I reportage di Carmela Sannino

STRITT STREET
Caro Prof., come mi avete suggerito lo scorso 21 Giugno sono stata a Stritt Street – Contro la camorra, l’evento che si è tenuto nella mia bella e dannata San Giovanni a Teduccio, Napoli Est.
Anche se all’inizio me lo avete chiesto se volevo scrivere un reportage, insomma di raccontare la giornata, però “senza impegno”, io l’ho capito subito che il vostro “senza impegno” andava letto tra le righe come un “vacci e fai un buon lavoro”, cosa che spero di aver fatto.
L’iniziativa si è tenuta in un vecchio capannone abbandonato dove oggi possiamo trovare l’associazione “Figli in Famiglia” capitanata da Carmela Manco, persona assai disponibile. Prof. quanti ricordi in quel vecchio capannone abbandonato, deve sapere che spesso, quando ero ancora alle elementari, ci passavo con tutti i miei amici di classe per ritornare a casa. Alcuni di loro nello zainetto portavano anche un pallone, perché sapevano che quella sarebbe stata una sosta. Scavalcavano le sbarre che c’erano e ci entravano, tranquillamente. 
Nella mia ingenuità chiedevo ai miei amici: “Perché qui”? Volete sapere la risposta? “Perché qui nessuno ci vede, possiamo stare quieti. Se ci mettiamo per strada iniziano a dirci di andare a giocare da qualche altra parte è questa è quell’altra parte che abbiamo scelto noi”.
Ma non divaghiamo, torniamo all’evento. 
Per prima cosa vi devo dire che sono arrivata ben attrezzata, nel senso che ho portato con me due amiche che mi hanno aiutata con i video e con le foto.
Entriamo – come vi ho detto conoscevo bene la strada, anche perché proprio lì, all’interno dell’associazione, in quella sala, ho festeggiato con amici il mio diciottesimo compleanno. Come dite? Ve lo potevo dire prima? E perché, a volte i ricordi affiorano piano piano.
Comunque lascio da parte i ricordi, ritorno con la mente al presente, tiro fuori dal mio zaino quaderno e penna e inizio ad appuntare quante più cose possibili. 
In questo grande spazio conto più di 10 chioschetti. Uno per la pizza, uno per le frittatine, un’altro per la mozzarella, uno per la birra, uno per l’acqua e un’altro ancora per porchetta e panini. Sulla sinistra, dall’ingresso, ci sta questo grande palco, dove grazie anche all’aiuto di radio CRC gli ospiti d’onore hanno espresso ogni loro pensiero. Tra gli altri vi segnalo Andrea Rossi di “Alici come prima”, l’influencer Valeria Angione e lo youtubber Diego Laurenti. Prof. hanno detto parole toccanti, che hanno aperto il cuore a tutte le persone presenti.

Ma parliamo della vera ragione per cui ero lì, l’iniziativa organizzata per dire no alla camorra, no alla Napoli malvagia, cattiva, no a quella Napoli per la quale siamo spesso conosciuti anche oltre oceano. Prof. voi lo sapete, Napoli non è solo camorra, non è solo la terra dei fuochi, e Napoli est non è solo Boss e colpi di pistola ovunque. Napoli è anche – vogliamo fortissimamente sia – amore, passione, solidarietà, opportunità, direi soprattutto opportunità, perché la loro mancanza contribuisce non poco ad alimentare i nostri problemi, sociali, economici e culturali.

Prof. più passava il tempo e più gente arrivava, intorno alle 21:00 c’è stato il mio momento preferito, quando sul palco sono stati posizionati dei palloncini che venivano poi fatti volare uno ad uno nel momento in cui si ricordava ogni vittima innocente della camorra. Sì, è stato un momento toccante. Strappalacrime. Eterno. Come eterno sarà il ricordo di queste persone.

