Caro Diario, oggi ti racconto di Vincenzo Bardascino, un ragazzo di 25 anni, l’ho conosciuto a #Cip, che come sai già il luogo è di per sé magico, un crogiolo di teste, di mani e di cuori che cercano senso e moltiplicano possibilità, e poi ci si è messo lui, con i suoi sorrisi, il suo pane e i suoi silenzi, che insomma non ci ho messo molto per capire che mi sarebbe piaciuto raccontarlo.
Nel programma di #CampdiGrano (LINK) avevo letto che la mattinata di Sabato era dedicata al Forno di Vincenzo: «Panificazione di comunità e di inclusione sociale con lievito madre, farine dei Grani della Cumparete, per sfornare un pane basato su un nuovo modello socio-economico che mette al centro la persona, la sostenibilità, il sostegno alla biodiversità e all’autosufficienza.», e però è stato la mattina del giorno prima che la serendipity ci ha messo la mano, che quando poi in serata ho ricostruito gli eventi mi sono reso conto che la storia di Vincenzo mi aveva chiamato.
Come dici amico Diario? Così non si capisce nulla? Forse hai ragione, provo a ricominciare daccapo e e raccontare per bene quello che è successo.
Allora, il venerdì mattina intorno alle 10.30 ho deciso che dovevo prendermi una pausa – erano già quattro ore che stavo appiccicato al mio Mac – e così ho lasciato la bottega di Jepis e mi sono diretto dal Barbiere De Giulio, che andare a salutare Mario Greco nel suo salone è sempre uno straordinario piacere. Il passo successivo è stato Monte Frumentario, il mulino a pietra della cooperativa sociale Terra di Resilienza, e lì, dopo che il mio amico Diario Marino mi ha spiegato l’intero ciclo produttivo, mi sono ritrovato a parlare con Vito, che avevo già incrociato la sera prima e che mi ha raccontato un sacco di belle cose sulla farina, sul pane, sulla possibilità di costruirci intorno un percorso itinerante, comunitario, solidale, etico, che poi io ho cominciato a fargli delle domande e da lì siamo partiti per ragionare del valore della comunità, dell’importanza di essere e di sentirsi parte di una rete fatta di umanità, di capacità di inclusione, di socialità, di relazioni che nel tempo diventano parte della tua stessa identità, in una vita che è più degna di essere vissuta perché i confini tra l’io e il noi sono decisamente più sfumati, in alcuni momenti e circostanze fino a scomparire.
Nel pomeriggio, mentre chiacchiero con Jepis, capisco che Vito è il papà di Vincenzo e così, di colpo, riesco a quadrare il cerchio.
Come ti ho raccontato qualche giorno fa, sabato a Camp di Grano è stato anche il giorno del pranzo organizzato dal rione Taverna a Val di Strazza, e l’occasione mi è sembrata di quelle giuste per farmi raccontare da Vincenzo un po’ di cose. Mi devi credere amico Diario, è stato bello assai ritrovarmi con lui, con Vito e con Michele Sica Bosconauta e Alex Giordano, amici comuni da sempre e insomma eccola la sua storia, che non lo so se perché lui è speciale, se è perché si chiama Vincenzo come me, se è perché fa il pane che di tutte le cose che possiamo mangiare è la più buona e bella, se è perché ha ragione Alex quando dice che Vincenzo parla poco e però ogni cosa che dice è «situata», non ammette repliche, definisce le situazioni meglio di mille paroloni o se è per tutte queste cose messe insieme, sta di fatto che a me questa storia qui è piaciuta tantissimo.
Per cominciare ti voglio dire che Vincenzo inizia ad appassionarsi al forno a legna, al pane e alle pizze fin da piccolo, grazie a nonno Vincenzo – di cui porta orgogliosamente il nome – e Nonna Carmelina. Come accade spesso alle persone speciali il suo percorso scolastico non è semplice, non di rado la scuola gli crea sofferenza ma lui è bravo a non mollare, almeno fino a quando non approda all’Istituto Alberghiero Ancel Keys di Castelnuovo Cilento, dove un poco la speciale attenzione verso tutti gli alunni e tanto la professionalità dei docenti gli permettono di conseguire il diploma di Operatore di cucina, che anche quello è importante se alla voce «progetto di vita» hai scritto che vuoi un lavoro vero, riconosciuto, apprezzato, giustamente retribuito.
Con il tempo e l’esperienza Vincenzo capisce che se vuoi fare pizze e pane buone come te devi avere il grano e la farina giusta, e quando Angelo Tempa del Fico Avagliano gli regala 80 Kg di semi di grano Carosella comincia a coltivare insieme a Nonno Vincenzo e a un suo amico della squadra di hockey, Francesco Monaco, esperto in agricoltura biodinamica, un terreno di loro proprietà. Nasce così il progetto “la farina di Vincenzo” che nel 2016 grazie a Michele Sica Bosconauta diventa “la farina e il forno di Vincenzo”, anche se a Vincenzo piace più chiamarlo «Progetto Grande Sud» da una canzone di Eugenio Bennato, il suo cantante preferito.
Come dici amico Diario? Sì, sì, hai capito bene, Vincenzo partecipa attivamente a tutte le fasi di coltivazione e trasformazione del grano coltivato: preparazione del terreno; semina; mietitura; stoccaggio; molitura; panificazione.
È così che il forno di Vincenzo inizia a produrre il suo pane a Calvanico, presso la Residenza Rurale L’Incartata.
All’inizio sono 30 panelline da 1 kg a settimana, attualmente sono circa 60 a settimana che vengono consegnate “agli amici del forno di Vincenzo” con una modalità porta a porta, che anche questo è un compito che Vincenzo svolge con orgoglio, precisione e grande soddisfazione tra Salerno, Battipaglia ed Eboli. A fine giornata Vincenzo annota tutte le consegne effettuate sul suo quadernone e considera terminato il suo lavoro solo quando viene pagato per il lavoro che ha fatto, perché come ti ho detto dietro il suo pane c’è cultura, c’è comunità, c’è fatica, c’è passione, insomma il suo è un lavoro vero che come tale pretende di essere riconosciuto.
Ecco caro Diario, cosa posso aggiungere ancora?
Che al forno di Vincenzo si usano solo farine coltivate nella sua terra o in quella della Cumparete: Carosella, Saragolla e Farro impastato con lievito madre;
che il 3 giugno 2017 all’Incartata si è svolta la prima festa per gli amici del forno di Vincenzo che ha sfornato 70 pizze, con Vincenzo che ha avuto come garzoni – collaboratori i fratelli Sica, Michele e Antonio;
che «Il forno di Vincenzo» lo scorso aprile ha partecipato ad Atena Lucana nell’ambito della manifestazione “La terra mi tiene” e si è classificato al 3° posto, mentre a giugno ha partecipato all’incontro nazionale di rete semi rurali all’Azienda Floriddia a Peccioli e nel contest di panificatori che si è svolto lì il pane di Vincenzo è stato ritenuto il migliore per la qualità e la quantità del lievito madre usato, che poi era quello della mamma di Michele.
Ecco, direi che tutto, anzi no, perché devo aggiungere ancora che quando il pomeriggio di sabato Vincenzo è venuto a salutarmi e gli ho chiesto se potevo abbracciarlo mi ha detto di no, però poi mi ha sorriso e la mano me l’ha stretta forte, e io sono stato contento assai. Ecco, adesso è proprio tutto amico mio, spero tanto che questa storia ti sia piaciuta come è piaciuta a me. Alla prossima.