma adesso sclera solo qualche volta, prima tutti i giorni!!”, D. 12 anni, dis- tutto: “Io mi sento più forte, prima ero come una formichina, tutti potevano pestarmi!!”.
Manuela Giani in un suo bellissimo articolo ci ricorda a un certo punto che “i ragazzi con disturbi specifici di apprendimento hanno grandissime potenzialità, basterebbe così poco per riuscire a trovare la strada giusta per aiutare ognuno di loro, il metodo giusto per arrivare ai risultati dei loro compagni, ma purtroppo la nostra società, la nostra scuola non è preparata ad accogliere chi non rientra nei parametri di “normalità”, una scuola fatta per bambini e ragazzi standard, che punisce chi ha una visione del mondo vista da un’altra angolazione e che usa altre vie. Mai mi sarei aspettata di vivere questo genere di problematiche durante la mia vita, di scoprire un mondo così vasto e se visto da un punto di vista diverso da quello scolastico, così interessante. Mi piacerebbe tanto che gli insegnanti cominciassero a vedere i bambini/ragazzi con disturbi di apprendimento, come una grande risorsa e non come limite al programma… Utopia?”.
Sinceramente non lo so se è un’utopia, spero di no. Però su Pagine Mediche ho letto che Kennedy, Leonardo e Einstein sono stati bambini dislessici. Ho pensato che bisogna raccontarlo a tutti i bambini, quelli che hanno queso disturbo e quelli che invece no. E anche ai loro insegnanti. Perché anche le tartarughe se sostenute nel modo giusto possono diventare geni.
Meditiamo gente, meditiamo.