Caro Diario, come puoi leggere qua questa storia delle letterine è nata nell’ambito del progetto «lavoro ben fatto, tecnologia e consapevolezza» con la Prima A e la Prima E Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo 83 Porchiano Bordiga. Dato che siamo creativi e che non facciamo proprio sempre le stesse cose in una classe e nell’altra con la Prima E abbiamo pensato di fare un Alfabeto del Lavoro Ben Fatto mettendo assieme tre cose: 1. uno dei bellissimi libri di Marc-Alain Ouaknin, «i Misteri dell’Alfabeto», del quale ti ripeto abbiamo parlato qui e dal quale abbiamo tratto liberamente l’origine protosinaitica delle 25 lettere e un pizzico delle loro storie, che naturalmente per saperne di più è meglio leggere il libro; 2. i bellissimi disegni delle bimbe e dei bimbi della Prima E; 3. i racconti di Primo Bordiga, il bimbo che ancora non c’è della Quinta E. Le sue storie sono quelle scritte in verde, spero tanto che possano aiutare le bimbe e i bimbi che le leggeranno – tutte/i, non solo quelle/i della Prima E e della Prima A – ad amare le cose ben fatte. Per ora Primo ne ha scritte dieci, ma pian piano arriveranno anche le altre, diamo tempo al tempo, che per fare bene le cose ci vuole pazienza. Naturalmente il tutto è inserito in un percorso didattico che la maestra Lina La Gatta ha sintetizzato qui.
Buona lettura.
La A, la lettera Alef, il Toro. Valore numerico 1
«Il toro è il primo segno in quanto rappresenta la forza, l’energia utile alla vita, all’agricoltura, al trasporto.»
La lettera A come Amore
Faceva molto freddo quella mattina, nonostante l’arrivo della primavera, e Primo scese in bottega per portare una tazza di orzo caldo a nonno Antonio. Gli piaceva molto andare a trovare il nonno, gli piaceva che aveva 94 anni, gli piaceva l’amore che ancora metteva nel suo lavoro, gli piacevano le storie che gli raccontava nelle sere di festa. Arrivato giù, lo trovò con la pialla che accarezzava una sedia; gli sorrise, gli diede l’orzo preparato dalla nonna, e mentre lo beveva gli disse dell’alfabeto del lavoro ben fatto e dell’idea di raccontarlo con 25 parole, una per ciascuna lettera. «Che bel progetto – disse allora il nonno -. E quale parola hai scelto per la prima lettera? – chiese -.» «Nonno, ho scelto la parola Amore – rispose Primo -. È la parola dedicata a te che non ti stanchi mai di lavorare perché vuoi bene alle cose che fai.»
La B, la lettera Bet, la Casa. Valore numerico 2
«La casa o Bayit o lettera bet è inizialmente un semplice quadrato. A volte vi si trovano inscritti uno o più punti che rappresentano certamente un focolare acceso. Il quadrato si apre, appare la porta.»
La lettera B come Bellezza
Aveva piovuto tanto per tutta la mattina, ma adesso che Primino e i suoi amici stavano uscendo da scuola nel cielo era comparso come d’incanto il Sole e dopo di lui, là, in alto in alto nel cielo, un bellissimo arcobaleno. Fu subito un gran strepitare di «guarda che bello mamma», «guarda che bello papà», i più piccoli gridavano e danzavano per la gioia e a un certo punto il papà di Bianca disse «certo che la Natura lo sa fare bene il suo lavoro». Fu a quel punto che Primo pensò «Bellezza, ecco una nuova parola per il mio alfabeto: un lavoro fatto bene è anche un lavoro bello.»
La C, la lettera Ghimel, il Cammello. Valore numerico 3
«La parola ghimel viene da gamal che significa cammello. È il veicolo che porta al di là, che permette il viaggio, la separazione geografica, la frattura psicologica.»
La lettera C come Consapevolezza
«Era una fresca mattina di inizio Aprile e il papà di Primo, approfittando della Domenica, aveva finalmente deciso di apprendere il ritratto che aveva fatto zio Cesare. Tra due dita teneva il chiodino, nella mano destra impugnavo il martello e toc, e toc, e toc, un colpo dopo l’altro fino a quando non si sentì forte quel «ahia!» nell’aria. Corsero tutti, la mamma, Primo e anche Lina, la sorellina, che anzi fu proprio lei a dire «povero papà, martello cattivo.» Fu allora che il papà sorrise, dicendo «non è niente», e però poi spiegò che il martello non è né buono e né cattivo, né intelligente e né stupido, è solo un attrezzo, che so lo usi nella maniera giusta, in modo consapevole, colpendo il chiodo, ti aiuta, se lo utilizzi in modo sbagliato, colpendo il dito, ti fai male.» «Papà vale per tutti gli attrezzi? – chiese allora Primo -.» «Si – rispose il papà – vale per tutti gli attrezzi, per tutte le tecnologie, il martello e il telofonino, il coltello e il computer.» Primo aveva trovato la sua terza parola, «Consapevolezza», e così corse in fretta a scriverla sul quadernone, che ormai questo gioco lo appassionava ogni giorno di più.