Carica di malinconia e di coraggio a metà serata decido di intervistare Mary Prisco, che mi racconta di quanto impegno e di quanti sforzi ci sono voluti per l’organizzazione della serata (prof., qui il video non ce l’ho, solo audio, c’ra aroppa confusione e ce ne siamo andate in bagno per fare l’intervista).

Parole sante. Come far capire ad un napoletano la camorra, se non in uno dei posti dove avvengono più episodi del genere? Se fossimo stati al Vomero probabilmente ci sarebbe stata poca gente, e forse molti avrebbero detto o pensato “qui non c’è camorra, o comunque è un fenomeno limitato. E invece a San Giovanni a Teduccio no, qui le risposte sono “si, c’è camorra, anche tanta e ne siamo pure consapevoli ed è proprio avendo questa consapevolezza che si può sconfiggere il mostro indistruttibile”. Continuo a cercare persone da poter sentire, a partire da Diego Laurenti, in arte Diego Iutubber, che, dopo un breve siparietto, apre il suo cuore davanti al mio microfono (prof. sia qui che dopo
vi metto sia il video che l’audio, per la faccenda del sonoro).

È stato emozionante per me ascoltare le sue parole perché si vedeva dagli occhi che ogni parola che gli usciva dalla bocca era direttamente collegata al cuore. Mi congratulo con lui e ritorno all’evento.
Questa volta a parlare è la musica, sul palco è Tommaso Primo che con la sua incantevole voce fa cantare e ballare tutti i presenti.

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Ma non è finita qui, siccome sono di testa dura cerco ancora altre cose da racconar, voglio svolgere il lavoro che sto facendo per il mio quartiere e la mia città nel modo migliore possibile, così mi dirigo verso Valeria Angione, influencer che conta più di 200.000 mila follower su Instagram. Le chiedo se posso farle delle domande e la risposta la potete ascoltare direttamente dalla sua voce.

Che dite, pensate anche voi che Napoli potrebbe essere la città dell’omertà? Io dopo le parole di Valeria chiedo anche ad Andrea Rossi – “Alici come prima” e “Le Iene” – cosa bisogna fare per sensibilizzare i giovani, la nostra generazione, a partecipare ad eventi come questi, ed ecco la sua risposta.

Prof. ve lo voglio dire, sono pienamente d’accordo con tutto ciò che dice. Il difendo la città dovrebbe essere un obiettivo che non deve essere solamente cantato alla stadio in curva A o nei distinti, dovrebbe essere un’ideale, un modello di vita, solo così potremo avere una vita migliore. In ogni caso sono stato contenta del lavoro che stavo facendo, così contenta che sono andata sotto al palco per cantare e divertirmi, in fondo anche divertirsi fa parte del lavoro.

A proposito, non vi ho ancora detto che mentre ero intenta a scrivere questo mio resoconto della serata ho alzato un attimo la testa dal mio taccuino e indovinate chi ho incontrato? Il vostro – nostro amico Giuseppe Carullo, con il quale avevo già parlato al tempo del mio precedente reportage su San Giovanni Digitale. Mi racconta che ha in cantiere un bel progetto per la città e mi ha invitato a seguirlo e a partecipare. Non so se dalla mia faccia ha potuto notare il mio entusiasmo – ero abbastanza stanca dopo una giornata piena di cose – ma dentro di me il cuore mi scoppiava di gioia, tanto che ho pensato “quanto sono fortunata, anche solo per essere nata”. 

Mi sono congedato da lui dopo una bella chiacchierata e mi sono diretta verso un tavolino, mentre in sottofondo c’era la canzone “Mente-cuore” con la meravigliosa voce di Valentina Stella e così sono arrivata alle 23:00, quando si spengono le luci del palco, i presenti iniziano ad andare via e i chioschetti iniziano a smontare. 
Capisco che anche per me è l’ora di andare, lo faccio consapevole di ciò che ho visto, di ciò che ho sentito e di ciò che ho provato.

