Caro Diario, la storia di Francesco Lama, 45 anni, regista, oppure, come talvolta piace dire a lui, narratore di storie più o meno vere, potrebbe cominciare con la frase che ha fatto dire a una persona anziana in una scena del suo ultimo film documentario, I siciliani, nel quale ha voluto raccontare il suo popolo dal proprio punto di vista.
“Vincenzo, come ho scritto nel libro che accompagna il film, ho da sempre avuto voglia di raccontare I siciliani per come sono, per come appaiono a me, siciliano. L’idea nasce da lì, da questa voglia di raccontare un popolo in maniera diversa, lontana dai soliti racconti. Volevo scoprire il carattere dei siciliani, anche se quando ho scritto la sceneggiatura lo sapevo già che era impossibile, diciamo che l’ho fatto per ragionarci su, per fornire qualche spunto di riflessione e di consapevolezza alla mia gente”.
Come dici amico Diario? Non ti ho detto ancora qual è la frase e neanche perché la storia potrebbe cominciare così?
Hai ragione, la frase è questa: “Ma commu semu niattri siciliani? Siciliani semu! Accussì semu si vi piaci!”, che per chi non è siciliano è “Ma come siamo noialtri siciliani? Siamo siciliani! Così siamo se vi piace!”. La ragione invece è che io non te lo so dire se i siciliani sono proprio così, però lui lo è di certo, basta pensare a quello che mi ha risposto quando gli ho chiesto di raccontarmi tutto ma proprio tutto di lui: “Vincenzo, lo sai quanto ti voglio bene, ma questo proprio non lo posso fare, sarebbe cosa troppo lunga, non la finiamo più e i tuoi lettori si annoierebbero”.
Sì, Francesco è fatto proprio così, sono anni che cerco di raccontarlo e lui sono anni che mi sfugge dalle mani peggio di un’anguilla, che poi con le vite che facciamo non è che riusciamo a vederci tanto, diciamo 10 volte, più o meno una volta all’anno, e però sono tutte volte belle, vere, quando ci siamo visti a Roma, quando a Napoli e quando in Sicilia.
Lunghe passeggiate, chiacchiere tra un caffè, una sfogliatella e un cannolo, i progetti per una storia che vorremmo raccontare insieme, che forse un giorno accadrà davvero o forse no, che in fondo una volta che l’avremo fatto ci mancheranno i nostri personaggi, i nostri intrecci e le nostre fantasie.
Comunque se non proprio tutto come speravo io un po’ di cose sono riuscito comunque a farmele raccontare, no no, non il fatto che prima di fare il regista ha fatto il freelance, che quello lo ha raccontato già a tanti, per esempio che ha iniziato a sognare il cinema da ragazzo, come in realtà hanno fatto la maggior parte dei registi. “Vedi Vincenzo, secondo me il Cinema non lo scegli ma lo fai e basta, non riesco a definire la data o il momento della scelta, anche perché non esiste un momento topico in questo tipo di lavoro, esiste la voglia di fare e di raccontare, magari puoi scegliere il mezzo ed io ho scelto il cinema che mi affascinava di piu, ma vedi che l mie storie prima le scrivo, proprio come fa uno scrittore”.
Sì, caro Diario, e mi sono fatto raccontare anche di quando quattordicenne gli è venuto in mente di andare a Cinecittà perché voleva vedere che cosa fosse, che cosa c’era lì dentro.
“Ho fatto proprio così Vincenzo, sono scappato da scuola e ci sono andato. Ora tu immagina un poco cosa vuol dire 30 anni fa in un piccolo paesino della Sicilia un ragazzetto che vuole fare il cinema: una grande tragedia! Ciò detto, mi piace aggiungere che devo pur sempre e per sempre ringraziare i miei genitori che veramente mi hanno fatto fare tutto ciò che volevo, ancora oggi non so dirti se ci credevano oppure no, ma lo hanno fatto.”
E ancora, lo sai che ha fatto tanti lavori? Sì, Francesco aiutava suo padre che aveva un negozio di mobili, il che tradotto in soldoni vuol dire armadi, cucine e materassi portati a spalla, e ha fatto anche il cameriere nelle stagioni estive.
“In questo caso diciamo che era per puro spirito di iniziativa, la verità è che oltre a guadagnare un po’ di soldi mi piacevano le “turiste” e quello era un modo per poterci parlare direttamente, che magari dopo qualcosa nasceva. Comunque se lo vuoi sapere ho anche venduto libri nelle scuole e ho lavorato per una società che si occupava dell’assistenza agli anziani, è stato un lavoro che mi ha lasciato tanto, guardando negli occhi “i vecchietti” ho capito tante cose, per esempio quanto è importante saper vivere e non sopravvivere. Ah, ho fatto anche il postino, 3 mesi da solo sull’isola di Stromboli, da Ottobre a Dicembre, in anni in cui non esistevano ancora i telefonini e quindi ero isolato completamente. Non ci sono andato per caso, è stata una destinazione che ho scelto volutamente per vedere, capire e riflettere. Sono stati tre mesi nei quali ho letto e ho scritto molto, e come sai con quelle cose lì quando cominci non smetti più, insomma la solitudine mi ha aiutato a capire meglio il mio destino”.
Come dici amico Diario? Un bel tipo Francesco Lama. Certo che sì! Dopo di che mi ha ripetuto che lui non lo sa com’è che è diventato regista, mi ha rivelato che ha iniziato con la storia del santo del suo paese, San Cono Abate, ambientato nel lontano 1600 e poi ho continuato fino a Volevo gli occhi e a I Siciliani, in concorso al 62° Festival Internazionale del Cinema di Taormina, proiettato in anteprima mondiale al BAFTA a Londra nel 2016 e poi è approdato, nell’Aprile di quest’anno, a New York.
Ecco, prima di concludere caro Diario voglio tornare a parlarti del libro che accompagna il film, che per me è stato una scoperta ulteriore, ho conosciuto un Francesco Lama disegnatore di cui non avevo idea, ed è stato un viaggio nel viaggio, ho chiesto alla “mia” Cinzia di fotografare un po’ delle illustrazioni per condividerle con te.
Ecco, con questo penso sia tutto, anzi no, perché l’ultima parola spetta a Francesco, che quando ci siamo abbracciati per salutarci e gli ho detto “Francesco, tu pure sei un altro che o si fa come dici tu o si fa come dici tu” mi ha risposto, “Vincè, detto così mi sembra un poco esagerato, diciamo che ho sempre scelto quali lavori fare e come farli, e sono contento così”. Titoli di coda.