La D, la lettera Dalet, la Porta. Valore numerico 4
«La lettera dalet rappresenta una porta. Certi studiosi vi vedono piuttosto un seno di donna (in ebraico, Dad). Con la maggioranza degli studiosi accettiamo che la dalet sia la porta, però la tesi della dalet-seno di donna o di un rapporto con il femminile non è esclusa.»
La lettera D come Diritti
sera precedente Primo aveva sentito al telegiornale che in una parte del mondo che non ricordava avevano arrestato i proprietari di una fabbrica che facevano produrre i palloni che servivano per giocare alle bambine e ai bambini. Il giorno dopo aveva chiesto alla maestra perché dei bimbi così piccoli invece di andare a scuola andavano a lavorare e allora la maestra aveva spiegato che all’origine di queste bruttissime forme di sfruttamento c’erano l’estrema povertà delle famiglie e la sete di denaro di persone senza scrupoli e così a molte/i bimbe/i era negato il diritto al gioco e allo studio. «Sai, nonostante le nostre leggi a volte ci sono casi simili anche nel nostro paese – aveva aggiunto». Primo rimase perplesso, cose se capisse e non capisse, però ringraziò la maestre, tirò fuori il suo quadernone e scrisse «i piccoli a studiare e i grandi a giocare e a lavorare. Senza la parola «Diritti» il lavoro ben fatto non esiste.
La E, la lettera He, l’Uomo in preghiera, il Respiro. Valore numerico 5
«Le diverse varianti di questo pittogramma rappresentano tutte un uomo in preghiera, in piedi, seduto o che cammina, con le braccia alzate al cielo.»
La F, la lettera Vav, il Chiodo, il Legame. Valore numerico 6
«La F deriva da vav e le sue origini sono le stesse delle lettere U, V e W del nostro alfabeto moderno. La vav si pronuncia come la V di vuoto e significa in ebraico chiodo o gancio. Serve a unire due parti e a tenerle assieme.»
La lettera F come Futuro
«Papà chi è Toro Seduto?» «Era un grande capo degli indiani d’America. Perché me lo chiedi?» «Perché la maestra ci ha fatto leggere una sua frase e ha detto che ne dovevamo aprlare a casa.» Qual è la frase?» «Quando avranno inquinato l’ultimo fiume, abbattuto l’ultimo albero, preso l’ultimo bisonte, pescato l’ultimo pesce, solo allora si accorgeranno di non poter mangiare il denaro accumulato nelle loro banche.» «Non è certo che sia stata detta da Toro Seduto, ma comunque questo non importa. Tu che ne pensi di questa frase?» «Se ho capito bene quello che ci ha detto la maestra dobbiamo avere cura del nostro futuro e di quello del nostro mondo, e a me questa cosa piace». «Piace anche a me, bisognerebbe avere sempre un pensiero per quelli che verranno dopo di noi, fare sempre qualcosa per lasciare il mondo almeno un po’ migliore di quello che ci è stato dato. Non è facile, ma penso che bisognerebbe fare proprio così.» La sera, prima di mettersi, a dormire, Primo tirò fuori il quadernone e al suo alfabeto del lavoro ben fatto aggiunse la parola «Futuro».
La G, la lettera Zayin, lo Scontro, il Fronteggiarsi. Valore numerico 7
«Zayin significa in ebraico arma e rappresenta il suono Z. In greco la zayin prende il nome di zeta. La zayin è la settima lettera dell’alfabeto ebraico e fenicio, come la zeta è la settima lettera dell’alfabeto greco.»
La lettera G come Giusto
«Fare bene le cose è giusto» aveva ripetuto più volte il papà di Primo quella sera mentre erano a tavola. Era di ritorno da un incontro in libreria e sembrava veramente eccitato per le cose che aveva ascoltato. «Capite? – aveva ripetuto più volte – , se il medico non fa bene il suo lavoro il malato non guarisce, se l’imprenditore non innova i suoi prodotti la sua azienda chiude, se lo spazzino non pulisce bene, il pezzo di strada che gli è stato assegnato rimane sporco, insomma se le persone non fanno bene quello che devono fare c’è uno spreco di risorse e di possibilità incredibili».