La mia città è questa e sebbene per ora non offra tante possibilità lavorative, è qui che devo restare. Devo lottare, insieme a tutti i napoletani, affinché diventi una città modello, una città priva di criminalità. La strada sarà probabilmente lunga, ripida e piena di ostacoli, ma di sicuro da stasera abbiamo fatto un passo nella giusta direzione.

SAN GIOVANNI DIGITALE
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Caro professore eccomi qui, dopo circa 4 mesi torno a scriverle.
Come previsto, sono arrivata questa mattina all’Università Federico II di San Giovanni a Teduccio per l’Hackathon San Giovanni DIGITAle.
La prima cosa che le voglio dire è che già il fatto di essere nel mio quartiere mi riempie di soddisfazione, la seconda è che dopo essere andata avanti e indietro, salite e scese le scale, ho finalmente trovato Digita, l’aula e il prof. Antonio Pescapè.
L’aula è come me l’aveva descritta lei, però non come me l’ero immaginata io. Grande, ampia, con le porte di color verde lime e tavoli rotondi con una presa per ricaricare computer, cellulari e aggeggi tecnologici vari. 
Mi guardo intorno, scruto meglio l’aula. Le sedie e i divanetti sono in alternanza blu e rossi, ci sono 5 televisori enormi, su uno di quali c’è il count down. Mi dirigo verso il prof. Pescapè e mi presento, gli dico che faccio le sue veci e lui mi accoglie con un sorriso enorme e spiega ai ragazzi che studio giornalismo e che sono qui per fare un reportage.
Non ho mai visto tanti occhi puntati su di me come oggi. Saranno circa 60 persone tra ragazzi Digita e, più piccoli, della Fondazione Famiglia di Maria.
Al primo tavolo è riunito tutto il gruppo della Fondazione, sono tre donne e due uomini con un portamento molto serio e intellettuale, sarò io che ancora mi devo ambientare ma un po’ mi fanno soggezione. Altri 7 tavoli sono occupati dai 7 gruppi in competizione. Sono tanti.
Il prof. Pescapè, con un po’ di sana ironia rispetto a quanto detto in questi giorni nello scontro face to face tra l’Assessore Borriello e il Presidente del Napoli De Laurentis, dà inizio alla maratona di programmazione colpendo un Super Santos, a mo’ di calcio d’inizio, ascolti il file audio con le sue parole. È iniziata la partita. Ha fischiato Pescapè!

Sono le 9:11 e inizia il conto alla rovescia, 8 ore che dovranno scorrere fino al minuto 0 per la consegna dei progetti. A me che non sono in gara sembrano un eternità, i ragazzi dicono che sono pochi.
Non c’è chiasso, solo un mormorio leggero di tutti i gruppi a lavoro. Dal tavolo più vicino al mio si sente un “iniziamo dai” dette da un ragazzo, alto, vestito di nero e con le scarpe color cammello.
Intanto passa per i tavoli un ragazzo addetto alla fotografia. Biondo, dal suo accento sono portato a pensare che non sia napoletano. Dietro di lui il prof. Pescapè che con il cellulare immortala momenti, istanti, fotografando a sua volta.
Sono trascorsi circa 10 minuti dal via, mi alzo che voglio vedere tutto da un’altra inquadratura, avere un altro punto di vista. Son tutti lì che studiano, pensano e scrivono, cercando di avere presto delle idee.
Ritorno al mio tavolino, scruto. È passato poco tempo e già avrei voglia di sentirli tutti, sentire i loro progetti, i programmi digitali che stanno creando insieme ai ragazzi 12enni della fondazione Maria. Mi alzo ancora e subito mi risiedo. Mi dico “basta aver coraggio” e scatto dalla sedia.
Il primo gruppo che vado a incontrare è quello più vicino al mio tavolo. Li scopro intenti a trovare dei punti comuni su cui poi andare a lavorare.
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“Adesso abbiamo materiale, iniziamo”, esclama Nicola, capogruppo Digita, il resto ascolatelo direttamente dai due file audio di Nicola.

