Caro Diario, Nicola Risoli tiene 28 anni e fa parte della meglio gioventù made in Cip, Caselle in Pittari sulle cartine geografiche, che per fortuna qui quelle/i così sono in tante/i, perciò non ti meravigliare se continuerò a raccontartele/i. Se giri per le strade di Cip lo incontri una volta in versione runner, un’altra in versione ciclista, e poi canoista, speleologo e qui mi fermo tanto tra un poco te le faccio dire da lui. E poi, come soprannome stagnino, che tu lo capisci da te che quello è un mestiere e pensi che sarebbe il primo con quel lavoro lì a finire nelle tue storie.
Ci siamo incontrati una mattina da Sweet Point, la caffetteria – pasticceria di fianco alla Bottega di Jepis che ci fa da casa base alla voce colazione.
Nicola mi dice che si è diplomato all’Istituto Nautico a Salerno, “solo diplomato per scelta” mi dice, “però la cosa importante è che sono stato 5 anni in convitto con i salesiani”, aggiunge.
“Scusa, perché importante?” mi viene naturale chiedergli.
“Perché eravamo 30 ragazzi e tu comunque ti devi confrontare con queste 30 persone, ti devi relazionare. E poi perché usciti da scuola eravamo sempre intenti a fare qualcosa, ad allenarci, per me è stata una buona palestra, ho imparato a organizzare tante cose, alla fine la mia passione per l’organizzazione di iniziative ed eventi nasce da lì”.
Come dici amico Diario? Sarà contento il nostro amico don Tonino Palmese per le belle cose che ha detto Nicola sui Salesiani? Per la verità sono contento assai pure io, però adesso pensa a leggere, i commenti li fai alla fine.
“Vincenzo, una cosa che sicuramente non mi piace è il comportamento delle persone che non fanno niente, non si mettono mai in gioco e però criticano, perché secondo me questa è una cosa che inibisce molte possibilità, molte persone si bloccano perché hanno paura di essere criticate.
Per il resto non ho cose che non mi piacciono, al massimo ci sono cose che non preferisco, perché se tu una cosa me la proponi la faccio, perché prima devi farla e poi puoi decidere che non ti piace o non la preferisci. È come con il cibo, come si fa a dire che una cosa non ti piace se prima non la provi?
Alla voce mi piace è più facile. Mi piace salutare e donare un sorriso a tutti, anche a chi non preferisco, anche a quelli che non i rispondono quando li saluti, per me salutare è un modo di sentirmi a casa, lo faccio sempre, in qualunque posto mi trovo, anche in paesi diversi da Caselle.
Mi piace la compagnia, mi piace stare con gli altri, mi piace giocare, mi piace l’outdoor, mi piace raccogliere ricordi – foglie, sassolini, ecc. – da portare con me mentre vivo le esperienze successive, come un bagaglio che ti porti dietro.
Mi piace lo sport, anche perché non riesco a stare fermo, anche stare seduto qui con te per me è un problema. Nasco ciclista e faccio la carriera fino agli juniores. Poi ho giocato a calcetto a livello dilettante, in serie D, poi ho fatto kayak, arrampicata libera sportiva, corsa in montagna, in questo momento faccio escursioni e canyoning, cioè la discesa con le corde nelle cascate e nelle forre, le gole a parete verticali.
In questa maniera viaggio, conosco altre persone, riempio la mia vita di socialità, di natura e di gioia interiore”.
Come dici caro Diario? Ma una persona così poi lo trova il tempo per lavorare? Lo trova, lo trova, ma anche questo è meglio se to lo faccio raccontare da lui.
“Prof. il mio primo lavoro è stato a 19 anni, ho fatto l’allievo ufficiale di coperta su una nave cargo, l’equipaggio era formato da 21 filippini e 5 italiani, ricordo che mi facevo chiamare guagliò invece di deck cadet come previsto dal protocollo, lo trovavo troppo formale. Ah, avevamo anche 10 passeggeri con noi, prevalentemente tedeschi, anche perché la nave partiva da Amburgo ed era diretta in West Africa e Sud America prima di tornare al capolinea.
Ho resistito 4 mesi e mezzo, due giri, dopo di che sono sbarcato. Non potevo sopportare il fatto di non riuscire a parlare con nessuno, di avere pochi contatti umani e poche cose da raccontare.
Dopo la nave cargo ho aperto insieme a mio cugino un negozio di sigarette elettroniche a Sala Consilina. Questa volta siamo durati 3 anni, mi sono fatto l’idea che quello delle sigarette elettroniche sia un mercato che nasce, cresce e muori in maniera veloce, in ogni caso a un certo punto non ha funzionato e abbiamo deciso di metterci la parola fine. Detto ciò, aggiungo che per me è stata una fase importante perché oltre a ritagliarmi uno spazio mio mi ha fatto conoscere molte persone e mi ha permesso di portarmi dietro molte amicizie importanti.
Non te l’ho detto ancora, ma in tutte le esperienze che faccio il mio valore, il bagaglio che mi porto dietro, è rappresentato dai rapporti umani, dalle amicizie, dal fatto di fare nuove conoscenze.
Dopo il negozio ci sono una rapida esperienza come commesso in una farmacia e poi una fondamentale esperienza in un caseificio (Campolongo) di Montesano. È durata soltanto un anno ma è stata la svolta per me, perché è lì che ho capito che volevo puntare tutto sulle mie forze e sulle mie idee. Detto in parole povere anche se ero trattato molto bene sia dal versante lavorativo che da quello umano, il fatto di essere dipendente lo vivevo come un limite, sentivo il bisogno di trovare la mia strada.
Da questa spinta viene il mio lavoro attuale, l’azienda con mio padre, si chiama Free Go, facciamo impianti frigoriferi industriali, dalla cella per prodotto congelato fino all’apparato di stagionatura per salumifici”.
“Ti va di raccontarmi una tua giornata tipo?” gli ho chiesto a questo punto.
“Certo che sì. La mattina per prima cosa bisogna organizzare la giornata, a volte c’è da fare manutenzione, altre volte bisogna realizzare l’impianto. Mio padre è la parte più seriosa dell’azienda, di solito si comincia con lui che mi dice che quello che ho pensato io non va bene e da lì iniziamo a confrontarci, la parte più teorica è la mia, quella che viene dall’esperienza la sua, dopo di che procediamo con la realizzazione.
Papà più di me riesce a risolvere problemi di struttura, è capace di saldare anche l’acciaio, lui salda tutto con tutte le tipologie di materiali e di leghe, a volte lo prendo giro dicendo che lui salda anche l’acqua, anche se in realtà l’acqua si salda da sola. Anche il soprannome di famiglia, stagnino, deriva da qui. Posso dirti la verità prof.?”.
“Devi dirmela!”
“Con mio padre c’è la tranquillità e il privilegio di poter sbagliare, perché c’è sempre lui che ti dà una mano a capire il problema e a risolverlo, che in pratica ti permette di imparare. Ecco, il mio sogno è di realizzarmi con la nostra azienda, di poter lavorare e contemporaneamente coltivare le mie passioni, lavoro compreso, perché anche quello è passione, perché a me piace il mio lavoro.
Vedi prof., noi lavoriamo con i gas e i gas sono trasformazione continua di stati, e a me tutto questo piace, perché ci possono essere tanti fattori che impediscono il corretto funzionamento di un impianto, e tu devi stare continuamente a trovare nuove soluzioni per nuovi problemi. Lo dobbiamo fare ogni giorno, siamo in continuo aggiornamento, non ci fermiamo mai, e come ti ho detto per me è proprio questo il senso della vita, non fermarsi mai”.