La mamma aveva aggiunto che per fare bene un lavoro bisogna anche avere a disposizione gli strumenti giusti, perché insomma gli strumenti di lavoro – le tecnologie -, sono importanti e il papà aveva approvato con ampi gesti del capo, eppure quando più tardi si mise a letto Primo decise che lui il perché «fare bene le cose è giusto» non è che l’aveva capito proprio bene.
Fu il giorno dopo, quando si parlò del crollo del ponte e la maestra disse delle persone che erano morte, dei disagi che gli abitanti avrebbero dovuto affrontare, del tempo e dei soldi che ci sarebbero voluti per ricostruirlo che Primo associò la discussione della sera prima a quello che stata sentendo adesso e così tirò fuori il suo quadernone e aggiunse la nuova parola: «Giusto».
La H, la lettera Het, la Barriera, la Recinzione. Valore numerico 8
«Il significato pittografico della lettera H è chiaro: si tratta di uno steccato, di una recenzione, di una barriera, di un muro che impedisce senza dubbio all’alef-toro di andarsene.»
La I, la lettera Yod, la Mano. Valore numerico 10
«Il pittogramma originario è mutuato dai geroglifici che offrono un gran numero di varianti della forma braccio, avambraccio, mano. Certi autori pensano che la yod originaria fosse raffigurata mediante un segno derivato dal geroglifico egizio “cespuglio di papiri”. Per distinguere la Yod-mano dalla Yod-papiro gli autori parlano di Yod I e Yod II.»
La J, la lettera Yod, la Mano. Valore numerico 10
«Il pittogramma originario è mutuato dai geroglifici che offrono un gran numero di varianti della forma braccio, avambraccio, mano. Certi autori pensano che la yod originaria fosse raffigurata mediante un segno derivato dal geroglifico egizio “cespuglio di papiri”. Per distinguere la Yod-mano dalla Yod-papiro gli autori parlano di Yod I e Yod II.»
La K, la lettera Kaf, il Palmo della Mano. Valore numerico 20
«Le lingue semitiche distinguono due parti della mano; quella delle dita, costituita da quattordici falangi, che si chiama yad, e quella costituita dal palmo della mano, detto kaf.»
La L, la lettera Lamed, lo Studio, l’Insegnamento. Valore numerico 30
«La sua forma originaria in protosinaitico è quella di un pungolo per buoi. Si tratta di una sorta di asta appuntita, munita di impugnatura, che serviva a pungere l’animale per farlo avanzare.»
La lettera L come Lavoro
Anche quell’anno l’autunno – che di per sé è una stagione molto bella – aveva portato con sé un fastidioso mal di gola che quasi gli aveva portato via la voce e così era ormai il terzo giorno che Primo non andava a scuola. Il papà e la mamma al lavoro, il nonno che appena poteva scappava in bottega, a prendersi cura di lui era nonna Concetta, che tra le pulizie, la spesa da fare, il pranzo da preparare, il decotto da fargli bere non stava ferma un minuto. «Quanto lavori, nonna – disse a un certo Primo -» e allora la nonna si fermò, gli sorrise, si siedette ai bordi del letto e gli disse «Beh, ci sono tante cose da fare in casa e purtroppo non si fanno da sole.» «Ma qualcuno ti paga nonna, per il lavoro che fai? – disse allora Primo -» e a questo punto la nonna sorrise di, e gli disse che no, nessuno la pagava, che quello di casalinga è un lavoro non retribuito e che c’è stato un tempo che non era neppure riconosciuto come lavoro.
«Cosa vuol dire che non era riconosciuto? – chiese ancora Primo.» «Vuol dire che la moglie che lavorava in casa era considerata disoccupata, che chi lavorava in famiglia era il marito, che portava i soldi a casa e dunque si considerava ed era considerato il capofamiglia. C’è voluto molto tempo perché le cose cambiassero, c’è voluto che le donne lavorassero anche fuori di casa, c’è voluto che anche gli uomini cominciassero a dare una mano in casa, e insomma man mano si è capito – anche se ancora oggi non tutti l’hanno capito – che anche il lavoro fatto in casa è un lavoro, che anche prendersi cura delle persone è un lavoro, e magari verrà un giorno che almeno in parte anche questo lavoro sarà pagato. Per esempio, perché se una persona anziana sta in ospedale le persone che la accudiscono e la curano sono pagata e se invece sta a casa le persone che si prendono cura di lui e di lei devono farlo gratis?» «Non lo so nonna – rispose Primo» e allora la nonna rise forte e disse «certo che non lo sai nipote mio, non lo sanno quelli che lo dovrebbero sapere figurati tu che hai 6 anni. C’è tempo per queste caso, io intanto ritorno in cucina, altrimenti il nonno torna dalla bottega e borbotta perché il pranzo non è ancora pronto.» Anche Primo sorrise, e fece sì con la testa, ma appena la nonna se ne fu andata prese il suo quadernetto e scrisse bella grande la parola «lavoro».