Entusiasta dalle cose dette dal gruppo appena ascoltato, mi cerco subito un altro gruppo per conoscere il loro progetto. A parlare questa volta è Giovanni.
Stanno cercando di creare un vero e proprio scratch dove a prender vita non sono personaggi inventati ma proprio i protagonisti di questo progetto. Quando sento che bambini e ragazzi del mio quartiere hanno voglia di fare e voglia di cambiare, mi si riempie il petto d’orgoglio. In fondo anch’io son cresciuta in questa realtà, anch’io ho convissuto con la paura di poter camminare sola per strada, o anche con le amiche, a causa di un agguato improvviso. Ho convissuto con colpi di pistola che dall’abitudine eran diventati fuochi d’artificio. Se nasci e cresci tra San Giovanni, Barra e Ponticelli è anche questo quello che ti aspetta. Ma sono orgogliosa che ci siano bambini, ragazzi e ragazze che non vogliono conformarsi a questo marcio sistema. Mi sono sentita una di loro. Forse perché lo sono.

Mentre sono sommersa di pensieri e di parole da scrivere a lei, caro professore, il monitor segna 6 ore e 19 minuti. Ed è proprio mentre scatto una foto al monitor che nell’aula fa irruzione una scolaresca, venuta apposta per capire che cos’è questo hackathon. I ragazzi mi sembrano quanto mai attenti e interessati, io continuo a guardarmi intorno, i gruppi sono tutti concentrati e lavorano con impegno. Mi avvicino al terzo gruppo, quello che vorrebbe realizzare un lavoro che mette a confronto la San Giovanni del futuro a quella del presente.

Il monitor segna 5 ore e 58 minuti, quando la voce del professor Pescapè rompe il silenzio: “È passata un’ora”, ci ricorda.
È una challenge, una sfida a squadre, una competizione, ma una competizione di quelle belle, quelle dove ci si batte “per”, non “contro”. Ah, magari si respirasse sempre quest’aria, l’Italia sarebbe un Paese migliore.
Ancora una volta mi alzo dal mio tavolino. Cambio di nuovo angolazione, non riesco a star ferma, sembro una trottola, colpa della curiosità e della voglia di fare bene quello che devo fare. Mi poggio su di un divano blu, molto comodo direi, e osservo tutto e tutti. Dalla penna bianca-azzurra caduta da un tavolo, al cappello strano di una ragazza che collabora con Digita. Controllo il cellulare, è al 36%. Corro subito a metterlo in carica, ahimè, se ci fosse stato lei professò, me le sono immaginate le sue parole in loop nella mia testa, “brava Carmela, metti il cellulare in carica. Così stai sempre sul pezzo e non ti perdi le ciliegine che devono rendere mravigliosa la torta”. Sì, se fosse stato qui sarebbero state più o meno queste le sue parole, e non dica di no.

Trascorre un altro po’ di tempo e mi avvicino al quarto gruppo, a parlarmi è Serena. Mi racconta che realizzeranno un video dove i dialoghi saranno esclusivamente in napoletano e starà a rappresentare la paranza dei bambini. Il tutto si svolgerà nel “laghetto”, posto iconico, chi è di San Giovanni non può non conoscere.

Ah, il laghetto, le prime passeggiate con le amiche, i primi filoni a scuola, le prime sigarette. Il laghetto mi ha vista crescere professò, ma torniamo con la mente al presente.

Sono le 11:30 e il countdown segna 4 ore e 30 minuti, mi dirigo verso il quinto gruppo. Gino, il capogruppo, mi spiega la tematica. Il tema questa volta è l’integrazione, direi che è difficile trovarne una più attuale, come poi ci racconta Nunzia.

Finito con Gino e Nunzia ricambio angolazione e mi risiedo sul divano blu, poi ancora una volta mi alzo e ritorno alla base, isolata un po’ dagli altri al mio tavolino, per osservare e studiare da lontano.

12:18 I ragazzi sono ancora tutti molto impegnati, mentre io rubo il tempo di uscire dall’aula per stare qualche minuto all’aria aperta. Una vista che affaccia sull’insegna “Università degli studi Federico II complesso San Giovanni”.
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Incontro dei ragazzi che mi spiegano che lo scopo è quello di far comprendere ed immaginare a questi bambini/adolescenti della fondazione un futuro e una realtà migliore di quella odierna.

12:31 Rientro in aula, si respira già aria di relax anche se la pausa pranzo è ancora un po’ lontanuccia. Nella mia mente la pausa pranzo è iniziata da circa 40 minuti, ogni volta che apro lo zaino ho un odore dei due panini napoletani fatti di nzogna che mi prende tutta, caro prof., che ve lo dico a fare.

13:02 Procede ancora tutto tranquillo quando arriva un’altra scolaresca. Irrompe in aula, prova a “disturbare” un paio di gruppi quando ecco arrivare il prof. Pescapè che come un de javù rispiega come aveva fatto già prima ciò che erano lì a fare.
Intanto per me è l’ora di sentire il sesto gruppo. Come può sentre a parlare sono Gianpiero e Carmela, che cercano pure loro di mostrare a questi piccoli futuri cervelloni una San Giovanni migliore e quindi un futuro migliore.

13:30 La pausa pranzo, durerà mezz’ora scarsa.

14:00 Si ritorna a lavorare come se non si fosse mai interrotto.

15:00 Mancano due ore esatte alla consegna del loro progetto e del nostro, come lo avrebbe chiamato lei prof, #lavorobenfatto. Vado a sentire l’ultimo ma non per questo meno importante gruppo. Qui ho dovuto fare un video, perché se non lo si guarda questo progetto qui non si capisce.
Il tema è il bullismo, altro fenomeno da combattere e sconfiggere ogni giorno.
“L’arma è l’istruzione”, vocifera una ragazza. E pensare che queste tematiche le hanno scelte proprio i ragazzini della fondazione. Che grandi!

16:01 Quando mancano giusto 59 minuti e 59 secondi al termine del tempo fissato per la presentazione dei progetti, ecco che arriva ancora un’altra scolaresca. Del resto come si dice, non c’è due senza tre. Resto a bocca aperta all’osservare che è guidata dal mio professore di italiano delle medie, Riccardo Giuliano.
Gli vado incontro e glielo dico e la cosa sconvolgente è che dopo circa 8 anni lui si ricordava ancora di me. Che bizzarra la vita. Quest’incontro è stato davvero rigenerante, ho riaperto cassettoni della memoria che neanche ricordavo più di avere. Mi congedo dal prof. Giuliano che sta finendo la partita e inizia il conto alla rovescia di tutti i ragazzi.

 

Sono le 17:00, l’arbitro Pescapè decreta la fine della partita e mostra subito ai ragazzi i premi sia di chi conquisterà il podio che degli altri 4 gruppi, perché naturalmente nelle belle giornate come queste tutti vincono qualcosa.
Ancora pochi istanti e arriva Fru dei The Jackal, simpatico e solare. La camicia non è una delle migliori, però gliela concedo, farà parte della giuria, se la può permettere.
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17:30 Il professor Antonio Pescapè richiama l’attenzione dei presenti in aula. Chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori. Cambia leggermente la disposizione dell’aula, vengono posti i divanetti al centro per far sì che i giudici si accomodino e vedano i lavori dei 7 gruppi.
Il prof. continua ringraziando i ragazzi di Digita Academy che l’hanno accompagnato non solo oggi, ma da circa tre mesi, in questo percorso.
“Questo ateneo ha aperto una luce che prima non c’era. A cento metri da casa nostra c’è qualcosa che non avevamo mai visto, un edificio che permette ai giovani un futuro migliore”, sono state queste le parole commoventi del professore.
A catena seguono i ringraziamenti alla Fondazione Famiglia di Maria agli sponsor QT e Deloitte. Poi tocca al presidente Arturo De Vito che prende parola e a sua volta ringrazia il prof. Pescapè. A un certo punto dice: “Cambiare è complicato. Spesso non si cambia perché è più facile non farlo”. Sono parole che segnerò e che diventeranno uno dei miei nuovi motti, grazie a questa esperienza.
Non la trova una bella frase costruttiva professor Moretti? E deve ancora sentire quelle della presidentessa della fondazione Famiglia di Maria. Ma la faccio aspettare ancora un po’ prima di scriverle, così continua a leggermi.