La M, la lettera Mem, l’Acqua. Valore numerico 40
«La sua forma originaria nella scritturra protosinaitica è quella di un rivolo d’acqua o delle onde del mare.»
La N, la lettera Nun, la Selvaggina Palustre, il Pesce, il Cobra. Valore numerico 50
«La sua forma originaria nella scrittura protosinaitica è quella di un serpente, di una biscia d’acqua, un’anguilla.»
La O, la lettera Ayin, l’Occhio. Valore numerico 70
«La sua forma originaria nella scrittura protosinaitica è quella di un occhio. La ayin dà la O passando per la omicron greca.»
La P, la lettera Pe, la Bocca. Valore numerico 80
«La sua forma originaria è quella di una bocca. Gli scribi del protosinaitico si scontrarono con un problema di confusione tra due segni: facendo derivare la pe dal geroglifico avrebbero dovuto tracciare un segno simile a quello già utilizzato per l’occhio e dunque dovettero inventare un nuove segno o una variante del segno già esistente.»
La lettera P come Pensare
Era stata ancora una volta la maestra a metterlo sulla strada giusta, con quella poesia di un poeta tedesco che aveva un nome e cognome difficilissimo che cominciavano tutti e due per la «B». La poesia si chiamava «Generale, il tuo carro armato», e Primo era rimasto colpito assai dalla terza storia, che faceva più o meno così: «Generale, l’uomo fa di tutto. L’uomo può volare e può uccidere. Ma ha un difetto: può pensare.» Questa volta però Primo non prese immediatamente il quadernone, e non ne parlò né con la maestra e neanche con il babbo o la mamma, volle rifletterci da solo, e così passarono diversi giorni, e il quadernone lo prese soltanto quando decise che davvero non si può fare un lavoro ben fatto senza pensare, che fare e pensare sono come due gemelli, devono stare sempre l’uno con l’altro. Si, era davvero contento di esserci arrivato da solo, e mentre scriveva la parolina «Pensare» sul quadernone aveva un sorriso così luminoso che sembrava fosse il giorno del suo compleanno.
La Q, la lettera Qof, la Scimmia. Valore numerico 100
«Gli studiosi sono divisi sul significato originario di questa lettera. Riportiamo tre casi: il primo è quello della testa vista di fronte; il secondo conduce al segno del cuore e trachea; l’ultimo è quello della clava. La parola ebraica Qof designa la scimmia. Qof significa anche cruna dell’ago e tante altre parole. Un grandissimo numero di parole che cominciano con questa lettera contiene l’idea di taglio, separazione, interruzione, il che ci indirizza verso mezzaluna, mannaia.»
La R, la lettera Resh, la Testa. Valore numerico 200
«Resh vuol dire testa, in ebraico rosh. La forma di questa lettera deriva direttamente dal geroglifico: testa vista di profilo coperta da un foulard.»
La S, la lettera Shin, il Dente. Valore numerico 300
«Shin vuol dire dente, si pronuncia shen, al prulare shindyim. La forma originaria in protosinaitico rappresenta un dente stilizzato.»
La lettera S come Sapere
«Mamma, quante sono le cose che sai? – chiese Primo mentre infilava il pigiama -. E quelle che sai fare?».
«Beh, dipende dai punti di vista – rispose la mamma -. Se consideriamo le cose che ho imparato e quelle che ho imaparato a fare da quando sono nata direi un bel po’. Se consideriamo le cose che esistono in cielo e in terra direi meno di pochissime, un numero quasi insignificante. Non a caso uno dei più grandi filosofi dell’antichità, si chiamava Socrate, diceva «io so perché so di non sapere. Ma perché mi fai questa domanda?».
«Perché qualche giorno fa la maestra ha detto che quello che sappiamo e sappiamo fare è più importante, vale di più, di quello che possediamo e invece oggi mentre facevamo merenda Antonio mi ha detto che secondo suo padre dice la maestra ha detto una sciocchezza, perché avere delle cose è molto meglio che sapere delle cose. Secondo te chi ha ragione la maestra o il papà di Antonio?»