Via le luci!
Pronti. Partenza. Via!
Si parte con il primo gruppo, quello dei SOCCER BOY AND GIRL, “Spontaneità” è la loro parola d’ordine.

 

Il secondo gruppo è quello di NICE PRODUCTION che ci fa vedere una San Giovanni prima e dopo l’ateneo. Si usa una metafora, quella dell’elefante, come morale. Un elefante che inizialmente si rassegna al proprio destino, ma poi dopo aver fallito, ci ha provato e riprovato fino a riuscirci, mettendoci il cuore. Prof., non lo dite a nessuno, però è il mio gruppo preferito. A fine video, ahimè sono stata colpita tanto da avere le lacrime agli occhi e la pelle d’oca.

 

Ecco, adesso è il turno delle SUPER SANTOS che ci spiegano di aver collaborato come una squadra di calcio, aiutandosi a vicenda. Uno scratch comico a causa delle voci dei personaggi, ma ricco di significato. Un applauso per le ragazze.

 

Andiamo avanti. Il quarto gruppo sono i RI-BULLIAMOCI, “Si bull ma nun abball”. Ci fanno capire attraverso dei giochi e dei labirinti che l’istruzione è l’unica arma che può sconfiggere il bullismo. L’obiettivo è non avere più bulli ma solo amici.

 

Il quinto gruppo è PIZZA FRITTA E PATATINE, il nome l’ho trovato geniale, anche perché a quell’ora e dopo un’intera giornata ci stava bene. È una storia digitale, le ragazze a fine video dicono di essersi divertite tanto, soprattutto a registrare, e che hanno appreso tanto da questa giornata intera con Digita.

 

Penultimo gruppo, quello dei LION. I protagonisti dello storytelling sono Ludovico e Gennaro, amici anche nella realtà. Si mostrano nella loro quotidianità, a scuola, a calcetto, in Fondazione.
Ma attenzione! Sta per accadere qualcosa. Fru dei The Jackal improvvisamente prende il microfono e dà voce a questi mitici personaggi tanto da coinvolgere e divertire l’intero pubblico presente.

 

Ma non è finita, a fine video i ragazzi presentano anche una macchina ROBOT, chiamata ROBOT BROS!
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Last but not least il gruppo NEW TEAM. È un mix tra la creatività dei ragazzi della Fondazione e il contributo tecnologico dei ragazzi più grandi di Digita, con Vincenzino che ha iniziato a giocare e non voleva smetterla più.

 