«Secondo me ha ragione di più la maestra.»
«E perché?»
«Il perché non te lo dico ancora, così tu ci pensi un po’ su con la tua testolina e la prossima volta ne parliamo e il perché lo scopriamo assieme, che ne dici?»
«Dico che mi piace di pensarci su, intanto domani mattina scrivo la parola «Sapere» sul mio quadernone. Buona notte.»
«Buona notte tesoro.»
La T, la lettera Taw, il Segno. Valore numerico 400
«Taw in ebraico significa marchio, segno. È una lettera molto presente nelle escrizioni protosinaitiche nelle forme di due bastoni incrociati. Questo segno è la semplificazione del geroglifico cuore e trachea.»
La lettera T come Tecnologia
«’E fiérre fanno ‘o masto»: mentre di buon passo si dirigeva verso scuola Primo non poteva fare a meno di sorridere. Nonno Antonio non è che ti sgridava se vedeva che avevi le punte dei pastelli mal temperate o la penna lasciava quell’alone di inchiostro che aveva effetti micidiali quando ti finiva tra medio, pollice e indice, lui tirava fuori un vecchio proverbio e poi ti raccontava una storia, che quella volta lì riguardava la cura che i maestri artigiani avevano per i loro attrezzi di lavoro, «i ferri» per l’appunto. «Sai Primo – gli aveva detto – molti di loro se li fabbricano da sè i propri attrezzi, così vengono più precisi, e lavorano meglio.» Che meraviglia avere un nonno come il mio, pensò Primo, che poi in realtà una decina di giorni prima durante il laboratorio di Tecnica il maestro calzolaio aveva parlato proprio delle tecnologie, di quanto siano importanti e persino indispensabili per fare quasi tutte le cose che facciamo dalla mattina alla sera. È che il nonno ha un modo diverso di farti capire le cose – pensò Primo – ho forse è solo il fatto che gli voglio molto bene che me lo fa sembrare diverso, non lo so. Quel che è certo – concluse – , è che da oggi anche la parola «Tecnologia» finisce nel mio quadernone, che la vedo difficile fare bene un lavoro senza il loro aiuto.
La U, la lettera Vav, il Chiodo, il Legame. Valore numerico 6
«La U deriva da vav e le sue origini sono le stesse delle lettere F, V e W del nostro alfabeto moderno. La vav si pronuncia come la V di vuoto e significa in ebraico chiodo o gancio. Serve a unire due parti e a tenerle assieme.»
La V, la lettera Vav, il Chiodo, il Legame. Valore numerico 6
«La V deriva da vav e le sue origini sono le stesse delle lettere F, U e W del nostro alfabeto moderno. La vav si pronuncia come la V di vuoto e significa in ebraico chiodo o gancio. Serve a unire due parti e a tenerle assieme.»
La W, la lettera Vav, il Chiodo, il Legame. Valore numerico 6
«La W deriva da vav e le sue origini sono le stesse delle lettere F, U e V del nostro alfabeto moderno. La vav si pronuncia come la V di vuoto e significa in ebraico chiodo o gancio. Serve a unire due parti e a tenerle assieme.»
La X, la lettera Samek, la Scala, l’Appoggio. Valore numerico 60
«In ebraico Samek significa appoggio, il fatto di appoggiarsi. Le sue forme originarie in protosinaitico sono un pesce o un albero con dei rami. La Samek è la quindicesima lettera dell’alfabeto ebraico e fenicio che diventa csi, quindicesima lettera dell’alfabeto greco, la quale si trasforma in X in latino e va a occupare il ventiquattresimo posto nel nostro alfabeto.»
La Y, la lettera Yod, la Mano. Valore numerico 10
«Il pittogramma originario è mutuato dai geroglifici che offrono un gran numero di varianti della forma braccio, avanbraccio, mano. Certi autori pensano che la yod originaria fosse raffigurata mediante un segno derivato dal geroglifico egizio “cespuglio di papiri”. Per distinguere la Yod-mano dalla Yod-papiro gli autori parlano di Yod I e Yod II.»
La Z, la lettera Zayin, lo Scontro, il Fronteggiarsi. Valore numerico 7
«Zayin significa in ebraico arma e rappresenta il suono Z. In greco la zayin prende il nome di zeta. La zayin è la settima lettera dell’alfabeto ebraico e fenicio, come la zeta è la settima lettera dell’alfabeto greco.»