E così siamo giunti alla fine. I giudici si riuniscono per dare il loro responso.
Come dice prof? Il discorso della presidentessa della fondazione Anna Riccardi? Se proprio insiste glielo racconto adesso.
Inizia così: “Le parole sono importanti, vorrei trovare quelle giuste. Mi è piaciuta l’emozione dei miei ragazzi. Chi era timido oggi ha parlato davanti a tanta gente, chi al contrario non lo era, è restato in silenzio.”
Eh beh, avreste dovuto vederli. Erano davvero molto emozionati. Continua ringraziando tutti e soprattutto il prof. Pescapè per aver reso possibile tutto ciò e chiude il suo discorso con un “ da un seme, nasce un albero”.
Che dice prof? Si, anche a me piace tanto questa frase, ed è verissima.
Facendo le cose piano piano e per bene, si può arrivare a fare grandi cose.
Prenda me, che 6 mesi fa mi ritrovavo a seguire un suo corso e lei qualche giorno fa mi chiama per chiedermi di scrivere un reportage per il suo blog. Potrei essere io quel seme, che ovviamente non è ancora diventato albero, ma una piantina fragile all’esterno che però ha delle solide radici. Ma non divaghiamo.
Lei lo sa quanto è piccolo il mondo? Prima le ho raccontato che nell’arco della giornata ho incontrato un mio vecchio professore di italiano, adesso mentre aspettiamo il vincitore di Hackathon, incontro Massimo Morga che mi spiega che quando può collabora con la Fondazione. Massimo è stato circa tre anni fa il mio padrino nel giorno della mia cresima. È una persona distinta, leale, umile. Non potevo scegliere persona migliore. L’ho già detto che il mondo è troppo piccolo?
Mentre saluto Massimo, ecco che i giudici sono pronti a dirci chi sarà il gruppo vincitore di questa maratona di programmazione digitale.

19:18 EX EQUO per il terzo posto LION e RI-BULLIAMOCI, che dunque si dividono i premi.

Dopo di che il prof. Pescapè chiama a se i gruppi NEW TEAM e NICE PRODUCTION, uno dei due sarà il primo classificato, l’altro il secondo.
L’ansia per i ragazzi é tanta, c’è molta tensione in aula che però svanisce d’un tratto quando c’è l’applauso. Il gruppo vincitore è NICE PRODUCTION!

 

I ragazzi saltano, ballano, sventolano bandane che avevano fasciate al braccio. Si godono la vittoria. Sono contenta come una bambina per loro. In realtà per chiunque avesse vinto, però essendo il mio gruppo favorito, mi ha fatto un sacco piacere.

 

19:30 Fine. Che dice prof? Sono riuscita a rendere l’idea di tutto quello che è successo? Sinceramente, se devo dire la mia, credo che per saperne di più bisognava solo essere presenti. Sappia che io me la sono vissuta al meglio. Ho scherzato, ho riso, ho socializzato, ho mangiato (poco) e ho lavorato (tanto), però quando si lavora divertendosi non è mai lavoro.

Con la fine di San Giovanni DIGITAle finisce anche il mio tempo sul suo blog, forse ne ho preso pure troppo. Però ci sentiamo presto, perché tra me e lei mica finisce qui, spero con tutta me stessa che ci siano ancora altre occasioni per darle una mano a raccontare le sue storie. Intanto la saluto, a presto.
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Nota a Margine
Caro Diario, per me sono giorni di grandi speranze, ieri per le ragioni che ho scritto nella lettera che ho scritto a mio figlio Riccardo, oggi per la pubblicazione di questo splendido reportage di Carmela Sannino. Come ho scritto sui social, che Carmela fosse molto brava lo sapevo, altrimenti non le avrei chiesto di seguire San Giovanni DIGITAle e rischiato di fare una brutta figura con il mio amico Antonio Pescapè. Il fatto è che ha superato anche le mie più rosee aspettative, e la cosa come puoi immaginare mi rende molto felice. Carmela è una ragazza con grandi possibilità e grandissimi margini di miglioramento, se sarà disposta a lavorare duro potrà fare belle cose, però deve avere la forza di faticare tanto e di migliorarsi sempre, torniano sempre là, e qui mi fermo.
Come dici amico Diario? No, non è perché mi sono stancato di fare la parte di quello che non è mai contento, è perché tiene ragione Mastro Giuseppe, ci sono cose che o ciascuno le capisce da solo, o non ci sta nessuno che gliele può far capire.
Alla prossima.

GUARDA TUTTE LE FOTO SCATTATE DA CARMELA

Un po’ di Carmela Sannino